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Milano: continua il dibattito sulle periferie, domani Comitato sull'Ordine Pubblico....
by dal corriere Monday, Sep. 01, 2003 at 11:44 AM mail:

Dagli orrori dell’edilizia popolare alle scuole fatiscenti, il Comune apre la discussione sul degrado: «Abbattiamo i ghetti di periferia». L’assessore Verga: partiamo da San Siro e dal Lorenteggio. Il segretario Ds Penati: va demolito Ponte Lambro.


Abbattere e ricostruire. In Comune l’argomento non è tabù. Dopo le dichiarazioni del sindaco sul carcere San Vittore, l’assessore all’Urbanistica Gianni Verga annuncia un’analisi sui quartieri popolari: «Dobbiamo capire che cosa c’è da conservare e cosa invece conviene abbattere». Per l’assessore, «in molti casi i lavori di manutenzione straordinaria degli stabili creano agli inquilini più disagi di una sistemazione in una casa-parcheggio, a patto che sia nello stesso ambito territoriale». La giunta affronterà il tema, ma Verga anticipa che in teoria potrebbero essere demoliti tutti gli edifici comunali che non hanno «un eccellente valore storico e architettonico». Per esempio le case popolari di Lorenteggio ed alcuni stabili del quartiere San Siro. L’idea di abbattere per ricostruire piace anche a sinistra. Per il segretario provinciale dei Ds, Filippo Penati, «la concezione dei grandi quartieri popolari è legata a una stagione passata». Ponte Lambro sarebbe da radere al suolo. E il dibattito tocca anche l’edilizia scolastica. Il consigliere di Forza Italia Andrea Mascaretti, presidente della commissione Educazione, invita gli assessori a riflettere sul fatto che spesso «è più conveniente demolire le vecchie scuole e ricostruirle che ristrutturarle».


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I quartieri-ghetto sono da abbattere! Dal caso Rozzano alle periferie urbane si discute sulle soluzioni antidegrado. L’assessore Verga: "basta con i tabù".
Anche la sinistra è per la demolizione. Il segretario Ds Penati: "partiamo da Ponte Lambro e Stadera".



Abbattere. Gli orrori dell’edilizia popolare, ma anche le scuole, gli ospedali e in teoria tutti gli edifici che non hanno «un eccellente valore» storico e architettonico. Un esempio? Le case popolari di Lorenteggio, oppure alcuni caseggiati del quartiere San Siro costruiti con materiali di scarsa qualità. Per l’assessore all’Urbanistica Gianni Verga il concetto di «radere al suolo» non è un tabù. Al contrario. E’ d’accordo con il sindaco Albertini, grande sostenitore dell’abbattimento di San Vittore, quando dice che «a volte siamo molto legati a costruzioni mentali prima ancora che fisiche». E condivide il giudizio del professor Campus Venuti, quando afferma che non gli viene in mente nessun quartiere di edilizia popolare recente degno di essere ricordato. L’idea di demolire e ricostruire, anziché spendere milioni e milioni di euro in ristrutturazioni, si fa largo a destra e a sinistra. Per Filippo Penati, segretario provinciale dei Ds, la «concezioni dei grandi quartieri popolari è legata a una stagione passata». «Questi stabili sono stati abbandonati per decenni per le manutenzioni - ricorda - e in certi casi abbattere potrebbe essere anche più conveniente». Se Verga salva senza ombra di dubbio Ponte Lambro («Lì è già avviato il progetto di riqualificazione»), Penati cita invece proprio questi caseggiati come esempio di quartiere da radere al suolo. E aggiunge lo Stadera. «Vanno ricostruiti con concetti diversi - sostiene - anche per evitare che gli abitanti si sentano chiusi dentro ed emarginati, nella logica del ghetto americano». Perché per il segretario Ds, accanto al discorso edilizio, c’è soprattutto quello sociale. «La ricostruzione potrebbe offrire l’occasione di creare quartieri meno omogenei per redditi e per disagio sociale». Come? «Coinvolgendo nell’operazione i privati - suggerisce Penati -, che potrebbero ricostruire una parte delle abitazioni sul suolo pubblico, risolvendo il problema della carenza di risorse e aprendo spazi, accanto all’edilizia popolare, per l’edilizia convenzionata in vendita e in affitto. Così il mix sociale sarebbe garantito».
Temi sui cui anche la giunta si confronterà. L’assessore all’Urbanistica annuncia che «si farà un’analisi» della situazione dei quartieri popolari. «Serve anche come preparazione al bando della Regione per i contratti di quartiere». «Dobbiamo capire - spiega - che cosa c’è da conservare e cosa invece conviene abbattere». Al primo posto ci saranno sempre le persone e i loro bisogni, garantisce Verga. «Ma molto spesso i lavori di manutenzione straordinaria hanno creato disagi più forti di una ricollocazione temporanea». L’importante è che le eventuali case-parcheggio (potrebbero essere anche edifici oggi utilizzati per scuole, uffici o altro) siano «nello stesso ambito territoriale, perché non sarebbe tollerabile uno sradicamento delle famiglie».
Il ragionamento dell’assessore («Non esiste la ricetta meglio abbattere o meglio conservare, bisogna vedere caso per caso») può essere esteso a tutto «l’edificato». In primis le scuole. Su questo sta lavorando il consigliere di Forza Italia Andrea Mascaretti, presidente della commissione Educazione. A giorni Mascaretti convocherà un’apposita seduta invitando gli assessori al Demanio, all’Educazione, al Bilancio e ai Lavori pubblici. L’obiettivo è quello di esaminare l’elenco dei 446 edifici scolastici di proprietà dell’amministrazione e di vedere in quali casi potrebbe essere più conveniente e funzionale l’abbattimento. Il consigliere mostra i dati del settore: a Milano ci sono 86 scuole costruite dopo il 1975 (19%), 99 hanno più di 60 anni (22%), e 261 hanno un’età compresa tra i 30 e i 60 anni (59%). «Di questi edifici quanti rispondono ancora alle esigenze? Quanti hanno un valore storico?», s’interroga. «Sicuramente va salvato ciò che ha valore storico e architettonico - annota - ma tutto il resto va rimesso in gioco, in molti casi può essere demolito». Il consigliere pensa a «una città bella come New York, dove i palazzi vengono costruiti e continuamente demoliti». E segnala: «Quotidianamente ricevo richieste di dirigenti scolastici perché ci sono scuole che hanno bisogno di interventi urgenti, molto più di quanto si possa fare con i fondi a disposizione. A volte varrebbe la pena di demolire e ricostruire, con criteri moderni». Ecco perché Mascaretti invita gli assessori a fare una riflessione e «a scattare una fotografia di ciò che servirà nei prossimi 10 anni perché non si possono mettere sempre le toppe».

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