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CIPRO: PROFUGHI KURDI MITRAGLIATI SULLA VIA DELL'ESODO VERSO L'ITALIA
Un'Ansa delle 12:52 dà notizia dell'attacco con armi da fuoco contro una nave di profughi da parte di un guardacoste turco al largo della parte di Cipro occupata dall'83 da militari turchi. Sull'imbarcazione,
salpata dal porto turco di Mersin e diretta in Italia, si conterebbero
un morto e sette feriti, poi trasportati in elicottero in un ospedale del porto turco-cipriota di Kyrenia. La fonte, citata dall'Ansa, è la stessa polizia turco-cipriota. Non si hanno notizie sulla nazionalità delle vittime, presumibilmente kurdi.
Nel pomeriggio un nuovo dispaccio, questa volta girato all'Ansa dall'agenzia ufficiale turca Anadolu, affermava che i feriti (non si parla più di morti) sarebbero il risultato di una rissa scoppiata sulla nave quando il guardacoste turco ha intimato l'alt. E' evidente il tentativo di occultare un deliberato massacro di innocenti.
Si può affermare che la Marina turca ha sparato per conto del governo italiano, che un mese fa chiese di fermare "ad ogni costo" l'emigrazione clandestina diretta in Italia, e dell'Unione europea, che mettendo forilegge il Pkk ha fatto propria la nozione di "terrorismo" del regime turco e ne ha avallato i metodi brutali.
Per il regime infatti i kurdi in fuga dalla repressione e dalla guerra
sono merci umane e potenziali nemici, di cui liberarsi dopo aver lucrato su di loro organizzando la pulizia etnica e l'esodo. Da Mersin, il porto civile-militare turco più prossimo al Medio oriente, nessuna nave può partire senza la connivenza delle autorità. Le stesse autorità che di tanto in tanto fanno spettacolarmente volare qualche straccio a
beneficio dei governi europei, rastrellando e arrestando profughi in partenza, ed ora anche sparandogli addosso.
Il dramma di Cipro è anche, probabilmente, il risultato della mobilitazione militare turca intorno all'isola seguita al recente vertice anglo-americano-turco ad Ankara, in cui GB e Usa hanno avallato la richiesta turca di entrare nella Rapoid Deployment Force europea senza preventivamente risolvere il problema aperto di Cipro. La decisione, legata al ruolo attuale della Turchia in Afghanistan e al suo ruolo futuro nell'aggressione all'Iraq, ha sollevato le proteste del premier greco Simitis, al quale il vicecapo di Stato maggiore turco Buyakanit ha risposto che "la Grecia vuole tenere per sè l'esercito europeo per scagliarlo contro la Turchia a Cipro e nell'Egeo". Toni bellicosi, che possono aver prodotto un'intensificata presenza militare di cui i profughi hanno fatto le spese.
Va tenuto presente, del resto, che immediatamente dopo la decisione dell'UE di inserire nella lista nera del terrorismo il Pkk kurdo e il Dhkp-c turco (protagonista del drammatico sciopero della fame nelle carceri), il regime ha avviato una grande offensiva militare tuttora in corso nelle regioni kurde di Sirnak, Siirt, Diyarbakir e Tunceli (Dersim), poi estesa anche oltre la frontiera turco-irakena. Nello stesso tempo il parlamento turco ha escluso l'abrogazione della pena capitale per i reati politici ed ha varato una legge sulla stampa assai restrittiva (occorre il visto della censura persino per aprire una pagina in Internet), nonostante le proteste dei giornalisti e della stessa Commissione europea. Un giro di vite drammatico, che moltiplica
l'esodo da tutte le parti del Kurdistan anche in previsione della guerra all'Iraq, in preparazione a partire dal territorio kurdo-turco e kurdo-irakeno.
Le tragedie in mare sono ormai quotidiane. Nella scorsa settimana l'agenzia kurda Meha aveva dato notizia di un naufragio con decine di profughi morti o dispersi proprio nelle acque dell'Egeo, nel silenzio delle agenzie internazionali. Quello di oggi è però il primo caso, in tutto il Mediterraneo, di un deliberato attacco militare con armi da fuoco contro una nave carica di civili disperati, che non avrebbero mai pensato di essere massacrati in mare dalle stesse armi che li uccidono
in patria. E' anche un segnale, per un'Europa che va assomigliando sempre di più alla Turchia: sui "clandestini", come da tempo chiedono i vari Bossi, si può anche sparare.
Dino Frisullo - Roma, 22.5.2002
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