impressioni dal tribunale di Cosenza

20.12.2004

Processo alla rete del Sud Ribelle. Tribunale di Cosenza ore 10.50: “fermi, no non entrate tutti in una volta, i documenti la fotocopia” e guardano fra l’annoiato ed il disprezzo i tre giovani. “Lasci qui la sua borsa e la apra” quella gli svuota tutto sul tavolo “no va ben così, non c’era bisogno, no”. Pare che per entrare sia necessario sottoporsi sempre a questa ritualità della perquisizione, forse si tratterà di un rito scaramantico? Intanto la fotocopiatrice illumina i fogli e imprime i nomi e le generalità sul bianco. Dentro “la legge è uguale per tutti” i capannelli, le voci, i giornali sfogliati, le sedie imbottite. Si attende che i giudici escano fuori a dire se il processo agli indagati per la rete del sud ribelle, si dovrà spostare o meno dal tribunale di Cosenza. Il giovane carabiniere, posto in fondo all’aula, sembra quasi addormentarsi, ha lo sguardo assolutamente perso nel avanti vuoto. La giovane carabiniere, più in la, ha un viso incredibilmente bello, peccato per la divisa, altrimenti la si sarebbe potuta scambiare per una autentica bambola di porcellana. Non ostante tutto anche lei sembra essere piena di noia per quella lunga attesa. “Ma quando ci mettono questi? I giudici si sono dimenticati? Stanno a prendere il caffè, giocano a carte con le carte?” Queste le voci i commenti di chi è al di qua della sbarra che divide pubblico da imputati. Alcuni vecchi carabinieri, gli stessi che prima avevano bloccato i tre giovani alla porta dell’aula, sono entrati nell’aula, osservano chi o cosa? Gli occhi ad indagare se il registratore che spunta da una borsa nera, deposta con grazia assoluta a terra, sia in funzione o meno? Intanto si cerca di ammazzare l’attesa di un tempo che non passa mai. In questo spazio temporale, sospeso fra passato e futuro che noi chiamiamo presente, può accadere di tutto.