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ELEZIONI IN COLOMBIA 10/29/2003
ALT

Autoritarismo (mediatico) all'aria

Sabato 25 di ottobre si è votato in Colombia per un referendum populista propagandato dal presidente neoliberale Alvaro Uribe Velez . Lanciato come tentativo per frenare polemiche politiche e corruzione, era in realtà uno strumento che avrebbe facilitato l'applicazione delle rigide esigenze del FMI, per concentrare il potere nelle mani dell'esecutivo. Indirettamente Uribe cercava anche di ottenere il consenso per un'altra modifica costituzionale di largo respiro: la possibilità di farsi rieleggere alla fine del suo mandato nel 2006.
L'l'imponente propaganda finanziata dai principali potentati economici del paese e canalizzata da un regime mediatico che non risparmia sondaggi bulgari (75% di approvazione) per appoggiare il presidente, si è scontrata con una realtà differente: più del 75% si è "astenuta" dal dare al presidente carta bianca per la sua politica di Seguridad Democratica finanziata con il denaro (ed il sangue) delle classi meno abbienti.
Non solo, con i risultati del referendum in sospeso e in odor di frode ( 1, 2 ) domenica 26 si è votato per le elezioni amministrative locali e Lucho Garzon, ex sindacalista lanciatosi con il neonato Polo Democratico Indipendente (figlio meticcio del "movimentista" FSP e del "correntone sinistrorso" di Piedad Cordoba del tradizionale Partido Liberal) è risultato eletto (primo sindaco di sinistra di Bogotà) contro il candidato uribista Juan Lozano. Anche in tutte le altre principali città e regioni del paese i candidati del regime sono stati sconfitti da candidati indipendenti della sinistra (o a tinte sociali) più o meno critici verso il modello neoliberale del governo.
Per il momento la sensazione è che si sia aperto un inusuale spiraglio democratico e che i colombiani abbiano voluto inviare un chiaro messaggio al presidente Uribe: le politiche di austerità e militarizzazione che sono al momento i capisaldi della sua presidenza, sono state bocciate. È un messaggio che dovrebbe essere recepito anche a Washington, che sponsorizza, finanzia e arma (attraverso il Plan Colombia) l'escalation militare voluta da Uribe.
La doppia sconfitta e la conseguente lezione di umiltà hanno colto di sorpresa il presidente che oggi, martedì, ancora non ha accettato di commentare il risultato. Ma la classe politica colombiana è in fermento: da una parte stanno studiando un piano alternativo per fronteggiare la crisi fiscale generata dall'insaziabile debito pubblico aggravato dalle continue spese militari (e rendere conto all'inviato FMI atteso per il 4 di novembre), mentre dall'altra parte si sta preparando un nuovo equilibrio politico cercando un utile capro espiatorio.
La tendenza sembrerebbe quella di giocare la carta dell'opposizione di sinistra al governo di Bogotà per rompere una volta per tutte con la negativa immagine internazionale di un regime autoritario, sacrificare la testa del più controverso dei collaboratori di Uribe, il superministro degli Interni e Giustizia Fernando Londoño Hoyos (il Previti colombiano), e imporre al proprio presidente politiche di compromesso per fare passare il pesante pacchetto fiscale nel congresso dove la vera elite, da sempre al potere, sembra incominciare a pensare che il "nuovo arrivato" Uribe è troppo fragile e "virtuale" e potrebbe essere necessario scendere in campo direttamente nel 2006..
Ma a quel punto la Colombia, come il resto del continente, non sarà più la stessa...

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