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Jones, inviato speciale nel genocidio ucraino
by KITTY BRAUN Friday, Sep. 02, 2005 at 6:28 PM mail:

Jones, inviato speciale nel genocidio ucraino Raccontò il massacro di un popolo, Stalin lo fece uccidere

Jones, inviato speciale nel genocidio ucraino
Raccontò il massacro di un popolo, Stalin lo fece uccidere


Nel 1989, la casa di famiglia di un’anziana signora gallese fu oggetto di una rapina. La nipote e il pronipote della signora, nel fare l’inventario del danno subito, si imbatterono in una vecchia valigia e in una polverosa scatola di latta contenenti diari, articoli, lettere ed altri scritti di Gareth Jones, fratello della donna e giornalista di fama. Appassionatisi al materiale, da essi amorevolmente trascritto, studiato e analizzato, i due finirono per scoprire che il loro congiunto, quasi del tutto caduto nell’oblio, era stato l’unico testimone occidentale del genocidio per fame organizzato nel 1932-33 in Ucraina dai dirigenti sovietici e aveva pagato la sua denuncia con la vita.
Nato nel 1905, Jones conosceva diverse lingue, tra cui il russo. Ottenuto un master a Cambridge, nel 1930 divenne consigliere di politica estera dell’ex primo ministro britannico David Lloyd Gorge, anch’egli gallese,e per il resto della sua breve vita, alternò questa attività a quella di giornalista. Nello stesso anno si recò per la prima volta in URSS e rimase assai sfavorevolmente impressionato dai costi economici, sociali e umani del primo piano quinquennale; tornò in URSS nel 1931 e scrisse delle crescenti difficoltà nelle campagne.
Coloro che lo incontrarono lo descrissero come un giovane di bassa statura, cortese e quasi dimesso nei modi, ma estremamente deciso e, soprattutto, completamente estraneo ai giochi di potere e ai cinici calcoli politici di molti suoi colleghi. Nell’autunno del 1932, a Londra, cominciarono a circolare voci che in alcune zone dell’URSS, specie in Ucraina, fosse in corso una grave carestia. Jones decise di partire e verificare.
Giunto a Mosca ai primi di marzo, seppe che era stata emanata da poco una direttiva dei Soviet che proibiva ai giornalisti occidentali di recarsi in alcune zone del paese, guarda caso proprio quelle di cui si diceva che la popolazione vi morisse letteralmente di fame. Avuta conferma dai giornalisti basati nella capitale che l’infuriare della carestia era un segreto di Pulcinella, il gallese decise di partire per le campagne; comprò un biglietto per la capitale ucraina, ma saltò giù dal treno prima di giungervi e si mise a girovagare per i villaggi e per le fattorie. Dappertutto vide sulle persone i segni del flagello, rappresentati, soprattutto, dal gonfiore delle membra e del ventre. Decine e decine di contadini gli ripeterono in maniera ossessiva che si moriva di fame e che non si trattava di un evento naturale, ma di un piano orchestrato dall’alto per spezzare la resistenza alla collettivizzazione. Dopo qualche giorno di questa gita infernale, Jones incappò in un paio di agenti della GPU (poi KGB) i quali, increduli di vederlo in quell’area lo riportarono nella capitale ucraina.
Tornato a Mosca, Jones incontrò Walter Duranty, inviato del New York Times e premio Pulitzer col quale si trovò in disaccordo totale sulla situazione sovietica. Poi ottenne un’intervista col ministro degli esteri Litvinov, cui chiese anche notizie sulla carestia ucraina. Litvinov, naturalmente, negò che esistesse e Jones si complimentò per il modo con cui era stata tenuta nascosta, cosa che gli valse il bando perpetuo dall’URSS. Ripartito per Berlino, il 29 marzo vi tenne una conferenza stampa in cui per la prima volta si annunziava al mondo l’esisstenza di una carestia senza precedenti in Ucraina sulla base di una diretta testimonianza personale, cosa che non mancò di suscitare una notevole eco. Due giorni dopo, in un articolo divenuto tristemente famoso Duranty da Mosca smentiva tutto e asseriva che poteva esserci una certa scarsità di cibo in alcune città, ma nulla di più; si riferiva inoltre continuamente, con tono di sufficienza a “quanto affermato da Mr Jones”, il quale, peraltro in una lettera alò direttore del giornale di Duranty confermò puntigliosamente tutta la verità.
Di ritorno in patria il noto magnate Hearst gli diede l’opportunità di raccontare la sua esperienza ucraina sul suo giornale “New York American”; nel gennaio 1935 uscirono tre articoli in cui si parlava per la prima volta di man-made famine (carestia artificiale, provocata dall’uomo) e si accusava Stalin dell’omicidio di Kirov, ucciso nel dicembre 1934.
Mosca non rispose, ma quando Jones partì per l’Estremo Oriente scattò la trappola. Giunto a Tokio, fu ospitato dal suo collega israelita Guenther Stein del London News Chronicle, oggi noto come spia sovietica, prestava il suo appartamento al famigerato Richard Sorge (altro israelita notoria spia sovietica) per mandare notizie a Mosca via radio.
Quando Jones manifestò l’intenzione di recarsi in Manciuria occupata dai giapponesi, il suo viaggio fu organizzato dalla Wolfwag, una ditta tedesca finita in mano all’URSS dopo l’avvento del nazismo e diretta da un certo Adam Purpis, altra spia di Stalin. A questo punto, il fatto che poco dopo Jones sia stato rapito e ucciso da un gruppo di banditi ha poca rilevanza. Mosca è sempre stata maestra nel trovare esecutori neutrali (vedi Alì Agca).
Jones morì il 12 agosto 1935, il giorno prima del suo trentesimo compleanno. Poche settimane dopo lo seguiva nella tomba Ewald Ammende, animatore dei comitati interconfessionali di solidarietà con l’Ucraina e per questo divenuto bestia nera della Prava e del Comintern. Anche la sua morte non fu chiara e nessuna investigazione venne svolta.





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