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CARCERE
by Roberto Sunday, Dec. 19, 2004 at 10:51 PM mail:

carcere dietro e oltre le sbarre dell'ingiustizia

CARCERE!
“dietro e oltre le sbarre dell'ingiustizia”


Nel parlare di Sistema Carcerario sarebbe il caso che ci fermassimo a riflettere su quanto sta accadendo sotto i nostri occhi ,prima che sia troppo tardi.
Non vedo, non sento, non parlo…
La società civile non capisce, non vede che le condizioni carcerarie sono una condanna in più per i detenuti…
Lo Stato non parla, cioè non fornisce risposte istituzionali al problema, ma anzi rincara la dose di una quotidiana gara al ribasso sulla pelle dei detenuti.

Come Comitato 5 Novembre abbiamo deciso di avviare un percorso di sensibilizzazione e di discussione a partire da fine settembre, mese in cui è partito lo sciopero dei detenuti, una lotta pacifica e non-violenta che consiste nel battere le pentole contro le sbarre della cella; rifiutare il cibo e rifiutare il lavoro.
Le loro azioni anche in Sardegna sono volte a chiedere un provvedimento generalizzato di “indulto” o di “amnistia”, ma anche piena e integrale applicazione della legge Gozzini in tutti i tribunali di sorveglianza per tutti i detenuti, e la limitazione dell’uso (e dunque dell’abuso) della custodia preventiva.
Nell’attesa di risposte concrete le statistiche ufficiali dicono che i detenuti sono 53 mila, ma in realtà superano le 58 mila unità, su poco più di 35 mila posti disponibili.
Intanto se tutti i mass-media lodano ed enfatizzano con una retorica cinica le retate fatte in continuazione ora le carceri sono piene di migranti, di tossicodipendenti e di prostitute, infatti gli ospiti delle patrie galere per oltre un terzo sono migranti, spesso clandestini.
Tra gli Italiani prevalgono ancora oggi i detenuti di origine meridionale, cioè persone che nell’85% dei casi hanno commesso reati di criminalità di strada, spesso afflitti da problemi di tossicodipendenza, provenienti da contesti sociali di margine e di alto disagio sociale.

Ed è di questi giorni la notizia che i CPT (i famigerati centri di detenzione permanente per i migranti) siti nell’Italia del sud stanno per scoppiare. È surreale come in poche centinaia di metri quadri si possa accogliere quell’umanità in fuga dal resto del Mondo, proprio quel Mondo che dà poche speranze, se non quelle di regalare il sogno di un occidente ricco e allegro.
Da evidenziare il “Caso Sardegna” con il più alto numero di carceri rispetto alla media italiana e con il carcere di Buoncammino che ospita il 30% di detenuti tossicodipendenti.
Un sottobosco sfortunato che potrebbe benissimo fare “altro”, ma come spiega Francesco Cerando che è il presidente del consiglio internazionale dei medici penitenziari:
“se gli va bene questi detenuti escono dal carcere con l’epatite e se gli va male con l’HIV”.

Nel parlare di Sanità Penitenziaria l’occhio cade subito sui soldi:
Tagli, tagli e ancora tagli…
Se la Sanità Penitenziaria fosse una minigonna sarebbe indecente…
Si è passati da 230 miliardi di lire del ’98 (più di 118 milioni di euro) a 78 milioni di euro del 2003, ciò vuol dire un taglio del 35 e mezzo % circa, col piccolo problema dei detenuti che sono aumentati, anzi… sono più che raddoppiati.
Perciò se è vero che nel 1990 le statistiche ufficiali contavano circa 26 mila detenuti, vorrà dire che il doppio della gente si cura con un terzo in meno di risorse.

Cioè:

· meno farmaci (-12%)
· meno apparecchiature (-10%)
· meno guardie mediche (-8,5%)

…e non finisce qui!
I medicinali di fascia C sono a carico del detenuto. Aspirina, tachipirina, antinfiammatori, antistaminici, sciroppi per la tosse, ecc.
Ma sinceramente voi ce lo vedete per esempio un pakistano che ha meno di 30 anni, che è dentro per piccoli furti comprarsi qualcosa per la febbre?
Improbabile…
O un tossicodipendente, magari debilitato per i fatti suoi, che tossisce sangue e si compra lo sciroppo?
Improbabile anche questo…
Mentre da otto anni associazioni, movimenti e comunità lottano per il passaggio della medicina penitenziaria dal ministero della Giustizia, a quello della Sanità, cioè la reale e concreta applicazione della Riforma Bindi, il Governo invece, oggi preferisce lasciare le cose come stanno, cioè si preferisce gestire il carcere in maniera chiusa. Farci entrare le A.s.l. vuol dire gestire e controllare l’operato del carcere. E il carcere non vuole controllo.
Come comitato 5 novembre siamo favorevoli all’applicazione della Riforma Bindi principalmente per due motivi:
Il primo è che la Sanità, per strumenti e professionalità, è semplicemente l’unico ministero che possa occuparsene.
Il secondo è che già adesso, se non ci fossero protocolli d’intesa con le A.s.l la sanità penitenziaria non funzionerebbe.
E poi finalmente i detenuti sarebbero parificati ai liberi.
Un'altra formula che la società civile dovrebbe superare è quella che i detenuti non sono animali, ma sono persone come tutti gli altri, e come tutti gli altri hanno bisogno di cure.

E se il ministro della Giustizia Castelli ammette che in cella si muore, ma poco, e anzi rispetto alla percentuale europea il suicidio è una “bazzecola”, in realtà smentiscono il ministro i dati raccolti e presentati dall’ Associazione “A buon diritto” e pubblicati nel Secondo rapporto sui suicidi nelle carceri romane e italiane, e dovrebbero quantomeno far riflettere:

· Se nel 2002 erano 57, dal 2003 sono 65 i detenuti che si sono tolti la vita in carcere.
· Sono 900 l’anno in media i tentati suicidi.
· Il 93% dei suicidi si verifica in carceri sovraffollate.
· Il 51% dei suicidi viene compiuto nei primi mesi di reclusione.
· Sono 50 volte più numerosi in carcere che fuori i suicidi tra i 18 e i 24 anni.

In molti casi si parla di detenuti che tentano il suicidio in carcere per poi essere trasportati in ospedale: infatti in caso di decesso la loro morte è considerata esterna.
E i dati “quelli che si vogliono far credere ufficiali” vengono di conseguenza falsati.

Per ciò che riguarda la riforma penitenziaria, prima di affrontarla bisogna discutere dell’inaudito livello di inciviltà che è base fondante di tutte le prigioni, come qualsiasi luogo di privazione della libertà.
E se la cattiveria è insita nella vita sociale degli esseri umani, il carcere in quanto istituzione totale è funzionale alla sua riproduzione quotidiana.

Se per un attimo abbandoniamo la compassione per i detenuti migranti o tossicodipendenti e della loro detenzione ne facciamo oggetto di valutazione delle politiche pubbliche, le dinamiche di controllo sociale sono evidenti: politiche incapaci di reinserimento sociale, coesione e integrazione che tendono a clandestinizzare e reprimere, producono solo devianza, criminalità, e marginalità.

Allora, per scardinare la logica della prigione e iniziare una battaglia di libertà e di civiltà, bisogna aprire le prigioni più di quanto non sia stato fatto finora, cominciare un percorso di discussione e di proposta, quindi parlare di abolizione dell’ergastolo, aumento delle misure alternative al carcere, indulto, amnistia.
Solo così si arriverà ad una società dove giustizia non significhi vendetta sui più deboli e impunità sui più forti.

COMITATO 5 NOVEMBRE cagliari

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