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la privatizzazione dell'acqua in umbria
by A.T.S.F. Tuesday, May. 06, 2003 at 5:45 PM mail:

è un testo di circa un anno fà, redatto dall'alto tevere social forum, ma spiega molto bene quello che sta succedendo con l'acqua in umbria......

Ci dicono gli studi degli organismi internazionali che su quasi 6 miliardi
di abitanti di questo pianeta, circa 1.400.000 milioni non hanno accesso
all¹acqua potabile e che nell¹anno 2020, quando la popolazione sarà di circa
8 miliardi (se non ci penserà George W. Bush a sfoltire un po¹) il numero
delle persone senza accesso all¹acqua potabile aumenterà a più di 3
miliardi.

C¹è evidentemente qualcosa che non va

E c¹è qualcosa che non va anche nel modo in cui gli organismi internazionali
impongono di gestire la risorsa acqua.

Recependo le imposizioni alla privatizzazione, anche in Italia niente potrà
più essere gestito all¹interno degli enti pubblici ma tutto dovrà passare in
mano a SpA con tutto quello che ne consegue.

Da sempre ci è stato detto che la gestione pubblica non può competere con
quella dei privati, che le società di capitali hanno maggiore flessibilità,
maggiore competenza, maggiore determinazione a raggiungere gli obiettivi
prefissati.
In questa direzione va naturalmente anche la legge 36/94.
La legge Galli è stata approvata il 5 gennaio 1994 prima di Berlusconi.
Le privatizzazioni non le ha inventate lui.

Ma ritorniamo al tema acqua e alla legge 36/94.

La legge Galli contiene, nella sua parte teorica esplicativa, concetti
assolutamente importanti, che considerano il bene acqua finalmente come un
tutt¹uno da trattare non settorialmente ma nel suo complesso, che prende in
considerazione temi fondamentali come il risparmio del bene, la sua cura, il
suo valore assoluto da non inquinare, disperdere o distruggere.
Impone che venga considerato un bene da salvaguardare per le generazioni
future, che deve essere possibilmente riutilizzato quando termina la sua
utilità nel primo processo e così via

Tutto a posto quindi! Finalmente una buona legge.

Purtroppo però poi si passa all¹indicazione delle strategie da adottare per
ottenere i risultati individuati: l¹unica via percorribile è, naturalmente,
quella della privatizzazione.

Qui lo stato certifica la propria inadeguatezza a raggiungere gli obiettivi
che si propone.

Quindi in questa legge si dice che i comuni devono cedere la gestione dei
loro impianti a società per azioni, peraltro da essi stessi partecipate per
ottenere, fra l'altro, l'³equilibrio economico-finanziario della gestione²;
che la tariffa a fronte del servizio di erogazione dell¹acqua diventa un
³corrispettivo², cioè un prezzo, quindi l¹acqua non è più un diritto del
cittadino ma diventa una merce e sappiamo che tutte le merci devono correre
veloci.

La legge individua come prioritario il criterio di solidarietà nella
gestione
del bene e cioè che un comune che disponga di una grande quantità di
acqua debba in qualche modo ³aiutare² un altro comune che per scarsità della
risorsa o per una orografia difficile abbia problemi nel servizio. Idea
assolutamente condivisibile.
Quello che non è invece accettabile è che questa solidarietà debba generare
dei profitti a società per azioni appositamente costituite. A chi si deve
mostrare solidarietà: ai
cittadini dei vari comuni o ai possessori delle azioni di quella ditta?

Ora, la legge Galli prevede tra l¹altro che il servizio sia gestito con
criteri di economicità.
La domanda è: come sarà possibile che il servizio sia economico se
è gestito da una SpA che ha come scopo sociale il raggiungimento del massimo
profitto possibile ed ha garantito un 7% di remunerazione del capitale
investito.
Anche perché, e qui ancora una volta le intenzioni della legge vengono
disattese:non ci sarà una libera concorrenza sulle tariffe. In ogni ATO
esisterà una sola società in regime di monopolio.

La legge Galli parla anche di risparmio del bene acqua che, essendo prezioso
e in via di esaurimento, deve essere salvaguardato per le generazioni
future: come sarà possibile che ciò avvenga se la società che gestisce il
servizio guadagna proporzionalmente a quanto noi consumiamo?

La stessa legge propone di favorire lo studio di nuove tecnologie che
portino al risparmio dell¹acqua e alla sensibilizzazione dei cittadini verso
lo stesso argomento. Noi purtroppo pensiamo che niente di tutto questo sarà
fatto. L¹autolesionismo non è una delle caratteristiche delle SpA.

Riguardo poi all¹efficienza del servizio, i casi della privatizzazione dei
trasporti inglesi e dell¹energia americana e degli ospedali lombardi, non
fanno pensare a niente di particolarmente positivo ma se vogliamo parlare di
cose locali, basta dare
un¹occhiata all¹esempio dell¹ATO 4 Toscana il primo esperimento di questo
nuovo sistema.

Vediamo cosa è successo a in Toscana, ATO 4, esperimento pilota in Italia.

Nel 1999 si costituisce il consorzio ATO 4 al quale aderiscono 37 comuni.
Viene costituita una SpA capitale sociale 67 miliardi.

Il 54% a maggioranza pubblica il restante 46% viene attribuito ai privati
con gara ad evidenza pubblica da estendere a soggetti appartenenti alla
comunità europea.

Alla gara partecipano: Vivendi S.A., Suez Lyonnaise des eaux e ACEA SpA.

La gara viene vinta dalla ³Suez Lyonnaise des eaux². ( fra l¹altro, per
stabilire la ditta vincitrice, l¹ATO si rivolge ad un¹agenzia internazionale
di consulenza che si chiama Arthur Andersen MBAS..).

Si stipula un contratto con questa società dove è scritto: testuali parole
³pur rappresentando una modalità di gestione in mano pubblica del servizio,
la SpA è un soggetto autonomo rispetto all¹ente locale che nei suoi riguardi
non dispone di alcun potere ad eccezione di quelli che ad esso competono
come socio² cioè a dire nella SpA c¹è anche il comune ma non ha nessun
potere decisionale.
Andiamo avanti. Fra i soci di minoranza abbiamo, oltre alla Suez stessa
abbiamo: Monte dei Paschi di Siena e Banca popolare dell¹Etruria e del
Lazio.
A questo punto mi chiedo di nuovo: cosa ci fanno due banche all¹interno di
una società che gestisce l¹acqua?
Spero che nessuno dei presenti ci voglia far credere che le banche si
muovono per difendere l¹interesse dei cittadini!

Faccio un¹altra semplice considerazione: se tutto quello che si sta mettendo
in piedi attira le banche, non è lecito sospettare che anche l'interesse sia
una delle molle che rendono l¹applicazione di questa legge appetibile a
molti?

Continuo: una delle campagne portate avanti dal movimento dei Social Forum, è
quella delle banche armate cioè contro le banche che mettono a disposizione
le loro strutture per transazioni internazionali di armi.

Ebbene la banca Monte dei Paschi di Siena i dati provengono da una
relazione ufficiale del ministero del Tesoro del Bilancio e della
Programmazione dal 96 al 99 ha trafficato per una cifra superiore a
526.000.000 di £ in armi o tecnologie alle armi riconducibili.
Bisogna avvertirli gli amici toscani che ogni volta che si fanno la doccia
finanziano il commercio internazionale di armi!!!

Ma quali sono i risultati ottenuti grazie all¹efficienza e al know-how di
questa società: gli impianti sono sempre gli stessi, l¹acqua anche, le
bolllette mediamente sono quasi triplicate e il bilancio è in rosso di circa
5.600.000.

Ma allora, se l¹unico risultato visibile è l¹aumento spropositato delle
tariffe,
bastava permettere ai comuni questo aumento senza coinvolgere una
multinazionale e due banche. Sono certo che a queste condizioni qualsiasi
comune, grazie ad una gestione in economia, avrebbe raggiunto la parità di
esercizio e non una perdita così elevata

Però ormai il contratto pare sia stato firmato per 25 anni; la penale
per recedere da questa trappola è talmente alta che nessun comune se la può
permettere.

A questo punto cosa può succedere? La società deve evidentemente recuperare
il disavanzo, il comune è coinvolto in un deficit derivato da strategie che
non ha guidato in prima persona, come abbiamo visto, non può incidere più di
tanto
sulle strategie da seguire quindi? Facile pensare ad un aumento
della bolletta, alla diminuzione delle spese (quindi meno controlli, meno
manutenzione e così via). E se non bastasse ancora? Forse verrà rinegoziato
l¹importo della concessione al comune per avere in gestione gli impianti?
E tutto questo per un solo ramo d'azienda.

Un altro esempio più piccolo? Comune di Badia Tedalda, 1200 abitanti
nell¹appennino umbro-marchigiano. Un signore del posto mi ha detto ³l¹acqua
era l¹unica ricchezza che avevamo²: il comune ha avuto dall¹ATO, in misura
proporzionale ai beni conferiti, un canone di concessione di circa 8.000.000
all¹anno; in compenso ha perso 110.000.000 di incasso bollette; la tariffa
per i cittadini è passata da 420 £ per mc a 2.700 £ per mc; per la prima
volta nella storia del paese, grazie all¹incuria nei controlli (la ditta si
era accorta con gran ritardo che alcuni massi precipitati dalla montagna
avevano rotto i tubi e dopo che è stato riparato il danno è stato necessario
aspettare la bella stagione perché era tutto ghiacciato), è stato necessario
portare con le autobotti l¹acqua nei vasconi di contenimento ma siccome,
contrariamente a prima quando gli operai dal comune pulivano periodicamente
questi vasconi, con la nuova gestione i vasconi stessi non erano stati più
puliti: per diversi giorni dai rubinetti è uscita acqua color marrone.


A questo punto io spero vivamente che i comuni umbri facciano tesoro di
quello che è successo in Toscana e che almeno si accertino che le condizioni
che l¹ATO propone permettano loro di non trovarsi in una situazione simile a
quella di Badia Tedalda.

Infatti diversi sindaci ci hanno rassicurato che non sarà così in umbria.
Vediamo come sembra vogliano muoversi nell'ambito 1.

Inizialmente si formerà una società a capitale totalmente pubblico composta
da SOGEPU e Consorzio Acquedotti Perugia.
Questa società costituirà il 51% del totale delle azioni della futura
società di gestione del servizio.
Successivamente entreranno in gioco le altre tre società che gestiscono già
ora il servizio idrico in alcune parti dell'Umbria vale a dire: CESAP SpA,
Trasimeno servizi ambientali SpA, SIA Spa che sono variamente partecipate da
pubblico e privato.
la parte pubblica acquisterà dalla società originaria azioni
proporzionalmente ai beni apportati all'ATO, la parte privata avrà diritto
ad una quantità di azioni pari ad un massimo del 9% - e arriviamo al 60% -
il restante 40% sarà assegnato con gara ad evidenza pubblica e le gare ad
evidenza pubblica oggi possono essere effettuate solo allargando
obbligatoriamente il bando ai paesi europei.
Ciò significa che nel 90% dei casi, a voler essere ottimisti, le quote
restanti se le accaparrerà una multinazionale.
Ci troveremo quindi ad avere una società di gestione del servizio idrico
composta per il 51% dagli Enti Pubblici e il 49% da una multinazionale -
perché immagino che non ci saranno disaccordi tra il 9% dei privati locali e
il 40% della multinazionale: ESATTAMENTE LA STESSA SITUAZIONE DELL'ATO 4
DELLA TOSCANA anzi peggio perché nell'ATO 4 il rapporto è a favore del
pubblico 54 a 46!

Allora domando:quali sono i meccanismi per cui in Umbria non succederà
quello che è successo in Toscana?

Come farà la parte privata, partecipante della stessa SpA a limitare la
legittima voglia dei privati di ottenere il maggior profitto possibile?

la solidarietà é sempre più evidente!

Gli esperti dell'ATO ci parlano di un periodo di sei anni nel quale
suddividere l'aumento della tariffa. Potete spiegare da dove deriva questa
cifra se le scadenze definitive devono essere ancora stabilite come dice il
comma 16 della finanziaria?

Spero che le risposte che ci darete spazzino via questi dubbi.

A questo punto, sarebbe il momento da parte nostra di formulare una proposta
alternativa alla legge Galli ma il gruppo di lavoro è arrivato solo fino a
qui e sta lavorando appunto ad una proposta alternativa all¹applicazione di
questa legge.

Possiamo solo indicare alcune idee.

1) Fondamentale: Rivedere la 36/94.
La legge Galli contiene in sé degli elementi che la rendono inapplicabile.

2) Non è accettabile che la società per azioni sia l¹unica forma associativa
possibile.

3) Favorire la creazione di spazi pubblici di cooperazione e di
partecipazione
cittadina ai livelli dove può e deve essere operata la gestione democratica
dell¹acqua. Tali spazi potrebbero prendere la forma di parlamenti di bacino,
di associazioni, imprese cooperative o consorzi intercomunali.

4) Spingere affinché siano i cittadini a decidere del sistema di
finanziamento
dei servizi legati all¹acqua sulla base di un¹informazione e di una
conoscenza le più ampie e e rigorose possibili dei costi e dei benefici
delle varie soluzioni.

5) Stabilire meccanismi premianti per gli utenti che risparmino in maniera
consistente sui consumi.

6) Favorire tutti gli agricoltori che passino da un¹irrigazione per
aspersione
ad una per microirrigazione.

L¹acqua è un diritto dei cittadini e deve rimanere in ambito pubblico.
Non è accettabile che un diritto si trasformi in merce e che di questa merce
si impossessino i privati al solo scopo di ottenere un guadagno.

Vogliamo terminare con una considerazione che può apparire un po' forte.
Voi, che non avete minimamente messo in discussione questa legge, voi che vi
apprestate a condividere le modalità e gli obiettivi di una multinazionale,
anche voi sarete responsabili, nella parte che vi compete naturalmente, di
partecipare a meccanismi economico-finanziari che incideranno in maniera
determinante ad arrivare a quei 3.000.000.000 di persone di prima che fra 20
anni non avranno accesso all'acqua potabile

NO ALLA GUERRA, NO AL NEOLIBERISMO, NO ALLA PRIVATIZZAZIONE DELLE RISORSE
COMUNI, PER UNA SOCIETA' SOLIDALE

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Titolo Autore Data
la privatizzazione dell'acqua in umbria Marcello Monday, Sep. 22, 2003 at 8:22 AM
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