La guerra e' pace, la resistenza e' terrorismo
missione_di_pace.jpg, image/jpeg, 220x161
Da http://www.inventati.org/bonaventura/missione_di_pace.jpg
E' sconcertante il fenomeno di progressiva involuzione politica e culturale a cui stiamo assistendo in
questi giorni. Una dimostrazione eccezionale del livello di ignoranza e arroganza a cui siamo giunti. E'
il buon senso invece a destare stupore in uno scenario dove “la guerra e' pace, la pace e' guerra”, come
descriveva Orwell. Almeno questo sembrerebbe leggendo le dichiarazioni dei signori della guerra in Italia
e negli Stati Uniti: e' sempre piu' chiaro e senza censure il carattere contro-insurrezionale della
presenza militare.
Il 23 gennaio, all'indomani della morte del ventesimo militare italiano in Irak, l'onorevole Gustavo
Selva, in una sua intervista a Libero [
1 ], si fa
scappare due importanti rivelazioni (che invece a qualcuna suonano come conferme).
In primo luogo ammette inequivocabilmente (ed è il primo a farlo, nella maggioranza) che l'Italia è
impegnata in una missione di guerra (e non di pace!). Si spinge oltre la semplice considerazione,
auspicando la fine "dell'ipocrisia dell'intervento umanitario: è ora di prendere atto che la natura
dell'operazione Antica Babilonia è inadeguata alla realtà del terreno. Bisogna rafforzare il dispositivo
militare utilizzando tutti gli uomini e i mezzi necessari". Insomma e' stato molto più esplicito e chiaro
di molti signori/benpensanti “dell'opposizione”.
Il secondo elemento dell'intervista di Selva è l'ammissione chiara e limpida del barbatrucco usato dal
Governo per far passare la guerra in Parlamento e sotto il naso del Presidente della Repubblica. Dice
infatti Selva: "Abbiamo dovuto mascherare Antica Babilonia come operazione umanitaria perché altrimenti
dal Colle non sarebbe mai arrivato il via libera". Il Governo ha quindi agito in modo furbo, aggirando per
l'ennesima volta non una sua legge (che già sarebbe grave), ma addirittura la sua Costituzione e il suo
garante (se tale ormai si puo' ancora definire) il Presidente della Repubblica.
Siamo ufficialmente in guerra. Bene. Se siamo in guerra e se quindi in Iraq si combatte ancora
ufficialmente, checchè ne dica Bush, si deve allora spiegare il perchè delle polemiche per la decisione di
un giudice di distinguere tra guerriglia e terrorismo, nel processo
a cinque magrebini a Milano . Stupisce che, mentre passano inosservate le sbroccate esternazioni di Selva,
non si prenda atto della loro logica conseguenza. Se c'e' una guerra in Iraq, a cui partecipiamo, è ovvio
che ci possa essere una resistenza. Ora, sono stati in molti a levarsi e a complimentarsi sarcasticamente
con Forleo, il giudice che si e' arrogato la pretesa di dirimere una controversia che nel diritto
internazionale durerebbe da molti anni: come definire guerriglia, come definire guerra, come definire
terrorismo, etc... Se pero' è Selva a dare la definizione, si sta in silenzio. A questo punto sarebbe piu'
corretto trattarli come prigionieri di guerra.
Bene Selva – tanto per fare un po' di memoria- non disdegna parlare con i veri fascisti, ma preferisce
rivolgersi anche ai non fascisti per fare egemonia; su questo ha scritto (rivolgendosi a niente meno che
Storace vedi http://www.gustavoselva.it/le_idee/art-libero.htm
): “Nulla di male, ripeto, ad ascoltare prima di tutto gli ex-camerati. C'e' fra di loro una storia
di nobili battaglie combattute insieme quando l'Arco costituzionale li perseguitava sul piano giudiziario
e li “ghettizzava” sul piano politico parlamentare.” Ai fascisti talvolta bisogna riconoscere di non
essere ipocriti.
Strano. E' strano come le argomentazioni vengano ribaltate. E' infatti vero che non si sa come definire la
'guerra'. Ciò non è pero' dovuto al giudice di Milano o alla sua sentenza, quanto al ribaltamento del
concetto di guerra dopo la fine della III guerra mondiale (1989). Da allora si va a far la guerra
chiamandola missione di pace. Quando cade, nelle parole di Selva, questa maschera, ci si accanisce con chi
ancora si attiene alle norme, procedure e concetti dello stato di diritto.
Ci pare interessante l'ambiguità con la quale ci si muove. Da un lato si parla di guerra, dall'altro si
inveisce, in un publico linciaggio, contro i nemici, colpevoli persino di resistere. E' il modello Guantanamo, che fa dell'avversario
un nemico disumano da distruggere fuori dalle regole dello stato di diritto. I nemici vengono definiti
“combattenti illegali” o “terroristi”, cosi' come facevano i regimi sudamericani negli anni delle
dittature, con l'unica differenza che 30 anni fa le giunte militari nascondevano e negavano, mentre ora i
fascisti nostrani lo rivendicano.
Passando agli Stati Uniti, si capisce ancora meglio cosa e' in gioco oggi. Il mondo non si indigna se
negli Stati Uniti il Pentagono discute seriamente sulla bonta' del modello Salvador. Ancora cinque mesi
fa, quando vennero sequestrate le due Simone a Baghdad, erano in pochi ed emarginati a sostenere che
dietro quel sequestro dovevano esserci gli americani. In questi giorni invece e' il Newsweek ,un settimanale non proprio
radical, a rivelare la sfrontatezza di alcuni stati maggiori dell'esercito: ricorrere a squadroni
paramilitari per portare la democrazia. Non c'e' da vergognarsi se Clinton sette anni fa aveva fatto un
tour in Centro America per chiedere scusa a nome degli Stati Uniti per la connivenza con le dittature. Ora
quella connivenza diventa l'ideale a cui rifarsi, ideale che ha poi in Negroponte, e il suo vasto equipe
portatosi dietro proprio dal Centro America, l'uomo che assicura questa continuita' militarista tra la III
e la IV guerra mondiale. E nonostante Negroponte abbia dichiarato “del tutto gratuito” il suo nome sul
servizio di Newsweek, altri militari parlano chiaramente. La discussione e' accesa -secondo i due
giornalisti Michael Hirsh and John Barry di Newsweek- sulla "covert activity”. Finora nelle operazioni
segrete il personale militare statunitense operava in segreto e il governo non confermava in caso di
cattura o uccisione di questi suoi agenti, spesso agenti CIA. Adesso invece dichiarare pubblicamente
“l'opzione Salvador” significherebbe proprio rivendicare una strategia mai ammessa ufficialmente.
«Questo è il fulcro del problema - spiega a Newsweek una fonte del Pentagono -. La popolazione sunnita
oggi non paga alcun prezzo per l'aiuto fornito ai terroristi. La nostra nuova strategia - incalza - è
volta proprio a incutere terrore nella gente della strada sui rischi insiti nell'aiutare i ribelli».
Dichiarazione riportata dal Corriere della Sera del 10 gennaio 2005 e che sembra in Italia aver
interessato solo il sito di Al
Jazira. “Pagare il giusto prezzo” era la frase di Maddalene Albright – che aveva scandalizzato John
Pilger- per giustificare la morte di 500.000 civili irakeni negli anni dell'embargo all'Irak. Sappiamo che
il prezzo finora pagato dalla popolazione irakena e' ben piu' alto, cosa significherebbe allora questa
“opzione Salvador”?
Per i terroristi non valgono le leggi dello stato. In tempo di guerra cadono i diritti umani e tutte le
convenzioni dello stato di diritto. E questo viene chiamato “peacekeeping”. Quello che dovrebbe indignare
non e' solo l'arroganza dei fascisti quanto la stupidita', l'ambiguita' e l'ignoranza con cui i
benpensanti Rutelli, Fassino e tutta la classe politica dirigente moderata, democratica e centrista
permette ai fascisti di dettare i termini del dibattito. Ovvero l'incapacita' di schierarsi contro la
guerra. Viva l'Italia, quella del centro-destra e centro-sinistra, l'Italia che continua a mostrarsi
portatrice di pace.
Sorge pero' un'ultima domanda: se i nostri soldati sono in guerra e se i carabinieri sono in Irak per
questo perche' mantenere ancora la maschera umanitaria per
vendere i giocattoli ai bambini ? Una ambigua cultura che cerca di colonizzare anche i bambini. Forse.
Ma questa è un'altra storia.
www.inventati.org/bonaventura
|