Reggio Emilia - Nasce Selva squat
In questi tempi abbiamo occupato una casa cantoniera per esprimere il nostro bisogno di spazi in questa città che non dà spazio alle neo-situazioni che non siano la solita discoteca. In un epoca dove siamo abituati a vivere sotto sconvolgimenti atomici, guerre tribali e controllo sociale, in nome della nostra libertà di scelta e di pensiero non possiamo non proporre l’occupazione di stabili vuoti e fatiscenti presenti in città come stimolo per un futuro alternativo non basato sulla mercificazione del lavoro del piacere con la riappropriazione e la critica alla società che ci nega presente e passato. Questa occupazione dovrà essere l’inizio e non la fine di un vivere al di fuori del pagare-lavorare-consumare-crepare. Per noi avere uno spazio come questo dà la possibilità di costruire nuovi percorsi fuori dalla logica passiva negoziante- consumatore, o ancora peggio come quasi nella totalità dei centri sociali italiani il rapporto gestore-gregario. Nell’epoca dove ci viene venduto persino il tempo e viene scambiato per il nostro piacere rivendichiamo il diritto di uno spazio autogestito. All’interno pensiamo di coltivare un orto, creare uno spazio creativo, una serigrafia, e concerti fuori dal business, cene e dibattiti, sale multimediali ad accesso gratuito e una biblioteca, spazi per creare arte al di fuori delle regole mainstream.
Lo stesso Zeitgeist ci unisce a situazioni attualmente presenti inInghilterra, Spagna, Olanda, Grecia, e Germania e soprattutto Svizzera. Non siamo i primi e non saremo gli ultimi. Questa è la nostra risposta al degrado in cui vengono murate case vuote in tutta la città , costringendo le persone meno abbienti a fare pazzie per arrivare a fine mese, quasi elemosinando per sopravvivere, e al continuo aumento dei prezzi degli affitti negli immobili.
Dentro questo spazio non tolleriamo da subito alcun tipo di spaccio di droga.
Per creare un luogo di aggregazione che faccia vivere le persone “sfruttando” il proprio potenziale e coltivarlo uscendo da schemi già stabiliti, creando il proprio percorso e convivendo.
Una spazio in cui la creatività non è parte del venduto o esposto ma prende parte alla costruzione del reale in quanto situazione materiale di liberazione individuale e collettiva.
Persino in una città di non grandi dimensione come Reggio Emilia la cementificazione e il degrado abitativo stanno prendendo il sopravvento.
L’autogestione è reale e tangibile in ultimo in questa operazione dal punto di vista artistico si può ancora iscrivere nel concetto di post-moderno che consideriamo però catastrofico: meglio forse i primi surrealisti, il dada berlinese, i punk e qualche pratica dei situazionisti di cui alcuni di noi hanno studiato le mosse rendendosi bene conto della crisi arte-musica-cultura-sapere in genere che stiamo attraversando e della miseria in cui esse stanno cadendo.
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