Thing.net chiude?
A causa delle pressioni della Dow Chemical, il provider Verio, di proprietà
della giapponese Ntt, ha deciso di non concedere più a partire dal 28
febbraio la connessione al server Thing.net, che da oltre dieci anni
ospita centinaia di siti di artisti, istituzioni artistiche come il Museum of modern art di New York, case editrici,
controinformazione come Autonomedia e attivismo. Proprio il
sito di The Yes men un gruppo che produce
informazione per svelare i meccanismi dell’economia liberista, è all’origine
dell’interesse del gigante chimico. Yes men ha infatti dedicato una parte del
sito alla multinazionale chimica che ha assorbito la Union Carbide,
nota per il disastro di Bophal (India). La pagina, il cui indirizzo era, www.
dow-chemical.com, era una parodia del sito ufficiale della Dow. La
pagina si trova adesso a un altro indirizzo, mentre www.dow-chemical.org
rimanda direttamente alla home page della Dow, che evidentemente ha fatto
pressioni sulla società presso la quale era registrata la pagina per ottenere
il diritto a riassorbirla.
La realizzazione dei vari mirror
delle pagine incriminate ha poi portato Verio alla decisione di chiudere
comunque il contratto con thing.net. per evitare di essere a sua volta
accusata di violazione del Digital Millennium
Copyright Act [pdf file], che impone limiti ai provider in caso di infrazioni ai
diritti di riproduzione dovuti ad alcune attività.
The thing ha già risposto organizzando una campagna di donazioni tramite
PayPal. Il network intende acquistare un pacchetto di oltre 4 mila numeri
IP dall’American registry for internet
numbers. Gli Ip verranno distribuiti su una quindicina di provider di
banda alta, in modo che non sia più possibile chiudere il network sulla base
di una semplice lamentela. Il costo complessivo per l’operazione
dell’acquisto degli Ip è stimato intorno ai 25 mila dollari.
Poi denuncerà Verio per aver leso il diritto di libera espressione.
Per aggiornamenti:
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in english: Thing.net closes down?
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