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CSOA Macchia Rossa - precarietà

Solidarietà alle lotte operaie

A venti metri di altezza, su un carro ponte, cinque operai difendono il loro lavoro, quel lavoro che serve per vivere senza il quale i diritti fondamentali all'esistenza vengono meno. Venti metri di distanza dal padrone della fabbrica, venti metri simbolici della distanza che sempre è esistita tra gli interessi delle/i lavoratrici/ori e gli interessi del padronato. La distanza tra il reddito dei lavoratori e i profitti dei padroni; loro, gli operai sono lì in fabbrica, con i loro corpi presidiano il luogo dove hanno passato buona parte delle ore delle loro giornate che componevano la loro vita, una vita che ora viene stravolta perché la produttività della fabbrica non è più ritenuta conveniente rispetto alle spese. Quelle spese, oggi, gravano sulle spalle degli operai, facendo venire meno per loro il lavoro, ma per Silvano Genta (l'imprenditore, il padrone della fabbrica) ciò che conta è minimizzare sempre i costi, compreso quello del lavoro, al fine di massimizzare sempre i profitti. Per Silvano Genta come per tutta l'imprenditoria italiana questa è stata la legge guida che tra gli anni ottanta e gli anni novanta ha fatto attestare l'Italia (secondo il Rapporto sulla povertà e le disuguaglianze nel mondo globale, 2003 di N. Acocella, G. Ciccarone, M. Franzimi, L. M. Milone, F. R. Pizzuti e M. Tiberi) ai primi posti per la peggior redistribuzione della ricchezza assegnando una esigua quota di reddito al 20% più povero della popolazione mentre aumentava notevolmente la quota di reddito assegnata al 20% di popolazione più ricca. Questo si chiama impoverimento di una larga fascia di popolazione, la povertà non è un concetto astratto ma si materializza nel venir meno delle garanzie lavorative (pensioni, sicurezza sui luoghi di lavoro, diritto allo sciopero, adeguamento del reddito al costo reale della vita, ecc.) e dei diritti alla salute, all'istruzione, alla casa, in poche parole una condizione di povertà si realizza ogni qual volta i bisogni primari della persona sono negati. L'Italia rientra tra gli stati-nazione che compongono il cosiddetto nord del mondo, quel nord del mondo ove a partire dall'ottocento si avviò un'organizzazione del lavoro e della società attorno alla fabbrica con modalità di gestione capitalistiche, oggi quel sistema organizzativo si è esteso all'intero pianeta creando un mercato globale sottoposto a logiche di saccheggio e devastazioni ambientali e sociali. Se nell'Ottocento il mercato della forza lavoro attingeva principalmente ai corpi delle donne e degli uomini del nord del mondo, oggi quel mercato si è spostato laddove i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori sono più deboli, laddove la forza lavoro è meno retribuita e meno garantita e nel vecchio nord del mondo vanno via via a smantellare le infrastrutture del lavoro industriale creando ampie sacche di disoccupazione. Il lavoro è un mezzo per acquisire attraverso il salario le risorse primarie per la sussistenza, il lavoro dovrebbe essere inoltre, utopicamente parlando, un fine di realizzazione della propria persona attraverso il proprio saper fare. Beh oggi molti lavoratori e lavoratrici si trovano a dover ricostruire le loro identità da lavoratori a disoccupati senza avere alcuna minima garanzia a lungo termine. Alla Innse, è partito un segnale forte di lotta, questo è un segnale del dissenso, del malessere che abbraccia e purtroppo abbraccerà, vista la tendenza, una estesa fetta della popolazione. Ma proprio grazie a questa battaglia i lavoratori delle Innse ci dimostrano che per ora la fabbrica non chiuderà i battenti. Quando macchinari e infrastrutture sono messi in pericolo dalla riappropriazione dei lavoratori in qualche modo si concerta una mediazione, e forse a partire da lunedì 10 agosto, la fabbrica avrà nuovi padroni garantendo così il posto di lavoro agli operai.

Solidarietà e vicinanza a questi operai, a questi lavoratori che con la loro resistenza e lotta ci hanno ricordato e mostrato che solo attraverso la lotta per i diritti al soddisfacimento dei bisogni i nostri bisogni saranno soddisfatti.

8 agosto 2009

 

La locandina di un’iniziativa del dicembre 2004

Ai Padroni la Precarietà non basta più...
Aspettiamoci il ritorno della schiavitù !!

E allora, dunque, cosa aspettiamo a ribellarci ?!
Forse domani sarà troppo tardi per SPEZZARE LE CATENE !

Ci fanno lavorare senza pagarci gli straordinari, le ferie, la malattia, ci licenziano se andiamo in maternità o se proviamo ad ottenere migliori condizioni lavorative. Questo e molto altro è oggi il mondo del lavoro. Il nostro salario diventa sempre più precario, il lavoro sempre più flessibile, variabili sempre più dipendenti dalle esigenza delle Imprese... Ma noi dobbiamo comunque vivere! Pagare l’affitto di casa, cibo, trasporti, sanità, scuola/università, ormai si paga tutto e sempre di più!

Senza salario non possiamo vivere in questa società..ma senza lavoro si!

Reclamare reddito non basta più! Rivendicare 1000 euri al mese è necessario ma non sufficiente...

Dobbiamo agire per migliorare da subito le nostre condizioni materiali di vita inventando e praticando nuove forme di azione diretta, individuale e collettiva:

Autoriducendoci l’orario di lavoro - Lottando per aumenti salariali - Sabotando l’azienda per cui si lavora - Occupando le case - Autoriducendoci gli affitti - Autoriducendoci le bollette del gas, dell’acqua, del telefono, dell’energia - Autorganizzando 10 -100- 1000 Spese Proletarie - Non pagando il biglietto dei mezzi di trasporto pubblici - Non usando l’automobile - Usando la bicicletta - Boicottando i luoghi del consumismo - Rifiutando di usare e acquistare merci superflue

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