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I 93 malmenati: «Non parliamo con Pericu»
by manifesto Saturday, Jun. 26, 2004 at 7:50 PM mail:

Arrivano a Genova ma disertano il comune: «Ha accusato i manifestanti di danni morali»




A. MAN.
INVIATO A GENOVA
Sono arrivati da Berlino e da Saragozza, da Londra e da Zurigo. Per molti di loro era la prima volta a Genova tre anni dopo la notte della Diaz e l'orrore di Bolzaneto. «Non era facile tornare qui - sorridono - anche se il clima è migliorato». Si sono ritrovati ieri in trenta, più stranieri che italiani come la notte del 21 luglio 2001, alla vigilia del processo ai poliziotti che li hanno massacrati e arrestati con prove false. Questa volta trovano un comune pronto ad accoglierli e a sistemarli per metà in albergo e per metà all'ostello della gioventù. A loro però non basta, vogliono parlare dell'altro processo G8, quello contro 26 manifestanti italiani che rischiano una condanna a due cifre per devastazione e saccheggio. Per questo i «reduci» stranieri della Diaz hanno rinunciato all'invito del sindaco Giuseppe Pericu: non gli perdonano il tentativo (fallito) di costituirsi parte civile contro i presunti devastatori. «Le cose successe in quei giorni a Genova - ha detto Pericu a chi ha risposto al suo invito - hanno un significato politico molto rilevante e devono essere oggetto di una commissione parlamentare d'inchiesta, perché la semplice individuazione delle responsabilità penali non illumina il quadro complessivo». All'incontro di palazzo Tursi, sede del comune, c'era il Comitato verità e giustizia, con la presidente Enrica Bartesaghi (mamma di Sara, malmenata nella scuola e poi ai Bolzaneto) e il giornalista del Carlino Lorenzo Guadagnucci, uscito dalla Diaz con fratture e lesioni alle braccia, altri due italiani e l'inglese Mark Covell, ridotto in fin di vita dai poliziotti davanti alla scuola, prima ancora dell'irruzione.

Ma c'è poco da fare. Pericu è stato costretto a spiegare, per l'ennesima volta, il tentativo di intervenire nel processo ai devastatori, che peraltro ha indotto Rifondazione a uscire dalla sua giunta. «Ci eravamo costituiti solo per i danni materiali relativi ai beni del comune», ha precisato il sindaco. Non è così: la memoria dell'avvocato Giuseppe Salvarezza parlava anche di «danni morali» provocati dai manifestanti violenti. E invece questa volta, per la Diaz, il mandato della giunta è limitato alla richiesta di risarcimento per i due computer di proprietà del comune che sarebbero stati distrutti dalla polizia alla scuola Pascoli, l'istituto davanti alla Diaz che ospitava il Media center del Gsf. I più arrabbiati a Palazzo Tursi non c'erano. Tedeschi, spagnoli, svizzeri e inglesi della Diaz hanno chiarito le loro posizioni al mattino in una conferenza stampa al Palazzo Ducale. Con qualche attrito con il Comitato verità e giustizia, che non digeriva lo striscione appeso nella sala: «Stop the terror police against the mouvement» e i nomi delle città di Guadalajara, Goteborg, Evian e Genova, dove i no global hanno sperimentato quel terrore. Richard Moth, un 35enne londinese colpito duramente alla testa alla Diaz, ha letto un breve testo concordato con gli altri: «Siamo solidali con i ventisei manifestanti incriminati, non possiamo accettare la costituzione di parte civile del comune di Genova e non parteciperemo all'incontro organizzato dal sindaco. Il nostro è un movimento di movimenti e rifiutiamo di essere divisi tra manifestanti buoni e manifestanti cattivi».

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