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Milano: i potenti pontificano su periferie dove non vivono nè vivranno mai....
by dal corriere della pera Sunday, Sep. 07, 2003 at 12:00 PM mail:

Dateci più poteri e salveremo le periferie... Il sindaco di Milano: facciamole diventare un pezzo di città, subito un governo delle aree metropolitane. Gabriele Albertini: l’idea di demolire è impraticabile se non ci sono i soldi dei privati per ricostruire.


MILANO - Volete periferie migliori? «Dateci più poteri. E affrontate una volta per tutte il problema delle città metropolitane». Il sindaco Gabriele Albertini condivide l’opinione dell’architetto Renzo Piano, a proposito della necessità di «scommettere sulle periferie che devono diventare pezzi di città». Ma sottolinea i limiti di chi è costretto ad affrontare un’emergenza senza avere deleghe a disposizione: «Sugli abusivi possiamo fare meno di quello che sarebbe necessario. Sugli interventi complessivi dobbiamo restare all’interno di logiche di confine ormai prive di senso». E così, «quando un pazzo scatena la guerriglia a Rozzano, a poche centinaia di metri dal confine con Milano, scatta la polemica sulle periferie poco sicure e si punta l’indice contro chi governa nel capoluogo». Ma Albertini non ci sta. E chiama in causa il governo: «Il 24 settembre riuniremo a Cagliari i sindaci delle città metropolitane e presenteremo un documento congiunto proprio sulla questione delle città metropolitane. Ci vuole un governo sovracomunale, diverso dalla Provincia, in grado di affrontare complessivamente alcune questioni, a partire da quella della sicurezza, ma penso anche a trasporti, ambiente e così via».

Signor sindaco, il problema delle periferie è soltanto un problema di istituzioni?
«No. Ma il concetto di periferia è ormai molto vago: la Bicocca è periferia? E Rozzano è diverso da Milano? Per questo chiedo una svolta sulla questione della città metropolitana. Ma le pare che in sede di conferenza di servizi il voto di un sindaco che rappresenta 100 mila abitanti possa valere come quello di chi governa un milione di persone? Significherebbe che un abitante di Assago conta come 500 di Milano... Non ha senso: ci vuole un voto ponderale. E poi c’è un problema di soldi. Adesso si parla di abbattere e ricostruire...».

Un’idea che le piace?
«Un’idea impraticabile. Se demolisco un quartiere, devo pensare a dove sistemo centinaia di famiglie. Ma, se già oggi mi mancano 15 mila case, come posso figurarmi l’eventualità di abbattere e ricostruire? Ci diano soldi, si coinvolgano i privati: e allora possiamo ragionare».

Torniamo alle periferie. Quelle di Milano sono abbandonate?
«Le cito soltanto un dato: il listino della Borsa immobiliare segnala che il valore delle case in periferia è cresciuto: più 30 per cento a Musocco e più 28,9 in fondo ai Navigli, tanto per citare due esempi. Se il valore di un appartamento aumenta, è perché la gente cerca casa qui: e se lo fa è perché giudica queste zone vivibili».

Forse nei quartieri che avete riqualificato. Ma a Calvairate o a Quarto Oggiaro?
«Non sto sostenendo che le nostre periferie siano ovunque una meraviglia. Ribadisco però che, rispetto alla situazione trovata, abbiamo cercato di intervenire sia sulla sicurezza, con le telecamere, i portieri sociali, 11 nuove caserme o posti di polizia, sia sul sociale investendo per le case, per le metrotranvie che collegano queste zone estreme. E poi abbiamo fatto scelte precise: abbiamo portato il teatro degli Arcimboldi alla Bicocca e l’Università a Niguarda, abbiamo riqualificato molte piazze, abbiamo creato una cintura vastissima di parchi a Nord di Milano. Come insegna Piano, abbiamo portato le eccellenze lontano dal centro».

Ma non basta.
«Non basta, ne siamo consapevoli. Abbiamo anche tentato di lanciare un modello, con il laboratorio di Ponte Lambro».

Quello affidato a Renzo Piano quattro anni fa. Dov’è finito quel modello?
«Come tutti i grandi disegni, perché qui non stiamo parlando di una ristrutturazione ma di una diversa filosofia del vivere in periferia, bisogna fare i conti con i piccoli intoppi. Nello specifico, il modello si è arenato su 44 famiglie che non vogliono essere trasferite e quindi il laboratorio di Piano è fermo».

E quindi?
«E quindi continuiamo a trattare. Più della metà di questi nuclei hanno accettato il trasferimento e li abbiamo spostati, stiamo lavorando agli altri. Ma ci vuole tempo. Le rivoluzioni, in democrazia e non in dittatura, richiedono tempo e convinzione».

Lei passa per essere un decisionista, quello delle lotte intransigenti contro i vigili e i taxisti. Si è arreso di fronte agli abusivi che spadroneggiano nelle case dell’Aler?
«Abbiamo fatto la nostra proposta al Comitato dell’ordine pubblico: abbiamo chiesto un nucleo interforze per governare esclusivamente la questione dei troppi abusivi delle case popolari. Ma, se il prefetto, il questore, i giornali, i comitati e i cittadini non stanno dalla nostra parte, non combiniamo nulla. Da soli non possiamo vincere questa battaglia: nè noi, né i sindaci delle altre metropoli alle prese come noi e peggio di noi con morosi, abusivi, periferie degradate».


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GIUSTO PER SVELARE QUANTO SIA RIDICOLO ADDOSSARE AGLI ABUSIVI LA COLPA DELLO SCHIFO CHE REGNA NELLE PERIFERIE MILANESI C'E' DA SEGNALARE CHE A MILANO LE OCCUPAZIONI SONO CIRCA IL 5%.

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