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Sui funerali di Saadat e la situazione in Palestina
by imc italy Monday, Aug. 26, 2002 at 10:48 AM mail: italy@indymedia.org

Racconti e impressioni di un'altra settimana in giro per la Palestina.

CIaociAO nuovamente
un'altra settimana è passata e la data del nostro ritorno si avvicina.
un'altra settimana in giro per i territori palestinesi tra check points, soldati e prepotenti bandiere israeliane.
un'altra settimana di forte emozioni e sensazioni, di forti umiliazioni e di grossa rabbia inespressa.
Abbiamo lasciato Jenin sotto il fuoco degli israeliani diretti a Ramallah, poi a Nablus e oa di nuovo a Dheishe.
Dovunque abbiamo trovato la solita scena, distruzione, coprifuoco e soldati.
Tra ogni posto abbiamo trovato le incredibili difficoltà di movimento imposta ai paletinesi. A malapena noi "da internazionali" siamo riusciti a muoverci, e non siamo arrivati dovunque.
Il checkpoint è chiuso ci dicono alle porte di Nablus, nel bel mezzo di nulla... uno stradone circondato da un campo militare israeliano pieno di carri armati, porta truppe, jeep e tanti tanti riservisti gonfiati e felici della loro forza... su una strada piena di blindati e di soldati che accorrevano in città per impedire, blindare e sparare su una manifestazione indetta proprio contro il loro coprifuoco.
Neanche le ambulanze chiamate per soccorrere i feriti vengono fatte passare, cosi i lavoratori e le famiglie di ritorno. Umiliazione quotidiana imposta.
Abbiamo attraversato scenari di guerra e battaglioni in movimento. Buffo pensare che fuori da queste terre si parli tanto di pace raggiunta quando qua la quotidianità più o meno ovunque continua a parlare solo di coprifuoco, feriti, morti e funerali.
Come quello di Amhed Saadat a cui abbiamo avuto "l'incredibile fortuna" di partecipare a Ramallah, la purtroppo capitale della Palestina in attesa di RIavere Gerusalemme indietro. Un'altra città sotto coprifuoco. Dopo l'ultimo check point ancora di corsa tra stradine e colline per evitare blocchi o jeep israeliane in giro. Alla fine arriviamo a casa della compagna che ci ospita. Ancora racconti tremendi sulla città e sulla situazione. Anche qua tutto uguale, storie diverse, stessi torti e stesse umiliazioni.
Anche qua la guerra è permanente e il nuovo coprifuoco totale imposto è proprio per impedire il corteo funebre in onore di Saadat. La situazione è tesa e si fa sempre più tesa con l'accrescersi dell'idea dell'arrivo dell'esercito per la "ripulita finale". Dopo Nablus, Jenin e le altre città Palestinesi è ora di Ramallah... qui hanno fatto pochi arresti e ne vogliono fare. Ieri siamo riparti lasciando infatti una città davanti a un lungo coprifuoco annunciato di almeno tre giorni... tempo utile per farsi casa per case la maggioranza delle case dei militanti della resistenza. Anche la compagna che ci ospita ha paura. Sa che potrebbero venire da lei. Conosceva Saadat, conosce molti compagni oggi ricercati da Israele, forse anche lei lo è. Ricercati per essere interrogati/torturati per avere informazioni "utili" su altri. Quando va bene.
Ci addormentiamo e passiamo li tre notti con l'ansia e l'angoscia dell'esercito che entra. Con la nostra presenza speriamo di rimandare o migliorare la situazione se dovesse accadere qualcosa. Non vengono per fortuna... e tolgono anche il coprifuoco...
"Domani si farà il funerale" e la voce che incomincia a girare per strade, per telefono, via mail. In un batter d'occhio tutt* vengono a conoscenza dell'ora del funerale. La notte la città si riempie completamente di scritte e manifesti in ricordo di Ahmed Saadat. Scritte rabbiose, rivoluzionarie, vogliose di libertà e giustizia. Scritte fatte di notte in una città silenziosa e vuota, tutt* pront* a correre al rumore di un carro o di una jeep. Saadat non solo era il fratello del Saadat, leader del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina ora in carcere per volere americano/inglese/israeliano, ma era un grande combattente, un grade compagno... giovanissimo... 23 anni, ma conosciuto e amato da tutti... ed è stato ucciso proprio in casa. La città non lo accetta, i palestinesi non lo accettano. E via giu di scritte, manifesti e bandiere in tutta la città. Alle scritte in arabo si assecondano molte scritte anche in inglese, altrettanto rabbiose e solidali con la lotta palestinese: "we will not forget, we will not forgive. 22/08/02 Saadat lives", "We saw and we remeber", "International Solidarity with Intifada"... Al risveglio chi non ha ricevuto la voce saprà. Anche l'esercito se ne accorge e rimane stupefatto. Non osa mettere il coprifuoco ma lo impone per il giorno successivo... questa volta totale. E annuncia anche che ci sarà bisogno di entrare in città perchè questa "azione esemplare" dimostra che in città c'e' ancora molta gente attiva. VA STRONCATA è il verbo israeliano.
I palestinesi rispondono e la mattina fin dall'ospedale da dove parte il corteo funebre oltre alla famiglia, ai compagni e agli amici c'è già molta altra gente. Ci viene data persino la possibilità di seguire il corteo funebre dall'inizio alla fine, siamo tra i pochi a vedere il corpo di Saadat prima che venga ricoperto dalla bandiera palestinese. Penso all'ennesimo Che Guevara, stessa faccia, stessa barba, stessa posizione... stessa lotta, quella di liberazione dall'oppresssione. Parte il corteo funebre fitto di bandiere rosse del Fronte e di bandiere palestinesi. La rabbia, si sente, è tanta. Si sentono cori e canzoni dall'inizio alla fine, eccetto la sosta di un'ora alla moschea per il momento di preghiera. Il corpo viene ritirato fuori e trasportato sulla testa della gente tra i cori, le canzoni e le voci di rabbia e liberazioni... "Intifada attanas"... Intifada fino alla vittoria... Intifada popolare... E' un momento forte anche per noi. Sentiamo al sua forze e la sua potenza uscire da ogni voce, vediamo i bambini con i più vecchi, i negozi che chiudono in solidarietà e la gente che si aggiunge al corteo. Alla fine il corpo viene seppellito alla meniera palestinese con ognugno che vuole dare una mano a seppellirlo.. cosi nudo, senza bara. Ognuno vuole buttare un po' di terra o qualche pietra per coprire l'ennessimo vuoto nella loro terra già troppo bucata. A latere parole rabbiose da parte della famiglia e dei leader della resistenza palestinese. Alla fine l'unica magra consolazione è che Saadat s'è già vendicato... da solo... uccidendo un soldato prima che lo ammazzessero definitivamente.
Salutiamo tristemente il nuovo "buco ricoperto", cosi come quello di Abu Ali Mustafa... altro leader del Fronte e della Resistenza tutta ucciso esattamente un'anno prima, questa volta non con nove colpi a brucia pelo ma da un missile.
Dopo il funerale tutt* a mangiare insieme. Per la famiglia iniziano cosi i 3 giorni pe ricordare il parente e il compagno assassinato. Salutiamo la famiglia anche noi e li portiamo la solidarietà che abbiamo sentito arrivare dall'Italia, da compagni singoli e da gruppi o organizzazoni varie. Sono felici della notizia, nonostante il triste momento. "E' importante" ci dicono "non ci fate sentire soli"... Non lo siete e non lo sarete mai gli rispondiamo noi. Di più non sappiamo dire e fare. Soffriamo con loro e capiamo la loro rabbia. Le parole di solidarietà non bastano, forse le immagini e i racconti che porteremo si.
Ci facciamo un'altro giorno a Ramallah, anche questa volta sfidiamo in coprifuoco, ma questa volta per andare in piscina. Per riprendersi un po' della quotidianità tolta a questo popolo. Mentre ci spostiamo dei portatruppe e una jeep ci passano davanti, angoscia.... ma passano solamente guardandoci con disprezzo e odio... continuiam e arriviamo in piscina dove troviamo molti compagni giovani e meno giovani, molti palestinesi che per un giorno non vogliono lasciarsi muorire dalla noia del coprifuoco che ti impone e chiude in casa. La sera è un'altra meravigliosa sera fatta di racconti e storie di questa terra e questa lotta.
Ascoltiamo e memorizziamo, per RIraccontare altrove.
Ripartiamo di nuovo. Affrontiamo un giorno di viaggio per dare poche decine di km. Non ce la facciamo. A Nablus non si passa. Mitra spianati e facce in divisa superiori ci impediscono il passaggio. Proviamo altrove, niente da fare. Torniamo indietro. Anche a Ramallah non c'è verso di rientrare, torniamo a Dheishe. E qui troviamo la più grande sorpresa e un'immagine bellissima, difficile da dimenticare. In linea con l'accordo "Gaza e Betlemme prima", anche dal campo profughi di Dheishe (essendo accanto a Betlemme e avendo una resistenza forte tuttora... in pochi giorni sono ben due i carriarmati israeliani messi fuori uso) i soldati se ne sono andati portando via i loro carriarmati e i loro coprifuoco imposti per oltre 6 mesi. Pensavamo di trovare la stessa scena di quando l'abbiamo lasciata e invece questa volta troviamo una città viva, piena di luci e di gente per strada... stentiamo a crederci e dimentichiamo velocemente l'ultima umiliazione dell'ultimo checkpoint prima di entrare.
Siamo di corsa e bisogna troncare cosi il racconto...
alla prossima...

CIaociAO

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