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Testimonianze sulla repressione subita dalla famiglia di Cesare Battisti
by . Friday, Apr. 02, 2004 at 10:12 PM mail:

da carmillaonline.com

UNA FAMIGLIA IN CARCERE (prima parte)

1981: l'arresto collettivo dei familiari di Cesare Battisti

a cura di Francesca e Stefania Battisti


Il magistrato Armando Spataro, spalleggiato dal suo collega Edmondo Bruti Liberati e da altri, non perde occasione di intervenire in tutte le sedi possibili per affermare che, nella repressione delle organizzazioni armate operanti in Italia tra la fine degli anni ?70 e i primi anni ?80, non si uscì mai dal quadro della ?normalità? legale. Non vi fu mai, dunque, ?emergenza? di sorta, o pratica disinvolta degli strumenti repressivi. Semmai rigore, come ammette con ritrosia Luciano Violante.

Ciò fa sorridere chi conserva buona memoria. A chi l?ha smarrita, oppure non era ancora nato, offriamo una documentazione difficilmente controvertibile. Si tratta delle testimonianze dei congiunti di Cesare Battisti su ciò che accadde loro dopo l?evasione di questi. Va ricordato che la famiglia Battisti, di solida tradizione comunista (PCI) e di condotta irreprensibile, non condivise mai le scelte di Cesare, politiche o personali che fossero.
Cominciamo dalla sorella Assunta. Molte altre testimonianze seguiranno.
Ci chiediamo se Armando Spataro considererà questi racconti riflesso di ?normalità giuridica? (VE).

ASSUNTA BATTISTI

Come sei venuta a conoscenza dell?evasione di Cesare?

Domenica 4 ottobre 1981, alle ore 17-17,30, mi trovavo a casa di mia sorella Rita per informarla delle condizioni di mia madre, che era ricoverata gravissima all?ospedale Gemelli. Ero appena ritornata, visto che avevo fatto la notte e gran parte della giornata. A informarmi dell?evasione ci hanno pensato i carabinieri di Latina.

Descrivici la notte in cui ti portarono via. Ti spiegarono il perché? Sapevi dove saresti stata condotta?

La sera stessa del 4, verso le 20,30, sono tornati i carabinieri e senza tanti scrupoli (ero stanca per le nottate passate ad assistere mia madre, e preoccupata per mio fratello) mi hanno prelevata. Mi dissero che mi avrebbero portata alla caserma di Frosinone, perché il procuratore voleva interrogarmi, visto che ero l?ultima persona che era andata a colloquio con Cesare. Non ricordo per quante ore sono stata interrogata quella notte, ma ricordo bene gli urli e le minacce, ero la sorella più vicina a lui e quindi dovevo sapere.

Quanto sei stata trattenuta? Che trattamento ti hanno riservato?

Mi hanno trattenuto in cella di sicurezza a Frosinone, per quattro giorni terribili: interrogata da più persone (si alternavano), insultata, maltrattata anche fisicamente. Ero distrutta psicologicamente, non sapevo più chi ero e dove mi trovavo, non potevo nemmeno andare al bagno, non mi potevo lavare, né mangiare. Il tutto aggravato dal fatto che, essendo una fumatrice accanita, non mi davano nemmeno le sigarette.

Durante il fermo ti sono mai stati detti con chiarezza i capi d?accusa, le motivazioni dell?arresto ed eventuali prove a tuo carico?

Accusa? Sono la sorella di Cesare Battisti. Comunque i capi d?accusa con cui mi hanno tenuta dentro per due lunghi mesi erano: concorso in evasione, associazione a banda armata, detenzione e porto di armi da guerra, furto d?auto (per l?evasione), lesioni alle guardie carcerarie.

Hai comunicato con un avvocato? Ne hai fatto richiesta?

Quando ho capito che non mi avrebbero mandata a casa e che mi stavano portando in cella, ho chiesto l?avvocato, che in quei giorni non avevo mai visto. Appena arrivata al carcere di Latina sono stata messa in cella d?isolamento per venti giorni: uscivo solamente per essere interrogata, e questo avveniva notte e giorno, senza mai la presenza dell?avvocato. Solo qualche volta veniva chiamato. Questi interrogatori erano basati sulla crudeltà mentale, tipo interrogarmi senza sosta a qualsiasi ora, ma penso che la cosa più brutta sia stata farmi addirittura credere che fosse stata arrestata mia figlia quattordicenne. In quel momento ho avuto una crisi di nervi e ho perso i sensi. Dopo circa una settimana ho saputo che tutti i miei familiari erano stati arrestati, e che a casa erano rimasti i bambini, mio padre malato di tumore e mia madre ricoverata. A quel punto ero fisicamente distrutta e mentalmente annientata, tanto che durante un interrogatorio ho detto quello che volevano sentire, cioè un?auto-accusa, e così tutti i miei familiari sono stati rimandati a casa.

Come hanno reagito i tuoi figli?

Mia figlia quattordicenne, oltre allo spavento per essersi vista portare via la madre, confusa dalle notizie terribili della stampa, doveva occuparsi della casa e dei bambini di mia sorella Rita. Ma tutto questo non bastava, perché ha dovuto sopportare abusi psicologici da parte dei carabinieri, che ogni notte la prelevavano per portarla in caserma e interrogarla, e ascoltare offese contro me e suo padre.

Quale fu lo stato d?animo dei genitori tuoi e di Cesare, ormai anziani e gravemente malati, nel vedere arrestare tutta la famiglia?

Mia madre era così grave che al momento non si è resa conto della situazione, neppure dei carabinieri che passeggiavano lungo il corridoio dell?ospedale, sperando in una visita di Cesare. Mio padre era uscito da una settimana, dopo essere stato ricoverato per cinque mesi, a causa di un tumore. Come si può descrivere il dolore di questo pover?uomo, con un figlio ricercato e gli altri in galera? Non usciva più di casa, vergogna e dolore lo hanno immobilizzato.

Cosa ti rimane di tutta quell?esperienza? La puoi considerare superata?

Non posso considerare superate le ferite morali e fisiche che mi sono state inferte, se dopo ventitre anni, anche se in maniera diversa, sto vivendo le stesse cose. Con tutto quello che la stampa continuamente riporta, stanno nuovamente facendo di Cesare un mostro, e calpestando la dignità di tutti noi.

Hai potuto rivedere Cesare solo dieci anni dopo, quando la Francia gli concesse lo status di rifugiato politico. Come hai vissuto quegli anni di incertezza e di mancanza di notizie?

Ho vissuto dieci anni di angosce e di preoccupazioni. Migliaia di volte mi sono svegliata pensando a lui e chiedendomi: E? ancora vivo? Dove sarà? Lo rivedrò mai?

Lo hai poi ritrovato a Parigi con una moglie e una figlia. Com?è cambiato in tutti quegli anni?

Quando sono arrivata alla stazione di Parigi, Cesare era a pochi metri da me e io non l?ho riconosciuto. Non c?era più il ragazzo che io ricordavo, ho ritrovato un uomo provato e dimesso. Il tempo e le sofferenze lo hanno maturato. Cesare è ora padre di due figlie che sta aiutando a crescere insegnando loro la legge dell?amore e del rispetto, quegli insegnamenti che egli stesso ha ricevuto.

Cosa ne pensi di tutti gli articoli pubblicati ultimamente, che parlano del suo come di un esilio dorato?

Menzogne! Ma di quale esilio può parlare, chi ha sempre avuto di tutto e di più? Chi esce dal proprio paese giusto per fare una vacanza, il portafoglio pieno di euro? Costoro non possono o non vogliono capire che esilio significa solitudine, fame ed emarginazione. La vita di un esiliato è durissima e umiliante. Se poi vogliamo dire che avere una sola stanza all?ultimo piano di un vecchio palazzo e lavare le scale significa essere miliardari, allora tirate voi le conclusioni.

VINCENZO BATTISTI

Come venisti a sapere dell'evasione di tuo fratello Cesare?

La notizia dell'evasione di Cesare l'ho ascoltata tramite la televisione sabato 3 ottobre 1981.
Dopo la notizia ero molto preoccupato perchè non sapevo cosa poteva succedere. La Domenica mattina verso le 3 si sono presentati i Carabinieri da me e da mio fratello Domenico e ci hanno intimato di seguirli con la nostra auto alla caserma di Frosinone, dove poi ci hanno divisi.


Vi hanno spiegato perché vi prelevavano? Sapevate dove vi stavano portando?

Ci hanno detto che si trattava di un semplice interrogatorio. Sapevamo che ci stavamo dirigendo verso la caserma di Frosinone.

Quanto tempo è durato il fermo? Come siete stati trattati?

Siamo stati trattenuti nella Caserma di Frosinone dalle 4,00 alle 20,00, per poi essere trasferiti in quella di Alatri. La prima notte non ci hanno interrogati, abbiamo solo dovuto fornire generalità e impronte digitali. In tutte quelle ore (fino alle 20,00 del giorno successivo) non ci hanno fatto né mangiare né bere.

Di cosa vi si accusava?

Non ci sono mai stati detti i capi d'accusa. Verso le 20,00 del secondo giorno sono stato trasferito nella caserma dei Carabinieri di Alatri e chiuso in una cella di sicurezza. Neanche in questa occasione ho potuto mangiare o bere.

Eri assistito da un avvocato?

In tutto questo tempo non ho potuto comunicare con il mio avvocato. Solo mercoledì 7 ottobre, quando mi hanno prelevato dalla mia cella di isolamento per un colloquio con il giudice Alanno, ho visto il mio avvocato Palmieri di Latina.(scelto da un mio familiare).
In quell'occasione il giudice mi ha rivolto poche domande. Io gli ho detto che potevo dimostrare la mia estraneità all'evasione di Cesare e il giudice mi ha risposto "Questo noi lo sappiamo già". "Perchè allora sono in carcere se non ho commesso nessun reato? " gli ho risposto alzandomi in piedi. "E' la prassi" mi ha risposto il giudice.
E sono stato rispedito in cella di isolamento fino a sabato 10 ottobre verso le 11,00.

Come hanno reagito i tuoi figli?

All'epoca avevo due figli: una bambina di nove anni e un bambino di tre. Avevo anche un lavoro che, in seguito a questi fatti, ho immediatamente perso. Dei miei due figli e dei due figli di mio fratello Domenico si occupava mia moglie (visto che anche mia cognata Dian Ivea era stata arrestata). In più doveva occuparsi di mia madre ricoverata al Policlinico Gemelli, e di mio padre da poco dimesso e ancora convalescente. Per tutto il tempo della mia detenzione non ho potuto avere alcun contatto con la mia famiglia.
I miei bambini non avevano percepito il significato di tutto quello che stava accadendo. Erano spaventati e non capivano il motivo della mancanza del papà.

Che cosa riportavano i giornali?

Di tutto e di più: "Famiglia di terroristi, arsenali d'armi in casa...." Dopo la scarcerazione la stampa non si è MAI DEGNATA DI UNA SOLA SMENTITA.

Quale fu la reazione dei vicini?

Gran parte del vicinato (non tutti per fortuna) e addirittura qualche parente ci ha emarginati. "Famiglia di delinquenti, lontano da questa gente, c'è il pericolo di essere arrestati": questo ci sentivamo dire.
Un episodio in particolare mi ha turbato e lasciato senza parole. Mia moglie doveva recarsi a Roma per far visita a mia madre e non sapendo a chi lasciare il bimbo di tre anni ha chiesto alla sua madrina di tenerlo per qualche ora. " Non voglio avere problemi per via di questo bambino" si è sentita rispondere.
Mio padre aveva settant'anni e, come ho già detto, era uscito da poco dall'ospedale. Forse per questo è stato risparmiato. A mia madre non è stato detto niente per non arrecarle ulteriore dolore. I miei genitori, anziani e malati, sono stati gli unici membri della famiglia a non essere stati arrestati.

Consideri superata quell'esperienza?

Una situazione del genere non la si può considerare superata, anche perché si vive sempre con l'angoscia che possa succedere qualcosa di peggio.

Come avete vissuto i dieci anni in cui non sapevate la sorte di Cesare?

In quegli anni avevamo il terrore di ricevere notizie poco piacevoli.

Lo avete poi ritrovato a Parigi, con una moglie e una figlia. Era cambiato?

Il suo è stato un cambiamento radicale. Ora la sua unica preoccupazione è la sua famiglia.

Quale è stata la vita di Cesare in esilio?

Solo lui può conoscere cos'è la sofferenza di tanti anni vissuti da esule. Dai suoi racconti so che, oltre la nostalgia della famiglia e del suo paese, ha sofferto la fame mangiando come un cane randagio e per questo si è ammalato di un'infezione intestinale, rischiando di morire.

Eppure i giornali parlano di un esilio dorato...

Tutto ciò che dicono molti giornalisti italiani fa ridere. Basti pensare che Cesare e sua moglie, per arredare il loro sottotetto di pochi mq. preso a un affitto altissimo, andavano di notte a raccogliere sedie, tavoli, materassi abbandonati sui marciapiedi o vicino ai cassonetti. Se questo è un esilio dorato....Che se lo facciano loro, i giornalisti!
Mio fratello Cesare ha fatto degli errori, ma era appena un ragazzo. E' stato in galera, è stato esiliato per tanti anni, ha passato tutta la sua vita a fuggire come un disperato. Durante questi anni ha perso un fratello, ha perso i genitori e ne è stato informato solo molto tempo dopo.... Non crediate che la vita di un rifugiato sia facile. Penso che Cesare abbia pagato abbastanza per i suoi errori.

(CONTINUA. Prossima testimonianza: Moira Battisti)

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