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Bolivia: colonne di manifestanti marciano verso la capitale presidiata dai carri armati
by da liberazione Thursday, Oct. 16, 2003 at 3:39 PM mail:

L'esercito sbarra la strada alla carovana partita dalle miniere di Huanouni: due morti. Il governo continua a perdere pezzi.


Sette cortei in un giorno solo nelle strade di La Paz presidiate dai carri armati. L'esercito ha sparato ancora. Questa volta a un centinaio di chilometri lontano dalla capitale. Militari in assetto da guerra hanno attaccato a freddo la carovana dei minatori diretta a La Paz. Lo scontro è stato durissimo. Prima hanno colpito i pneumatici degli autocarri sui quali viaggiavano i manifestanti, poi hanno aperto il fuoco ad altezza d'uomo. Due minatori sono morti.
Nelle forze armate si sussurra di generali indisponibili a partecipare al massacro di piazza, ma fioccano i comunicati ufficiali in cui l'esercito garantisce «completo appoggio al governo». Atti di disobbedienza non sono affatto improbabili, invece, tra le file della polizia che ha già partecipato attivamente alla rivolta popolare del febbraio scorso. I poliziotti boliviani, infatti, appartengono alla parte più povera della popolazione. Quasi tutti di origine indigena, quasi tutti cresciuti lontani dalla capitale, quando a febbraio si trovarono nel bel mezzo dell'insurrezione contro l'aumento di tariffe dei servizi pubblici, rifiutarono di aprire il fuoco sulla folla e si unirono ai manifestanti. Le truppe speciali a guardia del palazzo presidenziale gli spararono addosso. Quindici dei trenta morti in piazza durante gli scontri di febbraio, erano poliziotti.

All'alba di oggi a La Paz sono attesi i primi convogli di indios partiti da ogni parte del Paese (in basso pubblichiamo l'appello firmato da tutte le comunità originarie della Bolivia per convocare la marcia n. d. r. ). Arriveranno in una città ormai completamente in mano ai militari. Plaza Morillo, la sede del governo, è completamente circondata con sacchi di sabbia. Soldati in assetto da combattimento la chiudono su ogni lato. I carri armati sono nelle principali strade del centro. L'aeroporto internazionale è ancora chiuso. Non c'è gas, la farina è introvabile. Il cibo scarseggia. Mancano le medicine, negli ospedali l'emergenza è totale. «A El Alto la gente è tutta in strada - racconta al telefono un testimone italiano rimasto in città - Dopo i violentissimi scontri di domenica gli ospedali traboccano. Non hanno gli strumenti essenziali al primo soccorso. Servono bende, anestetici. Operare in queste condizioni è impossibile».

Il presidente della Repubblica ufficialmente tace e si aggrappa all'ultimo alleato entrato nella maggioranza, l'ex capitano dell'esercito Manfred Reyes Villa dell'Nfr uscito dall'opposizione solo lo scorso agosto in cambio di tre ministeri, nove vice ministri e tre ambasciatori. Per ora promette fedeltà, ma una grossa fetta del suo partito chiede la testa del presidente.

Sanchez de Lozada, con l'acqua alla gola nonostante la totale copertura ricevuta dalla Casa Bianca (l'Ue tace), rende appetibile il teorema sulla congiura internazionale ordita a suo danno facendo circolare la voce che i servizi segreti da tempo saprebbero da chi riceve ordini il leader dell'opposizione Evo Morales. Da Hugo Chavez, lascia intendere il presidente. E' lui a invitare Morales spesso e volentieri a Caracas. E' lui a ospitare incontri internazionali sui movimenti dei campesinos. E' lui il vero referente dei rivoltosi.

E per confermare la pericolosità delle frequentazioni venezuelane dei suoi oppositori, ha dato ordine di arrestare all'aeroporto la delegazione boliviana di ritorno dall'incontro di Via Campesina a Caracas. Quattro persone, tra le quali il giornalista Alex David Contreras che accompagna quasi sempre Evo Morales all'estero, sono stati prelevati dagli agenti al loro arrivo allo scalo di Santa Cruz e tenuti in cella per mezza giornata.


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