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Le due facce di Cinisi
by Angelo Mastrandrea Saturday, May. 11, 2002 at 6:32 PM mail:

Un forum antimafia per ricordare Impastato. I suoi compagni: «Ma noi siamo sempre soli»

Le due facce di Cinisi
Un forum antimafia per ricordare Impastato. I suoi compagni: «Ma noi siamo sempre soli»
ANGELO MASTRANDREA
INVIATO A CINISI (Palermo)
Fino a quando queste finestre rimarranno chiuse, la morte di Peppino sarà stata inutile». Esattamente 24 anni dopo, le finestre e i balconi di corso Umberto I, che invano i compagni di Peppino Impastato hanno tentato di far intitolare all'amico assassinato, sono ancora chiusi, forse non solo per il sole che già ieri mattina preannunciava l'imminente estate. «Abbiamo assistito all'ennesima liturgia delle finestre chiuse che si ripete ogni anno. Penso che questo paese accoglierebbe ancora molto più volentieri Tano Badalamenti che Peppino», accusa Salvo Vitale, uno dei compagni. Oggi a Peppino, ucciso dalla mafia il 9 maggio del `78, è intitolata una strada anonima, come tante altre, e Umberto Santino, titolare di quelle parole pronunciate nell'orazione funebre di quel lontano 10 maggio, ha 63 anni, 24 dei quali trascorsi per l'affermazione della verità, storica e giudiziaria, sulla vicenda di Peppino Impastato, il militante di Democrazia proletaria ucciso brutalmente dalla mafia per ordine di Tano Badalamenti, come ha stabilito finalmente il tribunale di Palermo l'11 aprile scorso. «Ma qui non è cambiato nulla», accusa Santino prendendosela con chi sui giornali ha scritto che «Cinisi rende omaggio al suo eroe». «Non è vero, ai funerali di Giuseppe di Maggio, il figlio del boss, due anni fa, c'erano 500 persone». Ieri, sulle vie del corso semideserte, tra le tapparelle serrate, si vedevano solo magliette con il Che e volti giovani di no global arrivati dal resto della Sicilia, qualcuno finanche dal continente. Idem nella piazza che ricorda Salvatore Zangara, «vittima della mafia», dove all'ombra di una palma si discuteva dei «crimini della globalizzazione» e di come Peppino fosse stato un no global ante litteram, lui che parlava indifferentemente di Vietnam, Cuba e delle lotte contadine contro gli espropri per realizzare l'aeroporto di Punta Raisi. «Peppino era uno che cercava di costruire radicalità sociale, e in questo è stato un anticipatore delle pratiche del movimento antiglobalizzazione», dice Pietro Milazzo del Forum sociale siciliano, che ricorda «una manifestazione che si concluse con una sassaiola al comune». «Una risposta non c'è stata allora e non c'è adesso», commenta Faro Di Maggio, uno dei compagni di Peppino, gli unici paesani presenti, come sempre da 24 anni a questa parte, fatta eccezione per i ragazzi della Sinistra giovanile, che hanno aperto un circolo sul corso, poco distante dalla casa di Peppino, e grazie ai quali si è potuta costruire una tre giorni di forum e iniziative culturali in paese per l'anniversario della morte di Impastato. «Ogni anno la gente del paese ci dice 'cosa fate questa volta?', come se fosse una festa», continua Riccobono. «Sembra quasi solo un problema tra noi, i compagni di Peppino, e la mafia, mentre gli altri fanno da spettatori». «Il fatto è che non possono manifestare contro il vicino, il parente...». Eppure qualcosa si è mosso, nonostante le accuse dei compagni di sempre. Un mese fa la sentenza che ha inchiodato alle sue responsabilità «Tano seduto», il boss sul quale Peppino amava ironizzare dalle «onde pazze» di Radio Aut e ormai in un carcere americano da 18 anni. Ieri la costituzione di un Forum sociale antimafia intitolato proprio a lui, così come l'altro ieri, nel 1980, gli era stato intitolato il primo centro studi sulla mafia sorto in Italia, un istituto che oggi può vantare una biblioteca con seimila volumi sulla «onorata società». Nel forum sono confluite le associazioni Radio Aut, che non ha sede a Cinisi, e Peppino Impastato, costituita due mesi fa dai vecchi compagni con l'idea di creare un archivio storico e una biblioteca, e magari un giornale di controinformazione. E poi i partiti, dal Prc nazionale alle sezioni regionali di Ds, Verdi e Pdci. «Non è una cosa nata all'improvviso», spiega Angelo, marionettista, che con l'Opera dei pupi ha fatto di Peppino una maschera immortale, ««ci sono voluti dieci anni di lavoro sotterraneo per arrivare a questa situazione». Davanti alla sede del Forum, a un passo dalla casa in cui Peppino fu ospitato dopo essere stato cacciato dal padre, i ragazzi di Indymedia hanno allestito un piccolo media center. Di fronte, qualcuno ha scritto sul muro a caratteri cubitali «Badalamenti boia, Peppino vive».

Un lavoro non facile, quello di costruire un Forum antimafia in un paese di 10.600 anime tuttora commissariato per infiltrazioni mafiose, dopo la condanna in primo grado di un consigliere dell'amministrazione di centrosinistra, Giuseppe Pizzo, a tre anni di carcere. E dove la censura sociale è ancora molto forte. «Quando abbiamo testimoniato al processo contro don Gaetano ci siamo trovati a rivivere gli stessi momenti di allora», ricorda Giovanni Riccobono. Cioè? «Mio padre veniva boicottato dalla gente al bar, e per questo voleva cacciarmi di casa mentre mia madre mi difendeva. Tutti i miei parenti hanno chiuso i rapporti con la mia famiglia». Tutto perché aveva osato denunciare il cugino, meritandosi l'appellativo di «'u muffutu», quello che denuncia e invece non dovrebbe farlo.




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