Una questione di tutti - Sullo sciopero degli ergastolani
Il carcere è un dato fondamentale di questa società. Sempre più negli ultimi decenni infatti le galere continuano a riempirsi di ribelli sociali, di povera gente, di individui che trovano sulla loro strada a volte, solo la possibilità di delinquere. Fanno notizia i paparazzi arrestati o qualche imprenditore di turno trovato con le mani nella marmellata, ma la loro detenzione non è rappresentativa di cosa sia il carcere e di come in esso si viva. Né sono rappresentative le mistificazioni mediatiche sulle cosiddette scarcerazioni facili o sulla mano leggera della magistratura che spingono molti a chiedere la cosiddetta certezza della pena. Il carcere al contrario è lo strumento volto ad ammansire quanti vi finiscono dentro e ad impaurire quanti vi potrebbero finire. È il mezzo per umiliare e cancellare la personalità attraverso le privazioni, l’allontanamento dai propri affetti, i divieti assurdi per cui ogni aspetto della quotidianità reclusa è sottoposto alla discrezionalità e all’ottusità delle guardie o della direzione. Un mezzo di vendetta che togliendo la libertà non mira certo al reinserimento nella società, come vorrebbero le anime democratiche, ma dalla società tende ad escludere, attraverso un contenimento di indesiderati che si preferisce rinchiudere e cancellare dall’esistenza. Non a caso il 40% della popolazione detenuta è costituita da immigrati, a volte colpevoli solo di non avere un documento in regola o di aver commesso dei reati legati a questa condizione, come la falsificazione degli stessi documenti. Per questo il carcere non è altro che l’espressione più estrema di una società sempre più sotto controllo, in cui essere poveri è un crimine, così come non adeguarsi perfettamente alle sue regole; in cui il delirio sulla questione sicurezza fa sì che vengano emanate leggi per le quali si può essere arrestati per una scritta su un muro, o per chiedere l’elemosina, facendo così distogliere lo sguardo dalle reali cause e dai reali criminali che rendono sempre più precaria la di vita di ognuno di noi.
Il primo dicembre più di 700 ergastolani e circa 4000 tra parenti e altri detenuti inizieranno uno sciopero della fame per l’abolizione dell’ergastolo. Saremo accanto a loro e saremo solidali verso una lotta che seppur dal contenuto riformistico, parte dall’autodeterminazione di alcuni individui che hanno scelto, con una forma estrema come lo sciopero della fame, di prendere in mano il proprio futuro, per non sentirsi più dei morti viventi, destinati ad un’intera esistenza costretta e senza speranza. Riteniamo importante per questo sostenere una lotta che rompe il silenzio e le menzogne che circondano il sistema penitenziario e che può essere uno dei passi da compiere per una sua totale distruzione.
Abbattiamo le mura della rassegnazione, liberiamo la solidarietà.
Anarchici
Sabato 1 dicembre dalle ore 14 vicino al carcere di Lecce
Presidio in sostegno della protesta dei detenuti in sciopero della fame.
Con musica, interventi, microfono aperto per chi voglia salutare i propri familiari reclusi.
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