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Non abbassare la cresta
by Angelo Mastrandrea Sunday, May. 12, 2002 at 9:08 AM mail:

Felicia Impastato incontra a Cinisi la mamma di Carlo Giuliani

«Non abbassare la testa»
Felicia Impastato incontra a Cinisi la mamma di Carlo Giuliani
A. MAS.
CINISI (Palermo)
La macchina da scrivere, una vecchia "Underwood 670" di colore beige con la quale scriveva i volantini, è ancora sul tavolo da lavoro di Peppino. Su una parete, un quadro dell'amico Pino Manzella raffigura una Sicilia insanguinata, sulla parete opposta la biblioteca che il giorno dopo la sua morte i carabinieri vennero a sequestrare, portando via tutto e smarrendo qualcosa. Marcuse e Pasolini, «Il capitale», Ho Chi Minh e il libretto rosso di Mao, e su un tavolino foto dell'epoca, accatastate: il carnevale del `77 a Cinisi, lo spettacolo sulla morte nucleare, sempre del `77, Peppino bambino nella valle dei Templi, ad Agrigento. In camera da letto resiste ancora una vecchia bandiera rossa di Dp. La casa di Peppino Impastato non la riconosceresti, incastrata tra le tante che fanno un blocco unico sul corso del paese. Cento passi più in là, l'abitazione di don Tano, apparentemente vuota. In paese non se ne parla volentieri, ma si ammette che dovrebbe essere abitata da alcune parenti, tutte donne, essendo i familiari più intimi del boss tutti morti o andati via. La madre di Peppino è un'anziana donna di 86 anni che veste di nero, parla in dialetto ed è evidentemente soddisfatta dell'attenzione che ora riceve. Ad abbracciarla è Haidi Giuliani, madre di Carlo, ucciso da un carabiniere al G8 di luglio a Genova. In sottofondo, la voce di Peppino dai microfoni di Radio Aut. E' il 7 aprile del `78, un mese e due giorni prima della sua morte. «Ogni volta che ascolto la sua voce, lo rivedo qui vicino a me», dice Felicia Impastato, mentre Haidi Giuliani annuisce. Quella che segue è la sintesi di due ore di conversazione da mamma a mamma. Cosa accomuna le vicende di Carlo e Peppino? chiediamo alla signora Giuliani. «Sono due figli che non accettano un modo violento e antidemocratico di decidere per gli altri». «Ma cosa volevano con quella manifestazione?», chiede Felicia. «Volevano dire che non è giusto che otto potenti decidano per il resto del mondo». «Mi sembra una cosa giusta, no?». Poi Felicia racconta: «Quando è morto Luigi (il marito, ucciso in un ancora misterioso incidente stradale, alla vigilia delle elezioni comunali, sette mesi prima dell'uccisione del figlio) ho subito detto 'Peppino è morto'. Se fosse stato vivo non avrebbero potuto ammazzarlo, perché sarebbe scoppiata un'altra guerra di mafia. E invece lo presero `di prima sera', e all'una di notte scoppiò la bomba (Peppino Impastato fu fatto saltare in aria sui binari della ferrovia, ndr)». Solo 24 anni dopo la giustizia ha dato ragione a quello che da subito la mamma e i compagni di Peppino andarono sostenendo. «Penso che anche per mio figlio ci vorranno molti anni per sapere chi ha dato l'ordine di sparare», dice Haidi Giuliani. «La perdita di un figlio è una cosa grossa, pesante». «Lo so». «Qualcuno per strada mi faceva mettere paura, diceva attenta anche all'altro (il fratello Giovanni ndr)». E ancora ieri qualcuno si è divertito a mettere in giro la voce che don Tano sarebbe tornato oggi a Cinisi, mettendo in apprensione Felicia.

«Io glielo dicevo, a Peppino, parti, vai via da qui, ma lui tornava sempre». «Anche Carlo stava lavorando per andare all'estero». «E il carabiniere che lo ha ucciso è in carcere?» «No. Ma io non sono sicura su chi ha ucciso Carlo. Non sono convinta che un ragazzo di leva di 21 anni abbia la freddezza e la pratica delle armi per uccidere», e Heidi spiega a Felicia la dinamica dell'omicidio. «Ho passato mesi a vedere mio figlio morire, con il fermo immagine di tutti i filmati», racconta, «e la conclusione è che si sono dette un sacco di bugie su Carlo». «Anche su mio figlio dicevano che era suicidio». «Io non mi fermerò mai, fino alla verità su Carlo. Possono anche ammazzarmi». «Dopo la morte di Peppino sono stata otto giorni in coma, perché andavo nella stanza di mio figlio, guardavo le foto e mi davo delle botte in testa. Per fortuna che c'è stato il film (I cento passi, ndr). E' stato come una puntura per un'ammalata grave, ha risvegliato tutta l'Italia». E la mafia? «A Genova hanno fatto delle cose da mafiosi, come è mafiosa la volontà di mettere a tacere tutto», dice Heidi, «e il governo di centrosinistra ha la responsabilità della morte di mio figlio, perché se avesse denunciato quanto accaduto a Napoli forse Genova non ci sarebbe stata». Poi aggiunge: «E adesso abbiamo un governo che dice che con la mafia bisogna convivere». E Felicia Impastato, moglie di un mafioso e contemporaneamente vittima della mafia, scatta: «Ma come si fa a convivere? Ama calari sempre la testa?».



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