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BOLIVIA SULL'ORLO D'UNA INSURREZIONE
by anubi (da econoticias) Monday, Oct. 13, 2003 at 6:20 PM mail:

sempre linkabile da indy bolivia, un ultimissima rassegna dei fatti di oggi in Bolivia: il versante della rivolta sociale, che si generalizza e rigetta le "concessioni" del presidente Goni Sànchez de Lozada

chiarissimo che si tratta di un punto di vista parziale e molto specifico nel panorama politico della rivolta (chiara la distanza da Evo Morales), ma dà notizie credibili, leggendo in controluce anche i media internazionali ufficiali...

LA BOLIVIA VA ALL'INSURREZIONE
Redacción de Econoticiasbolivia.com (13/10/2003 10:54)
La Paz, octubre 13, 2003 (Hrs: 09:30).-

Dopo aver resistito 48 ore piene di massacri, mitraglia e morte, la ribellione dei poveri che ha il suo epicentro nella città di El Alto, ha cominciato ad ingigantirsi in tutta la regione degli altopiani, trascinando con sé lavoratori, cocalerso e contadini di altre zone delle valli e dell'oriente. La Bolivia va all'insurrezione, i poveri si stanno sollevando.

Già nelle prime ore della giornata odierna, lunedì, migliaia di vicini calati dai sobborghi e dalle alture di La Paz affrontavano con pietre e fionde le unità militari e della polizia che presidiavano l'autostrada di 12 kilometri che unisce le città di La Paz ed El Alto. Ci sono barricate, raffiche di mitragliatrici e voli di elicotteri.

Nelle periferie tra copertoni incendiati durante la notte per prevenire gli attacchi delle truppe leali al presidente Gonzalo (Goni) Sànchez de Lozada, i vicini, che esigono le sue dimissioni, si organizzavano per raggiungere il centro della città sede del governo.

"La Portada si è sollevata in appoggio ai nostri fratelli di El Alto", dice una vicina, mentre suona la grancassa e un enorme amplificatore fa sentire una marcia di cavalleria. C'è aria di insurrezione.

Senza trasporto pubblico, per le restrizioni sul combustivile e per lo sciopero degli autisti, le strade della città di La Paz appaiono semideserte, anche se si nota che ha un seguito l'appello dei maestri, dei commercianti, degli studenti e dei lavoratori per concentrarsi nei loro luoghi di lavoro e di studio, per raggiungere successivamente il centro.

Nelle zone popolari c'è indignazione per il massacro. "Tutti dobbiamo marciare sul centro, a San Francisco, a San Francisco!", "Que se vaya Goni", grida la moltitudine.

Alle 9:30 del mattino (ora di pranzo in Italia, ndt), a San Francisco, nel pieno centro della città, cadeva un giovane ferito da un proiettile. "Sono civili armati, agenti del governo, quelli che stanno sparando" dicono testimoni che hanno assistito all'attentato. Due isolati più su, nella Garita de Lima, si cominciano a fare le barricate.

Nella città di El Alto, dove questa domenica sono stati uccisi dalle pallottole 26 vicini e un altro centinaio e mezzo è stato ferito dalla mitraglia dell'Esercito, proseguono gli scontri. Nella zona di Alto Lima un altro giovane è caduto crivellato dalla mitraglia e tre che erano stati feriti all'alba sono andati ad ingrossare la fila dei morti in difesa del gas e del petrolio, in difesa della vita e della dignità dei poveri.

In centri comunitari e case private i vicini, molti dei quali migranti dell'area rurale, coprono i loro morti con coca, dolore e rabbia. Là, a quattromila metri di altitudine, non c'è perdone per Goni, l'uomo più maledetto dai poveri. La gente continua a combattere, con quello che si trova tra le mani.

Incalzato dalla protesta, che cresce e si moltiplica, al Presidente viene a mancare il tempo e il margine di manovra. Un decreto presidenziale, lanciato alle due del pomeriggio, con il quale si impegna a non dare via libera al progetto privato di esportazione di gas verso gli USA, perlomeno fino alla fine di dicembre ed in consultazione e dibattito con i settori sociali, è stato rifiutato immediatamente.

"Tutto El Alto, con tutti i suoi distretti, con tutte le sue organizzazioni, e già ha detto la sua ultima parola perché Goni si dimetta e vada in carcere" ha detto il massimo dirigente della ribellione alteña e segretario esecutivo della Centrale Operaia Regionale, Roberto de La Cruz.

"Il Paese si sta sollevando per tirare giù questo assassino e riappropriare il gas e il petrolio ai boliviani, per industrializzare in Bolivia il gas che è nostro", ha aggiunto.

I primi report fatti sulla mattinata di oggi, mostrano che si stringe sempre di più il cerchio su La Paz, un blocco che continua da cinque giorni. Dalla vicina Viacha, sulla strada per Oruro, si informa della marcia di centinaia di vicini su El Alto, per dare manforte alla lotta. Altre comunità dell'Altopiano stanno mandando ugualmente i loro figli, con la stessa consegna, con lo stesso obiettivo: tirare giù il miliardario che governa il paese più povero del Sud America.

"I minatori hanno detto che vanno a prendere le miniere di Sànchez de Lozada", dice da Cochabamba il cocalero e capo del Movimiento Al Socialismo (MAS), Evo Morales, che prepara le sue basi nel Chapare, nel centro della Bolivia, per entrare in pieno nel blocco delle strade, che finora è sporadico come anche l'interruzione delle autostrade nella valle da parte dei contadini leali ai dirigenti legati al MAS.

Finora, la partecipazione dei cocaleros e dei contadini è stata minima, ciò che ha generato molte critiche a Morales.

Altri cocaleros, molto più radicale, quelli di Yungas di La Paz, hanno chiuso totalmente altri accessi principali alla sede del governo da due settimane.

Su questa strada il blocco ha cominciato ad intensificarsi, come su altre dell'Altopiano, lasciando La Paz senza collegamenti con le sue province e con gli altri dipartimenti, e ancor più con le frontiere di Perù e Cile.

Il blocco di terra è totale e da questa mattina è sospeso anche il trasporto aereo. La strada che unisce l'aeroporto di La Paz, che stava in mano ai militari, è stata presa da giovani e vicini. I passeggeri che sono arrivati durante la notte non possono raggiungere la cittò, così che si sono dovuti preparare a tornare in aereo ai loro distretti.

Altri spazi parlano di nuovi blocchi e marce nel Sud del Paese e nell'Oriente. Comunicati di organizzazioni sindacali e popolari stanno convocando il popolo nelle strade per finire di abbattere, a colpi di pietra e coraggio, il governo del miliardario presidente della Bolivia, che ha fatto fortuna nelle miniere di Oruro e Potosì, convertite adesso in cave di angoscia e povertà. L'insurrezione dei poveri è in marcia.

http://www.econoticiasbolivia.com

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