Storia di una distilleria impossibile
Quando nel 1970 la "s.p.a. Distilleria Bertolino" aprì i battenti nessuno si sarebbe aspettato che lo stabilimento, con un fatturato annuo di appena 100 milioni di lire, sarebbe diventato nel giro di 15 anni il più grande d' Europa con un volume di alcool distillato di 2.700 ettolitri al giorno.
La storia dell'espansione della distilleria comincia nel biennio 1975/76 in cui la titolare amplia l'impianto con una licenza edilizia illegittima. La distilleria infatti, classificata come industria insalubre di 1^ classe, dovrebbe sorgere in una zona ben distante dal centro abitato, cosa che non avviene affatto vista la sua posizione troppo a ridosso di un centro urbano. Le concessioni edilizie illegali e l'ecomafia a questo punto entrano in scena con proroghe comunali infinite e allargamenti dell'impianto assolutamente illegali e senza alcuna autorizzazione.
Qualcosa sembra muoversi all'inizio degli anni 90 quando la magistratura ordina la chiusura temporanea della distilleria e sequestra scorie industriali prodotte dall'impianto stesso e ritenute pericolose per le zone del partinicense.
Ma passano pochi anni e basta una scandalosa sentenza del TAR a far riaprire i battenti alla distilleria: la sentenza dichiarava infatti che qualora Antonina Bertolino avesse realizzato un depuratore che potesse far fronte agli scarichi dell'impianto, sarebbe potuta ricominciare l'attività industriale.
L'attività infatti non tardò a riprendere, ma del depuratore nessuna traccia, grazie ad una sanatoria su un impianto di depurazione ancora non costruito.
La mobilitazione dell'Associazione dei Genitori e del "Patto per la Salute e l'Ambiente" di Partinico, portata avanti visto il preoccupante incremento del tasso di inquinamento e l'aumento delle malattie legate all'apparato respiratorio, ha dato i suoi frutti all'inizio di quest'anno, quando si è decisa una diffida cui è seguita una nuova chiusura dell'impianto. Stavolta però, l'intervento tempestivo del presidente della regione siciliana Totò Cuffaro (su cui pendono tre avvisi di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa), ha permesso la riapertura della distilleria, tra l'incredulità della società civile partinicense e non solo.
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