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Repressione e carcere: il 2 marzo si apre il processo per i fatti di Genova
by odio il carcere Tuesday, Jan. 27, 2004 at 1:45 PM mail: odioilcarcere@inventati.org

Sono questi, sempre loro, i ferrivecchi che il potere - qualsiasi potere - usa per cercare di stroncare le lotte, annichilire la ribellione, sedare il conflitto. E da sempre queste ferraglie sono gli ostacoli che si frappongono ad ogni percorso di liberazione e di giustizia sociale. Ancora una volta li abbiamo di fronte, ma solo chi li ha visti da vicino ne conosce il vero volto: vuoto e arrogante, pari a quello di quel potere di cui vorrebbero proteggere e tutelare i soprusi.


Per rispondere a tale protervia proprio dal carcere raccogliamo un grido che 30 anni
fa infiammò le prigioni di questo Paese, un invito che ogni contrada conobbe e
appoggiò: CI SIAMO PRESI LA LIBERTA' DI LOTTARE!
Con queste parole i/le detenuti/e rispondevano a chi veniva a domandar loro, già
arrampicati sopra i tetti delle carceri, il perché delle loro proteste. Volevano
affermare che qualsiasi percorso di libertà si può realizzare attraverso la lotta
collettiva, e ciò é tanto più vero proprio laddove il potere é più oppressivo come
nelle galere.

In Italia, come nel resto del mondo, é costantemente in atto un processo di
emergenza e carcerizzazione degli attivisti e delle attiviste che lottano
quotidianamente contro i soprusi del sistema capitalistico: persone alle quali il
potere vuole ricordare continuamente la possibilità della reclusione per un
qualsiasi, anche minimo, comportamento deviante. Montature giudiziarie si susseguono
a velocità impressionante, colpendo diversi settori di movimento, dagli anarchici ai
disobbedienti.

Un esempio che abbiamo tutti e tutte sotto gli occhi é quello legato agli eventi del
4 ottobre scorso. A seguito della contestazione della conferenza intergovernativa
tenutasi a Roma, si sono susseguiti l’arresto di Massimo il sardo (vittima anche di
un'indecente campagna di criminalizzazione legata agli episodi dei pacchi bomba) e
di Marco Tombolino. Arrestati preventivamente con l'accusa di aver allontanato un
carabiniere infiltrato all'interno del corteo, rinviati a giudizio ed attualmente
agli arresti domiciliari, nel caso di Tombolino, dopo aver scontato mesi di
detenzione nelle carceri romane. Massimo é invece (finalmente) uscito lunedì 18 per
la decorrenza dei termini di custodia cautelare. Agli arresti domiciliari si trovano
pure, dal 12 gennaio, 12 disobbedienti, più altri 2 con l'obbligo di firma, con
accuse di lesioni a pubblico ufficiale per aver partecipato agli scontri avvenuti
quel giorno, nel tentativo di sfondare la zona rossa creata per proteggere i potenti
padroni dell'Europa. Sempre in quella data furono in 32 ad essere fermati e fermate
durante la mattina, nell'azione del blocco del precariato sociale.

I tempi lunghi della magistratura, molto spesso dettati dalle esigenze poliziesche,
fanno sì che in molti casi il movimento si dimentichi delle denunce e dei
procedimenti a suo carico, facendosi così trovare impreparato ad affrontarli (perché
purtroppo prima o poi arrivano, come del resto il Ministro dell'Interno Pisanu ci
ricorda in questi giorni...).

Questo sembra essere il caso degli arresti seguiti ad un altro momento di
contestazione ad un vertice, la 3 giorni genovese contro il G8 del 2001.
Il 4 dicembre del 2002 partono 23 procedimenti (9 di custodia cautelare, 4 di
arresti domiciliari, 4 gli obblighi di firma, 6 quelli di dimora) nei confronti di
altrettant* compagn* che avevano partecipato a quei momenti di contestazione. Nei
mesi a seguire prende corpo una campagna di solidarietà che purtroppo vede coinvolte
ben poche realtà del cosiddetto movimento: mancanza di attenzione e partecipazione
dovuta anche, tra gli altri motivi, all'area di appartenenza dei/lle compagn*
arrestat*, per la maggior parte anarchic* o cani sciolti, spesso non legati a gruppi
organizzati.
Troppo ci sarebbe da dibattere su come il movimento non abbia fatto sua la causa di
questi arrestat*, lasciando che gli apparati statali e polizieschi facessero pagare,
con mesi di carcerazione preventiva, gli episodi di contestazione ampiamente
partecipati di quelle 3 giornate a quelle 23 persone; su quanto debole sia stata la
nostra opposizione alla strumentale divisione tra buoni e cattivi, caldeggiata non
solo dalla magistratura (toghe rosse, eh! quei bravi giudici antiberlusconiani,
eh!), ma purtroppo anche da molti settori cosiddetti interni al movimento; su come
quelle giornate, che ci hanno segnat* tutt*, siano state quasi archiviate nella
memoria quotidiana dei/lle compagn* divenendo per molt*, anzi, quasi un tabù.

ODIOILCARCERE, nel suo piccolo, sente la necessità di ricordare che i procedimenti
verso quest* compagn* vanno vergognosamente avanti:
... che tuttora sono applicate delle misure restrittive (obbligo di firma, dimora o
arresti domiciliari) per gli/le imputat*.
... che il 2 marzo si aprirà, a Genova, il processo che vede imputate queste persone
per vari reati, da semplice resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, ad
associazione a delinquere finalizzata a devastazione e saccheggio.
... che molt* di quest* compagn* rischiano fino a 15 anni di carcere, 20 nel caso di
Jimmy Puglisi (vittima della reclusione più lunga di tutti, passata in larga parte
tra isolamento e pestaggi nel carcere di Messina), a cui é contestato anche il
possesso di esplosivi.
... che quest* compagn* sono stat* mess* sull’altare come i capri espiatori di
quelle 3 giornate che hanno visto una resistenza attiva da parte di migliaia di
persone.
... che sarebbe un atto vergognoso ed incomprensibile l’ostinarsi, da parte di
larghissima parte del movimento, a non voler intraprendere un sostegno attivo nei
loro confronti.

PERCHÉ UN MOVIMENTO CHE NON HA MEMORIA, COME BEN SAPPIAMO, NON HA FUTURO!

LIBERTÀ PER TUTT* GLI/LE ARRESTAT*/CONTRO OGNI CARCERE GIORNO DOPO GIORNO


Info: odioilcarcere@inventati.org

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