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IL PARADOSSO DEL BANGLADESH
by Dino Frisullo Friday, Oct. 26, 2001 at 2:33 AM mail: dinofrisullo@libero.it

A Roma manifestano gli immigrati dal paese in cui gli Usa fanno ministri i Taliban

Smentendo molte equazioni e campagne xenofobe, mercoledi' 24 ottobre centinaia di immigrati dal Bangladesh hanno presidiato la loro ambasciata a Roma con striscioni e slogan contro le guerre di religione, per la pace e la democrazia, contro il fondamentalismo islamico "made in Usa".

La situazione in Bangladesh č solo in apparenza paradossale. In settembre l'ex presidente donna Sheik Hasina aveva rifiutato a una delegazione Usa guidata da Jimmy Carter, come gią all'ex presidente Clinton, l'esclusiva sui giacimenti di gas naturale di Chittagong, unica ricchezza di quel poverissimo paese. Pretendeva, il governo del Bangladesh, d'imporre alla superpotenza la garanzia della copertura per mezzo secolo del fabbisogno energetico della sua popolazione. Gli americani se ne andarono sbattendo la porta, ma subito dopo č arrivata la Cia.

Cosi' il 1. ottobre un'alleanza fra i nazionalisti di destra del BNP e due partiti islamici, apertamente sostenuta dagli Usa, ha conquistato la maggioranza con appena il 40% dei voti validi, grazie al meccanismo elettorale uninominale ed a brogli giunti fino al sequestro delle urne da parte dei militari. Nella maggior parte dei seggi conquistati dalla destra islamica lo scarto risulta infatti di poche decine o centinaia di voti.

Due dei ministri insediati dall'islamica Jamati Islami, odiata dalla popolazione perchč alleata degli occupanti pakistani e complice delle loro stragi durante la guerra d'indipendenza del '71, sono Taliban reduci dalla guerra afghana e poi responsabili di numerosi attentati in Bangladesh, fra cui particolarmente sanguinoso quello che, pochi mesi fa, era destinato ad assassinare l'ex premier Hasina.

Ora, nell'indifferenza della comunitą internazionale, nelle cittą del Bangladesh scorre il sangue. Gią all'indomani delle elezioni un attentato a Zilur Rahman, leader della democratica Lega Awami estromessa dal potere, ha aperto una catena di aggressioni, linciaggi e incendi costata in venti giorni 138 morti, e rivolta contro le opposizioni di sinistra e le minoranze religiose (20% hindu e 7% cristiani). La polizia sostiene apertamente o finge di non vedere.

In Bangladesh, un paese di 120 milioni di abitanti tornato alla democrazia nel '90 dopo quindici anni di dittatura militare, i vertici dell'esercito recuperano cosi' il potere. L'unico ostacolo residuo, il presidente della Repubblica ed ex giudice Shahabuddin, vedrą scadere a fine mese il suo mandato e non sarą ovviamente rieletto.

Dunque si rischia una feroce guerra civile e di religione. Questo denunciano gli immigrati in Italia, quasi tutti di religione musulmana ma in grande maggioranza di orientamento democratico e "contrari a ogni guerra e ad ogni fondamentalismo, nel nostro paese come in tutto il mondo", dice il presidente della loro associazione Md. Golam Kibrya (regolarmente eletto, e anche questa č un'anomalia positiva fra le comunitą immigrate). E confessa il suo stupore: come possono gli Usa proiettare al governo in Bangladesh quei terroristi che dicono di combattere altrove?

Infatti Kibria e gli altri immigrati dal Bangladesh torneranno a manifestare giovedi' pomeriggio davanti alla sede dell'Onu, insieme al Social Forum romano, alle Donne in nero e al movimento contro la guerra che ogni settimana vi si dą appuntamento. Erano migranti, ora rischiano di diventare esuli politici.

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