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[Ponte Galeria] post dinamico
by imc roma Sunday, Jul. 03, 2005 at 10:21 PM mail:

post dedicato a raccogliere i commenti alla feature Ponte Galeria

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23.5.2003 Un comitato nel cpt
by manifesto Tuesday, Jul. 05, 2005 at 12:49 PM mail:

1 euro e 80 centesimi per una lattina di Coca-cola, 3,40 per tre bottigliette d'acqua da mezzo litro. Prezzi da centro storico di Roma per i turisti. Sono invece i soldi che i migranti (gli «ospiti») del centro di permanenza temporanea romano di Ponte Galeria devono sborsare per acquistare i suddetti generi alimentari. Un piccolo sopruso rispetto alla detenzione lunga due mesi per persone che non hanno commesso alcun reato (i volontari della Croce rossa, addetti agli acquisti, sostengono che quelli sono i prezzi del bar...non si può cambiare bar?); ma per chi vive all'interno del centro diventa un ostacolo enorme. E così è da questo problema «minore» che è partita una protesta senza precedenti nei cpt italiani. Gli immigrati hanno deciso di costituire un comitato. Hanno deciso, cioè, di provare a mettere in piedi una vertenza politica. Il nucleo delle persone a cui è venuta in mente questa idea proviene dal carcere. Migranti che, dopo aver pagato il loro conto con la giustizia italiana in una carcere «vero», sono state trasferite nel cpt in attesa di essere espulse. E' questa una pratica ormai generalizzata nei centri di detenzione italiani, e che non ha alcuna giusitificazione, visto che i centri servono per identificare gli immigrati di cui è incerta la nazionalità - problema che non dovrebbe sussistere nel caso di una persona condannata da un tribunale. Tuttavia con questa nuova e numerosa categoria di «ospiti» è più difficile far passare sotto silenzio alcuni abusi: la difficoltà di incontrare un avvocato, i prezzi alle stelle, il divieto di vedere un medico al di fuori di certi orari, e così via.

«Non sono scemo, sono stato in carcere, lo so quali sono i miei diritti - è la dichiarazione rilasciata qualche giorno fa dal presidente del comitato, un ragazzo africano ora espulso - qui ci trattano come le bestie. Io me ne voglio andare dall'Italia, ho fatto tre anni di galera, e invece mi tengono qui chiuso da più di un mese». E' stato proprio lui a far girare, in sordina, un foglio in cui hanno apposto il loro nome 104 persone (ora ne sono rimasti 81). Un supporto lo hanno trovato dall'associazione «Score Italy», che da fuori dirama i loro comunicati. La novità ha portato alla luce un aspetto finora sottovalutato: è impossibile distribuire all'interno del centro volantini o qualsiasi altra cosa che informi gli «ospiti» sui loro diritti.

Tutte e 104 le persone hanno nominato l'avvocato dell'associazione, Stefano Oliva, che però non li ha potuti incontrare. Questa è un'altra delle denunce di cui si fa carico il comitato - che si chiama «Comitee for improvement» - la difficoltà, cioè, di incontrare i rappresentanti legali. L'avvocato Oliva ha anche inviato una lettera formale di protesta al centro di permanenza e alla questura di Roma: «Prima di tutto - racconta - avevo chiesto di poter parlare con i miei assistiti in gruppo, altrimenti non ce l'avrei fatta a portare avanti tutti i ricorsi, oltre al fatto che avrei occupato la sala per troppo tempo. Niente, non c'è stato nulla da fare: si può parlare solo con una persona per volta. Ma oltretutto non è possibile conferire con una persona in una stanza separata: bisogna parlare lì, con la polizia presente. E' una violazione di diritto». Ponte Galeria, poco tempo fa, è stato completamente ristrutturato.

Ora il comitato lotta per la sopravvivenza. Il problema più grande è, ovviamente, il turn over elevatissimo. Si tratta, tuttavia, di un'esperienza che potrebbe moltiplicarsi.

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6.4.2005 Sciopero della fame a Ponte Galeria
by manifesto Tuesday, Jul. 05, 2005 at 12:50 PM mail:

Da Ponte Galeria giurano che «assolutamente non mi risulta». Eppure 15 persone che fanno lo sciopero della fame non dovrebbero sfuggire all'ispettore del centro di detenzione per immigrati senza permesso di soggiorno di Roma. Nel caso specifico ammettiamo pure che la protesta non risulti per distrazione, eppure, secondo quanto riferisce l'avvocato di quattro ragazze nigeriane, nel centro di detenzione da venerdì è in corso un digiuno contro un provvedimento di espulsione illegale. Del resto nei centri lo sciopero della fame è una forma di protesta piuttosto consueta, anche se è difficile che si venga a sapere visto che ormai da un anno a questa parte nessuna associazione riesce a varcare le sbarre di Ponte Galeria. Troppo complicato, troppi intralci, troppo faticoso mantenere viva l'attenzione su uno dei capitoli più indecenti, e "bipartisan", della legge sull'immigrazione. Anche per Emilia Squillanoti, il legale che ha impugnato un provvedimento di espulsione nei confronti di quattro ragazze che hanno presentato domanda di asilo politico, è complicato entrare a Ponte Galeria; e l'altro giorno le guardie hanno negato l'ingresso anche a un medico che lavora al Policlinico Gemelli: si sa che la gestione poco trasparente dei centri di detenzione compete solo al personale della Croce Rossa Italiana... Le quattro ragazze che hanno dato il via allo sciopero della fame sono spaventate per quello che è successo a Fiumicino lo scorso 25 marzo, quando nonostante la loro richiesta di asilo politico i poliziotti hanno cercato di caricarle a forza sul primo aereo per la Nigeria. L'avvocato Squillanoti in un primo momento era riuscita a far sospendere l'espulsione appellandosi al fatto che le ragazze sono state private del diritto di difesa, «la legge prevede che ai richiedenti asilo venga rilasciato un permesso di soggiorno temporaneo in attesa che la loro richiesta venga esaminata». Invece i poliziotti le hanno riaccompagnate a Ponte Galeria e adesso l'aria che tira non è certo delle migliori. «Il giudice molto probabilmente rigetterà la domanda di sospensione - prevede Squillanoti - anche perché nel frattempo la Commissione centrale per i rifugiati politici ha negato l'asilo politico alle ragazze limitandosi a chiedere loro nome e cognome». Adesso la loro paura è condivisa da molte altre prigioniere, e le adesioni allo sciopero della fame - quello che all'ispettore «non risulta» - si allungano di ora in ora. Sono terrorizzate dall'idea di dover rientrare in Nigeria e non mangiano perché non si fidano di quello che trovano nel piatto. «Non mangiamo e non beviamo - racconta Bimiliky Alone al telefonino - perché abbiamo paura di essere addormentate con un sonnifero e portate di nuovo a Fiumicino: meglio morire qui a Ponte Galeria che tornare nel nostro paese».

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15.2.2002 Centro d'umiliazione
by manifesto Tuesday, Jul. 05, 2005 at 12:51 PM mail:

"Avevo presentato un'istanza di revoca dell'espulsione per evitare tutto questo, vorrei solo che mi dessero quindici giorni per permettermi di andarmene con i miei mezzi, non voglio restare in Italia".
A scrivere questa lettera è una donna colombiana di 44 anni che chiameremo Maria condannata nel nostro paese per droga e costretta a conoscere le umiliazione del centro romano di permanenza temporanea per stranieri in attesa di espulsione Ponte Galeria. La sua storia - probabilmente simile a tante altre di cui nessuno saprà mai nulla - ci è stata raccontata dalla destinataria della missiva, suor Edita che da nove anni lavora con le detenute del carcere romano di Rebibbia. Dopo una brevissima telefonata rotta dai singhiozzi del pianto e dell'umiliazione Maria decide di scrivere alla sua unica amica: "Mi hanno portato a Ponte Galeria, lì mi hanno detto di lavarmi e di non rivestirmi perché avrei dovuto passare la visita medica. Mi hanno visitato, poi mi hanno allargato le gambe, hanno visto le mie parti intime, non solo il dottore ma anche l'altro uomo che era con lui. Se questo lo fanno con le prostitute forse va bene, ma loro non sanno che la mia è una situazione del tutto diversa. Che per la mia cultura questo trattamento è una vergogna, una grande umiliazione".
Tra le mura di Rebibbia Maria ha trascorso tre anni per aver fatto il corriere di droga, e proprio tra quelle celle ha conosciuto la suora dell'ordine delle Adoratrici che è diventata un po' il suo angelo custode. La settimana scorsa è finalmente uscita dal carcere e suor Edita l'ha accompagnata in questura a prendere il foglio di via, ma da lì a sorpresa è stata accompagnata al centro di detenzione di Ponte Galeria.
Qui la brutta storia. Non era ormai consolidata la procedura per cui le detenute - e nella realtà non dovremmo parlare ufficialmente di carcere quando parliamo di Ponte Galeria - vengano visitate da dottori di sesso femminile? Almeno quando si tratta di visite di routine? "A parte la battuta sulle prostitute, forse dettata dal panico, mi ha raccontato - spiega suor Edita - che durante la cosiddetta visita l'hanno toccata ripetutamente, prendendosi gioco delle sue reticenze. Ho denunciato l'accaduto alla direzione di Ponte Galeria, ma lo stesso medico mi ha deriso: "E se fossi stato un ginecologo, che faceva, non accettava di essere visitata?". Ma lui - continua la suora - non era un ginecologo, e poi la ragazza aveva diritto a spogliarsi davanti a delle donne, non aveva chiesto lei la visita, non aveva chiesto lei di essere portata a Ponte Galeria". Anche questo un bell'interrogativo: la legge prevede che dopo il primo foglio di via l'immigrato irregolare possa lasciare il nostro paese da solo e soltanto se ritrovato in Italia debba essere accompagnato nei centri di permanenza temporanea per poi essere espulso, perché invece la pratica diffusa è così diversa? Perché Maria non è potuta andare all'aeroporto?

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