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[GenovaG8] Sabella e il piano anti black block
by incollata Saturday, Feb. 14, 2004 at 1:26 PM mail:

Dal Secolo XIX del 4 febbraio 04, l'interrogatorio di Sabella

Violenze al G8 «Ignorato il piano anti black bloc»
Il magistrato Sabella rivela


Genova C'era un piano per fermare i black bloc. Per evitare scontri e devastazioni al G8. Un piano studiato nei dettagli: che però non scattò. E' l'elemento più clamoroso che emerge dall'interrogatorio di Alfonso Sabella, sentito dai pm genovesi che indagano sulle violenze nella caserma di Bolzaneto. Sabella, magistrato antimafia (su di lui pende una "taglia" di Cosa Nostra), fu inviato a Genova come ispettore del Dipartimento penitenziario. Ha raccontato che già all'inizio di luglio partecipò a un vertice, nel quale si pianificò il fermo dei violenti nei giorni precedenti il vertice dei Grandi. C'erano le segnalazioni, era stilato anche l'elenco dei reati da contestare per giustificare i fermi. Per questo gli fu chiesto di predisporre in largo anticipo la caserma-carcere di Bolzaneto. Ma il blitz non scattò. «Perché nessuno ha fermato i violenti prima del G8?», si chiede ora anche Alessandro Garassini, l'avvocato che ha assistito Sabella durante l'interrogatorio.


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G8, c'era un piano per fermare i black bloc
Dall'interrogatorio di Sabella una nuova verità sui giorni che precedettero il summit


Genova Un piano preciso, per fermare i black bloc. Una strategia studiata nei dettagli dalle forze dell'ordine per bloccare i violenti, attesi a Genova per il G8 del luglio 2001. Un meccanismo che viene elaborato e definito in una serie di riunioni preparatorie. Poi, nei giorni che precedono il vertice dei Grandi, tutto improvvisamente si blocca. Nessuno si preoccupa più di impedire l'arrivo dei devastatori. Che entrano, indisturbati, nella città.
C'è soprattutto questo, nell'interrogatorio di Alfonso Sabella, magistrato antimafia. Durante il G8 era l'ispettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Inviato a Genova da Giancarlo Caselli, proprio per sovrintendere a tutta la "macchina" dei fermi e sugli arresti. E per vigilare sul funzionamento delle due strutture trasformate da un decreto ministeriale in carceri provvisorie: il Forte di San Giuliano e la caserma del reparto mobile di Bolzaneto.
Sabella, sul cui capo pende una "taglia" di Cosa Nostra (c'è anche un'intercettazione telefonica dove due noti esponenti mafiosi dicono: assaltiamo la macchina del magistrato) è stato interrogato l'altro pomeriggio dai colleghi genovesi. L'ultimo atto dell'inchiesta sulle violenze agli arrestati di Bolzaneto; tanto che il pm Vittorio Ranieri Miniati, dopo il lungo colloquio, sospira: «Abbiamo finalmente concluso tutto». Ma i tempi inesorabilmente si allungano: come il Secolo XIX aveva anticipato, i pm genovesi hanno deciso di notificare un'altra volta gli avvisi di conclusione delle indagini a tutti gli indagati, «come forma di massima garanzia».
Ma non sono le botte, i soprusi, a diventare il momento clou dell'interrogatorio. Sabella, assistito dall'avvocato Alessandro Garassini, che è anche presidente della provincia di Savona, racconta anche un'altra storia. «Sulla quale - incalza Garassini - dovrebbero essere fatti approfondimenti e ulteriori indagini: la cittadinanza deve conoscerla».
Eccola, allora, la storia. Sabella arriva a Genova il 2 luglio, quasi venti giorni prima dell'avvio del vertice. Il sette c'è un vertice in prefettura tra tutti coloro cui è demandata l'operazione-sicurezza nei giorni del vertice. Sabella partecipa. C'è un piano preciso, perché le segnalazioni sull'arrivo dei violenti in città si susseguono. Così a Sabella viene spiegato: Bolzaneto deve essere pronta dal 17 luglio, meglio ancora dal 15 (il G8 inizierà il 19) perché ci sarà un blitz preventivo contro il black bloc. C'è, addirittura, la dicitura esatta dei reati da contestare per eseguire i fermi. Viene studiata la scansione dei tempi per mettere i fermati nella condizione di non nuocere: 24 ore di fermo di polizia, due giorni per l'interrogatorio del pm, altri due per finire davanti al gip. «Al magistrato Sabella - spiega Garassini - l'idea dei fermi preventivi non piaceva. Ma lo scopo era nobile: bloccare i "cattivi", garantire le delegazioni e la sicurezza di tutti i manifes
tanti pacifici. In quel modo l'operazione fu spiegata e caldeggiata».
Bolzaneto, alla data prevista, è pronta. Non per affrontare un flusso di centinaia di fermati, ma per immatricolare, visitare e poi avviare alle carceri tradizionali (Alessandria, Pavia) «piccoli gruppi di arrestati». Ma per tre giorni, in realtà, sarà un autentico deserto dei tartari: in attesa di qualcuno che non arriverà. Il primo arrestato arriva solo il 20, poche ore prima della tragedia di piazza Alimonda, quando Genova è ormai teatro di scontri e devastazioni. Poi la traduzioni di centinaia di fermati, in una struttura organizzata con direttive diverse e non attrezzata per arginare una tale onda d'urto. Da qui confusione, nervosismo e violenze.
«La domanda che mi pongo dopo aver sentito il racconto del mio assistito - conclude Garassini - non solo da avvocato ma anche da cittadino è chiara: perché nessuno ha fermato i violenti prima del vertice? Eppure ci sono state le riunioni preparatorie, che confermano come le segnalazioni fossero correttamente arrivate. C'era anche un piano studiato nei dettagli. Ma al momento giusto non è accaduto nulla». E i black bloc hanno messo a soqquadro la città.

Marco Menduni

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