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Critical Mass: movimento a pedali
by da Carta Thursday, May. 27, 2004 at 4:30 PM mail:


CRITICAL MASS: movimento a pedali.



Articolo di ENZO MANGINI.



Una “critical mass” speciale a Roma, il 28, 29 e 30 maggio. Tre giorni di bici scatenate per dimostrare, pedalando, che la città può essere vivibile e piacevole. Il primo passo è sfuggire alla tirannia degli autosauri, i rumorosi mostri d'acciaio che dominano le strade al posto degli esseri umani. Chi sono i ribelli ciclisti.



TRE GIORNI, tre boccate d'aria e di entusiasmo. E’ la critical mass speciale che ci sarà a Roma dal 28 al 30 maggio.



Si comincia venerdì 28, ultimo venerdì del mese, con l'appuntamento alle 18 a piazzale delle masse critiche [piazzale ostiense per il resto della città]. I ciclisti di Roma festeggiano il secondo compleanno della loro Cm. Il giorno dopo, alle 17 dal Colosseo, parte la prima Cm “allargata” a chi vive oltre il raccordo anulare.



Si è discusso a lungo sulla mailing list a proposito dell'aggettivo da usare. Nazionale? No, con i tempi che corrono ha un saporaccio, e poi se qualcuno vuole venire dall'estero? Galattica, globale, intergalattica...Alla fine ha prevalso la praticità colloquiale: Ciemmona. Sembra il soprannome di una zia un po' in carne, ma rende l'idea.



La Ciemmona del 29 finirà alla ciclofficina Don Chisciotte, al centro sociale dell'exSnia, dove andrà in scena “Ciclonica”, monologo per donna in bicicletta, di e con Soledad Nicolazzi. Domenica 30, gran finale, con partenza da piazzale masse critiche alle 10 in direzione del mar Tirreno. Per tutti e tre i giorni, all'exSnia sarà attivo un campeggio dove i sovvertitori dell'ordine automobilistico potranno riposarsi, se vogliono. Le due ciclofficine romane hanno anche approntato qualche destriero per chine fosse irrimediabilmente sprovvisto.



No oil, no war.



Con i suoi modi e i suoi tempi, la Critical mass ha deciso di farsi sentire. L'idea di una coincidenza casuale di tutti i ciclisti del regno, circolava gia da un po' di mesi in posta elettronica e nelle chiacchierate a bordo strada. Tra un impegno e l'altro [20 marzo, 25 aprile, Mayday], l'ultimo fine settimana di maggio è sembrato la data ideale. Coincidenza nella coincidenza, la Ciemmona cade a pochissimi giorni di distanza dalla visita del presidente petroliere Bush e dalla festa della repubblica che, sulla Carta, rifiuta la guerra. La bici decorata con la targa *no oil* sarà un mezzo di pace.



“Mezzo di locomozione fisico, certo la bicicletta è soprattutto un mezzo di locomozione della coscienza. E il principio ciclosofico fondamentale è: ogni corpo su una bicicletta assiste a uno spostamento del proprio sguardo sul mondo. All'esterno, ci si sposta in bicicletta. Ma all'interno,è la bicicletta che ci sposta”. Potrebbe sembrare esagerato Didier Tronchet in questo passo del suo [ormai introvabile] “Piccolo trattato di ciclosofia”, ma è solo un'impressione superficiale.



La bicicletta ha una lunga tradizione di amicizia proficua e feconda con schiere di sovversivi divario tipo. Dalle sufragette britanniche che scandalizzavano i bacchettoni edoardiani con l'allusivo movimento dei pedali, fino ai Ciclisti rossi dell'Emilia Romagna del primo novecento, dalle staffette partigiane, alle biciclette bianche dei Provos di Amsterdam. Per non dire delle meteore individuali, da Alfred Jarry [quello di Ubu re e della patafisica, la scienza delle soluzioni paradossali] fino alla “cricca anarcociclista” che ruota attorno alla mailing list di dadaciclo.



In Italia, da qualche anno, le bici hanno deciso di uscire dal quadretto tranquillizzante della pedalata domenicale o dalla nicchia sportiva per reclamare il loro spazio, nelle città e nella critica al cattivo stato del mondo. Del quale, una delle immagini più illuminanti è l'ingorgo automobilistico. Un'esperienza di ogni giorno, che milioni di cittadini accettano con la rassegnata assuefazione che si sviluppa per un prodotto scadente, ma insostituibile e vitale. L'alternativa, però, esiste.



Dal volantino per la Ciemmona: “Guardandoci attorno nelle nostre città, vedendo come stanno modificandosi i nostri stili di vita, affrontando ogni giorno l'emergenza ambientale, sanitaria e sociale, si può affermare che l'era della motorizzazione di massa è al collasso. Gli albori di un rinascimento noi, ciclisti/e urbani, li riusciamo a vedere”. Si riescono a vedere perché, dal sellino, si può guardare oltre le lamiere.



Scrive altrove Tronchet: “Dall'alto della bicicletta, il mondo è diverso”. La Critical mass non è che questo: per il tempo della sua durata e nello spazio che attraversa, un altro mondo possibile esiste già. Si muove, rianima la città e la modifica.



Da San Francisco a Tokyo



La Critical mass nacque a San Francisco, il 25 settembre del 1992. Una quarantina di ciclisti sfidò le autorità pedalando su un ponte vietato alle bici. La leggenda racconta che l'idea fu di Chris Carlsson, intellettuale ciclista [e viceversa], ma venne precisata con i contributi di altri prodi cavalieri metropolitani della San Francisco bike coalition [vedi Critical Mass, di Chris Carlsson, Feltrinelli]. E' stata un successo mondiale. Oggi ci sono critical mass in ogni continente e in ogni girone dell'inferno dei ciclisti, da Johannesburg fino a Manila, a Tokyo, Mumbai, Santiago del Cile, Milano, Londra. Le metropoli del nord e del sud del mondo si somigliano, quanto a orrore urbano.



E’ facile: un punto di ritrovo e un giorno fisso, una volta al mese o di più. A Milano, per esempio, ogni giovedì a piazza dei Mercanti. Ci si trova e si parte, senza un percorso fisso, seguendo l'estro di chi momentaneamente sta davanti al gruppo. Se le bici raggiungono la “massa critica” necessaria, avviene la reazione:le auto sono costrette a farsi da parte, ad aspettare, sbuffando come una mandria. La strada subisce l'effetto benefico del traffico su due ruote ad energia umana. Niente motori, campanelli al posto dei clacson e, perfino, voci amichevoli.



C'è posto per tutti e ciascuno interpreta a modo suo quelle ore di ritrovata urbanità, che compensano le durezze della lotta quotidiana contro gli autosauri che ciascun ciclista urbano conduce individualmente. Il più delle volte, la Critical mass è anche una festa, specialmente in primavera, quando molti ciclisti “timidi” abbandonano il guscio invernale di acciaio e plastica.



E’ difficile resistere alla curiosità suscitata da un volantino che mani ignote hanno incastrato sul portapacchi di una bici parcheggiata davanti al portone. O se capita di incontrare la Massa mentre caracolla per le strade della città, è difficile resistere al richiamo.



Ci si può fermare alla Massa o, aggiungendo un “più” d'intenzione, un pizzico di spezia politica, la bici diventa una bussola nell'universo del cicloattivismo. Da qualche anno si vive in pieno Big bang culturale e sociale attorno all'idea di un altro ritmo di esistenza, di altre relazioni sociali, di qualità della vita collettiva nelle città. Si può ovviamente continuare a usare la bici come svago della domenica, solo per il piacere che essa da senza addentellati sovversivi.



Anche il ciclista minimo, però è un agente della velorution, la rivoluzione dei “velò”, in ogni momento in cui si sottrae alla spirale auto-petrolio-guerra e all'urbanistica del motore a scoppio. Lo scrittore messicano Paco Ignacio Taibo II fa pronunciare a uno dei suoi personaggi, Maschera Azteca, una frase molto “criticalmassica”: “La resistenza non è un movimento organizzato, ma una malattia contagiosa”. Che, dicono le ultime ricerche, si può contrarre anche con il polline di maggio.

Tratto da “Carta” del 20 Maggio 2004.

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