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ast terni: 10 anni di accordi non rispettati
by op Monday, Jan. 31, 2005 at 6:45 PM mail:

Articolo tratto dal messaggero umbria di oggi!

Ast, dieci anni di accordi non rispettati

Disattesi tutti gli impegni del piano industriale presentato all’Iri per l’acquisto

di WALTER PATALOCCO

Quattro richieste principali all’incontro di stasera a Roma con Governo e ThyssenKrupp avanzeranno le istituzioni locali e i sindacati, oltre alla difesa del magnetico: che la multinazionale tedesca enunci quali investimenti, veri, ha intenzione di fare; impegni sugli organici; lo sviluppo delle Fucine, delCsm, Aspasiel e delle altre controllate; il patto di territorio.
Sono tutti elementi contenuti, aben guardare, in accordi vecchi, non solo in quello del 14 giugno scorso che l’azienda disconosce, ma in quello, ben più anziano ma anche più vincolante, siglato ormai dieci anni fa. Quell’atto che fu decisivo perché l’Iri decidesse che le acciaierie di Terni, che andavano privatizzate, venissero assegnate, tra vari concortrenti, al consorzio Kai, quello formato al 50 per cento dalla Krupp e per l’altro 50 dalla Far (Falk, Agarini,Riva) che rappresentavano quella parte italiana che per regola doveva mantenere almeno la metà della proprietà del gruppo Ast.
Piano industriale per il gruppo Ast, si chiamava. Un documento voluminoso, tutto scritto in inglese, di cui sono riemerse chissà da dove (tutti lo cercavano, ma nessuno lo trovava) le fotocopie.
Una serie di impegni, che a dieci anni di distanza, sono stati totalmente disattesi.
Il consorzio, con quel piano industriale presentato all’Iri, assicurava la valorizzazione delle strutture tecniche ed umane, della capacità manageriali e potenziali del gruppo, ma anche le migliori risorse dell’intera comunità in cui il gruppo aveva (ed ha) sede. «Il consorzio si legge dovrebbe offrire la massima certezza possibile alle forze locali, oltreché, naturalmente , all’Iri». E da qui una serie di altre promesse: la garanzia della continuità della produzione a Terni e Torino di acciaio inossidabile e magnetico; tutto il proprio impegno per le consociate, con il massimo supporto per la ricerca di soluzioni di sviluppo; la garanzia che il centro decisionale e di ricerca e sviluppo rimarrà a Terni, perché «ciò significa indipendenza manageriale e tecnologica»
E, fin qui, già c’è da registrare il disimpegno sul magnetico e quello sulle controllate, mentre non pare che lo stabilimento ternano abbia mantenuto la propria autonomia manageriale e tecnologica.
Ma andiamo avanti.Perché una parte consistente di quel piano di basava sulle relazioni col territorio: «Le forze locali saranno rappresentate nel consiglio direttivo della società»; «Ast e controllate manterranno una forte relazione con il territorio», «Il consorzio cercherà di capire i desideri dell’area ternana per accettare ed incoraggiare la presenza degli interessi locali nel capitale e la nomina di una rappresentanza della comunità nel consiglio di amministrazione», non solo perché le acciaierie a Terni ci stavano da più di un secolo, ma anche perché «l’economia locale è fortemente correlata alle acciaierie» e perché «esistono forti opportunità di sviluppo grazie al collegamento tra industria e imprese sul territorio». E questo valeva non solo per l’Ast, ma anche per le consociate, ognuna delle quali è suscettibile si diceva di fare guadagno da sola, ma inserita in un sistema tutto collegato comprendente, appunto, anche le imprese ”esterne”. Per non parlare del personale, ritenuto una risorsa fondamentale, col quale imbastire «relazioni basate sulla partecipazione e sulla reciproca comprensione» Di più: il Consorzio si impegnava «a sostenere direttamente e indirettamente la partecipazione dei lavoratori in una quota di capitale dell’Ast».
Niente di tutto questo è stato rispettato. Altro che accordo del 14 giugno!

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