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La "repubblica di Salò'', una delle pagine più nere del regime mussoliniano
by Koba Friday, Oct. 26, 2001 at 12:09 AM mail:

La "repubblica di Salò'', fantoccio dell'occupazione nazista e dittatura terroristica fascista

Una delle pagine più nere del regime mussoliniano
La "repubblica di Salò'', fantoccio dell'occupazione nazista e dittatura terroristica fascista
Oggi che anche la sinistra del regime neofascista ha sposato in pieno la tesi storica dei fascisti sul revisionismo storico arrivando a riabilitare il fascismo perfino nella versione più mostruosa e sanguinaria che fu la cosiddetta "repubblica di Salò''; oggi che la confessione del proprio passato repubblichino è diventato quasi un titolo onorifico e molti ex "ragazzi di Salò'' che dopo la Liberazione si erano ricostruiti una "verginità'' antifascista fanno a gara per confessare i loro trascorsi fra le file degli aguzzini in camicia nera; tocca a noi marxisti-leninisti, autentici e conseguenti antifascisti, fare chiarezza per far capire soprattutto alle nuove generazoni cosa è stato il fascismo e quanti lutti, sofferenze e sciagure ha provocato.
La nascita della Repubblica sociale italiana (Rsi) detta anche repubblica di Salò dal nome del comune in provincia di Brescia che fu sede del governo nei territori dell'Italia centrosettentrionale occupati dai nazisti all'indomani dell'8 settembre 1943 segna l'inizio di una delle pagine più nere e ignominiose di tutto il ventennio fascista.
Nata per ordine diretto di Hitler, la Rsi a partire dal settembre '43 fino al 25 aprile '45 fu trasformata da Mussolini e dai suoi gerarchi con alla testa Alessandro Pavolini e Rodolfo Graziani in uno strumento di lotta, di tortura e di oppressione al servizio degli occupanti tedeschi e diretto contro tutto il popolo italiano e in particolare contro la lotta di liberazione partigiana.
Con la guerra ormai persa, la Rsi fu lo strumento attraverso cui gli aguzzini nazi-fascisti tentarono di soffocare nel sangue la gloriosa Resistenza partigiana mettendo a ferro e fuoco tutta l'Italia centrosettentrionale e schiacciando sotto il tallone di ferro le masse popolari e lavoratrici.
L'eroica vittoria di Stalingrado nel febbraio del 1943 aveva già cambiato le sorti della seconda guerra mondiale imperialista a favore dei popoli e delle nazioni oppresse.
Grazie agli immani sacrifici, lutti e privazioni sopportati dal popolo sovietico e dall'Armata Rossa guidati da Stalin, le "invincibili'' armate hitleriane e il corpo di spedizione italiano in Russia (Csir) composto da circa 62 mila soldati vengono praticamente annientati e in poche settimane tutto il fronte nazi-fascista che nell'estate del '41 aveva proditoriamente aggredito la patria del socialismo è costretto a battere in ritirata.
La vittoria di Stalingrado costringe gli Alleati ad affrettare i tempi per l'apertura di un secondo fronte di guerra occidentale; e, dall'altro lato, contribuisce in modo determinante alla nascita e al rilancio su vasta scala della lotta di liberazione dei popoli dal giogo nazi-fascista in tutti i continenti.
Anche in Italia la lotta contro il regime mussoliniano subisce un salto di qualità. La classe operaia si mette alla testa di un vasto movimento di liberazione che inizia con gli scioperi del marzo '43 alla Fiat di Torino e poi dilaga in tutte le maggiori fabbriche del Paese scuotendo dalle fondamenta il regime fascista.
Lo sbarco alleato in Sicilia nella primavera del '43 e il moltiplicarsi delle rivolte popolari contro il regime in tutto il Sud Italia sono il preludio all'ormai imminente caduta del fascismo.
Le contraddizioni esplose all'interno dello stesso comando fascista, che non sa più come continuare una guerra ormai persa, costringono Mussolini a convocare, per la prima volta dopo il 1939, il gran consiglio fascista.
Nella notte fra il 24 e il 25 luglio 1943 il gran consiglio fascista approva un ordine del giorno che destituisce Mussolini da ogni incarico e affida al re Vittorio Emanuele III il comando delle Forze armate. Lo stesso giorno Mussolini viene arrestato e mandato al confino prima a Ponza, poi in Sardegna alla Maddalena e infine a Campo Imperatore sul Gran Sasso.
Il maresciallo Badoglio riceve dal re tutte le cariche del duce e il 27 luglio il "Popolo d'Italia'' massimo organo di stampa fascista annuncia al paese che "La guerra continua. L'Italia mantiene fede alla parola data''.
La notizia suscita in tutto il Paese una forte indignazione popolare nelle masse che speravano che con la caduta del fascismo sarebbe finita anche la guerra.
Le masse popolari ormai allo stremo non sono più disposte a subire sulla propria pelle le immani conseguenze della guerra che semina morte e distruzione in ogni angolo del Paese.
A partire dal 27 luglio, Badoglio cerca di contenere la ribellione e ordina lo scioglimento del Partito nazionale fascista e del Tribunale speciale. Ma nonostante ciò l'ondata di protesta contro il fascismo, l'esercito e la monarchia che hanno portato il Paese alla catastrofe non si ferma e in tutto il Paese si moltiplicano le manifestazioni di massa contro la guerra.
In varie regioni si assiste alla nascita delle prime brigate partigiane che da sole, come il caso delle storiche 4 Giornate di Napoli, riescono a liberare vasti territori e numerose città dai nazi-fascisti ancor prima dell'arrivo degli Alleati americani.
L'8 settembre '43 il re e Badoglio sono costretti alla resa, firmano l'armistizio con gli alleati anglo-americani e fuggono vigliaccamente da Roma per Brindisi consegnando l'Italia in mano ai tedeschi che occupano militarmente il Paese e danno inizio a una serie infinita di saccheggi, distruzioni e efferati eccidi.
Il 12 settembre del '43 i paracadutisti nazisti aiutati da alcuni ufficiali fascisti dei carabinieri riescono a liberare con un blitz Mussolini col chiaro intento di formare un governo fantoccio nei territori centrosettentrionali occupati dai tedeschi.
Il 18 settembre la radio di Monaco trasmette il programma di fondazione della Repubblica sociale italiana (Rsi) letto dallo stesso Mussolini che giura servile fedeltà alle orde di occupazione hitleriane, conferma la volontà di continuare la guerra al fianco dei nazisti e rilancia in grande stile la campagna antisemita e la repressione dei partigiani e di tutti i loro fiancheggiatori.
Il 23 settembre si costituisce ufficialmente il governo della Rsi con sede nel comune di Salò (Brescia) e Mussolini, rientrato nel frattempo in Italia, si autoproclama capo dello Stato, del governo e duce del nuovo partito fascista repubblicano.
Al generale Rodolfo Graziani viene affidato il compito di riorganizzare l'esercito con armi e istruttori tedeschi. Alessandro Pavolini è nominato segretario del neocostituito partito fascista.
Dei 180 mila giovani chiamati alla leva nel novembre del '43 solo 87 mila si presentano. Tutti gli altri disertano, fuggono in montagna e vanno ad ingrossare le file dei partigiani e nonostante i rastrellamenti compiuti congiuntamente alle truppe naziste Graziani non riesce a riorganizzare l'esercito e a portare a termine il suo programma.
Del resto ai tedeschi, che occupano militarmente l'Italia e non vedono di buon occhio la formazione di un nuovo esercito italiano autonomo, interessa prima di tutto che i fascisti della Rsi si adoperino come truppe camellate per costringere i giovani italiani a servire i tedeschi nei lavori di costruzione delle difese, delle vie di comunicazione, per impiegarli come forza-lavoro nella produzione bellica e soprattutto per le azioni di lotta contro i partigiani.
Non a caso l'unico programma che viene portato a termine dalla Rsi è quello di Pavolini che ricostituisce le famigerate brigate nere, i "volontari della morte'', le camicie nere, i marò e le SS italiane. Mentre il ministro degli Interni Guido Bufforini-Guidi mette insieme la peggior feccia, gli irriducibili del ventennio fascista per ricostituire la polizia, i paracadutisti e il battaglione Mussolini. Fra tutti si distingue il principe nero Junio Valerio Borghese, fucilatore e torturatore di partigiani, che organizza la decima Mas come corpo speciale antipartigiano al servizo dei tedeschi.
Un'accozzaglia di spioni, sicari, torturatori, collaborazionisti, delinquenti e banditi della peggior specie che saccheggiano e bruciano interi paesi, fanno da delatori consegnando ai tedeschi i partigiani e gli antifascisti, seviziano, torturano, arrestano e uccidono familiari e parenti, donne, vecchi e bambini e chiunque sia sospettato di collaborare con la lotta di liberazione.
Molti di questi che Ciampi e Violante oggi definiscono "i bravi ragazzi di Salò'' sono in realtà i peggiori nemici delle masse lavoratrici che sanno benissimo ciò che stanno facendo e non sono certo in "buona fede''. Non a caso molti di questi "bravi ragazzi'' continueranno per tutta la loro esistenza la loro odiosa opera anticomunista e negli anni successivi alla Liberazione i loro nomi spunteranno fuori fra gli elenchi degli arruolati di Gladio e della P2, invischiati nei vari tentativi di golpe dal 1964 in poi e nello stragismo fascista.
Boves, Marzabotto, Fosse Ardeatine, insieme all'assassinio di altre centinaia di migliaia di martiri antifascisti torturati e massacrati senza pietà sulle montagne, giustiziati con esecuzioni sommarie nelle carceri, per le strade, nei campi, impiccati sui pali della luce e esposti nella pubblica via come monito verso chi osava ribellarsi alle loro nefandezze, sono solo alcuni esempi della ferocia con cui agivano gli aguzzini in camicia nera della "repubblica di Salò''.
Pavolini durante il suo discorso introduttivo al congresso di Verona del 14 novembre '43 rispolvera e rilancia in grande stile lo squadrismo fascista degli anni '20 e esorta i repubblichini a obbedire ciecamente ai tedeschi e a non avere pietà dei partigiani. "Lo squadrismo - conclude Pavolini - è stato la primavera della nostra vita, e chi è stato squadrista una volta lo è per sempre''.
L'8 settembre e la nascita della Rsi segnano uno spartiacque profondo fra fascismo e antifascismo, fra chi lotta per la libertà e liberazione dell'Italia dal giogo nazi-fascista e chi invece in nome della difesa dell'"onore e della patria'' è servo dei nazisti e si macchia di efferati crimini.
Nonostante la coscrizione obbligatoria e la pena di morte per i disertori, milioni di uomini ebbero il coraggio di ribellarsi, si dettero alla macchia e preferirono rischiare la vita piuttosto che arruolarsi nell'esercito della Rsi al soldo dei tedeschi.
I repubblichini invece scelsero volontariamente di schierarsi contro il proprio popolo e contro la propria Patria. Altro che "patrioti che fecero scelte diverse credendo di servire ugualmente l'onore della propria patria e l'unità d'Italia''.

24 ottobre 2001



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