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Lettera di Massimo Leonardi dal carcere di Benevento
by Massimo Leonardi Monday, Sep. 12, 2005 at 7:13 PM mail:

Contributo di Massimo in occasione dei presidi del 10-11 Settembre davanti ai carceri di Napoli e Benevento

Lettera di Massimo Leonardi dal carcere di Benevento in occasione dei presidi a Napoli e Benevento del 10 e 11 Settembre

Contributo n° 1

Compagne e Compagni,
Sento l'esigenza e il desiderio di comunicarvi il mio più vivo apprezzamento per la presenza militante e la solidarietà attiva che oggi state portando ai prigionieri della lotta di classe e ai detenuti tutti.

Qualcumo direbbe che questo è un motivo per essere schedati dai cani da guardia. E' invece giusto darsi visibilità e ricongiungersi, anche per poco, col corpo sociale detenuto.

In questi luoghi squallidi e di privazione il Capitale,
servito dallo Stato e dalle sue appendici suiniche, amministra e propina vendetta contro i soggeti che per scelta o per indole si sono trovati a combatterlo perchè suoi nemici dichiarati; o perchè la vita li ha portati a scelte estreme di procacciazione del reddito, o semplicemnete estranei agli stili di vita imposti dalla società borghese.

In questi luoghi sono rinchiusi uomini e donne, "buoni o cattivi" agli occhi della società, le pratiche che li hanno portati alla reclusione possono essere o meno condivise, reazionarie o rivoluzionarie, nobili o esecrabili; ma noi non siamo giudici di nessuno e mai lo saremo e non è di ciò che dicuteremo.

La verità è che l'istituzione carceraria è la massima espressione punitiva frutto della bastardaggine della Società in cui viviamo.

La vera Giustizia non è affare di Stato; il concetto di giustizia lo abbiamo tutte e tutti dentro di noi e non dobbiamo rimandarlo vigliaccamente all'istituzione statale. Ma finchè esisterà il carcere gli anarchici e gli antiautoritari saranno ben disposti a combatterlo!

Io sono anarchico, è questo è il motivo che mi ha portato dietro le sbarre in un'operazione (la Cervantes) che ha colpito decine di compagni incarcerandone nove; ma non riconosco come miei compagni solo gli anarchici in quanto tali.
Non è sufficiente! mie compagni sono tutti coloro che nel bene o nel male mi trovo e mi sono trovato accanto, e mi troverò accanto."senza che questi prestino (necessariamente) giuramento alla mia bandiera". Una bandiera nera e perennemente a lutto per i compagni e le compagne che ci hanno ammazzato, insanguinata e issata orgogliosamente per le lotte di ieri che ci appartengono, a baluardo delle lotte di domani a cui prenderemo parte.

Non sono solo nella battaglia. Sono convinto che la Rivoluzione non sia affare di Partito, neppure di pochi individui illuminati, tantomeno di una èlite politica che incoscientemente si trova trincerata dietro i propri paraventi ideologici dell'autoreferenzialità.
La rivoluzione non è nient'altro che il momento culminante in cui le contraddizioni sociali messe a nudo danno vita, anche grazie al lavoro precedente e meticoloso delle frazioni rivoluzionarie, a una società libera da galere, lavoro salariato, logica mercantile; una società dove la proprietà non è privata ma collettiva ( e non di Stato!), è "amministrata" dalle masse liberamente riunite in assemblee orizzontali.
Ma non è con i proclami, con le parole, con il solo "lavoro militar-sociale", con i soli attacchi, che si prepara il terreno: questi fattori se interconnessi tendono all'accumulazione e allo spostamento dei rapporti di forza Stato-Classe degli sfruttati verso la Classe.
Ma come arrivarci senza autoresponsabilità, senza auto-disciplina?

"...Sono convinto che la disciplina, il coordinamento e la realizzazione di un Piano, siano indispensabili. Ma tutto questo non si può interpretare secondo i criteri che erano in uso nel mondo che stiamo distruggendo. Dobbiamo costruire su basi nuove. Secondo me e secondo i miei compagni la solidarietà tra gli uomini è il miglior incentivo per far crescere la responsabilità individuale che sa accettare la disciplina come atto di autodisciplina(...). Il combattente non è altro che l'operaio che utilizza il fucile come attrezzo e i suoi atti devono tendere allo stesso fine dell'operaio." B. Durruti

Come arrivare allo spostamento dei rapporti di forza e allo "studio" individuale e collettivo; se arrivarci sta alla volontà di uscire dalla logica delle beghe e/o della presunta egemonia delle lotte "privilegiate" o della risonanza.
La teoria si fa con la pratica e non vi è pratica senza teoria.

Onore e dignità a tutti i compagni e le compagne caduti/e combattendo contro Stato e Capitale.

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