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Giù dal ponte, fu colpa sua - G8 di Evian
by zip Wednesday, Oct. 27, 2004 at 9:40 AM mail:

Azione immortalata nel video di Undercurrents e Indymedia (www.ngvision.org/mediabase/261), dove si vede che l'agente Deiss prova una prima volta a tagliare la corda, ma viene fermato da un collega. Poi torna alla macchina, dove parla con un superiore, e infine taglia la fune con un coltello tascabile

Giù dal ponte, fu colpa sua
«No global temerari», prosciolto il poliziotto che fece cadere un attivista al G8 di Evian
SERENA TINARI
BERNA
Non luogo a procedere per un poliziotto accusato di avere procurato lesioni personali gravi, se i manifestanti sono «temerari». Un giudice svizzero si è esibito ieri in un'ordinanza acrobatica che rischia di fare giurisprudenza. La decisione chiude il caso del ponte dell'Aubonne, avvenuto durante il G8 di Evian. Sotto accusa c'era un agente del canton Sciaffusa, il ventitreenne Markus Deiss, che il primo giugno 2003 aveva tagliato la fune a cui erano appese due persone, facendo precipitare per venti metri l'inglese Martin Shaw. A un anno e mezzo dai fatti, il giudice istruttore Jacques Antenen ha deciso di sollevare da ogni responsabilità il poliziotto, che era d'altronde rimasto in servizio, così come la catena di comando che aveva alle spalle. Il caso risale alle proteste contro il G8, quando alcune persone avevano optato per un blocco stradale già visto in altre città europee: due si erano appese alle estremità di una corda, tesa a tagliare in due la carreggiata autostradale del viadotto di Aubonne. Martin Shaw e la sua amica Gesine, esperti in arrampicata sportiva, si erano assicurati alla fune con imbragature professionali. Altre persone avevano fermato il traffico con striscioni dove si spiegava che forzare il blocco avrebbe messo in pericolo due vite. La situazione era precipitata con l'arrivo della polizia. Nel giro di pochi minuti, gli agenti portavano via a braccia gli attivisti che facevano parte del «gruppo di contatto» con polizia e automobilisti. Incredule, una decina di persone tentavano invano di comunicare con le forze dell'ordine e assistevano impotenti al taglio della corda. Azione immortalata nel video di Undercurrents e Indymedia (http://www.ngvision.org/mediabase/261), dove si vede che l'agente Deiss prova una prima volta a tagliare la corda, ma viene fermato da un collega. Poi torna alla macchina, dove parla con un superiore, e infine taglia la fune con un coltello tascabile.

L'agente responsabile dell'incredibile gesto aveva poi sostenuto di non avere compreso gli ordini, né la situazione, a causa di un gap linguistico: lui è di madrelingua svizzero-tedesca, svizzero-francese era il responsabile del gruppo di intervento. Ma il giudice istruttore Antenen è andato oltre: «Nessuna responsabilità penale può essere imputata alle forze dell'ordine, perché la causa preponderante dell'incidente risiede nella temerarietà dei manifestanti».

Tana libera tutti, dunque, per la polizia. Mentre l'ha pagata cara Martin Shaw. Dopo un anno di cure è tornato a camminare, ma non potrà riacquistare la mobilità di una volta. Nel frattempo, ha subito con Gesine e altri attivisti un processo per «intralcio alla circolazione stradale» e per avere messo in pericolo la vita degli automobilisti. Tutti condannati: dieci giorni di carcere con sospensione della pena.

Martin e Gesine hanno tentato di non mollare, portando in giro per l'Europa il Talk Tour, la tournée della parola. Gesine, che si è salvata dalla caduta grazie ai riflessi di un'attivista che ha afferrato l'estremità della corda, è dovuta ricorrere alla psicoterapia per superare lo «stress post-traumatico». Nella tournée della parola, Martin e Gesine hanno portato una discussione aperta sull'elaborazione del trauma militante, «un problema per i gruppi che in tutto il mondo lavorano nei servizi "anti-repressione" e una fonte di ansia per chi vuole esercitare il diritto alla libera espressione». I due non si sono stancati di raccontare le fasi di preparazione dell'azione, sottolineando come avessero «già fatto azioni simili e la polizia si mostra generalmente tollerante. In Italia forse avremmo avuto un atteggiamento meno spavaldo, visto il trattamento riservato ai manifestanti a Genova. Ma pensavamo che la polizia svizzera fosse più prudente». Ma i fatti e i postumi di Evian hanno sancito la fine della leggenda elvetica. Dall'irruzione al centro culturale Usine (http://www.ngvision.org/mediabase/150) alla recente denuncia presentata da due ispettori della polizia di Ginevra che ancora indagano sul G8. Si sono riconosciuti mentre, in borghese a una manifestazione, sorridono alla macchina fotografica. La loro immagine, pubblicata sul sito di Indymedia Nantes, è stata indicata come una delle possibili cause del sequestro dei server di Indymedia a Londra.
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/26-Ottobre-2004/art79.html

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