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[Milano] Statale - La studentessa e il prof. Dialogo sulla occupazione
by da repubblica Wednesday, Nov. 02, 2005 at 11:19 AM mail:

Il faccia a faccia tra il docente di filosofia della scienza e una ragazza che da cinque giorni dorme nelle aule della Statale. Roberta: state con noi. Giorello: non esagerate i rischi. Occupare è meglio di niente, ma è facile che l´ingenuità dei giovani si tramuti in infantilismo o ancora peggio in estremismo. Vogliamo coinvolgere anche i docenti, si potrebbero trasformare le lezioni in momenti di dibattito però aperti a tutti. Lui: "Il piano della Moratti danneggia anche noi, ma fate in modo che le vostre iniziative siano costruttive e non ideologiche". Lei: "Andremo avanti a oltranza finché non avremo trovato un programma per una università in cui ci sia più spazio per il confronto".

Lei è una studentessa e da cinque giorni dorme nelle aule occupate della Statale. Lui un professore ordinario che oggi torna in via Festa del Perdono per riprendere le lezioni. Sono Roberta, 22 anni bergamasca a un passo dalla laurea triennale in filosofia teoretica, e Giulio Giorello, docente di filosofia della scienza, classe 1945, a sua volta studente durante le contestazioni del Sessantotto. Sono due mondi della stessa realtà che si confrontano sulle questioni che stanno infiammando la prima grande protesta universitaria dopo la Pantera. Una mobilitazione iniziata venerdì scorso dopo «l´assedio» al ministro Moratti davanti alla Bocconi e che non dà segno di placarsi, anche alla fine del ponte di Ognissanti.
Giorello: «L´occupazione non doveva finire oggi?».
Roberta: «Abbiamo deciso di proseguire a oltranza, almeno finché non avremo trovato una piattaforma comune con i docenti e i ricercatori su cui riflettere. Un programma per un nuovo modello di università dove ci sia più spazio per il confronto, il dialogo».
Oggi riprendono le lezioni, avete intenzione di bloccarle?
Roberta: «No. Gireremo per i corridoi per spiegare le nostre ragioni cercando di coinvolgere studenti e professori. Non abbiamo intenzione di imporre niente a nessuno. Al contrario, abbiamo scritto una lettera a tutti i docenti per chiedergli di partecipare, nel modo che ritengono più opportuno, alla nostra protesta. Invitando gli studenti a seguire le nostre iniziative o trasformando le lezioni in momenti di dibattito su quello che sta accadendo nel mondo universitario. Magari anche intervenendo personalmente con lezioni aperte a tutti. L´invito che gli rivolgiamo è di partire dal fermento nato in questi giorni per ripensare insieme allo stato dell´università e alla possibilità di renderla migliore. Ci piacerebbe riuscire a svegliare l´università dal torpore in cui è caduta negli ultimi anni».
Giorello: «Non ho nulla in contrario al fatto che gli studenti pubblicizzino le loro ragioni o che chiedano ai docenti il loro parere su una riforma che danneggia sia loro che noi. Credo che ogni collega debba decidere secondo la propria coscienza, personalmente ho sempre discusso con i ragazzi senza problemi e di certo non mi tirerò indietro ora. L´unico rischio che vedo è quello che queste discussioni si prolunghino in modo eccessivo. Bisogna ricordarsi che la didattica ha tempi stretti».
Quali sono le ragioni di questa occupazione?
Roberta: «La scintilla è stato l´orrendo disegno di legge della Moratti che santifica tutte le cose che non funzionano nell´università di oggi. In generale la tendenza a non considerare l´università come un luogo dove si fa cultura, ma un esamificio che produce laureati da immettere nel mercato del lavoro».
Giorello: «La vostra rivendicazione è ragionevole, ma la riduzione dell´università a una macchina per esami è la conseguenza non solo del fatto che le strutture sono spesso inadeguate ad accogliere il numero di quelli che frequentano, ma anche degli obbiettivi limitati che si pone un certo tipo di studente. Personalmente sarei per un maggiore contatto tra docenti e studenti ma questo richiede un investimento maggiore per evitare che un professore si trovi a fronteggiare un grande numero di ragazzi e possa, invece, fornire servizi più articolati della sola lezione frontale e dell´esame».
Ma lei, professore, è d´accordo con la protesta degli studenti?
Giorello: «Non voglio entrare nel merito se un´occupazione sia il metodo migliore per lottare contro questa riforma e denunciare i difetti dell´istituzione. Certo è meglio di niente. Ma attenzione, è facile che l´ingenuità dei giovani si tramuti in infantilismo o estremismo. Dopo tutto aveva qualche ragione il vecchio Lenin quando diceva che l´estremismo è una sorta di "malattia infantile"».
Roberta: «Non vogliamo né essere estremisti né appartenere ad alcuna parte politica. Siamo un gruppo di studenti uniti dalla voglia di protestare contro la riforma Moratti perché diminuisce la qualità della ricerca e di conseguenza della didattica. Siamo preoccupati per la precarizzazione della figura del ricercatore che mette a rischio la ricerca stessa. Lottiamo perché l´università diventi un luogo di formazione e di vita, il fulcro della cultura italiana».
Giorello: «Sono d´accordo con la critica alla riforma Moratti. Non basta invocare le forme di flessibilità di tipo nordamericano per avere un´università come quella. Un precariato selvaggio non gioverà a formare una nuova leva di studiosi qualificati nelle condizioni in cui ci troviamo».
È una strana occupazione quella che inizia quando l´ateneo è vuoto. Di solito gli studenti occupano per bloccare la didattica.
Roberta: «La nostra non è un´occupazione di protesta ma l´esigenza di trovare degli spazi di riflessione. Non stiamo contestando né la Statale né i suoi professori. Siamo contro una riforma che vuole distruggere l´università».
Giorello: «La decisione di protestare durante le vacanze si può malignamente interpretare come la strada più facile, mentre ritengo che con questo gesto gli studenti abbiano fatto capire che si tratta di un´occupazione flessibile, dolce. Attenti però che c´è il rischio che l´occupazione diventi fine a se stessa. Ricordatevi di essere pragmatici e non ideologici: la vostra protesta deve essere un mezzo non un obbiettivo».
Roberta: «L´occupazione è il nostro modo di ritagliarci uno spazio per il dialogo. In Statale la protesta è partita tardi un po´ perché Milano è una città individualista, un po´ perché da anni abbiamo perso l´abitudine di fare politica nelle università. Ma il fatto che centinaia di studenti si siano ritrovati durante le vacanze a discutere dello stato giuridico dei professori dimostra la necessità di confrontarci di più, l´esigenza di un maggior rispetto per la nostra coscienza civile. Emerge la voglia di smetterla di essere pigri e la rivendicazione di studiare in un ambiente stimolante che ci aiuti a svegliare l´intelletto. Ma come siano arrivati a questo appiattimento?».
Giorello: «Pensate di non avere anche voi qualche responsabilità? Noi professori siamo stati spesso inerti nel subire una sorta di processo di trasformazione impostoci dall´alto, ma bisogna dire che ci sono state anche tante proposte che sono state lasciate cadere. Per quanto riguarda il torpore non credo che l´università di Milano sia addormentata, anzi. Ho la sensazione invece che nello studente tipo sull´impegno politico prevalga il desiderio di laurearsi. D´altra parte sono giovani che hanno alla spalle una scuola che non sempre favorisce l´impegno civile e non va dimenticato che la classe politica fornisce ben pochi esempi stimolanti per un giovane».


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