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Grandi manovre sul voto "obbligatorio" per il referendum
La Paz - 16 luglio 2004-

Il Congresso boliviano ha espresso il suo parere sull'obbligo di presentarsi a votare (o meno) per il prossimo referendum sulle risorse di idrocarburi
boliviani promosso dal governo nazionale di Carlos Mesa: "il voto non sarà obbligatorio e c'è bisogno almeno della presenza alle urne del 50% degli aventi diritto al voto per decretare la validità della consulta.
Il governo dopo aver ratificato questa legge emessa dal congresso di fatto intende mantenere un atteggiamento diverso perchè teme che il boicottaggio delle organizzazioni popolari e dei sindacati e una percentuale bassa di
votanti mandino all'aria i piani governativi.
Il viceministro di Giustizia, Carlos Alarcòn, ha dichiarato che "il voto deve essere obbligatorio", mentre il gabinetto dei ministri presieduto dal presidente Mesa ragionava su due possibilità: a) rifiutare la legge del Congresso per esigere l'obbligatorietà del voto , b) richiedere il
pronunciamento del Tribunale Costituzionale sperando che obblighi i cittadini ad andare alle urne. Il tentativo dunque è quello di ottenere che il voto al referendum, in qualche modo, risulti obblgatorio (come nel caso
delle elezioni nazionali) e che chi propone l'astensione o il boicottaggio venga perseguito e arrestato da Esercito e Polizia, che scenderanno in strada per rompere i blocchi stradali e difendere le sedi di voto.

Contro la posizione del governo si è già espressa la Corte Nazionale Elettorale che fa riferimento all'articolo 1 della Legge sul voto, che testualmente afferma: "il referedum, conformamente all'Articolo 4 della Costituzione Politica dello Stato, è il meccanismo istituzionale di consulta
del popolo che mediante voto universale, diretto, libero e segreto, esprime il suo parere sulle leggi, sulle politiche e le decisioni di interesse pubblico". In questo articolo non c'è riferimento al "voto obbligatorio" e per questo il governo si troverà davanti ad uno scoglio in più.

Chiaramente dal fronte di opposizione sociale al progetto referendario, definito ormai "referendumtrappola" e strumento per la ratificazione del potere multinazionale nel paese in materia di risorse di idrocarburi, arrivano voci forti che inneggiano alla libertà di voto e che si scagliano
contro un'imposizione che calpesterebbe la Costituzione boliviana.