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San Paolo: botte «firmate» dai carabinieri
by dal giorno Friday, Sep. 26, 2003 at 11:40 AM mail:

Botte «firmate» dai carabinieri.


Una notte violenta, dove un giovane morì, accoltellato da un altro giovane, e dove poi qualcuno, più d'uno, fra carabinieri e poliziotti perse la testa. E picchiò in modo gratuito. Scontri fuori e dentro l'ospedale San Paolo, notte del 16 marzo, a morte dichiarata dell'uomo del centro Orso, Davide Cesare. Il bilancio delle reponsabilità fra giovani dei centri sociali e forze dell'ordine potrebbe rovesciarsi. Quattro sono gli indagati per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Mentre sei sono i militari e i poliziotti sui quali la Procura sta approfondendo le indagini. In un senso che sembra inequivocabile: nel senso di violenze senza giustificazione inflitte ai ragazzi sconvolti dalla notizia della morte del loro compagno.
Il bilancio. Un carabiniere indagato per il pestaggio di un giovane, altri due militari in divisa nera in via di identificazione, colti nel compiere gesti inquietanti. Il carabiniere indagato picchiava, come dall'ormai noto filmato amatoriale, il ragazzo sbattuto a terra fuori del pronto soccorso del San Paolo. E sempre fuori del Pronto soccorso altri due militari sarebbero stati riconosciuti in vario modo, in una convergenza di testimonianze: un carabiniere picchiava un ragazzo usando la radio di servizio, l'altro estraeva una mazza dal cofano dell'auto. E senza che fosse partita alcuna sassasiola? Senza che gli esponenti dei centri sociali aveesero innescato le loro, di violenze.
Poi ci sono tre poliziotti. Uno identificato, sempre tramite il video amatoriale: un agente del commissariato Ticinese che teneva fermo a terra il giovane bastonato dal carabiniere. L'agente avrebbe dichiarato nella sua relazione di servizio che il ragazzo era «scivolato in modo autonomo» per terra. Ma l'immagine ripresa della telecamera proprone un altro quadro. Un altro poliziotto poi, sempre in via d'identificazione, teneva a bada i giovani dei centri sociali, impedendo che intervenissero a difesa del compagno e della compagna pestati per terra, a pochi metri da loro. Infine un terzo poliziotto, individuato dentro le corsie del pronto soccorso, dove medici e infermieri hanno riferito a loro volta alcune violenze gratuite sui giovani, ripiegati dentro col chiaro intento di trovare rifugio alle botte. Il poliziotto è stato riconosciuto il giorno dopo, sempre da alcuni esponenti dei centri sociali, durante una manifestazione in Duomo.
Sono tutte posizioni che andranno attentamente vagliate nella prosecuzione delle indagini condotte dalla Procura. Ieri sono stati sentiti dal pubblico ministero Claudio Gittardi i quattro ragazzi indagati per resistenza: mentre fuori del palazzo di giustizia era in corso un presidio dei centri sociali, i quattro, difesi dall'avvocato Mirko Mazzali, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere in attesa di verificare adeguatamente, e quindi solo dopo il deposito degli atti, le loro posizioni.
Nei mesi scorsi sono stati sentiti numerosi testimoni anche estranei ai centri sociali, come medici e infermieri del San Paolo, poi i testimoni-parti lese dei centri sociali, quindi gli uomini delle forze dell'ordine che hanno direttamente stilato le relazioni di servizio. Ora toccherà ai testimoni individuati fra poliziotti e carabinieri che quella sera entrarono in servizio, ma non intervennero agli scontri-pestaggi. Proprio da alcuni poliziotti in borghese intervenuti, secondo svariate testimonianze, sarebbe venuto il tentativo di fermare le botte ingiustificate.
Il 16 marzo 2003 non è la stata la lunga e violenta notte genovese dei black bloc, ma la notte milanese dentro e fuori l'ospedale San Paolo pare combaciare, ora, sempre più alla ricostruzione fatta dagli stessi centri sociali: «Si è voluto imputare il ritardo dei soccorsi all'atteggiamento aggressivo dei pochi compagni accorsi sul luogo - era scritto in un volantino diffuso ieri durante il presidio -, quando invece un video amatoriale rivela la presenza di numerose Volanti che bloccano tutte le vie d'accesso a via Brioschi (dove venne ucciso Davide Cesare detto Dax, ndr). Si è voluto dipingere il dolore e la preoccupazione degli amici di Dax accorsi al San Paolo come un attacco mirato alle forze dell'ordine, con tanto di sassaiola laddove sassi non ce ne erano».

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