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Inchiesta sulla Colombia-Parte Seconda
by Collettivo AgItAzIoNe-Indymedia Montale Thursday, Aug. 08, 2002 at 2:51 PM mail:

Seconda parte dell'inchiesta sulla Colombia.

4) Il Plan Colombia. Le mani insanguinate dell’imperialismo USA

Plan Colombia. Il nome da solo non dice nulla, ma si tratta di un piano del governo centrale Colombiano (con l’appoggio degli USA) volto ufficialmente a stroncare il narcotraffico, ma in realtà mirato ad eliminare la guerriglia delle Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane.

Leggiamo dal sito: http://www.nuovacolombia.org/csbolivar

“Colombia: il prossimo Vietnam?

Per capire le dinamiche che caratterizzano il processo attuale di lotta del popolo colombiano e della sua espressione più avanzata, il movimento guerrigliero, così come gli sviluppi concreti attuali e prossimi dell’imperialismo USA in Colombia, è indispensabile fare alcune premesse di carattere generale.
La Colombia è un paese estremamente ricco dal punto di vista delle risorse naturali: possiede infatti ingenti giacimenti di oro, carbone, smeraldi, alluminio, rame, petrolio e minerali vari, ed è in grado di produrre, grazie ad una conformazione territoriale e ad una collocazione geografica che comprendono una varietà infinita di paesaggi e microclimi, ogni tipo di prodotto agricolo ed agropastorizio durante tutto l’anno (è il secondo paese esportatore mondiale di banane e di caffè, ed il primo di caffè leggero).
Inoltre la Colombia è il terzo paese al mondo con maggiori ricchezze idriche, accompagnate da una disponibilità pressochè illimitata di legname visto che il 40 % del territorio nazionale è coperto da foresta vergine.
Nonostante questa ricchezza potenziale e reale sia impressionante- si calcola per esempio che le risorse complessive del paese garantirebbero condizioni di vita più che decorose a 120 milioni di abitanti (la popolazione colombiana è di 40 milioni circa)- la disuguaglianza e le ingiustizie sociali raggiungono livelli tali da obbligarci a parlare di crisi economico-sociale irreversibile, e non di semplice recessione congiunturale, all’interno di questo modello mondiale neoliberista ed imperialista.
Il 53 % della popolazione vive nella povertà e di questa ben 6 milioni vivono nella miseria più acuta; la disoccupazione interessa in molte zone del paese oltre il 50% della popolazione economicamente attiva che spesso si dimena all’interno dei meandri del cosiddetto “settore informale”, il 43 % non ha accesso ad un’assistenza sanitaria ed il 50 % non dispone di acqua potabile.
Questi dati, già di per sé esemplificativi, vanno letti all’interno di una tendenza al peggioramento e di un aumento dell’attacco alle condizioni di vita delle masse, portato avanti a colpi di Piani di “Sviluppo” che non fanno altro che implementare privatizzazioni, tagli alla spesa pubblica e ai già pochi ed esigui investimenti sociali, e licenziamenti a tappeto. La svendita alle multinazionali delle risorse naturali e non (così come della sovranità) è scandalosa, ed il paese, la cui moneta (il Peso) si svaluta sempre più rispetto al dollaro, è in ginocchio di fronte al vortice implacabile quanto impagabile del debito estero (nel 2000 il solo servizio del debito rappresenterà il 36,2 % del bilancio nazionale); questo è solo uno dei tanti fardelli imposti dall’imperialismo per mantenere sottomessa la Colombia, sempre più economicamente vulnerabile nella misura in cui il modello dipende dalle esportazioni di merci nazionali sul mercato mondiale, i cui parametri, come è ben risaputo, vengono scanditi dai paesi a capitalismo avanzato (USA in testa).
In Colombia il ceto politico al potere da oltre un secolo, essenza del sistema corrotto e clientelare bipartitico (di liberali e conservatori), è al tempo stesso espressione e propaggine delle classi dominanti, storicamente legate al latifondo ed a un controllo manu militari della struttura agricola. Tale controllo è stato perseguito ed ottenuto, in particolar modo a partire dagli anni ’30 in avanti, attraverso l’espropriazione forzata delle terre ai danni di piccoli e medi contadini, obbligati ad emigrare nelle città in cui una nuova borghesia in ascesa, attraverso una dinamizzazione dei rapporti commerciali e finanziari privilegiati con gli Stati Uniti d’America, si andava consolidando.
Dunque l’industrializzazione del paese, se da un lato richiese un’abbondante forza lavoro a costi irrisori che dalle campagne si spostasse obbligatoriamente verso i nuclei urbani, dall’altro costituì una delle ragioni, così come la volontà di evitare “un’altra Cuba” in America Latina, che spinsero l’oligarchia e l’imperialismo ad articolare un piano di controrivoluzione preventiva e di annientamento sistematico di qualsiasi forma di opposizione, lotta e resistenza del popolo colombiano, che dopo la seconda Guerra Mondiale si è manifestato, conformemente alla Dottrina della Sicurezza Nazionale di matrice nordamericana, attraverso la Guerra di Bassa Intensità.
Fu quello il contesto in cui nacquero, il 27 maggio del 1964, le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia- Esercito del Popolo, FARC-EP, dal seno di un movimento sociale reale contadino che inizialmente si caratterizzò per essere un soggetto collettivo armato di autodifesa dalla crescente repressione, ma che ben presto si dette una strategia politico-militare rivoluzionaria di presa del potere.
Attualmente le FARC-EP, colonna vertebrale del movimento guerrigliero in Colombia, non sono più un piccolo gruppo di contadini in lotta per la sopravvivenza, ma un vero e proprio esercito del popolo in armi con 60 Fronti di guerra e una presenza in tutto il paese, decine di migliaia di combattenti ed un radicamento reale che è, ad un tempo, premessa e conseguenza di un ribaltamento lento ma costante dei rapporti di forza tra movimento insorto e forze militari governative, di cui oltre 500 effettivi sono stati catturati e si trovano in potere delle FARC in qualità di prigionieri di guerra.
Negli ultimi tre anni in particolare le FARC-EP hanno inflitto sconfitte contundenti all’esercito colombiano, obbligando lo Stato, le classi dominanti ed i poteri forti ad intraprendere un processo di pace, con la guerriglia, che è iniziato formalmente il 7 gennaio di quest’anno. Per iniziare i dialoghi le FARC hanno posto delle chiare condizioni al governo del Presidente Andrés Pastrana, prima fra tutte la smilitarizzazione totale di un territorio comprendente cinque cittadine ed avente un estensione di 42.139 km² (più o meno quanto la Svizzera). Tale passaggio ha significato un riconoscimento politico di fatto di quello che è il movimento guerrigliero attivo più grande, poderoso ed antico del mondo.
Come c’era d’aspettarsi il governo colombiano, emanazione di un sistema militarista e sfruttatore, ha cercato di giostrare il processo di pace con l’unico scopo di ottenere la smobilitazione e la consegna delle armi da parte delle FARC-EP, le quali fin dall’inizio hanno graniticamente affermato che, fino a quando non verranno superate ed eliminate quelle cause che hanno generato il conflitto, la guerriglia continuerà a lottare per una nuova Colombia, in cui la pace non sia il mero silenzio dei fucili ma il risultato logico e dialettico della giustizia sociale. Per questo il movimento guerrigliero si è categoricamente rifiutato di firmare una tregua o un cessate il fuoco, impensabili in una situazione in cui il terrorismo/paramilitarismo di stato come strategia controinsurrezionale assassina tutti i giorni leader popolari ed indigeni, dirigenti sindacali, militanti di una sinistra legale ormai decimata dai massacri, giornalisti, difensori dei diritti umani, contadini, operai e studenti (40.000 all’anno), produce sempre più sfollati e profughi interni costretti ad abbandonare le loro terre dalla violenza istituzionale (sono ormai quasi 2 milioni), e zittisce con una dittatura mass-mediatica (oltre che col piombo) tutte quelle voci dissidenti che rivendicano una soluzione politica del conflitto diversa da quella per cui “tutto” deve cambiare affinchè non cambi niente, tanto inseguita dall’oligarchia e dalle élites al potere.
La proposta delle FARC-EP per una soluzione politica di un conflitto che dura ormai da oltre cinquant’anni, ha alcuni nitidi ed irrinunciabili postulati: una riforma agraria integrale che elimini il latifondo (il 93 % della terra coltivabile è nelle mani del 7 % della popolazione) unitamente alle politiche delle monocolture e dell’allevamento estensivo, dia crediti ai contadini, sviluppi istituti di ricerca agro-tecnici, crei mercati popolari e vie di comunicazione per il trasporto dei prodotti agricoli, permetta al paese di autoprodurre generi alimentari per il fabbisogno nazionale, e consenta di articolare una risposta sociale ed economica, diversa da quella militare e repressiva attuale, al problema della coltivazione della coca; una riforma urbana, che metta in moto quelle sinergie indispensabili a fare in modo che gli ormai saturati nuclei urbani del paese, in cui vive circa il 75 % della popolazione colombiana, si riorganizzino sulla base della vivibilità, del diritto alla casa, all’educazione e alla salute; una politica relativa all’uso delle materie e delle risorse naturali (e specialmente del petrolio, che rappresenta il 20 % delle esportazioni e il 4,5 % del Prodotto Interno Lordo della Colombia), che contribuisca a costruire un modello economico sostenibile ecologicamente e non dipendente dalle imposizioni neo-colonialiste del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale; la bolivarianizzazione dell’esercito, che deve essere epurato e patriottico, e che deve essere destinatario di uno stanziamento adeguato ad un paese non in guerra (attualmente ammonta, come spese complessive per la difesa, al 28 % del bilancio nazionale).
Qualora il processo di pace in generale e i negoziati in particolare, iniziati formalmente il 24 ottobre del 1999 sulla base di un’agenda comune avente come punti all’ordine del giorno molte delle questioni sopra citate, non portassero alla risoluzione delle cause che hanno dato origine alla lotta del movimento guerrigliero, in Colombia vi sarà una guerra totale e di alta intensità che definirà nuovi scenari ed acquisirà un carattere continentale.
Che gli Stati Uniti finanzino la guerra in Colombia, non è un segreto per nessuno: nel 1997 gli aiuti militari diretti e indiretti sono ammontati a 80 milioni di dollari, nel 1998 sono stati 88,6 milioni di dollari, nel 1999 289 e per il 2000 vengono previsti ben 2000 milioni; nel giro di pochi anni la Colombia è diventata il secondo paese al mondo (dopo Israele) che riceve più aiuti militari dagli USA, che costituiscono addirittura il 95 % degli aiuti totali che il paese riceve dalla più grande potenza imperialista.
Ci sono alcuni elementi che possono aiutarci a delineare un quadro del livello di ingerenza yankee in Colombia: l’analista del Pentagono James Zackrison ha dichiarato, l’anno scorso, che l’unico modo per avanzare nel processo di pace senza dover regalare il paese alla guerriglia (che secondo valutazioni non lontane di esperti militari del Pentagono sarebbe in grado, qualora non venisse annientata, di prendere il potere nel giro di 5 anni), è quello di avere delle Forze Armate forti o, secondo le sue parole, “con il bastone in mano”. Per lui la guerra o “bastone” è lo strumento ultimo della diplomazia, la “carota”.
Il 1 novembre 1998, alla fine del vertice militare di Cartagena, è stato firmato un tenebroso accordo dal Ministro colombiano della Difesa Rodrigo Lloreda, dal Segretario USA alla Difesa William Cohen e dal comandante del Commando Sud, Generale Charles Wilhelm, risultato logico delle 6 ispezioni realizzate durante gli ultimi anni da quest’ultimo in Colombia, il cui esito è stato espresso nel suo ultimo rapporto al Congresso sulla situazione politico-sociale colombiana. In tale rapporto viene sottolineato: “La situazione colombiana si sta evolvendo verso uno stato anarchico e quasi ingovernabile. I militari colombiani non hanno morale né credibilità ed affrontano frequentemente problemi di indisciplina nelle loro file. Le verifiche dimostrano che l’esercito non ha la capacità di localizzare il nemico né prevenire i suoi attacchi, a causa della scarsa capacità di mobilitazione e della mancanza di apparecchiature di “intelligenza” elettronica che permettano di rilevare gli spostamenti della guerriglia, specialmente nel sud e nelle selve orientali. Ci sono prove evidenti circa la partecipazione di militari nei gruppi paramilitari, nel favoreggiamento di settori politici corrotti, perfino coinvolti nel narcotraffico, con manifestazioni di indisciplina, contraddizioni interne e demoralizzazione palpabile in alcune unità”.
Unitamente a tale accordo, gli Stati Uniti sono riusciti ad ottenere che i governi di Perù ed Ecuador, bisognosi di iniezioni (di capitali) come “malati terminali”, predisponessero l’installazione di una base con due brigate mobili adibite al pattugliamento delle frontiere dei due paesi, limitrofe con i dipartimenti colombiani di Putumayo, Caquetá ed Amazonas. In questo modo si va rafforzando la completa triangolazione di accerchiamento di Forze Speciali Controinsurrezionali nel sud del paese, che gli alti comandi militari colombiani hanno tanto implementato negli ultimi due anni. Non possono inoltre esser dimenticati gli sforzi fatti dagli USA per dimostrare strumentalmente l’operatività extraterritoriale delle FARC-EP nei paesi precedentemente menzionati, ai quali vanno aggiunti il Brasile e Panama, il cui canale interoceanico dovrebbe esser restituito, secondo gli accordi Torrijos-Carter, dagli Stati Uniti alla nazione centroamericana, così come gli sforzi profusi per destabilizzare e minare il processo di democratizzazione reale e di recupero antimperialista della sovranità portato avanti dal Presidente Hugo Chavez e dal popolo venezuelano.
Durante un incontro dell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA), svoltosi all’inizio di quest’anno, gli USA hanno avanzato la proposta della creazione di una forza multinazionale (una sorta di mini-Nato latinoamericana) composta da soldati addestrati, armati e diretti dal Pentagono; la sua finalità ultima e suprema sarebbe nel breve periodo quella di intervenire in Colombia per contenere, con la scusa della lotta al narcotraffico, l’avanzata del processo rivoluzionario, e nel lungo periodo quella di intervenire nei conflitti interni latinoamericani per bloccare processi conflittuali e mantenere la “stabilità” raggiunta al termine di un processo di normalizzazione iniziato nei primi anni ’90.
D’altra parte, già molto prima che il Pentagono iniziasse a mobilitare le più sofisticate ed avanzate tecnologie militari e di inteligence di guerra (aerei con apparati di monitoraggio satellitare OV-10, EP-3 ed RC-7B, elicotteri con artiglieria Blackhawk, lance rapide da combattimento, ecc.) verso l’Amazzonia colombiana e quella dei paesi limitrofi, centinaia di assessori militari nordamericani erano stati dislocati in tutto il territorio nazionale (ancora una volta con la scusa della lotta al narcotraffico) per addestrare e coadiuvare i reparti speciali anti-guerriglia dell’esercito colombiano, di cui un intero battaglione di oltre 1000 soldati delle truppe d’élite addestrati negli Stati Uniti è già operativo.
La decisione di internazionalizzare il conflitto colombiano, optando per una guerra senza confini invece che per un appoggio concreto e diplomatico ad una soluzione politica dello stesso, emerge anche dal contenuto della Estrategia Militar Multinacional, enunciato da una commissione yankee durante una visita in Perù e comprendente quattro fasi:
1) gli USA daranno tempo fino alla fine del 1999 affinchè il governo colombiano esaurisca il processo vincolato alla pace e ai dialoghi.
2) nel gennaio del 2000 il presidente Pastrana dovrà dichiarare apertamente la Guerra Interna.
3) inizieranno ad essere operativi 5 battaglioni di reparti speciali anti-guerriglia addestrati dagli Stati Uniti, ed entrerà in gioco la cosiddetta Forza Multinazionale formata da Brasile, Perù ed Ecuador.
4) contemporaneamente portaerei yankee, dislocate in prossimità delle coste colombiane, appoggeranno con fuoco aereo e di artiglieria le forze che entreranno via terra.
Dunque non possiamo non concludere che, se da un lato l’intervento USA in Colombia è molto più di una minaccia, visto che è già una realtà di fatto, dall’altro un’invasione, più o meno diretta o indiretta, è dietro l’angolo.
Di fronte a questa situazione, tutto il movimento comunista e rivoluzionario mondiale in generale, ed il movimento antagonista nel nostro paese in particolare, devono mobilitarsi ed attivarsi per costruire un grande movimento di solidarietà internazionalista con la lotta del popolo colombiano, e di appoggio alle FORZE ARMATE RIVOLUZIONARIE della COLOMBIA- ESERCITO del POPOLO, il cui processo ha una portata di assoluta strategicità non solo per la Colombia e l’America Latina, ma per il mondo intero!”

Mere questioni di imperialismo economico, e non la lotta contro i narcotrafficanti sono le vere motivazioni degli USA.

Ecco un altro interessante documento sull’operato dell’ imperialismo USA in Colombia. Risale al 1999, ma è ancora attendibile.

“Ingerenza imperialista U.S.A. in Colombia

“ Carota vs bastone”
Esperti del Pentagono e della accademia analizzano
l’aiuto militare degli Stati Uniti alla Colombia

“Gli Stati Uniti finanziano la guerra in Colombia”
* Si sceglie la via delle armi al posto dello sviluppo.
In un articolo pubblicato nel dicembre del 1998 dal settimanale colombiano “Semana”, Adam Isaacson, specialista in politica di sicurezza e Latinoamerica dell’Università di Yale ed integrante del Centro per la Politica Internazionale (CPI) con sede a Washington, osserva che la politica degli Stati Uniti verso la Colombia inasprisce il conflitto armato invece di contribuire ad una soluzione pacifica.
Esiste una sproporzione nell’aiuto che riceve la Colombia dagli Stati Uniti. Il 95% è destinato all’Esercito ed alla Polizia, mentre solo il 5% viene indirizzato allo sviluppo “alternativo”: giustizia, rafforzamento delle istituzioni o sviluppo in generale. Inoltre il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, William Cohen, durante il vertice dei Ministri della Difesa realizzato a Cartagena nel novembre ‘98, ha annunciato che nel 1999 verrà incrementato l’appoggio a queste stesse forze. In termini economici ciò si traduce in un aumento dei finanziamenti, che passano dagli 80 milioni di dollari del 1997 e dagli 88,6 milioni del 1998 ai 289 milioni di dollari stanziati per il 1999.
Adam Isaacson ha dichiarato a SEMANA che gli aiuti alle Forze Militari colombiane tra il 1995 ed il 1999 risultano esser stati moltiplicati per otto: “Si sceglie la via delle armi invece che quella dello sviluppo”. “Gli Stati Uniti finanziano la guerra in Colombia invece di dare un segnale chiaro di appoggio alla pace”. Nonostante questo, l’analista del Pentagono James Zackrison ha dichiarato che l’unico modo per avanzare nel processo di pace senza dover regalare il paese alla guerriglia (che secondo valutazione non lontane di esperti militari del Pentagono sarebbe in grado di prendere il potere nel giro di 5 anni, se non annientata), è quello di avere delle Forze Armate forti o, secondo le sue parole, “con il bastone in mano”. Per lui la guerra o “bastone” è lo strumento ultimo della diplomazia, la “carota”. Issacson ha rimarcato l’urgenza di difendere il processo di pace. Ha detto di avere la certezza che gli aiuti degli Stati Uniti per la lotta contro il narcotraffico verranno utilizzati per combattere la guerriglia, e che i corsi di aggiornamento antinarcotici che si offrono sono gli stessi che si danno per la lotta anti-sovversiva. Questa coincidenza è stata confermata da Zackrison, il quale ha dichiarato che i corsi vengono forniti dal suo paese, ma la decisione circa l’utilizzo del personale addestrato è di competenza della Colombia. Inoltre ha aggiunto che non sarà possibile differenziare la destinazione degli aiuti perché ci sono delle regioni, in cui viene coltivata la coca, che si trovano sotto il dominio delle FARC. Un rapporto della Polizia, a dire il vero molto poco attendibile, ha stabilito che 3155 dei 15000 guerriglieri sono coinvolti nel narcotraffico, e lo Zar dell’Antidroga degli Stati Uniti, Barry Mc Caffrey, ha detto provocatoriamente che se la guerriglia è coinvolta nel narcotraffico, gli aiuti antinarcotici possono essere usati anche contro di essa.
In questa fase colma di contraddizioni estremamente complesse all’interno delle compagini politiche del Congresso USA, arriva non a caso una escalation armamentista in quanto alla politica militare e militarista estera, con ben 460.000 milioni di dollari destinati a plasmare globalmente gli assetti di quelle aree in particolare che costituiscono per gli USA fonti perenni di accumulazione capitalistica e di estrazione di plusvalore in termini imperialisti.
In America Latina nello specifico, di fronte alla necessità impellente di “lasciare” la base di Panama entro il 31 dicembre del 1999, il Pentagono sta cercando affannosamente un’alternativa che gli consenta di continuare a muovere i fili degli eserciti-marionette in tutto il sub-continente; il tentativo di insediarsi in Argentina, con il pretesto di una “base continentale contro il narcotraffico”, non ha sortito gli effetti sperati. Allora il Pentagono ha tirato fuori dal cilindro gli incontri “settoriali” ed il vertice dei ministri e dei Comandanti degli eserciti, adducendo le solite argomentazioni usate come specchietti per le allodole nei confronti dei Governi latinoamericani ed in chiave mass-mediatica nazionale ed internazionale: la stabilità continentale, un nuovo fantasma del terrorismo e naturalmente il narcotraffico. In queste sedi sono state approvate le nuove linee di credito del Fondo Monetario Internazionale, quali per esempio quelle relative all’aiuto effettivo per stanziamenti e tecnificazioni degli eserciti, innegabilmente screditati per la corruzione e la violazione dei diritti umani. Il cavallo di battaglia nei suddetti incontri (neanche a dirlo) è stato la Colombia, con la sua conflittuale situazione aggravatasi a causa degli ultimi quattro anni di malgoverno Samper; essa si caratterizza per la demoralizzazione di un esercito implicato nelle violazioni dei diritti umani e per il forte impatto che su di esso hanno avuto gli ultimi e pesanti colpi inferti da una guerriglia che di fronte alla crisi economico-sociale, allo smembramento delle istituzioni ed alle crescenti ingiustizie si espande palesemente.
Il 1 novembre 1998, alla fine del vertice militare di Cartagena, è stato firmato un tenebroso accordo dal Ministro colombiano della Difesa Rodrigo Lloreda, dal Segretario USA alla Difesa William Cohen e dal comandante del Commando Sud, Generale Charles Wilhelm, risultato logico delle 6 ispezioni realizzate durante gli ultimi due anni da quest’ultimo in Colombia, il cui esito è stato espresso nel suo ultimo rapporto al Congresso sulla situazione politico-sociale colombiana, soprattutto nei suoi aspetti inerenti la lotta al narcotraffico, gli Insorti e le forze militari. In tale rapporto viene sottolineato: “La situazione colombiana si sta evolvendo verso uno stato anarchico e quasi ingovernabile. I militari colombiani non hanno morale né credibilità ed affrontano frequentemente problemi di indisciplina nelle loro file. Le verifiche dimostrano che l’esercito non ha la capacità di localizzare il nemico né prevenire i suoi attacchi, a causa della scarsa capacità di mobilitazione e della mancanza di apparecchiature di “intelligenza” elettronica che permettano di rilevare gli spostamenti della guerriglia, specialmente nel sud e nelle selve orientali. Ci sono prove evidenti circa la partecipazione di militari nei gruppi paramilitari, nel favoreggiamento di settori politici corrotti, perfino coinvolti nel narcotraffico, con manifestazioni di indisciplina, contraddizioni interne e demoralizzazione palpabile in alcune unità”.
Unitamente a tale accordo, gli Stati Uniti sono riusciti a portare a termine il secondo obiettivo della loro strategia; infatti, parallelamente ai vertici, i Militari Nordamericani hanno ottenuto che i governi di Perù ed Ecuador, bisognosi di iniezioni (di capitali) come i “malati terminali”, predisponessero l’installazione di una base con due brigate mobili adibite al pattugliamento delle frontiere dei due paesi, limitrofe con i dipartimenti colombiani di Putumayo, Caquetá ed Amazonas. In questo modo si va rafforzando la completa triangolazione di accerchiamento di Forze Speciali Controinsurrezionali nel sud del paese, che i comandi colombiani hanno tanto implementato negli ultimi due anni.

Inizia lo spiegamento per l'intervento

Nonostante il 15 aprile 1997 il Congresso USA abbia approvato un emendamento che proibisce di conferire qualunque tipo di aiuto, anche umanitario, a quelle forze armate coinvolte nella violazione dei diritti umani, negando così la proposta del senatore fascista Jesse Helms di inviare bombardieri ed apparati elettronici ai militari colombiani, il Comando Sud (situato a Panama) ha disposto la dislocazione, in forma segreta, di alcune unità “antinarcotici” alla frontiera comune di Perù, Ecuador e Colombia. Inoltre l’Alto Comando Militare Colombiano, di comune accordo con la DEA, la CIA ed il Pentagono, inizierà quest’anno lo spiegamento operativo di una Brigata speciale, con base nel tenebroso Comando Unificato del Sud della Colombia (insediato a Puerto Leguizamo); secondo gli yankees tale unità è “apparentemente pulita ed esente dalla corruzione e dalla violazione dei diritti umani”.
Sarà che i gringos disconoscono che le Unità di questo Comando sono implicate nelle pratiche di detenzione massiva e di tortura nei confronti di centinaia di contadini di quei territori? Non sanno che diverse Unità mobili di questo Comando sono indagate per collaborazione o omissione relativamente ai massacri perpetrati dai paramilitari nel Putumayo, nel Caquetá, nel sud del Meta e nel Guaviare? Vari sottoufficiali ascritti al suddetto Comando sono stati rimossi ed imputati per favoreggiamento nei confronti dei capi del narcotraffico.
Comunque il Dipartimento di Stato USA ha annunciato al Ministro Lloreda che non vi saranno aiuti in denaro, ma solamente in apparecchiature, strumentazioni, armi, aerei, assessori, installazioni e radar. Ai 370 assessori militari statunitensi già presenti in Colombia se ne aggiungeranno altrettanti; questi però avranno qualifiche speciali e verranno destinati, unitamente a 200 esperti (anch’essi statunitensi), a funzioni di installazione, addestramento e verifica delle capacità di spostamento e di effettività dei Commandi di azione rapida che staranno sotto il Comando Unico della Nuova Brigata destinata alla guerra nel Sud della Colombia. E’ precisamente in questa zona che la suddetta Brigata dovrà avere, nelle intenzioni dei nemici della pace, il compito di controllare, combattere e reprimere il contadinato e le FARC, le quali stanno portando avanti un processo di pace che lo stesso Dipartimento di Stato USA dice di appoggiare. E mentre quest’ultimo da una parte si riunisce in Costarica con le FARC, dall’altra incomincia a creare le basi per un intervento militare in Colombia!
Secondo la carta stampata di Washington “nell’operazione (che formalmente è denominata «antinarcotici») è contemplato l’utilizzo di aerei spia e la vigilanza via satellite nelle selve di Orinoquia e dell’Amazzonia”. Queste tecnologie militari altamente sofisticate, fornendo immagini di calore ed infrarossi, permetteranno di identificare immediatamente i concentramenti e la localizzazione dei combattenti delle FARC nella giungla e di monitorare le loro comunicazioni, cosa che implicherebbe un consolidamento delle posizioni dell’Esercito nel profondo della selva ed il mantenimento del suo controllo militare sul transito nei fiumi della selva del Sud, attualmente in potere delle FARC. Le truppe congiunte (dei due paesi), sempre nelle intenzioni di questi “maestri” della democrazia e dello stato di diritto, disponendo di una localizzazione esatta e precisa dei guerriglieri nella selva, potranno scontrarsi in combattimenti di terra qualora questi ultimi cercassero di ricompattarsi o fuggire via fiume, e previo attacco aereo di aerei OV-10 Bronco e di elicotteri dotati si artiglieria Blackhawk potranno intercettarli via fiume con lance rapide da combattimento statunitensi, anch’esse dotate di artiglieria. L’intento evidente è quello di dotare l’Esercito governativo di tutti quegli strumenti che gli permettano di finalizzare operativi “avvolgenti” di annichilamento contro la guerriglia, resi possibili inoltre dal controllo e dalla detenzione della popolazione civile; obiettivo centrale: allontanamento di questa dagli Insorti e conseguente isolamento degli stessi.
Ecco i dati relativi all’aiuto finanziario da parte degli U.S.A. che confermano questa drammatica tendenza:
Aiuto militare degli Stati Uniti all’Esercito ed alla polizia colombiani (in milioni di dollari): 1997: 80; 1998: 88,6; 1999: 289.
Secondo il Center for International Policy questo aiuto potrebbe sfiorare nel 1999 i 400 milioni di dollari, portando la Colombia ad essere il terzo paese al mondo a ricevere più aiuti militari dagli USA, dopo Israele ed Egitto.
Questa analisi, sicuramente non esaustiva ma comunque esemplificativa dello scenario attuale che a livello di ingerenza USA in Colombia si va delineando e consolidando sempre più, ci offre alcuni spunti per capire come il livello qualitativo e quantitativo del conflitto armato in Colombia venga identificato dagli Stati Uniti come pericolo e problema principali in America Latina. Porre le basi di un intervento militare, di natura diretta e/o indiretta, riflette quanto sia estremamente presente e all’offensiva l’imperialismo nelle sue forme più marcatamente aggressive. Ma rappresenta altrettanto palesemente la strategicità che riveste in termini di avanguardia la lotta del popolo colombiano e del suo esercito, le FARC-EP, in chiave anticapitalista ed antimperialista non solo per il sub-continente latinoamericano ma per il mondo intero.
Di fronte a questo tentativo USA di normalizzazione aggressiva che va sviluppandosi con fatti e manovre militari ben precisi, diventa non solo vigente ma anche imprescindibile rilanciare con forza un appoggio militante, antimperialista ed anticapitalista alla lotta del popolo colombiano e delle FORZE ARMATE RIVOLUZIONARIE della COLOMBIA- ESERCITO del POPOLO!
Fonti: Agenzia di Notizie Nuova Colombia, ANNCOL; Rivista “Semana”
Gennaio 1999”

Presentiamo invece adesso un documento sulle campagne di disinformazione contro le FARC-EP.


“La disinformazione strategica nel conflitto colombiano

Questo documento, presentato dalla Commissione Internazionale delle FARC-EP durante il convegno "Cultura, scienza e informazione di fronte alle nuove guerre", tenutosi presso il Politecnico di Torino il 22 e il 23 giugno del 2000, è un contributo di assoluto spessore sia per quanto riguarda la comprensione e l'analisi della strategia imperialista su scala mondiale, sia per quanto concerne più specificatamente la disinformazione strategica come tassello della legittimazione dell'intervento degli Stati Uniti d'America in Colombia.
CAUSE ED ORIGINI DEL CONFLITTO COLOMBIANO, E LA DISINFORMAZIONE STRATEGICA RELATIVA ALLA NATURA DELLO STESSO E ALLA LEGITTIMAZIONE DELL'INTERVENTO DEGLI STATI UNITI D'AMERICA IN COLOMBIA.

Origini e cause del conflitto sociale e armato in Colombia.

Per comprendere i tratti tipici e le dinamiche proprie dello sviluppo della disinformazione strategica, finalizzata alla manipolazione e alla negazione della vera natura del conflitto colombiano, è necessario prendere in considerazione il contesto storico in cui questo si é generato.
La fase storica che ebbe inizio a partire dalla fine del primo processo di decolonizzazione, vide l'affermazione di precedenti soggetti politici e sociali quali funzionari coloniali, proprietari terrieri e militari, tra gli altri, che avrebbero da lì in avanti costituito la base su cui poggiò la nascita del sistema politico colombiano in quell'epoca, e la cui essenza corrotta, violenta ed escludente si manifestò da subito.
Di fatto, il periodo delle lotte contro il colonialismo spagnolo, il cui leader fu il "Libertador" Simon Bolivar, non riuscì ad evitare che la Colombia passasse dall'indipendenza dalla Spagna alla dominazione statunitense.
Quest'ultima si sviluppò in particolar modo durante la prima metà del XX secolo, mediante una politica aggressiva da parte delle multinazionali nordamericane finalizzata ad impossessarsi delle risorse e delle ricchezze più significative del paese.
In virtù dei nuovi rapporti sociali, economici e politici che si andarono sostituendo a quelli precedenti, si svilupparono conflitti e lotte tra le suddette multinazionali, spalleggiate militarmente dalle Forze Armate governative, e i settori operai e contadini, influenzati in buona misura dal Partito Comunista Colombiano, sorto nel 1930, e raggruppati nella prima confederazione sindacale colombiana, fondata nel 1937.
Un momento cruciale si ebbe il 9 aprile 1948, quando venne assassinato il "caudillo" liberale Jorge Eliecer Gaitan, che godeva di un diffuso prestigio popolare e che si profilava come futuro presidente, fatto questo di fronte al quale vasti settori popolari si mobilitarono e si sollevarono per protestare, diventando protagonisti di scontri e devastazioni in diverse località del paese, e in primo luogo nella capitale.
I conservatori portarono avanti la persecuzione nei confronti di tali settori , fino al punto che dal 1948 al 1953 furono assassinate in Colombia oltre trecentomila persone da agenti della polizia, dall'esercito e da bande paramilitari allora chiamate "pajaros" e "chulavitas".
A partire da questo fenomeno, conosciuto e definito dagli stessi storici come "la Violencia", iniziarono a sedimentarsi le basi funzionali di unastrategia di accumulazione delle ricchezze.
Gli imprenditori e la borghesia industriale colombiana tesserono un'alleanza con i grandi proprietari terrieri per articolare, nelle pianure del paese tradizionalmente adibite all'allevamento, una nuova agricoltura meccanizzata e tecnicizzata. Essendo incontenibile la pressione per modernizzare
l'agricoltura, si profilarono tre possibili percorsi: 1) espandere le fattorie contadine dei coloni attraverso una riforma agraria democratica; 2) chiedere in concessione ad un alto prezzo le terre delle estensioni da allevamento, che dominavano le pianure tra le valli; 3) espropriare in modo
violento gli appezzamenti ai contadini, soluzione per cui optarono e che applicarono deprivandoli delle loro terre a sangue e fuoco.
La violenza divenne dunque in Colombia un meccanismo formidabile di sviluppo del capitalismo, che generó l'emigrazione di contadini sconfitti ed "esiliati" che costituirono un'abbondante mano d'opera a basso costo, e che sostituí in diverse regioni una radicata economia di autoconsumo con un'economia mercantile. Fu fatto ricorso alla violenza e al vandalismo, stimolando i sentimenti più infami, distruttivi e meschini. La formula consistette nell'esacerbare nel popolo le differenze tra liberali e conservatori, al fine di occultare gli interessi economici di fondo, e cioè l'allargamento dei latifondi e l'ottenimento di una forza lavoro salariata a bassissimo costo, che si recò nelle città non perché attratta dalle comodità della vita moderna o perché allontanata gradualmente a causa
dell'impossibilità di competere con l'agricoltura industriale, bensì in quanto espulsa dalle proprie terre attraverso il terrore.
Nel 1953 una giunta militare, capeggiata dal generale Rojas Pinilla, prese il potere e proclamò un'amnistia che però fu accettata solamente dalle autodifese armate e guerriglie influenzate dal Partito Liberale.
Vale la pena di sottolineare un fatto che avvenne, e che da quel momento in avanti si sarebbe tradotto in una costante in tutti i tentativi di pacificare il paese: una volta consegnate le armi da parte di un'organizzazione, i suoi dirigenti finirono per essere assassinati.
Parallelamente, le autodifese influenzate dal Partito Comunista decisero di non accettare l'amnistia, si insediarono in quelle regioni in cui il latifondo e i militari non avessero facile accesso e portarono avanti lo sviluppo delle proprie esperienze ed organizzazioni militari di difesa.
Nel 1957 le contraddizioni tra la dittatura militare e la borghesia, rappresentata dal Partito Conservatore e da quello Liberale, si acuirono; questi due partiti, ricorrendo ad una riforma costituzionale, crearono il "Fronte nazionale", un mostro antidemocratico per mezzo del quale si
distribuirono il potere per sedici anni ed esclusero dalla partecipazione elettorale tutti gli altri movimenti e partiti. Venne in tal modo attribuito uno status costituzionale al bipartitismo, così come all'esclusione politica, un altro dei fattori che hanno generato la violenza in Colombia.
Conseguentemente ai nuovi scenari che si delinearono con la rivoluzione cubana, del 1959, gli Stati Uniti articolarono una strategia globale per evitare che tale esperienza si propagasse negli altri paesi dell'America Latina, lanciando un piano conosciuto come "Alleanza per il Progresso" che consistette
nell'assicurare la "difesa continentale" dalla minaccia del "comunismo internazionale". A tal scopo questo piano fece proprio il cavallo di battaglia della necessità di garantire la "sicurezza nazionale" mediante l'elaborazione di un programma di aiuti militari finalizzati a combattere il nemico all'interno delle frontiere dei vari paesi, definito "nemico interno" dagli stessi manuali militari che esprimevano gli orientamenti della "Dottrina della Sicurezza Nazionale".
Il Pentagono, di comune accordo con i comandi militari colombiani , scelse come terreno sperimentale per questa guerra preventiva la Colombia, per diverse ragioni di carattere geopolitico, socio-economico e storico.
Nell'ambito del "Plan LASO" (Latin American Operation Security), nucleo strategico dell'applicazione della suddetta guerra preventiva, nel 1964 il governo colombiano inviò 16.000 soldati, appoggiati dall'aviazione statunitense e dotati dell'armamento più sofisticato, con tanto di bombe batteriologiche, per radere al suolo quelle comunità di contadini che, espulsi dalle loro terre dalla violenza dello Stato, si erano rifugiati in alcune regioni per continuare a lavorare la terra, dandosi forme e norme di convivenza che lo Stato colombiano ed il governo USA avevano definito come inaccettabili "repubbliche indipendenti" all'interno dello stesso territorio colombiano, identificate come un pericoloso esperimento socialista.
In particolar modo l'attacco più aggressivo fu contro Marquetalia, un insediamento di quarantotto contadini capeggiati da Manuel Marulanda Velez, attuale Comandante in Capo delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia-Esercito del Popolo, FARC-EP, nate da quella resistenza.
Di fatto, venne scatenata una guerra che continua tutt'oggi, durante la quale i governi di turno hanno più volte rifiutato le proposte di dialogo esternate dal movimento guerrigliero, fino a quando nel 1984 vennero siglati, tra il governo del conservatore Belisario Betancur e le FARC-EP,
gli accordi di "La Uribe". In base a questi l'allora governo si impegnò a fare alcune riforme politiche, sociali e istituzionali, mentre le FARC si presero l'impegno di lanciare e promuovere un movimento politico ampio di sinistra, l'Unión Patriotica, che veicolasse la partecipazione dei diversi settori politici e sociali tradizionalmente esclusi, e che potesse prendere parte in modo aperto e legale alla vita politica del paese. Dopo soli sei mesi dalla sua creazione (1985), la UP ottenne il consenso elettorale più importante di tutta la storia della sinistra colombiana a partire dalla fondazione della repubblica, configurandosi come punto di riferimento politico di massa per un'alternativa di cambiamento nel paese. Nel giro di dieci anni oltre quattromila dirigenti dell'Unión Patriotica sono stati assassinati, così come migliaia di sindacalisti, dirigenti popolari, militanti comunisti, studenti, difensori dei diritti umani,
indigeni e una gran parte dei dirigenti e dei militanti di quelle organizzazioni guerrigliere che tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 si erano smobilitate.
Questa repressione sistematica ha evidenziato come l'eliminazione fisica e "scientifica" di qualsiasi opposizione legale al regime bipartitico, abbia caratterizzato la politica terrorista dello Stato colombiano.
Prendendo in considerazione questa sintesi della storia contemporanea della Colombia, si può dedurre che una costante nel corso della stessa è stata la violenza come metodo privilegiato di accumulazione e concentrazione delle ricchezze, della terra e dei capitali, e di esclusione di importanti settori politici e sociali dalla possibilità di una partecipazione politica nella gestione e nella conduzione del paese. Ciò ci porta ad individuare la natura intrinseca, in termini politici ed economici, del conflitto sociale e armato che da oltre cinquant'anni perdura in Colombia.

La costante ingerenza degli Stati Uniti d'America in Colombia.

Un'altra costante nella storia contemporanea della Colombia, come precedentemente detto, ha a che vedere con una permanente, anche se diversificata nelle sue forme e intensità, ingerenza degli Stati Uniti d'America in Colombia.
E' importante spiegare alcune delle ragioni che hanno portato e che continuano a portare gli USA a considerare la Colombia come un paese d'importanza fondamentale ai fini del mantenimento del suo controllo politico, economico e militare nell'ambito continentale, e perfino mondiale.
Da un lato bisogna dire che la Colombia è un paese estremamente ricco dal punto di vista reale e potenziale, essendo il maggior esportatore al mondo di smeraldi, il secondo di caffè, fiori e banane, il terzo paese con le più abbondanti risorse idriche, oltre ad avere importanti giacimenti di petrolio, oro, carbone ed altri minerali; il 40 % del suo territorio è ricoperto da selve vergini, che oltre a rappresentare una fonte inestimabile di legname di alta qualità costituiscono il cuore di uno dei sistemi di biodiversità più vari e ricchi del pianeta. Infine, la Colombia è un paese che può produrre qualsiasi prodotto agricolo durante tutto l'anno, disponendo di un'infinità di microclimi che oscillano tra gli zero e i quaranta gradi, nonché di un'eterogeneità straordinaria di territori che vanno dal livello del mare a 5700 metri di altitudine.
Dall'altro è necessario prendere in considerazione il fatto che negli ultimi anni le FARC hanno guadagnato grandi spazi politici e sociali e un riconoscimento internazionale, così come hanno sviluppato e materializzato una capacità militare e operativa connessa al loro carattere di esercito
vero e proprio, pur essendo una forza guerrigliera che in quanto tale è mobile ed irregolare, presente assolutamente su tutto il territorio nazionale con sessanta fronti raggruppati in sette grandi blocchi di guerra. Gli stessi mass-media nazionali ed internazionali si sono visti obbligati a diffondere notizie relative alle contundenti operazioni che con successo il movimento guerrigliero ha portato a termine negli ultimi anni, a dimostrazione della crescita qualitativa e quantitativa di una reale alternativa di potere.
Negli ultimi decenni è andato riaffermandosi per gli Stati Uniti il ruolo geo-strategico dell'America Latina, e in special modo della Colombia, principalmente per alcune ragioni che vanno ricordate.
Una di queste concerne la già menzionata importanza dell'America Latina per gli USA nel quadro di un'interdipendenza economica tra la prima e i secondi, che negli anni recenti si è andata consolidando, e in virtù della quale Washington ha potuto sviluppare alcuni vantaggi, dal punto di vista economico, finanziario e commerciale, rispetto ad altri paesi economicamente potenti, siano questi asiatici o europei. E' in tal senso che vanno contestualizzati i passaggi che gli USA hanno fatto con l'attivazione del Trattato di Libero Commercio (NAFTA) con il Canada e il Messico, e con la
ristrutturazione, ancora in corso, di accordi e trattati quali il Patto Andino, il Patto Centroamericano, il Mercosur e altri di minor rilevanza, che gli hanno permesso di riaffermare, pur modificando alcuni parametri e meccanismi, una relazione di estrazione di ricchezze e profitti, ossia una pratica di saccheggio.
In sintesi bisogna tener presente, alla luce di queste considerazioni, che l'America Latina rappresenta lo scenario privilegiato di accumulazione economica per gli Stati Uniti nell'ambito della concorrenza su scala mondiale, della globalizzazione e del modello neo-liberista quali processi permanenti.
La Colombia, da parte sua, costituisce il collegamento geo-territoriale tra la "longa manus" degli USA, ossia il Centroamerica, e l'America meridionale, oltre ad essere il paese in cui si trova in una fase più avanzata il progetto di costruzione di un altro canale inter-oceanico.
Un'altra ragione è legata all'importanza rivestita dalla Colombia rispetto al fenomeno del narcotraffico, che come in seguito sarà spiegato è al contempo un grande affare capitalista e un pretesto di legittimazione dell'intervento militare.
Questi fattori assumono un'ulteriore trascendenza se si osserva che recentemente le contraddizioni socio-economiche, acuite indubbiamente dalla crisi (a nostro modo di vedere di carattere strutturale, più che congiunturale), hanno provocato l'estendersi di significative mobilitazioni di massa, di sollevazioni popolari e della messa in discussione sempre più diffusa e argomentata del neoliberismo, in special modo nell'Ecuador e in Venezuela, cosa che induce gli Stati Uniti a considerare tali paesi come "cattivi esempi che potrebbero minare il processo di normalizzazione democratica in América Latina..."

Le caratteristiche e le manifestazioni dell'intervento degli Stati Uniti d'America in Colombia.

I fattori sopra citati hanno contribuito a che gli USA considerassero la Colombia come un paese in cui è imprescindibile bloccare il processo di ribaltamento dei rapporti di forza tra il movimento guerrigliero e l'establishment colombiano, fondamentalmente attraverso un'escalation nello
sviluppo della guerra.
Da una parte, come è stato dimostrato da molteplici ricerche, durante le legislature dei governi di Gaviria e di Samper (e cioè negli ultimi dieci anni) è aumentato acceleratamene il livello di penetrazione, controllo e profitti delle multinazionali nell'estrazione petrolifera, nello sfruttamento di altre risorse naturali, nel controllo del commercio di materie prime e nell'industria, nell'agroindustria, nei servizi pubblici e soprattutto rispetto al capitale finanziario.
Dall'altra, a livello politico e governativo, si è attivato un gruppo di parlamentari statunitensi, che avevano già partecipato apertamente in favore delle tendenze interventiste in altri paesi, e tra i quali si
contraddistingue il senatore Helms, coinvolto nella famosa legge contro Cuba. Tra la fine del '97 e l'inizio del '98, sono state realizzate diverse riunioni "a porte chiuse" con parlamentari, ambasciatori, ministri, presidenti ed imprenditori degli Stati Uniti d'America, del Brasile, del Perù, dell'Argentina, del Messico, della Repubblica Dominicana e dell'Inghilterra, nelle quali l'ordine del giorno era incentrato sull'intervento in Colombia.
Durante il governo di Cesar Gaviria, attuale segretario dell'OEA, e di quello di Ernesto Samper, sono state presentate proposte da parte dell'ex-capo dell'Ufficio della Politica di Controllo Nazionale delle Droghe degli USA, Tomas Constantine, e dell'attuale "zar antidroga" Barry
McCaffrey, incentrate sull'istallazione di "basi strategiche di appoggio logistico e militare per il controllo del traffico delle droghe, del riciclaggio di denaro sporco e dello spostamento di guerriglieri attraverso alcune frontiere", con la presenza di assessori del Pentagono.
Parallelamente, durante questi due governi, gli Stati Uniti lanciarono un'offensiva diplomatica di ricatto basato sulla minaccia di non rilasciare alla Colombia un "certificato di buona condotta" inerente alla lotta la narcotraffico. L'allora ambasciatore di Washington a Bogotà, Myles
Frechette, esprimeva nei suoi rapporti periodici al Dipartimento di Stato, al Capo della DEA, alla CIA e ai comandanti delle Forze Speciali e del Comando Sud degli USA, che "mantenere la non certificazione contribuisce non solo a sostenere il clima di sfiducia generalizzata verso la Colombia, ma anche a creare un'opinione favorevole ad una maggior penetrazione ed alla viabilità di un più ampio intervento in altri campi." Il suo successore, l'agente e coordinatore di varie operazioni occulte della CIA in alcuni paesi asiatici e centroamericani, Curtis Warren Kamman, intervenne al fine di perfezionare le condizioni, a livello politico, sociale e militare, basilari per un intervento.
Nel 1998, dopo che le FARC avevano inflitto un durissimo colpo a truppe d'élite delle Forze Armate colombiane, il Capo del Comando Sud dell'Esercito USA, con sede a Miami, Charles Whilelm, dichiarò davanti al Congresso statunitense che l'avanzata della guerriglia colombiana rappresentava un pericolo per la sicurezza interna degli USA.
All'inizio del 1999 si tenne il Seminario per la Sicurezza Continentale, nel quale il dibattito fu incentrato sullo sviluppo delle misure e raccomandazioni uscite dalle Conferenze Continentali Santa Fe I (del 1981) e Santa Fe II (del 1989), e nel quale si giunse alla conclusione che, nonostante alcuni passi in avanti, in verità le dieci "proposte generali per il Conflitto di Bassa Intensità" e le dieci "raccomandazioni particolari" (riguardanti Messico, Colombia, Cuba, Brasile e Panama) non erano state sviluppate come previsto; in questo seminario fu deciso di riprendere le "proposte sostanziali" di Santa Fe II, e di "rivalutare la situazione di instabilità nei suddetti paesi, che attualmente esige un assistenza di emergenza", come segnalano le conclusioni. Ciò equivale a dire che il "riaccomodamento" della presenza statunitense in America Latina, sotto il profilo militare, logistico e strategico, così come evidenziano i lineamenti di vari vertici, conferenze e riunioni speciali, deve passare per una ridefinizione delle funzioni degli eserciti latinoamericani che nei piani di Washington dovrebbero svolgere il ruolo di gendarmi interni e, dove fosse "necessario", conformare forze multinazionali di intervento nei conflitti che nei diversi paesi del continente "costituiscano un pericolo per la democrazia", dietro indicazione del Pentagono. Le conclusioni di questo seminario affermarono che "la situazione d'instabilità in questi paesi rende necessaria una cura d'emergenza", in quanto "il narcotraffico, la sovversione e il terrorismo" sono conniventi, "minacciano la sicurezza
continentale", mettono in pericolo la "democrazia" in Colombia e nei paesi limitrofi, nonché "la libera iniziativa, il libero mercato e la globalizzazione economica".
Tra le tante riunioni finalizzate a definire i contorni della partecipazione diretta degli USA nel conflitto in Colombia, vale la pena di sottolineare il "Vertice Segreto negli Stati Uniti per il caso colombiano", organizzato nel giugno 1999 dall'Agenzia Nazionale di Intelligence e partecipato da una cinquantina di alti ufficiali del Pentagono, da diciassette colleghi di sei paesi latinoamericani, e da dirigenti del Dipartimento di Stato, della CIA, del FBI, della DEA, del Consiglio Nazionale di Sicurezza, dai Think Tanks (i cosiddetti "Centri di riflessione") e da "ONG".
Da questo momento in avanti si sono intensificati straordinariamente i viaggi di ispezione in Colombia da parte del generale Charles Wilhelm, incaricato della logistica operativa ed accompagnato da specialisti e assessori delle "Forze Speciali di Azione Rapida" e della DIA, e da tecnici specializzati in armamento leggero e convenzionale e in spiegamenti strategici di truppe elitrasportate e dell'aviazione, tra gli altri.
Inoltre l'ex-generale Barry McCaffrey, incaricato unitamente al Dipartimento di Stato di inventare un discorso di giustificazione dell'intervento, nell'ambito di una serie di viaggi a Bogotá e nei paesi vicini, affermò il 26 luglio 1999 nella capitale colombiana: "Sono 240.000 i poliziotti e militari, e 37 i milioni di persone che si contrappongono agli attacchi selvaggi di 25.000 nemici interni finanziati da centinaia di milioni di dollari del denaro delle droghe". Successivamente, a Caracas, asserì che il Venezuela stava diventando il principale distributore di droghe prodotte in Colombia, aggiungendo che le guerriglie colombiane "sono una minaccia per i cittadini panamensi così come per le popolazioni confinanti con il Venezuela, l'Ecuador e il Brasile".
Il vice-segretario di Stato per le questioni politiche, Tomas Pikering, fu direttamente incaricato da Clinton di visitare la Colombia, dove rimarcó la sua "preoccupazione per l'avanzata della guerriglia delle FARC-EP".
Parallelamente la presidenza del Congresso statunitense si rivolse alla Casa Bianca per sollecitare "l'istallazione di una base militare in Colombia o nelle aree limitrofe", nel quadro di una sfuriata interventista alla quale si uní la fondazione Heritage, di estrema destra, con l'argomento secondo
cui la Colombia stava cadendo nelle mani dei sinistroidi.
A partire da tali premesse, gli USA hanno articolato un progetto di aiuti militari alla Colombia, attraverso l'invio di armi e tecnologie militari di rilevanza: parliamo di elicotteri Bell, UH-1N e Black Hawk, di GPS (Global Position System), di visori notturni, di armi automatiche di breve e lunga
portata, di granate a frammentazione, di lance fluviali da combattimento, di aerei-spia EP-3 e di apparecchiature di vigilanza satellitare per integrare le rilevazioni al calore e ad infrarossi utili a identificare in tempo reale concentrazioni di guerriglieri nella giungla, monitorare le loro
comunicazioni e definire la loro posizione, oltre che di aerei OV-10 Bronco.
Nel luglio del 1999 un fatto molto importante, per quel che ha rappresentato di fronte all'opinione pubblica nazionale ed internazionale, ha chiarito al mondo intero fino a che punto l'intervento degli Stati Uniti in Colombia fosse una realtà, e non una semplice minaccia o interpretazione. Ci
riferiamo a un incidente nel quale un aereo RC-7 (imprescindibile per lo spionaggio sul terreno in tempo reale che porti a individuare gli obiettivi senza margini di errore e a conoscere tutto ció che succede nello spettro radio-elettrico di un'area previamente scelta), si è schiantato sulle
montagne del sud del paese, mentre svolgeva un lavoro di intercettazione dello spettro radio-elettrico e delle comunicazioni del Blocco Sud delle FARC, e nel cui equipaggio c'erano cinque ufficiali statunitensi, successivamente sepolti in gran segreto negli USA.
Allo stesso tempo hanno avuto luogo addestramenti massicci di militari colombiani da parte di centinaia di specialisti delle forze speciali dell'esercito USA (maggioritariamente provenienti dai Navy Seals e da Fort Bragg, nella Carolina del Nord), con l'obiettivo di articolare lo spiegamento operativo, concretizzato nel 1999, di una brigata speciale presentata come "anti-narcotici" ma in realtà di controguerriglia.
L'attivazione di questa brigata, indirizzata costantemente da assessori statunitensi specializzati in tattiche e strategie di bassa intensità, leggasi "guerra sporca", ha contraddetto e violato un emendamento approvato il 15 aprile 1997 dal Congresso degli Stati Uniti medesimi, che proibisce
ogni tipo di aiuti nei confronti di quelle forze armate coinvolte nella violazione dei diritti umani, come quelle colombiane. Questi passaggi fatti dagli Stati Uniti hanno avuto e hanno, come obiettivo
fondamentale, un'ottimizzazione delle forze militari colombiane sia a livello di preparazione in tecniche di combattimento nella selva e di capacità tattico-operativa, sia a livello di armamento in dotazione per la guerra; si tratta dunque di molto più di un'ingerenza, visto che si è andato configurando un intervento effettivo, proteso a sconfiggere militarmente il movimento guerrigliero, che fino ai giorni nostri ha avuto come colonna vertebrale un aumento impressionante degli aiuti militari: nel 1997 sono
stati di 80 milioni di dollari, nel 1998 di 88.6, nel 1999 di 289 e per il 2000 è stato approvato, dal Congresso nordamericano, un pacchetto di aiuti di oltre 1600 milioni di dollari, diventando cosí la Colombia il paese al mondo che riceve più aiuti militari dagli Stati Uniti.
Sulla stessa lunghezza d'onda nell'ambito di questo piano, chiamato "Plan Colombia", soprattutto negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno intensificato un lavoro, diplomatico e al contempo di ricatto economico in margine ai prestiti e ai rapporti economici bilaterali con diversi paesi, mirato a
preparare le condizioni indispensabili alla creazione di una forza multilaterale, composta di effettivi degli eserciti latinoamericani e che abbia la facoltà di intervenire direttamente in Colombia, con il pretesto della lotta al narcotraffico, qualora le forze armate e repressive colombiane non riuscissero a bloccare l'avanzata del movimento guerrigliero.
Di fatto, dalla metà del 1998 in avanti si sono date conversazioni con i paesi confinanti con la Colombia nella prospettiva di coinvolgerli nella formazione di una forza multinazionale in grado di frenare la rivoluzione colombiana. Questa proposta fu accettata solamente dal governo di Alberto
Fujimori, che ha militarizzato le frontiere argomentando un problema di sicurezza per il Perù.
Lungo gli altri confini con la Colombia, sono state articolate calcolate e perverse campagne per dimostrare che la situazione colombiana rappresenta un "pericolo per la regione", cosa che oltre ad essere falsa cerca di coinvolgere i popoli e i governi di quell'area in un conflitto che non gli
appartiene.
Questo progetto emisferico, che è parte integrante di una strategia di ampio respiro nell'ambito del controllo militare e logistico in America Latina indispensabile allo sfruttamento di cospicue ricchezze ancora presenti nel sub-continente, quali l'acqua, l'Amazzonia, la biodiversità, il legname e il
petrolio, tra le tante, è strettamente legato ad una manovra di ridislocazione di truppe nordamericane in diverse zone del continente, che costituisce un vero accerchiamento nei confronti della Colombia, le cui pedine "protagoniste" vanno analizzate con la consapevolezza del fatto che dall'evoluzione di tutte e di ognuna di esse dipende un eventuale colpo di mano.
Rispetto a Panama, negli ultimi tre anni gli Stati Uniti hanno messo in campo un'intensa iniziativa "diplomatica" indirizzata a perpetuare, attraverso una serie di accordi, la loro presenza militare nella zona del Canale. Gli USA hanno sfoderato vari argomenti: dal pretesto di "addestrare la Guardia Nacional affinchè Panama possa costituire un proprio esercito", all'offerta "di bonificare il terreno contaminato e minato delle basi" e alla palese proposta di uno spiegamento di una forza militare congiunta alla frontiera con la Colombia, con il pretesto di combattere la presenza di gruppi armati colombiani che "hanno oltrepassato i confini entrando nella selvatica provincia panamense del Darién".
Porto Rico sta diventando il centro di maggior concentrazione di risorse militari statunitensi in America Latina. Da qui il Pentagono pensa di creare una "testa di ponte" che sia protesa verso la Colombia, e che al contempo rafforzi il controllo e le sue provocazioni nei Caraibi.
Con l'Argentina sono stati formalizzati vari convegni di "cooperazione strategica, assistenza, acquisto di armamenti e di alcuni aerei per la modernizzazione dell'esercito", secondo i portavoce del Ministero della Difesa di Buenos Aires. La cosa più pericolosa è la proposta inoltrata dal governo USA, e che Tony Blair sembrerebbe accettare, per mitigare i reclami dell'Argentina sulle isole Malvinas, che prevederebbe di conferire parte dell'amministrazione di tali isole a Buenos Aires in cambio dell'istallazione di una base navale congiunta di Argentina, Stati Uniti e Gran Bretagna, con tredicimila unità e tutte le risorse necessarie, dalla quale sarebbe molto più facile, prudente e operativo lo spiegamento "verso altri luoghi".
Ad Aruba e Curaçao, in virtù di un accordo firmato tra gli Stati Uniti e l'Olanda, alla quale appartengono queste due isole delle piccole Antille, nel 1999 quasi duemila fanti della Marina degli USA hanno svolto lavori di adattamento del terreno, di costruzione di accampamenti, di porti ed
aeroporti più grossi, ricevendo materiale, lance da guerra ed elicotteri.
In Honduras stanno rendendo agibile la base aerea Soto de Cano, nella quale sono stati portati elicotteri e circa mille unità, "mentre sono in fase di costruzione piste e dormitori in altri luoghi".
In Perù e nell'Ecuador si stanno concentrando risorse ed unità delle Forze Speciali. Vanno sottolineate le rivelazioni fatte dal capo dei servizi segreti del governo di Fujimori, il già noto Montesinos, collaboratore della CIA fin dagli anni '70 quando era capitano dell'esercito, il quale ha
confermato l'esistenza di un piano di invasione della Colombia in cui "Perù ed Ecuador rivestirebbero un ruolo da protagonisti in un'eventuale operazione multilaterale di appoggio alla lotta contro la sovversione". "Se bisognerà impedire il traffico aereo o sconfiggerli nelle selve o nei fiumi,
la forza nord-sudamericana lo farà", riportava un messaggio dei servizi di informazione del Pentagono nel gennaio del 1998, quando era appena incominciata l'istallazione della base di addestramento di combattimento navale "Riverine" a Iquitos, in Perù, e della Scuola di selva dell'esercito ecuadoriano nel Coca, che sono il frutto di accordi sottoscritti nel 1997 conseguenti alla fine del conflitto alla frontiera tra i due paesi. In queste due basi, che sono finanziate totalmente dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, esistono dormitori a parte per i contingenti
statunitensi di forze speciali operative.
Come si può notare, gli Stati Uniti hanno portato avanti una strategia di accerchiamento e di dislocazione di truppe per creare i presupposti di un'azione sempre più diretta sulla Colombia, non solo agendo in questi paesi ma anche in istanze e fori internazionali, dall'OEA alla NATO, dall'ONU ai vertici emisferici. Tutto ciò è chiaramente finalizzato a un piano nel quale preferibilmente gli USA mettano i capitali, le armi e i comandanti, ma dove la "materia prima", cioè le truppe, la mettano gli stessi paesi latinoamericani.
Recentemente diversi media hanno parlato di una "balcanizzazione del conflitto colombiano". In tal senso dal punto di vista tattico-operativo-militare, la presenza estesa capillarmente su tutta la
geografia nazionale di un esercito guerrigliero irregolare, che ha un'elevata conoscenza del terreno in cui si muove e un radicamento sociale, renderebbe difficili possibili operazioni di bombardamento massiccio su obiettivi statici, cosa invece avvenuta nei Balcani.
Tuttavia, dal punto di vista strategico gli Stati Uniti hanno come obiettivo una balcanizzazione del conflitto colombiano nei termini di una "messa in gabbia" della guerriglia in una zona del paese, per concentrare così le proprie forze lungo una sorta di "linea Maginot" allo scopo di chiudere
l'accerchiamento intorno all'insorgenza.
Di fatto, un'invasione diretta con truppe statunitensi implicherebbe molti caduti anche tra

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