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Carcere e migranti
by NO GLOBAL Sunday, Jul. 24, 2005 at 12:27 PM mail:

Non tutti gli extracomunitari che si trovano in carcere avevano posto tale destinazione finale nei loro programmi.


Senza alcun dubbio, molti, abbandonando il loro Paese e attraversando il mare o addirittura l’oceano, avevano lo sguardo fisso verso un Paese, ove il maggior problema sembrava essere quello di scegliere il programma televisivo più divertente o addirittura la più amena località per le vacanze. Pochi sono partiti con idee ben chiare in testa. In ognuno era presente il desiderio di venire in Italia a far soldi da spendere nel proprio Paese.

Questo, già di per sé, dovrebbe portare a condannare l’immigrazione selvaggia, della quale è stata protagonista passiva una Nazione, che deve ancora impegnarsi a risolvere i propri problemi, prima di pensare a quelli degli altri. Il trovarsi ormai in balia di una incalcolabile orda di stranieri non offre spazio a reali soluzioni di un problema che appare inarrestabile. Per finto buonismo e per vero menefreghismo, i precedenti governi hanno lasciato via libera ai disordinati flussi migratori, incoraggiando e accettando quanti arrivavano, tranquilli del fatto che tanto non se li sarebbero dovuti portare a casa propria.

La “Bossi-Fini” è giunta troppo tardi e non è riuscita a sistemare i troppi danni. La sua applicazione, inoltre, varia da città a città e, addirittura, da agente di Polizia ad agente. Come succede spesso in Italia, tutto è lasciato all’improvvisazione e alla simpatia /antipatia.
Come di fronte a qualsiasi altro aspetto di degrado sociale, piuttosto che curare le origini del problema, si risolve il tutto trasformando gli extracomunitari da vagabondi in detenuti.
In carcere, capita così di ritrovare Wallace Dos Santos, ventiquattrenne brasiliano, giunto sei anni fa in Italia con l’idea di lavorare in una pizzeria. La sua vita è uguale a quella di molti altri. Lavori sottopagati. Sfruttamento. Foglio di via. Espulsione. Quest’ultima non viene normalmente eseguita d’ufficio e, nello specifico caso, Wallace si ritrova condannato in contumacia a sei mesi di arresto per non aver lasciato l’Italia. Invece che a lavorare in una pizzeria, si ritrova in carcere, ove l’ambiente è completamente diverso.
Sei mesi appaiono un’eternità. Troppo pochi per chiedere una misura alternativa, la quale, peraltro, è un miraggio per gli stranieri, che i governi precedenti hanno attirato in una sorta di trappola vile. Salvo osservare come sei mesi di carcere siano un’inutile spesa per il contribuente italiano, il carcere in questo caso non ha assolutamente nulla di rieducativo, mantenendo esclusivamente il suo carattere vendicativo.
Wallace seguita a desiderare di voler vivere in Italia, completare gli studi e svolgere una modesta attività, tale da garantirgli una vita tranquilla. Il carcere non può far nulla in questo senso, seguitando a svolgere il suo mero ruolo di magazzino di esseri umani. Se non altro in questo, anche lo straniero ha gli stessi “diritti” degli stranieri. Non c’è alcun razzismo.
In verità in carcere gli extracomunitari non respirano aria di razzismo, a meno che, a loro dire, non lo si voglia vedere nell’ostilità dei Magistrati di Sorveglianza contro gli stranieri e nella mancanza di leggi adeguate per favorire un loro reinserimento. Attualmente, infatti, l’eventuale ottimo comportamento in carcere di uno straniero viene ripagato o risbattendolo in mezzo alla strada peggio di quando è entrato o, ancor peggio, cacciandolo con forza al suo Paese, senza verificare se potrebbe essere utile alla società e senza esaminare le cause che l’hanno portato in Italia. Si seguita a parlare di accordi con i diversi Paesi per disciplinare la detenzione degli extracomunitari, ricorrendo all’estradizione o all’espulsione.
Come per tutti gli altri problemi della giustizia, restano solo tante chiacchiere. Nessuno prende in seria considerazione il dato di fatto che molti problemi del sovraffollamento sarebbero risolti, se il governo italiano impiegasse tutti i soldi che spende per tenere in carcere gli stranieri come Wallace, i quali per la grande maggioranza sono solo “delinquenti per disperazione o per ignoranza”, nel creare posti di lavoro, come del resto dovrebbe fare, innanzi tutto, per gli italiani.



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