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Bici o Barbarie
by da Il Manifesto Thursday, May. 27, 2004 at 4:28 PM mail:

articolo sulla ciemmona del 24 maggio


Bici o barbarie: arriva Critical Mass



Articolo di Marinella Correggia.



Peccato che per pochissimi giorni non coincida con la visita di Bush. La prima Critical Mass internazionale, sciame di fruscianti biciclette su strade cittadine, pedalerà infatti il 29 maggio a Roma, con eventi collegati che dureranno tre giorni (http://www.criticalmass.it , «un sito per tutti quelli che credono che un'auto di meno in circolazione sia uno scopo comune»). Il simbolo sono due ruote con un pugno rivendicativo, uno degli slogan è «bici o barbarie», un altro è «noi non blocchiamo il traffico, il traffico siamo noi»: Critical Mass infatti è un incontro periodico e programmato di cicliste e ciclisti che percorrendo in massa le strade delle città mostrano come queste siano strette in una morsa di ferraglie, le auto (e i motorini). Immaginiamo l'effetto simbolico che avrebbe avuto, nelle stesse ore romane del presidente Usa, una massa ciclistica con le sue targhe «no oil» e magari accompagnata da bandiere arcobaleno. Se si tiene poi conto che la missione italiana nel quadro della guerra per il petrolio si finanzia anche con l'aumento delle tasse sulla benzina, la necessità di un boicottaggio del petrolio - obiezione insieme ambientale e fiscale - appare evidente (ma quanti dei tre milioni di manifestanti per la pace usano regolarmente auto e motorini in città?).



Anche se il focus della Critical Mass è la contestazione del modello invivibile di viabilità urbana e la proposta di un'alternativa umana, l'idea delle bici di pace caratterizza da qualche tempo l'impegno di alcuni gruppi pacifisti, all'insegna del motto «contro la guerra cambia la vita».



E' successo negli Stati uniti con diversi biking for peace in diverse città prima dell'inizio del conflitto, e anche in Italia dove i Gruppi di azione nonviolenta di Lilliput insieme a varie associazioni hanno promosso biciclettate arcobaleno. Insieme, sono state avanzate proposte e pratiche di boicottaggi delle multinazionali petrolifere che stanno dietro la politica governativa statunitense (soprattutto Exxon Mobil, Chevron Texano e Bp Amoco) o «giornate di non acquisto» della benzina. Hanno avuto successo ma non sono riuscite a diventare pratica quotidiana del movimento pacifista: né in Italia né negli Stati uniti o altrove.



Per evidenziare i nessi fra petrolio, distruzione dell'ambiente e guerra, la Critical Mass di Torino con la collaborazione tecnica della Società metrologica italiana tentò l'anno scorso un calcolo dei costi ambientali di un giorno di conflitto, con l'utilizzo di bombardieri e carri armati, oltre alla logistica di supporto. Il calcolo partiva dalle stime sull'intensità d'uso dei mezzi di fuoco ricavate dalla prima guerra del Golfo nel 1991 (per la quale c'erano dati pubblici), da moltiplicare per i loro strabilianti consumi unitari, soprattutto quelli degli aerei. Si arrivava al consumo giornaliero di 45 milioni di litri di carburanti, e quindi a emissioni di anidride carbonica (Co2) superiori a 100.000 tonnellate. Si faceva anche un parallelo puntuale: poiché l'Italia, per ottemperare agli accordi di Kyoto dovrebbe ridurre il proprio carico di emissioni di circa 80 milioni di tonnellate di Co2 all'anno, pari a circa 220.000 tonnellate al giorno, l'emissione giornaliera derivante dal conflitto iracheno equivaleva ad almeno alla metà di questa massa.



In paesi come Olanda, Danimarca e perfino la montagnosa Svizzera, la bici copre il 20% del traffico urbano; in Italia l'1%; quindi la manifestazione internazionale di Critical Mass a Roma ancor più è una protesta contro «l'inciviltà automobilistica che porta alla conquista dello spazio urbano, relegando la bici alla marginalità. Il rifiuto di concedere spazi a piste ciclabili (incompatibili spesso con i posteggi, legali o meno) si concretizza anche in altre forme: segnali di traffico assurdi, divieti irragionevoli, come se il diritto a posteggiare la bici fosse criminale mentre le auto in seconda fila, o sulle piste ciclabili, fossero diritti inalienabili». Dunque la Critical Mass invade le strade «contro la pretesa di privatizzare con un incivile mezzo di trasporto il pubblico spazio, contro un'accettazione supina della barbarie del tubo di scarico, contro l'idolatria di lamiere metallizzate».

Tratto da “Il manifesto”

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