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Bolivia: la questione agricoltura
by teresa Monday January 20, 2003 at 11:55 PM mail:  

le violenze in Bolivia hanno una radice lontana, legata ai mercati internazionali, agli aiuti dell'Fmi, a un'agricoltura drogta dalla coca

La Bolivia, seconda dopo il Peru nella produzione di foglie di coca e dopo la Colombia per la produzione di cocaina raffinata, è stata al centro delle politiche statunitensi controil narcotraffico. La Bolivia ha adottato leggi, creato istituzioni e adottato strategie messe a punto in modo unidirezionale dagli Stati Uniti e finanaziate dagli Usa, e ha inseguito il miraggio che le politiche antinarcotici avrebbero potuto diventare una forza propulsiva di uno sviluppo economico, di un maggiore benessere, di un maggiore riconoscimento dei diritti umani.

Il primo passo è stato l’Atp (Andean trade preference) act, nel 1991, che doveva assicurare a Colombia, Peru, Bolivia e Ecuador una via verso mercati nuovi e capaci di ssicurare maggiori profitti.

Grazie alla legge anti droga (1008), il governo boliviano ha messo in carcere centinaia di persone anche per reati minori negando loro il diritto di essere rilasciate prima del processo. Il risultato, dati i tempi della giustizia, è che molti restano in prigione anni in condizioni drammatiche.

Nel 1997 per esempio nel carcere di Cochabmba si trovavano chiuse in 500 metri quadrati più di duecento donne, contadine analfabete, la maggior parte delle quali non parlavano spagnolo, ma solo le lingue indie aymara e quechua. A finire in carcere sono spesso persone come queste, mentre i grandi narcotrafficanti difficilmente vengono catturati.

Nel Chapare, l’area rurale nella quale la maggior parte della cocaina viene coltivata, la polizia anti narcotici spadroneggia con comportamenti violenti e gratuiti, entra nelle case di notte, fa sparire beni e soldi e gli arresti arbitrari sono diventati una routine. E l’impunità per questo tipo di reati è la norma.

Per giustificare questa situazione davanti agli esponenti di Human rights watch, il governo statunitense ha ammesso che forse si potrebbe intervenire, ma in realtà vanno fatti i conti con il Paese nel quale stanno operando. La violenza in Bolivia è di casa: dopo più di un secolo di instabilità politica, che comprende una dittatura militare durata vent’annie terminata nel 1982, la Bolivia è ancora ben lontana da poter raggiungere qualcosa che assomigli a un governo democratico.

Indubbiamente al mercato della droga vanno addebitati la corruzone dei governi, dei giudici, della polizia, dei militari e di tutte le istituzioni, che ha impedito in Bolivia, come in altri Paesi sudamericani, la creazione di governi democratici. Ma il probema non si risolve con politiche antidroga che fanno finta di intervenire per stroncare il fenomeno, senza rimuoverne le cause.

Il rpoblema infatti è legato all’utilizzo delle risorse agricole e ha uno squilibrio dei mercati del quale sono responsabili, guarda caso, proprio gli Stati Uniti.

La produzione della droga in sudamerica ha tra l’altro un devstante impatto sull’ambientel, dovuto all’uso massiccio di pesticidi, all’erosione dei suoli, all’inquinamento dell’acqua e alla perdita, con la monocultura della coca, della fertilità e della biodiversità delle piante locali, oltre a una drastica riduzione dei saperi tradizionali.

La coca ha una tradizione di 4 mila anni, ma tradizionalmente non veniva coltivata su grandi estensioni, e in ogni caso mai in monocultura. In ogni caso non si può pensare di eliminarla del tutto, sia perché verrebbe persa una parte importante della tradizione locale, sia perché è e rimane una delle coltivazioni più redditizie. Il problema però è quello di fare in modo che l’agricoltura non vengano a sua volta drogata: non venga, come è adesso, completamente trafigurata da una sola delle tante coltivazioni che i contadini delle Ande facevano, e sulle quali contavano per recuperare reddito.
Le coltivazioni di coca invece subiscono due grandi boom. Il primo a fine 1800, legato ai prodotti commerciali alimentari contenenti coca e diventati di moda nei Pesi occidentali, e un secondo, e più imponente, negli anni 1970-1980, legato al consumo di cocaina.

Nel XIX secolo la coca era uno dei tanti prodotti, insieme ai tuberi, all’avena, al mais, al frumento. Ma spuntava già dei prezzi vantaggiosi: da due a sei volte quelli del mais. L’alta domanda dall’estero e i gli alti prezzi timolarono l’incremento della produzione. Molti agricoltori che lavoravano in grandi aziende approfittaarono dello spezzettamento delle grand comunità indigene, per acquistare terrre che vennero coltivate a coca.

Negli anni 70-80 la crecita della domanda per la cocaina fa di nuovo aumentare l’estenzione dei campi coltivati a coca, legato anche alla situazione politica. Nel 1980 (verso la fine del periodo di dittatura militare)Garcia Meza e Arce Gomez avevano instaurato un governo del terrore grazie all’appoggio di gruppi paramilitari che provenivano dall’Argentina, e a legami con il terrorismo nero europeo.

Nel 1982 sale al potere il governo non militare di hernan Suazo, che però deve affrontare gravi problemi economici, tra i quali una crisi dei prezzi agricoli, un fenomeno legato anche all’inflazione che dipendeva dalla presenza dei dollari del mercato della coca. Durante gli anni successivi, Suazo introduce un programma di regole severe, ispirato dal Fondo monetrio internazionale. E il risultato è che la crisi diventa ancora più grave.

I contadini boliviani vanno incontro a problemi sempre più insormontabili . nel 1983 El nino causa siccità in tutta la regione, e riduce la produzione di cibo in tutto il Paese. A questo punto la Bolivia per poter sfamare la popolazione, dipende dalle importazioni in grano. Ma gli aiuti statunitensi non fanno che peggiorare la situazione, perché riducono ulteriormente i prezzi delle derrate agrricole, condannando i contadini a dipendere semprre di più dall’unica coltivazione che assicua un reddito certo, protetto dai narcotrafficanti e dalle mafie inteernazionali.


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