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Caso Ragusa. La rimozione di Agostino Fera dalla procura è necessaria
by Biagio Spadaro Sunday, May. 15, 2005 at 12:13 AM mail: passanitesso@email.it

Il dirigente del P.d.C.I. Biagio Spadaro, già direttore penitenziario, interviene sull'emergenza giustizia in Sicilia, con particolare riferimento al caso procura di Ragusa

Accogliendo l’appello lanciato da Carlo Ruta su http://www.leinchieste.con in merito all’emergenza giustizia a Ragusa (“la società civile, a tutti i livelli, faccia sentire la sua voce”), esco dal mio naturale riserbo anzitutto per plaudire al coraggio per quanto lo scrittore ragusano pubblica sul suo sito internet, per nulla scalfito dalla allucinante chiusura del precedente accadeinsicila.net, di cui mi sento e ci sentiamo abusivamente espropriati.
Su quanto già letto prima dell’oscuramento del sito di Ruta sul ricorso dell’avvocato Carmelo Di Paola, circa l’inquietante vicenda di cui erano protagonisti il predetto avvocato, il denunziante funzionario della provincia regionale di Ragusa Sebastiano Agosta ed il procuratore della Repubblica di Ragusa Agostino Fera, mi astengo da commenti.
Leggo su “Le inchieste.com” come dal nord al sud Italia si sia levato un coro di vibranti e autorevoli proteste per le affermazioni fatte in sede giudiziaria dal procuratore della Repubblica di Ragusa Agostino Fera, secondo cui “responsabile dell’uccisione del giornalista Spampinato furono i giornali”, e mi viene in mente il detto excusatio non petita accusatio manifestat.
Leggo i rapporti di inaudita gravità dei grossi azionisti della Banca Agricola Popolare di Ragusa Alfredo Garozzo ed Enrico Lentini, e la conseguente denuncia senza esito affluita sul tavolo del procuratore Fera anni or sono e la chiamata in correo, nella vicenda, del presidente dei probiviri della BAPR avvocato Carmelo Di Paola (sarebbe interessante conoscere in virtù di quali meriti e da chi fu nominato tale ed ancor prima vice presidente del CORECO sotto la presidenza del berlusconiano Mauro), ancora, fino a tutt’oggi fedele amico del Fera e patrocinatore geniale delle sue crescenti vicissitudini giudiziarie, in cui disimpegna, spiccate, non comuni e rare doti investigative, acclarate in sedi giudiziarie, forse congenite, che fanno affiorare alla mia memoria il gingillino del Giusti di liceale memoria: “Tibi quoque, tibi quoque – E’ concessa facoltà – Di potere iure utroque – Giubilar l’umanità”.
Leggo sconcertato dell’humus prolusivo dei suicidi di studenti della scuola media Quasimodo di Ragusa e del come si sarebbero potuti evitare se ognuno avesse fatto il proprio dovere, in testa il procuratore della Repubblica Agostino Fera, sul cui tavolo era affluito intorno alla metà del luglio 1999 un rapporto del comando della polizia municipale, guidata da Francesco Lumiera, che testimoniava l’esistenza di un traffico di narcotici, in cui erano stati assorbiti, sotto minaccia, alcuni studenti, rimasto lettera morta; e sorprende come il Fera abbia sottovalutato il problema, in quanto anch’egli asseritamene dotato, per altro verso, di formidabile intuito lombrosiano, come attestato da un atto giudiziario a sua firma datato 18 novembre 1999, laddove assume testualmente “l’atteggiamento livoroso e rancoroso di Spadaro è immediatamente percepibile solo a vederlo nel suo comportamento di relazione; e spero che il GIP, decida di convocarlo per rendersi conto della sua personalità (la psicologia giudiziaria servirà pure a qualcosa!)”. Forte di tale radicato convincimento, chissà quanti soldi avrà fatto risparmiare al Ministero di Grazia e Giustizia con indagini lampo, sfociate in imputazioni comminate alla semplice vista dei malcapitati e chissà quanti di questi avranno reagito reclamando giustizia, ignari dell’assunto di fedriana memoria: “Quando lo scaltro in un periglio incappa, - Sempre col danno d’un minchion ne scappa”.
Leggo infine “Il procuratore Agostino Fera venga rimosso da Ragusa. A questo punto necessario e urgente, per porre fine ai problemi che sempre più gravano sulla gestione della giustizia. Dalle istituzioni dello Stato vengano atti conseguenti”.
Il procuratore Fera è un’istituzione dello Stato e come tale, dovrebbe avere la sensibilità di autorimuoversi, dal momento in cui è in atto indagato per calunnia dalla procura della Repubblica di Palermo e per abuso in atti d’ufficio in concorso con altri dalla procura della Repubblica di Messina, con l’aggravante che ben quattro magistrati del tribunale di Reggio Calabria, coinvolti nella medesima vicenda, sono in atto indagati per abuso in atti d’ufficio in concorso.
Quindi abbia il buon senso e il buon gusto, il procuratore Fera, di concludere il suo trentasettennale primato nazionale di ininterrotta permanenza presso la stessa sede di servizio, il tribunale di Ragusa, non complicandosi ulteriormente la vita e non complicandola agli altri.
Il procuratore Fera sa che le sue vicende giudiziarie durano dal 1992, e che finora si è evitato di rendere pubblici gli atti processuali divulgabili che lo riguardano per rispetto alla carica, dal momento che chi scrive è stato per decenni esponente delle istituzioni quale direttore penitenziario in numerose carceri e supercarceri italiane.
Alcuni fatti dicono troppe cose, e il procuratore Fera lo sa. In un’udienza in teleconferenza tenutasi nel settembre 2004 presso il tribunale di Reggio Calabria sono stati interrogati il capo clan Carmelo Dominante e i capi clan pentiti fratelli Carbonaro, due dei quali, Bruno e Claudio, sono stati indiziati di reati, per aver fornito dichiarazioni nettamente sfavorevoli al magistrato di Ragusa e del tutto contrastanti con quelle precedentemente rese sulle stesse cose, nell’ambito del denunziato, dal sottoscritto, direttore del carcere di Ragusa, pilotaggio, di cui furono vittima, ad opera degli stessi ufficiali di polizia giudiziaria che avevano indagato il Fera, anche in merito alla richiesta da egli avanzata al sottoscritto di riservare trattamenti di favore ai capi clan Dominante-Carbonaro all’interno del carcere di Ragusa.
Sempre per rispetto all’istituzione rappresentata dal Fera, ometto di rivelare chi è stato riconosciuto da Bruno Carbonaro, nell’udienza suddetta, tra le sette persone a lui asseritamene visibili, tra cui il Fera ed il sottoscritto, come colui che riservava trattamenti di favori a lui ed ai suoi fratelli, a Carmelo Dominante ed affiliati, all’interno del carcere di Ragusa, sotto una direzione dichiaratamente non riconducibile a quella del direttore Spadaro.
Da pensionato, il procuratore Fera, guadagnerà ancora più energie da scaricare al tennis ed all’interno del Lion Club ragusano e potrà essere opportunamente assistito nelle sue attività ludiche dal suo amico e consocio avvocato Carmelo Di Paola, che sicuramente da allora in poi, avrà molto più tempo da dedicargli. Ma gli amici eletti del Fera, gli consentiranno di pensionarsi quand’anche lo volesse? E la Banca Agricola Popolare di Ragusa riuscirebbe a liberarsi del Di Paola, quand’anche lo decidesse?
Infine, rinnovando la mia solidarietà ed apprezzamento a Carlo Ruta, per il suo leale impegno antimafia, in difesa della legalità e ricordando quanti suoi colleghi sono stati assassinati, quando erano a un passo dalla verità, da De Mauro a Giuseppe Fava a Giovanni Spampinato, termino con una ammonizione del Metastasio, sulla quale vorrei che il Ruta, persona caparbia, riflettesse: “…Sul finir dell’opra – tremar convien. L’esser vicino al lido – molti fe’ naufragar. Scema la cura – Quando cresce la speme; - Ed ogni rischio è peggior per chi nol teme”.

Dott. Biagio Spadaro, già direttore penitenziario, dirigente provinciale e sindaco del comitato regionale di garanzia del P.d.C.I. cell. 338.8388966 – tel. e fax 0932.820060 email passanitello@email.it

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