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aggiornamenti: Abruzzo e legge 53
by Comitati di Base Studenti Libertari Saturday, Aug. 13, 2005 at 1:36 PM mail:

Abruzzo e legge 53

L'AQUILA
COMITATI DI BASE STUDENTI LIBERTARI
COLLETTIVO STUDENTESCO INDIPENDENTE

PREMESSA
Oggi più che mai, nella “società della conoscenza”, l’interazione sociale va attuandosi anche grazie al possesso di un elevato livello culturale e delle capacità di operare criticamente nella società, attraverso il controllo di vecchi e nuovi alfabeti.
E proprio oggi il ruolo della scuola dovrebbe assumere nuovi contorni adeguati alla società in cui agisce per garantire a tutti i livelli adeguati di crescita culturale. Solo così la scuola potrà continuare a svolgere la propria funzione, indipendentemente dai luoghi socioculturali di provenienza e dai destini lavorativi di ciascuno.
La riforma Moratti si muove, invece, in una direzione diametralmente opposta a questa idea di scuola pubblica, come si può notare già da alcuni elementi.

L’abbassamento dell’obbligo scolastico (dai 15 ai 13 anni, caso unico al mondo!) è sostituito dalla formula particolarmente ambigua del diritto/dovere. Cade l’obbligo da parte dello stato di istruire tutti i cittadini e l’istruzione diventa un diritto-dovere del singolo: un fatto chiuso nell’orizzonte meramente soggettivo con la conseguente perdita del valore sociale e socializzante dell’istruzione. Con tale organizzazione risulta evidente che non è più possibile garantire a tutti ed in maniera egualitaria livelli di conoscenza, abilità strumentali e capacità critiche. Anzi, vengono marcate ancora di più le differenze legate all’estrazione sociale, ai diplomi scolastici, alla provenienza culturale, ai problemi personali.

Il tempo scuola-contratto implica un minore riconoscimento del valore sociale all’istruzione e svela il carattere classista della scuola morattiana: non più scuola dalla funzione compensativa rispetto alle differenze socioculturali di partenza, ma scuola “certificativa” che, in una logica del tutto privatistica, introduce una cosiddetta facoltatività nelle integrazioni necessarie a compensare la riduzione prevista del tempo-scuola.

L’istituzione di un doppio canale nella scuola superiore con crea un effetto retroattivo nella scuola media in termini di disuguaglianze delle opportunità.

La figura del tutor introduce un processo di gerarchizzazione che non appartiene assolutamente alle idee di scuola come “comunità educante”, di responsabilità condivisa nell’educazione, di promozione della libertà. La scuola torna ad essere (se mai non le è stata) il rituale di iniziazione a una società stratificata prodotta proprio dai diplomi che la scuola elargisce; a una società orientata verso il consumo progressivo di servizi sempre più costosi; a una società che si basa esclusivamente su standard mondiali pianificati su larga scala.

ABRUZZO E LOMBARDIA
L’offerta formativa sul territorio e gli organici saranno di pertinenza più del Governo delle Regioni che dello Stato. Come e in quali tempi questo avverrà non è dato sapere. Le regioni, indipendentemente dal loro colore politico, si sono lanciate in operazioni “legislative” chi di totale anticipo dell’applicazione della legge (Lombardia e Abruzzo) chi di parziale boicottaggio (Emilia Romagna).

In Lombardia, già si prevede una gestione addirittura provinciale e comunale del personale docente. In Emilia Romagna invece non si vorrebbe tanto gestire il personale, quanto decidere l’ effettivo numero di docenti necessario nelle scuole della regione. Il fatto di doversi assumere l’onere del pagamento degli stipendi del personale della scuola per ora ha bloccato di fatto le recriminazioni della maggior parte delle regioni.

La Regione Lombardia ha predisposto una proposta di legge regionale che, pur rimanendo nel solco della riforma Moratti tende, almeno in teoria, a nobilitare il sistema dell’istruzione e formazione professionale. Infatti, oltre agli otto licei, il nuovo sistema educativo regionale prevede quattro percorsi formativi,tutti parificati agli standard europei:
- qualifica di istruzione e formazione professionale ( 3 anni – II livello europeo Ects);
- diploma di istruzione e formazione professionale ( 4 anni – III livello);
- diploma di istruzione e formazione professionale superiore (5- 7 anni – IV livello);
- diploma di alta formazione professionale ( 9 anni – V livello);

Dopo 4 anni di studi sarà possibile sostenere l’esame di maturità, utile anche per entrare all’università (o all’alta formazione) purché si frequenti un corso annuale integrativo. I titoli su esposti potranno essere conseguiti anche attraverso percorsi di apprendistato.
Gli istituti tecnici – secondo la regione Lombardia - diventeranno dei “laboratori di eccellenza” che continueranno a rilasciare diplomi validi per l’università e per la scuola universitaria professionale.
In realtà si vorrebbe includerli nel canale dell’istruzione e formazione professionale, dimenticando però che la legge 53 non prevede per questo canale la possibilità di rilasciare diplomi validi per l’università.
Da settembre partirà una sperimentazione.

Il 1° settembre 2006 invece dovrebbero partire in tutta Italia le nuove classi prime dei licei e dell’istruzione e formazione professionale (IFP).

I LICEI
Il sistema dei licei è affidato allo Stato. Gli 8 licei saranno articolati in due bienni e in un ultimo anno che si conclude con l’esame di stato. Questo – secondo il decreto- il loro ruolo:

· Liceo artistico: “approfondisce la cultura liceale attraverso la componente estetica intesa come principio di comprensione del reale…”

· Liceo classico: “conosce criticamente gli elementi fondamentali delle discipline costituenti la cultura liceale attraverso le strategie metodologiche acquisite dallo studio delle lingue e letterature classiche…”

· Liceo linguistico: “si caratterizza per l’approfondimento della cultura liceale dal punto di vista dello studio integrato e correlato di più sistemi linguistici e culturali, esaminati sia alla luce del loro sviluppo storico, sia della padronanza comunicativa di almeno tre lingue comunitarie moderne, oltre l’italiano, …”

· Liceo economico: “approfondisce unitariamente la cultura liceale dal punto di vista specifico dei significati, dei metodi e delle categorie interpretative dell’azione personale e sociale messe a disposizione dagli studi economici e giuridici …”

· Liceo musicale e coreutico: “ha lo scopo di approfondire unitariamente la cultura liceale dal punto di vista specifico della competenza musicale e coreutica, alla luce dell’evoluzione storica ed estetica …”

· Liceo scientifico: “legge l’intero della cultura liceale sulla base del nesso culturalmente fecondo tra la tradizione umanistica del sapere e la scienza, attraverso una conoscenza non superficiale della cultura classica …”

· Liceo delle scienze umane: “attraversa unitariamente la cultura liceale dal punto di vista specifico delle principali teorie che consentono di interpretare con metodi scientifici aspetti relativi all’identità personale, alla costruzione delle relazioni umane e sociali e ai modelli educativi che ne conseguono…”

· Liceo tecnologico: “introduce alla comprensione della cultura liceale attraverso il punto di vista della tecnologia e delle problematiche culturali e sociali ad essa collegate…”

In tutti i licei l’orario di lezione sarà ridotto a 27 ore settimanali. L’idea di fondo è del tutto privatistica: la scuola deve fornire il minimo necessario e se sul territorio vi sono offerte a pagamento come nel caso delle palestre o scuole di musica, perché dovrebbe farsi carico, ad esempio, dell’educazione motoria o di quella musicale?
La scuola è, secondo la nuova visione, solo un’agenzia concorrente (e neanche tanto) rispetto alla formazione delle nuove generazioni e non più l’agenzia principale. Se di un modello vogliamo parlare per la scuola del berlusconismo, questo va ricercato negli Stati Uniti d’America. In una scuola funzionalista, neo-comportamentista e skinneriana sul modello delle comunità terapeutiche tanto care alla Moratti (come S. Patrignano).
Per Bertagna, Moratti & C. la formazione completa dell’individuo non è un obiettivo della scuola di tutti, anche perché intralcia il mondo dell’impresa, avido di fagocitare soggetti deprivati e flessibili. Tali devono essere perché non possano farsi valere contrattando sul mercato del lavoro: quindi mal nutriti di sapere critico e di competenze specifiche. Negli USA, ad esempio, la storia non si studia quasi a scuola (si parla solo degli ultimi 100 anni). Se vuoi studiare la storia devi considerarla un “approfondimento” ed una “specializzazione” da ricercare all’Università. In Italia, nella nuova scuola, i programmi di storia (e non solo) vengono banalizzati e le ore ridotte.
La scuola morattiana introduce proprio con le ore opzionali, il meccanismo del mercato e/o del “consumismo” scolastico. Queste ore in più, che vanno agganciate all’orario obbligatorio, ma che non sono per tutti, vengono scelte dalle famiglie e dagli alunni: è la scuola dove uno prende quello che vuole, non dove viene orientato a scegliere per il futuro a partire da un curricolo completo. È la scuola supermarket! L’unità delle proposte didattiche viene frantumata a monte, e la stessa etica della scuola cede il passo all’autoritarismo del mercato, che orienta le famiglie e gli alunni a partire dalla pubblicità televisiva e dalle mode del momento.
Ma anche qui è necessaria una digressione: quanto di questa deprecabile “svolta” è stata preparata nel recente passato, da altri governi, cosiddetti progressisti? Quanto abbiamo già visto volgere in tal senso con la voluta confusione dei ruoli e l’aziendalizzazione - leggi preside-manager, o dirigente scolastico - contrabbandata per “autonomia”?
Ed è proprio al seguito di tale manovra, costruita dagli anni ’80, fatta propria dal cosiddetto centro sinistra e dai sindacati di stato, che si è iniziata la demolizione della scuola pubblica, portata alle estreme conseguenze già con la separazione netta dall’Università e tornata - neutralizzato lo scossone del ’68 - a luogo dequalificato di mera trasmissione del sapere e non più centro di ricerca o laboratorio sociale.

Infine, a quanto pare, solo il liceo classico consente l’accesso qualificato a tutte le facoltà mentre gli altri percorsi dei licei sono propedeutici ai corsi universitari: si va verso una regolamentazione degli accessi per cui, a parte il classico, gli altri licei daranno accesso solo ad alcune facoltà.

ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE
Il sistema dell’istruzione e della formazione professionale viene affidato alle regioni di cui dovranno ovviamente sostenere i costi. Saranno quadriennalizzati e non forniranno titoli di studio spendibili in sede universitaria. Sarà necessario – non si sa come – un esame integrativo da privatista in apposite sessioni.
Quello che caratterizza gli IFP è la cosiddetta “alternanza scuola lavoro”. Si tratta di un allargamento a dismisura degli attuali stage, oggi quantificabili in 200 ore, di raccordo col mondo del lavoro. Si tratterà di interi mesi passati dagli studenti direttamente a lavorare presso terzi. Ecco perché la Confindustria prima dell’arrivo di Montezemolo è stata l’unica struttura che non ha mai avuto dubbi sulla “qualità” della “riforma” Moratti. Le si fornisce manodopera gratuita rinnovata di anno in anno e le si consegna direttamente il timone della scuola, il cui raccordo con l’alunno resterà unicamente il tutor, figura che è naturalmente prevista anche al superiore. Una sorta di assistente sociale-collocatore che, naturalmente, libero dalla classe, andrà di quanto in quanto a “visitare” gli alunni-lavoratori.
Interessante l’incrocio della “riforma” con l’altra parte del provvedimento, ancora sconosciuto ai più, è la revisione della formazione di base dei docenti: chi prenderà i “voti più alti” sarà per l’appunto il tutor, ed in quanto tale sarà libero dal lavoro bruto, cioè non insegnerà, avendo trovato di meglio da fare: di tutto tranne l’unica cosa che caratterizza un insegnante.

GLI ISTITUTI TECNICI
Gli istituti tecnici inizialmente dovevano entrare a far parte degli IFP per alcune ragioni quali:

1) la volontà di togliere di mezzo diplomi spendibili immediatamente nel mondo del lavoro e che contemporaneamente davano immediato accesso alle facoltà universitarie, nell’ottica dell’eliminazione del valore legale dei titoli di studio;
2) L’obiettivo di rastrellare una notevole mole di fondi, derivanti dalla chiusura dei laboratori e dalla sparizione di circa 100.000 posti di lavoro;
3) la volontà di ampliare il canale dell’istruzione e formazione professionale a scapito degli istituti tecnici poiché buona parte della formazione professionale, soprattutto nel nord, è in mano ai salesiani e ad altre congregazioni religiose.

Attualmente si dice anche che gli istituti tecnici potrebbero essere inquadrati nei licei tecnologici, attraverso la novità estremamente contraddittoria e difficilmente gestibile del Campus: i licei ad indirizzo artistico, economico e tecnologico potranno raccordarsi cioè con i percorsi IFP per formare un centro polivalente denominato “Campus”. Due percorsi che si è voluto separare del tutto improvvisamente vengono messi fisicamente insieme con la clausola però che ognuno “ possiede una propria identità ordinamentale e curriculare”.
Comunque l’eventuale trasformazione degli Istituti tecnici e professionali in Licei Tecnologici non può avvenire né solo con la delibera dei Collegi dei docenti, né solo con l’avallo del Ministero. È la Regione che, grazie al Dlg 112, decide la distribuzione dell’Offerta formativa sul territorio. Quindi la decisione definitiva su quanti licei potranno esprimere i vari territori regionali è dei Governi regionali.

All’interno dei poli tecnologici troverebbero spazio le seguenti 8 aree d’indirizzo:
1. elettronica-meccanica e automazione
2. energia ed impianti
3. informatica e comunicazione
4. chimica e biologia
5. risorse agroalimentari ed ambientali
6. tessile- moda – calzature e accessori
7. edilizia e territorio
8. trasporti e logistica.

All’interno dei poli economici, che costituiranno il riferimento per il terziario amministrativo, aziendale, commerciale e turistico, è previsto il liceo economico con struttura ad Y uguale a quella del liceo tecnologico e suddiviso nei seguenti indirizzi:
1. amministrazione e controllo;
2. comunicazione e marketing;
3. gestione e servizi per il turismo.

In sintesi questi dovrebbero essere gli elementi caratteristici dei poli:
1. Sedi comuni o anche fisicamente staccate, purché integrate;
2. sistema garantito ed automatico di passaggio tra i diversi sistemi e percorsi (“passerelle”);
3. orari coordinati e compatibili al raccordo;
4. laboratori in comune per una loro ottimale valorizzazione e utilizzazione;
5. docenti in parte interscambiabili;
6. aggiornamento dei docenti con esperti esterni in comune;
7. attività di cultura d’impresa e rapporto scuola-lavoro (orientamento, visite aziendali, stage, impresa virtuale, alternanza scuola-lavoro, ecc.) in comune o almeno parzialmente comprese nell’orario curricolare;
8. collaborazione continuativa e organica con le Università e le aziende del territorio;
9. coordinamento didattico ed organizzativo tramite un CTS, Comitato Tecnico Scientifico (con rappresentanza delle diverse istituzioni formative, delle imprese, enti locali e forze sociali del territorio) e/o presenza all’interno del Consiglio di Istituto di un rappresentante della Regione e di un rappresentante del settore produttivo di riferimento per valorizzare il raccordo con il territorio;
10. sistema di trasporti rispondente alle esigenze”.

Anche la vita dei poli (o campus) vengono dunque consegnata nella mani dei poteri locali, che gestiranno così anche il mercato del lavoro del settore specifico attraverso contratti di collaborazione.

PER CONCLUDERE
Sulla filosofia che sta alla base della L. 53, sulla volontà neanche troppo nascosta di affossare la scuola pubblica per favorire quella privata, la nostra posizione è chiara e univoca: NO, GRAZIE!
D’altra parte c’è chi aspetta inutilmente l’auspicato cambiamento di governo, con la speranza di vedere automaticamente migliorate le condizioni della scuola pubblica: noi, non riusciamo ad essere così ottimisti.
I nostri giudizi derivano da analisi che hanno come punto di partenza la realtà che viviamo tutti i giorni nelle nostre scuole e, purtroppo, bisogna ammettere che molte delle contraddizioni e novità negative presenti al giorno d’oggi hanno avuto origine proprio durante i precedenti governi di centro-sinistra.
Ma la cosa che più preoccupa è l’assenza di un reale processo pensato e proposto dall’Ulivo o Unione o FED, come dir si voglia. Le poche dichiarazioni rilasciate dagli esponenti della coalizione relative alla situazione e al futuro della scuola pubblica non fanno ben sperare: sembra quasi che non si aspetti altro che questa riforma sia definitivamente approvata dal governo Berlusconi per poi accettarla come cosa ormai fatta.
Le richieste di abrogazione avanzate dal movimento che si è opposto in questi anni nelle scuole e nelle piazze sembrano ormai cadute nel dimenticatoio: a detta dell’ex ministro Bersani l’unico obiettivo possibile ed accettabile dal futuro governo è quello di riportare l’obbligo scolastico ai 15 anni, com’era con la legge Berlinguer, visto che la Moratti è riuscita, addirittura, unico caso al mondo, ad abbassarlo a 13; lo stesso presidente dei DS, Massimo D’Alema, già più di un anno fa, aveva rilasciato la scioccante dichiarazione che non è concepibile realizzare una riforma della scuola ad ogni cambio di legislatura, confermando, in questo modo, la legge Moratti; il futuro premier, Romano Prodi, non riesce ad andare oltre le solite dichiarazioni di prammatica, quali la difesa del sistema pubblico d’istruzione, senza però scendere nello specifico e dare chiare risposte alle istanze sociali.

A testimonianza di quanto detto sopra, il neo assessore regionale al lavoro, Fernando Fabbiani (PdCI), ha annunciato alla stampa che, grazie ad una delibera da egli proposta, approvata in sede di Giunta all’UNANIMITÀ il giorno 21 giugno 2005, entreranno in anticipo in vigore in Abruzzo Riforma Moratti e Legge 53.

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