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Altri cooperanti cacciati... e le ONG italiane che fanno?
by qq7 Tuesday, Aug. 06, 2002 at 9:36 AM mail:

Altra "disavventura" per tre cooperanti italiani, fermati all'aeroporto di Tel Aviv. Ma le ONG italiane che fanno? Nessuna protesta, nessuna voce grossa, tutti a casa con la coda tra le gambe.

Ieri sera, all'aeroporto di Tel Aviv altri tre cooperanti italiani sono stati fermati dalle autorita' di frontiera israeliane.
Ai tre e' stato negato l'accesso ad Israele, per transitare nei Territori Palestinesi, dove avrebbero dovuto lavorare in progetti di assistenza umanitaria.
Ancora una volta i diplomatici italiani hanno contato meno del due picche (anche per il basso profilo che finora e' stato mantanuto).
Nei giorni scorsi (martedi 30 luglio) altri due cooperanti erano stati cacciati da Israele, mentre erano diretti a Gaza per lavorare in progetti umanitari.
http://www.italy.indymedia.org/news/2002/08/68664.php
http://www.italy.indymedia.org/news/2002/08/68808.php
http://www.italy.indymedia.org/news/2002/08/68988.php

gia in quell'occasione erano stati riportati i riferimenti delle autorita' italiane sulle quali far pressione, per richiedere ai "nostri" un profilo un po' piu' alto nel far valere il diritto internazionale e quello di reciprocita'.
Ecco qui di nuovo i riferimenti:
Chi e' interessato a fare pressioni direttamente con l'ambasciata Italiana puo'
telefonare al n. 00972-3-6964223 int. 120
faxare al n. 00972-3-6918428
e-mailare all'e-mail: italemb@netvision.net.il
AMBASCIATORE CAVARAI

Se si fa presente anche al Consolato di Gerusalemme la nostra indignazione magari le pressioni hanno ancora piu effetto (pur ricordandosi che il passaggio in Israele riucade nella giurisdizione dell'ambasciata di Tel Aviv)
telefonare al n. 00972-2- 5618966 / 00972-2- 5618977
faxare al n. 00972-2-5618944 / 00972-2-5322904
e-mailare all'e-mail: congeru@netvision.net.il
CONSOLE GENERALE GHISI

Stupisce comunque il silenzio che le ONG italiane stanno mantenendo sulla situazione nei Territori Palestinesi.
Nessuna protesta si sta facendo sentire, non solo per le espulsioni alle frontiere israeliane, ma nemmeno per la situazione operativa che si sta determinando nei Territori Palestinesi stessi.
In quanto organizzazioni umanitarie le ONG dovrebbero avere libero accesso ove la situazione di emergenza lo richieda.
Sul campo questo non accade. Sul campo l'esercito israeliano spadroneggia (intendiamoci: non solo con gli italiani, ma un po' con tutti; spesso nemmeno le ambulanze della Croce Rossa o delle Nazioni Unite possono godere del libero accesso ai luoghi di conflitto o dove semplicemente ce ne sia bisogno).

Finora tutti gli operatori umanitari tacciono, forse per paura di dover prendere decisioni clamorose, forse per paura di dover ammettere che qui ora non si puo' lavorare con le condizioni che impone Israele, forse per paura di perdere quei finanziamenti che a pioggia continuano ad abbattersi sulla Palestina ma che con enormi difficolta' arrivano ai veri beneficiari (e non sempre in maniera "completa").

E la voce grossa non la fa nessuno nemmeno in Italia. Qualcuno ha sentito di campagne e di slogan appena un po piu' che generiche? Si due stati per due popoli e Palestina libera... ma poi se ti rimandano a casa, va bene uguale.

L'alternativa praticata finora e' quella della scappatoia, del provare a passare da un'altra frontiera, dell'accondiscendere alle richieste sempre piu restrittive degli israeliani (tipo informare l'ambasciata di Israele a Roma, come se gli israeliani che vengono in vacanza in Italia dovessero fare lo stesso...)

Gli anglosassoni stanno facendo anche di peggio. Il loro approccio pragmatistico sta creando delle fratture ancora piu deleterie.
AIDA, il network delle ONG anglosassoni, molto piu potenti di quelle europee (Worldvision, Usaid, SaveTheChildren, Oxfam etc.) ha iniziato a chiedere agli israeliani un tesserino di riconoscimento da poter presentare all'esercito, determinando di fatto un riconoscimento dell'occupazione militare. Fra poco, si dice, AIDA avviera' anche dei colloqui di coordinamento con l'IDF.

Questo avvalla sia la strategia israeliana di voler far passare l'aiuto umanitario ai palestinesi per i propri canali
(per poterlo controllare), sia l'intenzione nascosta dello stato israeliano di volersi far pagare dalla comunita' internazionale i danni della propria occupazione militare.

E perche' ad esempio le ONG europee, coordinate tra loro, non lanciano l'idea di prendere i finanziamenti per gli aiuti umanitari dall'accordo quadro (commerciale) che la EU ha con Israele? Chi rompe paga, no?
Quando le ONG incominceranno a fare un'analisi un po' piu' ampia dei ristretti confini dei propri progetti (=finanziamenti?)?
Quando le ONG avranno il coraggio di esporsi un po' di piu', di coordinarsi tra loro, di fare pressioni istituzionali in tutti i luoghi dove hanno anche un certo peso politico (= Parlamento Italiano, Ministero degli Esteri, Unione Europea tramite le reti SOLIDAR, VOICE etc.)?

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