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Bolivia< il decennale conflitto per la terra
by garabombo@autistici.org Tuesday January 21, 2003 at 09:59 PM mail:  

da indybolivia:


-Bollettino di Boliviapress, dicembre 2002


NON C’E’ SOLUZIONE AI CONFLITTI PER LA TERRA

Torniamo sull’argomento del nostro ultimo bollettino, in cui avevamo previsto la possibilità del ripetersi dei conflitti sanguinosi che attraversarono il paese nel periodo 1936-1952 nella zona delle tierras bajas (terre basse), vista l’incapacità della superintendenza e del Potere Esecutivo (fondamentalmente dell’INRA, Istituto Nazionale per la Riforma Agraria) nel ricercare valide soluzioni. Sono passati due mesi e le cose sono peggiorate.

***Due esempi chiarificatori

Lo scorso 20 novembre, mentre le organizzazioni dei campesinos di Santa Cruz annunciavamo l’inizio di una serie di blocchi stradali, pretendendo una risposta alle richieste lanciate al governo e legate al conflitto per la terra, gli allevatori di quella regione occuparono i locali della INRA e vi appesero un cartello che diceva “Chiuso”, per impedire che lo stesso Istituto procedesse all’approvazione di una risoluzione finale che certificava il risanamento legale del Territorio Comunitario de Origen (TCO) di Monteverde, nella Chiquitania. Poi la Federazione degli allevatori e la camera “Agricola e del bestiame” dell’Ovest hanno fatto irruzione durante un seminario, in cui si incontravano diversi parlamentari, per fare pressione con le stesse intenzioni di chi occupava i locali dell’INRA e infine costituirono un “Comitato per la Difesa della Terra” al quale aderì anche il Comitato Cittadino. Intanto gli indigeni di Concepción, Lomerío e San Javier dimostrarono il loro malcontento nei riguardi dell’INRA, occupando terreni e invitando al non procedere con la conclusione del risanamento.

Nei giorni seguenti si espressero i pastori di Beni e Pando per esigere dalla Prefettura l’espulsione della ONG CIPCA (Centro de Investigación y Promoción del Campesinado) e a favore del giudizio contro la giornalista Inga Llorenti, il tutto all’alba della visita di una Commissione Multisettoriale a San Ignacio de Moxos con rappresentanti del Parlamento, il Defensor del Pueblo, l’Assemblea per i Diritti Umani, CIPCA e la stampa.
Il delitto della suddetta commissione era l’aver prestato attenzione alla denuncia di 36 casi di violazione dei diritti umani, di cittadinanza e territoriali, educativi e culturali nel territorio di Moxos.

***I Manifesti indigeni

Lo scorso 11 dicembre le organizzazioni che rappresentano le comunità di contadini, i popoli indigeni, gli ayllus (ognuno dei gruppi in cui è divisa una comunità indigena), i coloni, le donne contadine e i contadini senza terra, hanno pubblicato a Santa Cruz un “Manifesto per la Terra e il Territorio” in cui venivano denunciate le irregolarità e la corruzione che hanno caratterizzato la distorta applicazione della Riforma Agraria boliviana, così come la parzialità dell’INRA, del Tribunale Agrario Nazionale, del Tribunale Costituzionale e dei giudici a favore degli accaparratori delle terre e dei fabbricanti dei titoli agrari. Affermano nel manifesto che, nonostante i compromessi assunti con gli indigeni e i campesinos, le terre identificate con certificati fiscali sono state arbitrariamente assegnate elle imprese legate al settore della produzione del legno e che il denominato “Plan Tierra” ha sottoscritto l’assegnazione delle ultime terre i questione ai produttori dl legno coperti sotto la sigla ASL. Di conseguenza rifiutano il “Plan Tierra” e la proposta de “Legge di Distribuzione delle Terre”; non riconoscono l’autorità della Commissione Agraria Nazionale (CAN), perché ha smesso di essere rappresentativa, e ratificano la necessità di dare impulso ed esigere l’approvazione di una “Legge per la Terra e il territorio” per sostituire l’attuale Legge INRA.

Inoltre hanno denunciato l’intenzione del governo di sopprimere il lavoro come fondamento della proprietà agraria (con il fine di consolidare il latifondo) e di escludere le zone delle baracche del nord amazzonico dal progetto di risanamento ambientale, affinché si consolidi come zona di concessioni forestali; si rifiutano di accettare i cambiamenti in materia di leggi sul carico di bestiame, favorevoli del tutto ai settori dell’allevamento estensivo e saccheggiatore. Esigono la distribuzione dei titoli fiscali delle terre, la reistituzionalizzazione dell’INRA (cominciando con la destituzione del suo direttore nazionale) e la ristrutturazione della Magistratura Agraria.

Qualche giorno dopo le comunità e i coordinamenti indigeni chiquitani di San Javier, Concepción e Lomerío, con l’Organizzazione Indigena del Popolo chiquitano (OICH) pubblicano un manifesto in cui viene denunciata “l’ennesima offensiva da parte di fuorilegge contro i nostri dirigenti e le nostre comunità nelle zone di Monte Verde e Lomerío, con l’ingresso di uomini armati nei nostri territori”. E ancora: “Da diversi anni, queste persone, che vogliono appropriarsi delle nostre terre e delle risorse naturali, dietro l’ombra dei comitati cittadini, comitati per la difesa della terra e corporazioni di imprenditori, hanno generato conflitti e aggressioni ai danni dei nostri dirigenti, delle comunità e delle persone che ci appoggiano in difesa dei nostri diritti, senza che le autorità del governo e giudiziarie prendano provvedimenti. Come nel caso di Panati e Yapacaní, in cui le comunità hanno denunciato la presenza di uomini armati prima che avvenissero i fatti di violenza che hanno causato la morte di più di 10 persone, con la complicità e la impunità garantita dal governo nazionale; queste sono le garanzie offerte a questi personaggi che possono così avere la terra degli indigeni, dei nostri antenati, dei campesinos”.

Di conseguenza esigono dal Governo la disattivazione dei gruppi armati presenti nella zona e lo sgombero immediato degli asentamientos realizzati con la forza tra Monte Verde e Lomerío, dichiarandosi in stato di emergenza e mobilitazione.


****Lo stato feudale antidemocratico e anticampesino

Intanto la stampa ha pubblicato numerose informazioni e analisi che ci permettono di riaffermare che la colpa di questa guerra latente è da ricercare nelle istanze statali. Il Potere Esecutivo è arrivato ad annunciare la distribuzione di 1,3 milioni di ettari, quando l’INRA ha assicurato che esistono solo 500mila ettari di terra disponibili. “Il governo offre solo menzogne”, affermano i coloni.
La Procura intanto sarà giudicata dall’Assemblea per i Diritti Umani per aver oscurato i delitti commessi ai danni dei campesinos come nel caso del massacro di Pananti. Il potere Giudiziario ha condannato a soli 3 anni di prigione (con diritto alla scarcerazione) agli assassini di quel massacro, mentre condannava ad 8 anni i carcere i campesinos sopravvissuti. E il potere Legislativo si limita a discutere e promettere soluzioni che non arrivano mai.

Il giornale Opinión ha dichiarato che dopo la Riforma Agraria “si è distribuita più terra che quella misurabile sull’intero territorio nazionale” e ci sono dati sufficienti che permettono di affermare che la maggior parte delle terre distribuite arbitrariamente a singoli latifondisti (in buona parte uomini di fiducia dei politici- come afferma il giornale stesso), in totale 120 milioni di ettari, sono stati distribuiti durante i governi dittatoriali. Tuttavia queste distribuzioni sono ritenute legali.
Continuiamo a vivere in un paese dove un pugno di impresari grandi e medi ¾ della terra disponibile, e dove in questo momento ci sono 14 gruppi paramilitari pagati per difendere questa proprietà diseguale. Siamo anche in un paese dove il movimento indigeno e campesino è in ascesa e non sembra disposto a continuare a vivere nell’indigenza.

Se non si promuove una volontà politica di dare soluzioni alle grandi problematiche create dalla gestione discrezionale, anticostituzionale e neocolonialista della terra, il paese tornerà a vivere giorni di sangue.
































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