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«Diana Blefari rischia di morire in carcere»
by articolo integrale Wednesday, Mar. 22, 2006 at 3:30 PM mail:

LIBERTA' PER I PRIGIONIERI RIVOLUZIONARI!

41 BIS

«Diana Blefari rischia di morire in carcere»

SA. M.

Non si alza praticamente mai dal letto, mangia poco e non rivolge la parola a nessuno. Soprattutto non esce mai dalla sua cella. Se a Bologna in questi giorni si discute con qualche polemica di come e quando onorare l'assurda morte del professor Marco Biagi, nel super carcere dell'Aquila una delle donne che contribuì ad ammazzarlo, stando alla condanna di primo grado basata quasi esclusivamente sulla testimonianza della pentita Banelli, si lascia morire un po' ogni giorno. Diana Blefari Melazzi, la «compagna Maria» non ha nemmeno quarant'anni, ed è arrivata al braccio del 41 bis cinque mesi fa. Da allora si è lasciata andare ogni giorno un po' più a fondo. Prima ha cominciato a rifiutare i colloqui con la famiglia, poi quelli con l'avvocato, infine si è ficcata nel letto sotto le coperte. Prima per molte ore ogni giorno, poi per giornate intere. Dalla sua cella, due metri per tre, al pian terreno con una piccola finestra buia, non esce più. «Negli ultimi mesi sono stato a trovarla tre volte, l'ultima una settimana fa - dice il segretario del Prc aquilano Giulio Petrilli - e l'ho trovata sempre nel letto con le coperte tirate fin sul viso. Non risponde alle domande e in generale non parla con nessuno». I limiti imposti dal regime carcerario del 41 bis erano già strettissimi. Due ore d'aria al giorno e due di socialità. Un ora di colloquio al mese con i familiari solo attraverso un vetro, censura della posta. La condanna più pesante, ergastolo, l'ha ricevuta dal tribunale di Bologna. Secondo il racconto della pentita Cinzia Banelli sarebbe stata lei a pedinare in alcune occasioni il professor Biagi durante le lezioni all'università di Modena e a seguirlo come «staffetta» la notte dell'omicidio. Durante il processo dell'anno scorso nel suo portatile è stato trovato un file contenente la rivendicazione dell'omicidio datato 17 marzo 2002. Il professor Marco Biagi sarebbe stato freddato sull'uscio di casa appena due giorni dopo. A Roma l'ha inguaiata l'affitto del covo di via Montecuccoli, quello in cui le nuove Br raccoglievano tutti i documenti maniacalmente archiviati, oltre alla dichiarazione di «militanza» nelle Br letta in aula: dieci anni.

Un mese fa, dopo averla vista peggiorare tanto rapidamente, il direttore del carcere delle Costarelle ha deciso di inviare Diana nell'ospedale di Sollicciano per una visita psichiatrica. Nella lettera che accompagnava il suo ritorno all'Aquila i medici fiorentini, che spiegavano anche di non aver potuto fare una vera e propria visita visto che la donna rifiutava di rispondere a ogni domanda, hanno dato un'indicazione molto chiara: deve essere trasferita prima possibile in un carcere ordinario. Solo lì sarà possibile seguirla in modo stabile. Da quella lettera è passato più di un mese senza che nessuno intervenisse. Eppure provare a mettere Diana a contatto con operatori sanitari e in un contesto sociale sarebbe, hanno scritto i medici, l'unico modo per provare a tirarla fuori dal buco nero in cui si è infilata e da cui potrebbe non riuscire più ad uscire.

il manifesto
16 Marzo 2006

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