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carcere e morte: Torino: tossicodipendente si è ucciso per paura della libertà
by story Thursday, Jul. 07, 2005 at 9:04 AM mail:

pene alternative

Torino: tossicodipendente si è ucciso per paura della libertà



La Stampa, 6 luglio 2005



La salma di Gospava giace ancora in una cella frigorifera dell’obitorio, ad un mese e mezzo dalla morte di questa donna di 31 anni, di cui si conosce ben poco. Solo quanto indicano di lei i rapporti giudiziari raccolti nel fascicolo aperto in procura sul suo suicidio nel carcere "Lorusso-Cotugno". Nessuno sa dove rintracciare i parenti, se ne ha, nessuno si è fatto vivo per avere sue notizie nel corso dei mesi trascorsi da lei nella casa circondariale torinese. Gospava si è impiccata alle 16,30 del 12 maggio scorso, due giorni prima che vi provasse e vi riuscisse nello stesso modo Maurizio, 37 anni, torinese, laureato in matematica e tossicomane.

L’unico precedente caso di suicidio, alle "Vallette", in cinque anni era avvenuto nell’agosto di un anno fa. Ma i tentativi sventati sono fra i 40 e i 50 nell’arco di 12 mesi. Il "terzo rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia" definisce le carceri "pozzi senza fondo". Anche quando, come a Torino, vi lavorino persone impegnate ad arginare il peggio.

Le storie di Gospava e Maurizio indicano anche altro: che al carcere approdano sempre di più persone senza speranza e futuro. E che, accanto a chi vi entra con scarpe da jogging da centinaia di euro, sfila chi non ha le suole alle scarpe e chi non ne ha nemmeno di scalcagnate ai piedi. Il carcere delle differenze, dei gruppi etnici, delle gerarchie criminali e di poveri ladri di libri.

Com’era stato Maurizio: vi era finito per la prima volta nel 1997, per avere rubato in una libreria. Vi era tornato a cadenze periodiche, l’ultima il 5 maggio, colto sul fatto all’Upim, mentre cercava di scappare con due abiti da uomo da 99 euro ciascuno. "Rubacchiavo e dormivo dove trovavo" racconta in un’ultima lettera ad un amico.

La scrive il giorno prima di togliersi la vita: "Sono a terra. Vorrei dare la colpa a.... ma non sarebbe giusto, perché è solo a causa mia quello che mi è capitato. Il punto è che non ho più la forza né la voglia di ricominciare tutto da capo. Non tanto il carcere, ma il dopo! Esco e poi? Senza un posto dove stare, una famiglia, un lavoro. Sai cosa ti dico? Se trovo il coraggio preferisco farla finita. Il punto è proprio il coraggio!...".

Gospava era stata arrestata nel novembre scorso e spedita poco dopo dal carcere genovese a quello di Torino, perché più attrezzato sotto il profilo dell’assistenza piscologica e psichiatrica. A Marassi aveva preso ad ingoiare oggettini, "per protesta". Aveva pure inalato il gas del fornelletto per cucinare in cella. Le tolsero tutto. Per sua sicurezza. Anche a Torino. Poi tornarono a restituirle le povere cose di cui disponeva, per incoraggiarla ad autostimarsi un po’ di più. "Quando sembrava più tranquilla" si è impiccata con le lenzuola del letto alla grata della finestra. Di lei si sa soltanto che era nata a Belgrado, che era stata condannata una prima volta in Italia dal pretore di Bolzano nel 1995, una seconda da quello di Merano nel 1999... poi dal tribunale di Genova nel 2001. I suoi furtarelli ne segnano il peregrinare sino a Busalla, ultimo domicilio conosciuto. Come il titolo di un vecchio film di genere. Alla fine le hanno presentato il conto giudiziario dei suoi tanti 2 mesi di condanna: sarebbe uscita dal carcere nel 2007. Più o meno, Maurizio aveva lo stesso "fine pena". Ma Gospava stava ancora più in fondo alla scala sociale del carcere e il suo corpo è ancora in attesa di mani pietose che ne reclamino la sepoltura. Marco Bouchard, il pm incaricato di accertamenti sulle due morti, le segnala come i suicidi dei senza niente, che non provocano interrogazioni parlamentari. Ma che interrogano sul carcere e sul dopo che "fa paura". A Mauri, e a quanti altri come lui? Crescere dietro le sbarre.

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