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LE BANALITA' DI HANNAH ARENDT
by QuiLoDico... Saturday June 05, 2004 at 12:19 PM mail:  

Tra le formule elaborate dalla teologia occidentalista, quella dell'"Asse del Male" è solo la più recente, visto che già un guitto prestato alla politica coniò a suo tempo il sintagma "Impero del Male" per demonizzare l'Unione Sovietica.

In origine, però, vi fu il "Male elementale", concetto partorito da un esponente della demonologia rabbinica, Emmanuel Levinas, per "spiegare" il nazionalsocialismo.

Nella interpretazione teologica elaborata dai chierici giudei e cristiani circa il cosiddetto "Olocausto", Hannah Arendt ha introdotto, com'è noto, un elemento di cui nessuno naturalmente osa negare la genialità: il tema della "banalità del male". Secondo la filosofessa ebrea, infatti, il Male epifanizzatosi in Otto Adolf Eichmann fu "banale", in quanto i suoi esecutori erano semplici tecnici e grigi burocrati.

È alquanto significativo che i risultati della riflessione di Hannah Arendt abbiano trovato la loro prima tribuna in un giornale statunitense. Fu "The New Yorker" ("New", non "Jew"), nel 1961, a inviare la Arendt come corrispondente a Gerusalemme, affinché potesse seguire da vicino le udienze della messinscena processuale allestita contro Eichmann.

Se qualcuno volesse rispondere in modo esauriente alle argomentazioni della Banalità del male di Hannah Arendt, che nell'edizione italiana (Feltrinelli 2001) si estendono per trecento pagine, un libro della stessa mole non basterebbe. Ci limiteremo perciò ad indicare schematicamente, replicando nella maniera più sintetica possibile, solo alcuni punti della Banalità del male: quelli in cui il testo della Arendt si rivela per quello che è, ossia un resoconto giornalistico adeguato al livello intellettuale del pubblico americano.

Fin dalle prime pagine, infatti, vengono acriticamente riportate affermazioni di Ben Gurion del seguente tenore: "milioni di persone, solo perché erano ebree, e milioni di bambini, solo perché erano ebrei, sono stati assassinati dai nazisti (…) la camera a gas e la fabbrica di sapone sono le cose a cui può condurre l'antisemitismo" (pp. 18-19). Indubbiamente il richiamo ai "milioni di bambini" trasformati in saponette non avrà mancato di produrre un certo effetto sul lettore statunitense. Chissà perché non sono stati evocati i paralumi fabbricati con la pelle degli ebrei… Forse per una dimenticanza (banale, per l'appunto) dell'illustre filosofessa-giornalista.

La quale, per quanto concerne l'antisemitismo, a p. 28 riferisce di una "tesi antisemitica" enunciata dal viceministro degli Esteri egiziano Hussain Dhulfikar Sabri. E questa è già una prova di ingegno: un arabo (dunque un semita) viene arruolato tra gli antisemiti!

Pag. 29: Eichmann fu "catturato in un sobborgo di Buenos Aires" e quindi "trasportato in Israele". La Arendt non prova nessun imbarazzo per il carattere piratesco della cattura di Eichmann: un gruppo di criminali che agivano per conto dei servizi segreti sionisti, violando la legalità internazionale e le leggi di uno Stato sovrano, rapì un cittadino tedesco al quale la Repubblica Argentina aveva concesso il diritto di asilo. Né prova alcun imbarazzo, la filosofessa-giornalista, per la totale mancanza di ogni fondamento giuridico del "processo" al quale Eichmann venne sottoposto. Il 9 giugno 1960 un giurista francese, Geouffre de la Pradelle, scriveva su "Le Figaro": "Nessun testo internazionale permette di attribuire competenza allo Stato d'Israele per giudicare un cittadino straniero al quale vengono imputati crimini contro l'umanità, se questi crimini sono stati commessi all'estero. Inoltre, all'epoca in cui questi crimini sono stati commessi, non si poteva trattare di vittime di nazionalità israeliana, perché lo Stato d'Israele non esisteva".

Ma le obiezioni di carattere giuridico sono, per la Arendt, cavilli formali di gente pedante. La filosofessa-giornalista afferma infatti con la massima disinvoltura che "tutte le obiezioni sollevate contro il processo di Gerusalemme in base al principio della giurisdizione territoriale erano semplici cavilli" (p. 266); che "la retroattività (…) è alquanto logica" (p. 261); che "la tesi secondo cui al tempo in cui i crimini furono commessi non esisteva ancora uno Stato ebraico, era così formalistica, così avulsa dalla realtà e lontana dall'esigenza di far giustizia, che noi la possiamo tranquillamente lasciare ai pedanti" (p. 266). Non solo: per giustificare l'atto di pirateria internazionale commesso dall'entità criminale sionista, la Arendt tira in ballo… "il vecchio crimine della pirateria", assimilando Eichmann al "pirata" del "diritto internazionale tradizionale" (p. 268). Argomentazione analoga, si converrà, a quella di un rapinatore che cercasse di difendersi sostenendo che "la proprietà è un furto".

Addirittura, la Arendt respinge con disdegno la tesi "secondo cui un giudice ebreo non poteva essere imparziale, soprattutto se cittadino del nuovo Stato ebraico" (p. 266). Per smentire su questo punto la filosofessa-giornalista, basterebbe la citazione talmudica seguente: "Se un Ebreo ha un processo con un non ebreo, tu (il giudice ebreo) darai per quanto è possibile causa vinta all'Ebreo e dirai al non ebreo: Così vuole la nostra legge" (Baba kamma 113a).

Di contraddizioni, interne ed esterne, La banalità del male abbonda. Per esempio: alle pp. 154-155 si dice, correttamente, che documenti "riguardanti la soluzione finale (intesa come sterminio degli ebrei, n. d. r.) non sono mai stati trovati e probabilmente non esistettero mai". Com'è allora possibile affermare che nella "cosiddetta conferenza di Wannsee (…) i capi nazisti avevano discusso i vari metodi di sterminio" (p. 61)? Contrariamente a quest'ultima asserzione, tutto quello che si può affermare circa la riunione interministeriale tenuta a Wannsee il 20 gennaio 1942, è che Reinhard Heydrich, il principale collaboratore di Himmler, disse ai funzionari presenti: "Il Führer ha ordinato il trasferimento di tutti gli ebrei verso i territori orientali invece dei luoghi oltremare originariamente programmati (Madagascar). Nei territori orientali gli ebrei costruiranno strade sino a morire di fatica". Che i dirigenti nazionalsocialisti abbiano "discusso i vari metodi di sterminio" non risulta affatto, per cui si tratta di una fantasia della filosofessa-giornalista (anche se non è stata soltanto lei ad aver fantasticato in questi termini). Circa la "conferenza di Wannsee", si veda D. Irving, La guerra di Hitler, Roma 2001, pp. 586-587.

A pag. 91, il titolo stesso del Capitolo sesto (La soluzione finale: sterminio) contiene l'interpretazione del termine Endlösung come "sterminio degli ebrei". Che nel vocabolario nazionalsocialista Endlösung der Judenfrage ("soluzione definitiva della questione ebraica") indicasse invece un piano di reinsediamento della popolazione ebraica, risulta inequivocabilmente chiaro da una nota informativa del Ministero degli Esteri del Reich del 10 febbraio 1942: "Nell'agosto del 1940 Le consegnai per i Suoi atti il piano della soluzione finale della questione ebraica (zur Endlösung der Judenfrage) elaborato dal mio ufficio, secondo il quale, nel trattato di pace, si doveva esigere dalla Francia l'isola di Madagascar, ma l'esecuzione pratica del compito doveva essere affidata all'Ufficio Centrale di Sicurezza del Reich. Conformemente a questo piano, il Gruppenführer Heydrich è stato incaricato dal Führer di attuare la soluzione della questione ebraica in Europa. La guerra contro l'Unione Sovietica ha frattanto consentito di disporre di altri territori per la soluzione finale. Di conseguenza il Führer ha deciso che gli Ebrei non devono essere espulsi nel Madagascar, ma all'Est" (Cfr. C. Mattogno, Intervista sull'Olocausto, Padova s.d., pp. 15-16).

A pag. 97 l'autrice riferisce un fatto prodigioso di cui Eichmann sarebbe stato testimone a Lwow, dove le SS massacravano donne e bambini: "dalla terra, sprizzava uno zampillo di sangue, come una fontana". Questo fenomeno, che sembra uscito dalla fantasia di un regista del genere horror, colpì la sensibilità letteraria di Elie Wiesel, che in seguito si impadronì dell'invenzione e raccontò di aver visto anche lui, ad Auschwitz, un geyser di sangue.

A pag. 197: "nell'agosto del 1940, pochi mesi prima che la Romania entrasse in guerra al fianco della Germania, il maresciallo Ion Antonescu, capo della Guardia di Ferro e dittatore del paese (…)". Queste poche righe contengono almeno due errori. Primo: nell'agosto del 1940 il generale Ion Antonescu era ancora confinato a Bistritza. Secondo: il generale Ion Antonescu non solo non fu mai "capo della Guardia di Ferro", ma nemmeno vi militò in nessun momento della sua vita. Comandante della Guardia di Ferro era invece, all'epoca, Horia Sima.

A pag. 146 (cfr. pag. 183) l'ammiraglio Horthy viene definito "dittatore fascista dell'Ungheria". Perfino Enrico Deaglio, che non è né una cima né un campione di obiettività, riesce a dire qualcosa di accettabile a questo proposito: "In Ungheria, – scrive l'aspirante epigono della Arendt – fino a metà del 1944, venne conservato il regime parlamentare e si svolsero elezioni, benché non a suffragio universale. Alla Camera era rappresentato, tra gli altri partiti, anche il partito socialista. Nell'industria erano presenti i sindacati" (E. Deaglio, La banalità del bene, Feltrinelli 2002, p. 37). Delle due l'una: o la Arendt ha del fascismo una concezione tutta sua, o non ha la minima idea di che cosa fosse realmente l'Ungheria al tempo di Horthy.

In fatto di storia dell'Europa, in effetti, le nozioni della nostra filosofessa sono molto approssimative, visto che a p. 201 riassume nel modo seguente le vicende ungheresi: "Anticamente, al tempo del Sacro Romano Impero, l'imperatore era stato anche re d'Ungheria, e in epoca recente, dopo il 1806, la kaiserlich-königlich Monarchie era stata faticosamente tenuta unita dagli Asburgo, i quali erano imperatori (kaiser) d'Austria e re (könig) d'Ungheria". In realtà, l'Ungheria fu un regno indipendente fino al 1526; e si dovette aspettare la fine del XVII secolo perché i territori ungheresi (e transilvani) venissero incorporati nell'Impero degli Asburgo.

L'ignoranza della storia europea, e ungherese in particolare, emerge nel testo della Arendt ad ogni pié sospinto, come quando essa sostiene che "una monarchia veramente ungherese non era mai esistita, almeno in epoca storica" (p. 201). E quando sarebbe esistita, secondo lei? In epoca preistorica? Forse il periodo che va dal X sec. al Quattrocento appartiene alla preistoria?

Passando a trattare degli ebrei in Ungheria, la filosofessa-giornalista spara la cifra di 476.000 olocaustizzati, 434.351 dei quali sarebbero morti ad Auschwitz, dove le camere a gas, dice, "pur lavorando a pieno ritmo stentarono a liquidare tutta questa moltitudine" (p. 147). Sparando la cifra di 476.000, la Arendt gioca al raddoppio. Dalla tabella riportata a p. 229 del libro di L. Poliakov e J. Wulf, Das Dritte Reich und die Juden, Berlin 1995, si ricava infatti la cifra di 204.000 (che d'altronde dovrebbe essere ampiamente ridimensionata). D'altra parte, olocaustizzare 476.000 ebrei "ungheresi" sarebbe stato impossibile, per il semplice fatto che non ce n'erano tanti. Nel 1939, secondo Poliakov e Wulf, in Ungheria c'erano 404.000 ebrei; secondo la Commissione anglo-americana sull'ebraismo mondiale e la Palestina (Enciclopedia Treccani, Aggiornamento 1938-48, I, 1948, p. 813) gli ebrei "ungheresi" erano 400.000. Secondo queste fonti, dunque, nel 1946 mancherebbero all'appello, in Ungheria, 200.000 ebrei. Ma, prima di iscriverli nel registro degli olocaustizzati, bisognerebbe detrarre da 200.000 la cifra degli ebrei "ungheresi" che dopo la guerra emigrò negli Stati Uniti, in Palestina e in altri paesi. In ogni caso, è del tutto assurda la cifra dei 1684 ebrei "miracolosamente scampati", che la filosofessa-giornalista propone a p. 126.

È su una montagna di elementi e di dati di questo genere che si fonda la conclusione "filosofica" della Banalità del male, una "morale della favola" che possiamo riassumere nei termini seguenti. Siccome Eichmann "era stato implicato e aveva avuto un ruolo centrale in un'impresa il cui scopo dichiarato era cancellare per sempre certe 'razze' dalla faccia della terra, per questo doveva essere eliminato" (p. 283). Eichmann ha "eseguito e perciò attivamente appoggiato una politica di sterminio" (p. 284) che ha dato luogo al "più grande crimine della storia" (p. 283). Egli non può chiamarsene fuori, perché la storia biblica di Sodoma e Gomorra lo smentisce (sic). E allora, conclude la Arendt apostrofando direttamente l'imputato nella sua arringa finale, "noi riteniamo che nessuno, cioè nessun essere umano desideri coabitare con te. Per questo, e solo per questo, tu devi essere impiccato" (p. 284).

"Noi riteniamo", dice la Arendt parlando a nome del sinedrio gerosolimitano. Noi, il popolo eletto. E il giudizio del popolo eletto è il giudizio dell'umanità autentica, perché, secondo il detto talmudico, "gli Ebrei sono chiamati uomini, mentre i popoli del mondo non sono chiamati uomini, ma bestie" (Baba mezia 114 b).

volevo pure vedere
by Laura R. Saturday June 05, 2004 at 12:25 PM mail:  

ma ancora je date retta alla arendt?

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siete nazisti!
by Fabio Mosca Saturday June 05, 2004 at 01:04 PM mail:  

Ma come si può ridere della Arendt e della Shoah? Ma chi siete? Ma siete uomini? Ah, dimenticavo: siete i super-uomini! Quelli che simpatizzano coN coloro non credevano che gli Ebrei fossero uomini...e stavano "disinfettando" il mondo! Siete d'accordo, vero?
Ecco l'anonimo che fa la punta agli stronzi per dimostrare che la Shoah non è mai esistita...

A Trieste prima dell'arrivo dei nazisti c'erano 10.000 ebrei; dopo ne tornarono 800...

Intere vie sono passate al Comune perchè i proprietari della case non hanno pagato le tasse: per forza! Erano scomparsi e non hanno lasciato eredi!

Vigliacchi che vi nascondete nell'anonimato: siete di nuovo pronti alla replica dei vostri epigoni nazisti, vero? Approfittando degli errori e orrori di Israele odierna, avvitata su se stessa per il terrore che suscitano i kamikaze, volete riabilitare il nazismo?
Così facendo giustificate Sharon nella sua follia!

F A T E S C H I F O !!!!!

V E R G O G N A T E V I !!!!

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non c'entra
by Roydelot Scott Saturday June 05, 2004 at 01:20 PM mail:  

'un la famo lunga, lasciate stare la Shoah, io sulla Arendt ci rido lo stesso. non è che la shoah la fa meno cretina.

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va bene tutto...
by admin Saturday June 05, 2004 at 01:24 PM mail:  

ma le stronzate di un fascio come mutti pubblicatele altrove, grazie

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caro admin
by Bortolo Mutti Saturday June 05, 2004 at 03:22 PM mail:  

caro admin, quanto avresti fatto più bella figura a rispondere punto per punto a rilevazioni argomentate e non a blaterare di fasci e stronzate sperando di cavartela così.

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repetita juvant
by Fabio Mosca Saturday June 05, 2004 at 07:27 PM mail:  

professore dei miei stivali
by Fabio Mosca Tuesday July 29, 2003 at 08:08 AM





Hannah Arendt (1906-1975), filosofa tedesca, allieva di Heidegger e Jaspers. Poetessa e pensatrice politica.Nel '33 fugge in Francia dopo la vittoria dei nazisti.All'invasione della Francia fugge negli Usa dopo un avventuroso viaggio nella Spagna franchista e nel Portogallo. Insegnò nelle università di New York, Chicago e Berkeley.
Si oppose al sionismo, alla segregazione razziale negli Usa, alla guerra nel Vietnam creandosi molti nemici. Ancor più se ne creò col libro "La banalità del male" raccontando senza ipocrisie le cose che venivano rivelate al processo Eichmann, scomode per gli ortodossi e per i sionisti.

Ha scritto:
Le origini del totalitarismo (Bompiani 1978)
Il futuro alle spalle (IlMulino 1981)
Sulla rivoluzione (Ed. la Comunità 1983)
La disubbedienza civile (Giuffrè 1985)
La vita della mente (IlMulino 1983)
Rahel Varnhagen (IlSaggiatore 1988)
Vita activa (Bompiani 1989)
Tra passato e futuro (Garzanti 1991)
La lingua materna (Mimesis 1993)
Il pescatore di perle (Mondadori 1993)
Cois'è la politica (Ed la Comunità 1995)
Verità e politica (Bollati Boringhieri 1995)
Sulla violenza (Guanda 1996)
Ritorno in Germania (Donzelli 1996)
Carteggio con Jaspers 1926-1969 (Feltrinelli)
Filosofia e politica (1988 Feltrinelli)
Ebraismo e modernità (Universale economica 1993)
Teoria del giudizio politico (Il melangolo 1990)

--------------------------------
Un certo Claudio Mutti, che apprendo da un post essere professore di liceo, vorrebbe distruggere la Arendt.

Vediamo come:
""""""""""""
Fin dalle prime pagine, infatti, vengono acriticamente riportate affermazioni di Ben Gurion del seguente tenore: "milioni di persone, solo perché erano ebree, e milioni di bambini, solo perché erano ebrei, sono stati assassinati dai nazisti (.) la camera a gas e la fabbrica di sapone sono le cose a cui può condurre l'antisemitismo" (pp. 18-19).
""""""""""""""""

Milioni di morti? Banalità sulle quali il "professore" ha solo parole beffarde...
Lo scandalo, a suo parere, è un altro:

"""""""""
La Arendt non prova nessun imbarazzo per il carattere piratesco della cattura di Eichmann: un gruppo di criminali che agivano per conto dei servizi segreti sionisti, violando la legalità internazionale e le leggi di uno Stato sovrano, rapì un cittadino tedesco al quale la Repubblica Argentina aveva concesso il diritto di asilo.
"""""""""

Putacaso il "cittadino tedesco" non aveva chiesto l'asilo, non portava il suo vero nome, si nascondeva al mondo... ma queste sono banalità!La sua identificazione fu difficile. Quanto allo stato che lo "ospitava" era una dittatura fascista. Ma ciò è senz'altro molto banale. Israele non doveva catturarlo in base al "diritto internazionale".

E prosegue:

""""""
"...a p. 28 riferisce di una "tesi antisemitica" enunciata dal viceministro degli Esteri egiziano Hussain Dhulfikar Sabri. E questa è già una prova di ingegno: un arabo (dunque un semita) viene arruolato tra gli antisemiti!
""""""""

A parte "la prova di ingegno" che il prof. da alla Arendt,(grazie!)... La tesi citata sarebbe che:
"Hitler...(fu) spinto a commettere crimini (contro gli ebrei) che alla fine avrebbero permesso loro di raggiungere lo scopo: la creazione dello Stato d'Israele".

Si fecero uccidere per poter poi andare, i superstiti beninteso, in Palestina....
Credo che una simile idiozia non possa essere considerata "antisemita" ma SCEMA. Perchè allora questo professore gioca AL PISTICCIO "un semita antisemita"?
E lui lo SCEMITA?
E prosegue con gravità a citare un suo simile francese:

"...un giurista francese, Geouffre de la Pradelle (?)...(dice che)all'epoca in cui questi crimini sono stati commessi, non si poteva trattare di vittime di nazionalità israeliana, perché lo Stato d'Israele non esisteva..."

"""""""""

Ma esistevano gli Israeliti, detti volgarmente Ebrei, i quali non avendo uno Stato, secondo questo "professore", potevano venire ammazzati come insetti in base alle leggi degli Stati esistenti.
Giuridicamente inecceppibile secondo il professore: nel senso che le leggi uno Stato se le fa come gli pare.(Diritto positivo!)

Queste leggi sono barbariche e ripugnanti per ogni coscienza umana, ma non per il "professore" che considera banale la loro critica da parte della Arendt.

E poi disquisisce sulla conferenza di Walsee, nella quale venne stabilita l'organizzazione dello sterminio, secondo lui mai esistita:

"""""""""""

"...Che i dirigenti nazionalsocialisti abbiano "discusso i vari metodi di sterminio" non risulta affatto, per cui si tratta di una fantasia della filosofessa-giornalista (anche se non è stata soltanto lei ad aver fantasticato in questi termini). "

""""""""

Qui il "professore" nega la discussione, ma non osa negare lo sterminio.

Quindi l'accordo fra tante componenti neccessarie allo sterminio senza precedenti di milioni di Ebrei, ma anche Zingari, omosessuali richiese il personale addetto , i trasporti, i prelevamenti in una vasta area europea , ecc.ecc. sino alla produzione del Cyklon B...
venne fatto... con strizzatine d'occhio!

Ma continua colla sua "demolizione" della Arendt:

"""""""""""""

"...A pag. 97 l'autrice riferisce un fatto prodigioso di cui Eichmann sarebbe stato testimone a Lwow, dove le SS massacravano donne e bambini: "dalla terra, sprizzava uno zampillo di sangue, come una fontana"...

"""""""""

Parole di Eichmann!
Il "professore" liquida la cosa come "fatto prodigioso"...
cioè fenomeno tipo Madonna che piange, lasciamo che i creduloni ci credano...

Che queste visioni abbiano conferma dai sopravvissuti di Treblinka non convince il tetragono "professore".
Banalità!
E cita libri neonazisti editi da Freda ...molto più seri!

Ma vale la pena di perdere altro tempo?

Sempre a caccia di "errori" ecco la grande scoperta del pedante: la Arendt si sbaglia sul nome del capo delle Guardie di Ferro romene. Sentite sentite l'errore:

"il generale Ion Antonescu non solo non fu mai "capo della Guardia di Ferro", ma nemmeno vi militò in nessun momento della sua vita. Comandante della Guardia di Ferro era invece, all'epoca, Horia Sima."

Che siano stati amici fra di loro o cordialissimi avversari, entrambi commisero tali e tante atrocità contro gli Ebrei che intervenne l'esercito germanico a farle cessare! Ovviamente per condurre lo sterminio nel segreto dei lagher, togliendolo dalle strade pubbliche della Romania.
Sui massacri il "professore" non dice una parola.

Ne spende invece per definire l'Ungheria un paese democratico sino al 44! (arrivo dell'Armata Rossa)!
Ne deduce che:
"la Arendt ha del fascismo una concezione tutta sua, o non ha la minima idea di che cosa fosse realmente l'Ungheria al tempo di Horthy."
Il "professore" forse non ha letto mai Vasharely o Fejto...e nemmeno Leo Valiani , italo ungherese di Fiume...

La dittatura si chiamava in realtà "reggenza". I nobili ungheresi vennero messi al potere dalle bajonette romene nel 1920 dopo la sanguinosa repressione della rivoluzione detta di Bela Kun. Venne abrogata la costituzione della repubblica e restaurato l'antico documento della "Bolla d'oro", (del Duecento!!!) con un parlamento di soli nobili....
In un'intervista con Argentieri il Vasharely racconta che al suo arrivo in Italia nel 1930 respirò a pieni polmoni l'aria di ...libertà! Certo questo il nostro "professore" lo interpreta come un complimento al fascismo italiano...
Confesso che non ho letto il Deaglio "La banalità del bene", ma se questi osa affermare che sino al 44 l'Ungheria era un paese libero e democratico è uno spudorato !

L'Ungheria di Horty era cattolicissima, ed il suo antisemitismo di antica data. Ma con la sua adesione al Patto Antibolscevico gli Ebrei vennero massacrati pressapoco come in Romania...
Il "professore" però giostra coi morti come colle noccioline, soprattutto se si tratta di Ebrei ungheresi. Sentitelo:

"Passando a trattare degli ebrei in Ungheria, la filosofessa-giornalista spara la cifra di 476.000 olocaustizzati, 434.351 dei quali sarebbero morti ad Auschwitz, dove le camere a gas, dice, "pur lavorando a pieno ritmo stentarono a liquidare tutta questa moltitudine" (p. 147). Sparando la cifra di 476.000, la Arendt gioca al raddoppio. Dalla tabella riportata a p. 229 del libro di L. Poliakov e J. Wulf, Das Dritte Reich und die Juden, Berlin 1995, si ricava infatti la cifra di 204.000 (che d'altronde dovrebbe essere ampiamente ridimensionata). D'altra parte, olocaustizzare 476.000 ebrei "ungheresi" sarebbe stato impossibile, per il semplice fatto che non ce n'erano tanti. Nel 1939, secondo Poliakov e Wulf, in Ungheria c'erano 404.000 ebrei; secondo la Commissione anglo-americana sull'ebraismo mondiale e la Palestina (Enciclopedia Treccani, Aggiornamento 1938-48, I, 1948, p. 813) gli ebrei "ungheresi" erano 400.000. Secondo queste fonti, dunque, nel 1946 mancherebbero all'appello, in Ungheria, 200.000 ebrei. Ma, prima di iscriverli nel registro degli olocaustizzati, bisognerebbe detrarre da 200.000 la cifra degli ebrei "ungheresi" che dopo la guerra emigrò negli Stati Uniti, in Palestina e in altri paesi. In ogni caso, è del tutto assurda la cifra dei 1684 ebrei "miracolosamente scampati", che la filosofessa-giornalista propone a p. 126."

SONO COMUNQUE CIFRE ENORMI! L'Italia ha avuto circa 300.000 morti in tutta la IIa Guerra Mondiale, ed era aggressore!
"olocaustizzare"...Bravo professore! inventa parole!

poi fa parlare la Arendt al Sinedrio....proprio lei, odiata dai rabbini e dai sionisti!

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Professore Mutti, mi ha nauseato, mi fa vomitare e cagare. Non la degno di altre attenzioni.
Scrivo questo per i giovani di indy, non certo per lei.

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ancora su Arendt e Mutti
by Fabio Mosca Saturday June 05, 2004 at 07:32 PM mail:  

Arendt sulla Romania
by Arendt Tuesday July 29, 2003 at 08:38 AM


"Dopo il 1918 gli Ebrei romeni erano stati privati tutti della cittadinanza. Nei negoziati di Pace gli Alleati dovettero far valere tutto il peso della loro autorità per "persuadere" la Romania ad accettare un trattato sulle minoranze e a garantire la cittadinanza alla minoranza ebraica. Ma questa concessione fatta all'opinione pubblica
mondiale fu revocata nel 1937-38; i rumeni, forti dell'appoggio della Germania hitleriana, denunziarono gli accordi sulle minoranze come un'imposizione che pregiudicava la loro "sovranità" e privarono di nuovo della cittadinanza varie centinaia di migliaia di ebrei, cioè
all'incirca un quarto della popolazione ebraica complessiva.
Due anni più tardi, nell'agosto del 1940, pochi mesi prima che la Romania entrasse in guerra al fianco della Germania, il maresciallo Ion Antonescu, capo della Guardia di Ferro e dittatore del paese, dichiarò apolidi tutti gli ebrei eccettuando soltanto quelle poche centinaia di
famiglie che avevano ottenuto la cittadinanza prima dei trattati di pace. In quello stesso mese varò anche leggi antiebraiche che furono le più severe d'Europa, più severe perfino di quelle approvate in Germania. Le categorie privilegiate (veterani di guerra ed ebrei che
erano cittadini rumeni già prima del 1918) non comprendevano più di diecimila persone, poco più dell'uno per cento di tutta la comunità. Lo stesso Hitler intuì che in questo campo la Germania rischiava di farsi battere dalla Romania, e nell'agosto del 1941, poche settimane dopo aver dato l'ordine della soluzione finale, si lamentò con
Goebbels perchè "un uomo come Antonescu procede in queste cose in maniera molto più radicale di quanto noi stessi abbiamo fatto sinora."

La Romania entrò in guerra a fianco della Germania nel febbraio del 1941, e la "Legione Rumena" si dimostrò una forza militare quanto mai utile quando cominciò l'invasione della Russia: nella sola Odessa massacrò sessantamila persone.

A differenza dei governi degli altri paesi balcanici il governo rumeno fu sempre perfettamente informato, fin dall'inizio,delle stragi di ebrei che avvenivano in oriente, e le truppe rumene, anche dopo che la Guardia di Ferro fu spodestata nell'estate del 1941, misero in atto un programma di massacri e di deportazioni di un'atrocità senza precedenti, in confronto al quale impallidiva ciò che
era avvenuto a Bucarest nel gennaio di quell'anno. (quando le Guardie di Ferro si vendicarono sull'Esercito romeno e si diedero a sgozzare la gente per le strade)
II metodo rumeno di deportare gli ebrei consisteva nel'ammucchiare cinquemila persone in carri-bestiame e nel lasciarle morire per soffocamento mentre il treno per giorni e giorni viaggava senza una meta per la campagna.
Dopo di che, uno dei divertimenti preferiti consisteva nell'esporre i cadaveri nelle macellerie ebraiche.

Anche nei campi di concentramento rumeni (campi che i rumeni stessi provvidero a creare e a controllare quando le deportazioni verso oriente non furono più possibili) le atrocità erano più raffinate e spaventose di quelle che si potevano commettere in Germania.

Quando Eichmann mandò a Bucarest un suo consigliere per gli affari ebraici, lo haupt-sturm-fuerer Gustav Richter, questi riferì che ora Antonescu pensava di trasportare centodiecimila ebrei in "due foreste al di la del fiume
Bug," cioè nel territorio russo occupato dai tedeschi, perche' venissero liquidati.
I tedeschi rimasero sgomenti, e tutti intervennero: i
comandanti dell'esercito, il ministero di Rosenberg per i territori orientali occupati, il ministero degli esteri di Berlino, l'ambasciatore a Bucarest barone Manfred von Killinger (quest'ultimo, già alto ufficiale delle SA, intimo amico di Rohm e percio sospetto alle SS,
era probabilmente sorvegliato da Richter, il quale lo "consigliava" in materia ebraica). Una volta tanto, tutti si trovarono d'accordo. Lo stesso Eichmnnnn, in una lettera datata aprile 1942, supplicò il ministero degli esteri di arrestare questi sforzi disorganizzati e prema-
turi compiuti dai rumeni per "sbarazzarsi degli ebrei"; i rumeni dovevano capire che bisognava dare la precedenza alla "evacuazione degli ebrei tedeschi, che è già in pieno sviluppo"; e la lettena si concludeva con la minaccia di "fare entrare in azione la polizia di sicurezza."

Per quanto restii ad affrontare la soluzione finale in Romania rispetto ai tempi originariamente fissati per i singoli paesi balcanici,i tedeschi tuttavia dovevano intervenire, se non volevano che la situazione degenerasse e sfociasse nel caos completo, e anche se Eichmann
doveva essere tutto compiaciuto di aver minacciato di usare la polizia di sicurezza, non era certo a salvare gli ebrei che i nazisti erano stati addestrati. Così, verso la metà di agosto, quando già i rumeni avevano sterminato per conto loro e quasi da soli circa trecentomila persone, il ministero degli esteri del Reich concluse con Antonescu
un accordo "per l'evacuazione degli ebrei dalla Romania, da effettuarsi ad opera di reparti tedeschi," ...

Come un fulmine a ciel sereno arriva a Berlino una lettcra del fidatissimo Signor Richter in cui si diceva che Antonescu aveva cambiato idea; l'ambasciatore Killinger spiegò in un suo rapporto che il maresciallo voleva
ora sbarazzarsi degli ebrei "in maniera meno spiacevole".
I tedeschi non avevano tenuto conto del fatto che la Romania non era soltanto un paese con un enorme numero di veri e propri criminali,ma era anche il più corrotto paese dei Balcani. Accanto ai massacri era sorto tutto un fiorente commercio di esenzione in cui era impegnata ogni branca, nazionale o municipale, della burocrazia. La
specialità del governo consisteva nell'imporre tasse altissime, a casaccio, a gruppi o a intere comunità di ebrei. Ed ora i rumeni avevano scoperto che gli ebrei si potevano spedire all'estero in cambio di valuta pregiata, e così si trasformarono nei piu ferventi sostenitori
dell'emigrazione-milletrecento dollari a testa.

Fu a questo modo che la Rowmania divenne una delle poche basi da cui gli ebrei potevano emigrare in Palestina durante la guerra.
E quando si avvicinò l'Armata Rossa, Antonescu divenne ancor più "moderato": permise addirittwa che gli ebrei lasciassero il paese senza pretendere per questo
nessun compenso.

E' curioso constatare che, dall'inizio alla fine, Antonescu non fu -come pensava Hitler- piu "radicale" dei nazisti, ma semplicemente seppe precorrere gli sviluppi della politica tedesca.
Fu il primo a privare della cittadinanza tutti gli ebrei, e intraprese massacri su larga scala, apertamente e spudoratamente, quando ancora i nazisti stavano compiendo i primi esperimenti; scoprì che si potevano "vendere" gli ebrei piu d'un anno prima che Himmler ideasse il baratto
"sangue contro camion," e alla fine, proprio come più tardi fece Himmler, sospese tutta l'operazione come se si fosse trattato di uno scherzo.

Nell'agosto del 1944 la Romania si arrese all'Armata Rossa
e Eichmann, specialista in ewacuazione, fu mandato alla chetichella in quell'area a cercar di salvare qualche persona di "stirpe tedesca", ma non vi riuscl.

Degli ottocentocinquantamila ebrei rumeni ne sopravvissero circa la metà, e degli scampati un gran numero (alcune centinaia di migliaia) se ne ando poi in Israele.

Nessuno sa quanti ebrei siano rimasti oggi in Romania. I responsabili degli stermini furono tutti giustiziati dai Russi e Killinger si suicidò prima di essere catturato."

tratto da "La banalità del male" di Hanna Arendt



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Claudio Mutti
by da Misteri d'italia Tuesday July 29, 2003 at 08:45 AM





Claudio Mutti:
da: misteriditalia

"Quelli che vanno a fondare Sinergie Europee dichiarano apertamente che "la politica va intesa per quel che realmente è: la continuazione della guerra con altri mezzi" e annunciano la ridiscesa in campo in un processo di aggregazione su scala europea che richiama con forza l’esperienza degli anni ’60 di Jean Thiriart, l’ex Waffen SS teorico del "nazionalbolscevismo", che voleva costruire un partito europeo (armato) per la liberazione e l’unificazione del continente, da Brest a Vladivostock.
Negli ultimi anni a Sinergie Europee si sono avvicinati anche quadri storici di altra provenienza, dal fondatore di Terza Posizione, Gabriele Adinolfi, a Rainaldo Graziani, fondatore di Meridiano Zero e figlio di Clemente.
E' proprio il professor Claudio Mutti l’intellettuale di punta e il garante internazionale dello schieramento nazionalcomunista e della sua continuità politica ed ideale: tra una persecuzione giudiziaria e un'altra (tutte finite nel nulla) è infatti transitato per Giovane Europa, Lotta di Popolo per poi ripiegare in un'indefessa attività pubblicistica ed editoriale. Convertito all’Islam, è l'animatore delle Edizioni all’Insegna del Veltro (80 volumi in catalogo, più altri 500 di case editrici minori in distribuzione). Specializzato in filologia ugro-finnica, Mutti si è visto stroncare una promettente carriera universitaria per le ripetute disavventure giudiziarie ed ora insegna latino e greco al liceo.
Profondo conoscitore del rumeno, dell’ungherese e dell’arabo, autore di decine di volumi, è il traduttore di Khomeini e di Gheddafi, ma anche il "responsabile" del boom politico ed editoriale di Codreanu e della Guardia di Ferro romena nell’Italia degli anni ‘70.
La persecuzione giudiziaria non ha piegato la sua determinazione. Mutti continua a militare nei ranghi della area "rosso-bruna" che da trent’anni, sotto diverse formule e ipotesi organizzative, tenta la ricomposizione degli opposti estremismi in una nuova sintesi, "un polo analogo ... a quello che in Russia aggrega comunisti e nazionalisti contro il governo filoamericano. In Italia dovrebbe trattarsi di un polo antagonista a quell’ideologia liberaldemocratica e occidentalista che egemonizza sia la destra sia la sinistra".
Il suo contributo originale a Orion è l’affermazione della centralità della geopolitica: i frequenti viaggi all’estero sono funzionali alla "visione imperiale" ereditata da Thiriart. L’obiettivo politico è sempre la liberazione dell’Europa. Nella fitta trama di rapporti internazionali (i "partigiani europei" dell’area franco-belga, i nazionalisti celti dalla Scozia alla Galizia), Mutti - mettendo a frutto la conoscenza delle lingue – si riserva i contatti con l’ex impero sovietico e i paesi islamici: l’opposizione russa unita nel Fronte di Salvezza Nazionale; il Movimento della Romania, erede della Guardia di Ferro; gli ayatollah iraniani.
L'ultimo segmento di questo quadro della destra plurale arriva dall'Università d'Estate 2000, organizzata da Sinergie Europee, presso un agriturismo della provincia di Varese di proprietà di Rainaldo Graziani, il figlio di Clemente Graziani uno dei fondatori di Ordine Nuovo, che condivide con Murelli la passione per Junger.
Come ha spiegato uno degli organizzatori, Gabriele Adinolfi - tra i leader di Terza Posizione oltre venti anni fa - sulla rivista Orion: "Vi è stata una coesione immediata di gruppi eterogenei: una trentina di realtà provenienti da oltre quaranta città italiane; realtà autonome, realtà metapolitiche e realtà militanti tra le quali spiccavano quadri nazionali di Forza Nuova, quadri della Fiamma, assessori di An che non erano saltimbanchi del politichese ma espressioni di realtà militanti territorialmente radicate; il tutto condito dalla presenza leghista".
Gran parte degli interventi sono stati già raccolti in un volume intitolato Il pensiero armato. Idee-shock per una cultura dell'azione. Tra questi spiccano l'editore dell'Uomo libero, Mario Consoli, (Il denaro, grimaldello del potere mondialista), il negazionista Jurgen Graf (Il revisionismo storico), il leader del Veneto fronte Skinhead, Piero Puschiavo, (Un senso di appartenenza. I valori della comunità skinhead).
Anche considerando la giovane età di molti dei partecipanti, "si sono gettate le basi per l'opportunità – scrive Maurizio Murelli su Orion – di creare una rete antagonista oltre i normali schemi organizzativi; sarà il futuro a dirci se sarà messa a frutto".

http://www.misteriditalia.com/estremadestra/destra-estrema/ottanta-giorninostri/sine...

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leggete "Professione filosofa"
by Arendt Tuesday July 29, 2003 at 09:42 AM





leggete un agile libretto riassuntivo delle sue idee vastissime e della sua vita di lotta contro il razzismo, la violenza, la guerra!

250 pagine lire 22.000.

Il libro è di Alois Prinz edito dalla Universale Donzelli 1998.

Consigliato a tutti.


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Arendt e Ungheria
by Fabio Mosca Saturday June 05, 2004 at 07:37 PM mail:  

la banalità del male- ungheria
by hannah arendt Tuesday July 29, 2003 at 03:59 PM





Tratto da "La banalità del male" di Hannah Arendt. Pagg.201-209

""
... All'inizio degli anni '30 gli ungheresi, sotto l'influenza del fascismo italiano, avevano prodotto un forte movimento fascista, quello delle "Croci frecciate," e nel 1938, sempre seguendo l'esempio dell'Italia, avevano approvato le prime leggi antisemite. Benchè nel paese la Chiesa cattolica fosse molto potente, queste leggi colpivano anche gli ebrei che si erano convertiti dopo il 1919, e tre anni più tardi furono estese perfino a coloro che si erano convertiti prima di quella data.
E tuttavia, anche quando questo rigoroso antisemitismo a sfondo razzista fu divenuto la politica ufficiale del governo, undici ebrei seguitarono a sedere sui banchi del Senato ungherese, e l'Ungheria fu l'unico satellite dell'Asse a mandare sul fronte orientale truppe ebraiche (assieme ai nazisti!n.d.t.): centotrentamila uomini assegnati ai servizi ausiliari, in uniforme ungherese. La spiegazione di queste incoerenze è che gli ungheresi, malgrado la loro politica ufficiale, erano quelli che più nettamente distinguevano tra ebrei indigeni e Ostjuden: nel caso specifico, tra gli ebrei "magiarizzati" dell'Ungheria di Trianon" (riorganizzata cioè, al pari di tutti gli altri Stati di quell'area, dal trattato di Trianon) e gli ebrei dei territori annessi di recente.
La sovranità dell'Ungheria fu rispettata dai nazisti fino al marzo del 1944, col risultato che per gli ebrei il paese fu per tutto quel tempo un'isola di sicurezza in un oceano di distruzioni." Ma se è comprensibile che alla fine il governo tedesco decidesse di occupare l'Ungheria (l'Armata Rossa avanzava attraverso i Carpazi e il governo ungherese cercava disperatamente di seguire l'esempio dell'Italia e di concludere un armistizio separato), è quasi incredibile che ancora fosse all'ordine del giorno la soluzione o meglio la "liquidazione del problema ebraico", come diceva Veesenmayer, il quale in un rapporto inviato al ministero degli esteri nel dicembre del 1943 la definiva "'un presupposto fondamentale per tenere impegnata l'Ungheria nella guerra."
La "liquidazione" di questo "problema" significava evacuare ottocentomila ebrei, più cento o centocinquantamila ebrei convertiti.
Comunque sia, data la mole e l'urgenza del lavoro, nel marzo del 1944 Eichmann, come abbiamo detto, arrivò a Budapest assieme a tutto il suo stato maggiore: cosa che non gli fu difficile, poichè in tutti gli altri paesi questa gente non aveva ormai più niente da fare.
E così egli aveva richiamato Wisliceny e Brunner dalla Slovacchia e dalla Grecia, Abromeit dalla Jugoslavia, Dannecker dalla Bulgaria, Siegfried Seidl da Theresienstadt, e, da Vienna, Hermann Krumey, destinato a divenire suo vice in Ungheria . Da Berlino portò con se tutti i principali funzionari del suo ufficio: Rolf Gunther, che era stato suo sostituto, Franz Novak, addetto alle deportazioni, e Otto Hunsche, suo esperto legale.
Il Sondereinsatzkommando Eichmann era composto dunque da una decina di persone (a cui erano da aggiungere alcuni assistenti ecclesiastici) quando stabilì a Budapest il suo quartier generale. La sera stessa dall'arrivo, Eichmann e
i suoi uomini invitarono i capi ebraici a una conferenza per indurli a formare un Consiglio ebraico (Judenrat) tramite il quale emanare gli ordini e a cui concedere, in cambio, la giurisdizione assoluta su tutti gli ebrei presenti nel paese. Non fu un gioco facile, in quel momento e in quel posto. E infatti, per usare le parole del nunzio apostolico, ormai "tutto il mondo sapeva che cosa significasse in pratica la deportazione"; e a Budapest, inoltre, gli ebrei avevano potuto seguire benissimo le vicende dei loro sfortunati fratelli europei. "Sapevamo benissimo quale era il lavoro degli Einsatzgruppen; sapevamo su Auschwitz anche più del necessario," come disse il dott. Kastner nella sua deposizione a Norimberga.

Naturalmente; i "poteri ipnotici" di Eichmann, da soli, non sarebbero mai bastati per convincere la gente che i nazisti avrebbero rispettato la sacra distinzione tra ebrei "magiarizzati" ed ebrei orientali; la tendenza ad autoingannarsi doveva essersi trasformata in un'arte raffinatissima, se i capi degli ebrei ungheresi, in un momento come quello, poterono convincersi che in Ungheria "non sarebbe successo niente" ("Come potrebbero mandar via dall'Ungheria gli ebrei ungheresi?") e continuare a crederci anche quando i fatti dimostravano ogni giorno il contrario. Come ciò potè avvenire ce lo spiega una delle frasi più paradossali che si siano udite da un testimone al processo Eichmnn: i futuri membri del Comitato centrale ebraico (cosi si chiamò in Ungheria il Consiglio ebraico) avevano sentito dire dai vicini slovacchi che Wisliceny accettava volentieri somme in denaro, e sapevano anche che malgrado i compensi
egli "aveva deportato tutti gli ebrei slovacchi." Orbene, a quale conclusione giunse il signor Freudiger? "Capii che bisognava far di tutto per entrare in contatto con Wisliceny."

In questi difficili negoziati la più abile trovata di Eichmann fu di far finta che lui e i suoi uomini fossero individui venali. Il capo della comunità ebraica, lo "Hotrat" Samuel Stern, membro del Consiglio privato di Horthy, fu trattato con la massima cortesia e accettò di divenire il presidente del Consiglio ebraico. Stern e i suoi colleghi tirarono un respiro di sollievo quando furono invitati a fornire macchine da scrivere e specchi, biancheria femminile e acqua di colonia, Watteau originali e otto pianoforti -anche se di questi strumenti ben sette andarono graziosamente allo Hauptsturmfuhrer Novak, il quale esclamo: "Ma, signori, io non ho intenzione di aprire un negozio di pianoforti; voglio soltanto suonare un po'." Eichmann, dal canto suo, visitò, la Biblioteca ebraica e il Museo ebraico, e assicurò a tutti che si trattava di provvedimenti provvisori. Ma la corruzione, dapprima simulata, ben presto si dimostrò quanto mai reale, benchè non prendesse la forma che gli ebrei speravano.

In nessun 'altra parte del mondo gli ebrei spesero tanto denaro più inutilmente.

Come disse lo strano signor Kastner: '"Un ebreo che trema per la vita sua e della sua famiglia perde completamente il senso del denaro" (sic!).

Al processo la cosa fu confermata dalla testimonianza di Philip von Freudiger, già da noi menzionato , come pure dalla deposizione di Joel Brand, che in Ungheria aveva fatto parte di un organismo ebraico rivale, il "Comitato sionista di soccorso e riscatto". Nell'aprile del 1944 Krumey ricevette da Freudiger non meno di centocinquantamila dollari, e il Comitato sionista pagò ventimila dollari soltanto per avere il privilegio d'incontrarsi con Wisliceny e con alcuni esponenti del controspionaggio delle SS. In quella riunione, ciascuno dei tedeschi presenti ricevette un ccmpenso supplementare di mille dollari e Wisliceny ripropose il suo cosiddetto Piano Europa (gia avanzato invano nel 1942), stando al quale Himmler sembrava disposto a risparmiare tutti gli ebrei, tranne quelli polacchi, per una somma di due o tre milioni di dollari. Convinti da questa proposta, che tempo addietro era stata invece accantonata, gli ebrei si misero ora a pagare degli acconti a Wisliceny. Perfino l'"idealismo" di Eichmann vacillò in questo paese dell'abbondanza.
L'accusa, sebbene non potesse dimostrare che Eichmann si era macchiato di concussione, sottolineò giustamente come a Budapest egli conducesse una vita molto agiata, alloggiando in uno dei migliori alberghi della città, facendosi portare in giro da un autista su un'auto anfibia (dono indimenticabile di quel Kurt Becher che poi sarebbe divenuto suo nemico} praticando la caccia e l'equitazione e insomma permettendosi, sotto la protezione dei suoi nuovi amici ungheresi, tutti i lussi che fino ad allora aveva potuto soltanto sognare.

Tuttavia, in Ungheria esisteva anche un gruppo cospicuo di ebrei i cui capi (almeno loro) non ingannavano se stessi a questo modo. Il movimento sionista ungherese era sempre stato molto forte, ed ora aveva propri rappresentanti nel Comitato di soccorso e riscatto (il Vaadat Ezza va Hazalah), quell'organismo, da poco fondato, che tenendosi in stretto contatto con l'Ufficio per la Palestina aveva aiutato profughi polacchi e slovacchi, jugoslavi e rumeni; il comitato era anche in continuo contatto con l'American Joint Distribution Committee, che lo finanziava, ed era perfino riuscito a fare arrivare qualche ebreo in Palestina, legalmente o illegalmente.

Ora che la catastrofe stava per abbattersi sul loro paese, i sionisti ungheresi si misero a fabbricare "documenti ariani," certificati di battesimo per permettere alla gente di eclissarsi più facilmente. Quali che fossero i loro principi e loro idee, i capi sionisti sapevano di essere dei fuorilegge e agivano di conseguenza.

Joel Brand, lo sfortunato emissario che mentre infuriava la guerra dovette presentare agli A1leati la proposta di Himmler per lo scambio di un milione di ebrei contro diecimila camion, era uno dei principali funzionari del Comitato di soccorso e riscatto, e come il suo vecchio rivale ungherese Philip von Freudiger venne a Gerusalemme, quando Eichmann fu processato, per testimoniare sui rapporti che aveva avuto con l'imputato. Mentre Freudiger (che tra parentesi Eichmann non ricordava affatto) raccontò di essere stato trattato in maniera rude negli incontri con i nazisti, la deposizione di Brand confermò molte cose narrate da Eichmann a proposito dei negoziati tra tedeschi e sionisti.

Brand si era sentito dire che lui, "ebreo idealista," stava parlando con un "tedesco idealista"-due nemici onorati che s'incontrano da pari a pari durante una tregua. Eichmann gli aveva detto: "Domani forse saremo di nuovo sul campo di battaglia." Naturalmente era una commedia orribile; ma dimostra come il gusto di Eichmann per le frasi altisonanti e vuote non fosse una posa fittizia, un atteggiamento fabbricato apposta per il processo di Gerusalemme. Ancor più interessante è notare che negli incontri con sionisti ne Eichmann ne alcun altro membro del Sonderinsatz-kommando ricorreva alla tattica della pura menzogna, tattica usata invece con i signori del Consiglio ebraico. Neppure adoperavano un linguaggio convenzionale, e quasi sempre dicevano pane al pane e vino al vino. Inoltre, quando si trattava di negoziare su cose concrete (prezzo di un permesso d'uscita, Piano Europa, scambio di ebrei con camion), non solo Eichmann, ma anche Wisliceny, Becher, gli uomini del controspionaggio con cui Joel Brand s'incontrava ogni mattina in un caffè, preferivano sempre rivolgersi ai sionisti: e la ragione era che il Comitato di soccorso e riscatto aveva i necessari contatti con l'estero e più facilmente disponeva di valuta straniera, mentre il Consiglio ebraico aveva dietro di se soltanto la più che dubbia protezione del reggente Horthy.

Piu tardi si ebbe a constatare che in Ungheria i funzionari sionisti avevano goduto privilegi maggiori che non la solita immunità provvisoria concessa ai membri del Consiglio ebraico. I sionisti erano liberi di andare e venire a piacimento, erano esonerati dal portare la stella gialla, potevano visitare i campi di concentramento ungheresi; e qualche tempo dopo il Dott. Kastner, fondatore del Comitato di soccorso e riscatto, poteva addirittura viaggiare per la Germania nazista senza documenti d'identita, da cui sarebbe risultato che era un ebreo.

Con tutta l'esperienza che si era fatta a Vienna, Praga e Berlino, Eichmann riuscì comunque a organizzare un Consiglio ebraico; e non ci mise più di due settimane.

Il problema era piuttosto vedere se ora sarebbe riuscito a farsi aiutare dai funzionari ungheresi in un'operazione di tanta mole. Questa era per lui una cosa un po' nuova. A regola, sarebbe toccato al ministero degli esteri e ai suoi rappresentanti provvedervi: e nel caso specifico, al dott Edmund Veesenmayer, nominato di fresco plenipotenziario del Reich, e Eichmann si sarebbe dovuto limitare ad assegnargli un "consigliere ebraico." Personalmente, Eichmann non aveva nessuna predisposizione per fare il consigliere, e del resto questa carica era sempre rivestita al massimo da uno Haaptsturmfuerer o capitano, mentre lui era un Obersturmbannfuehrer ossia tenente colonnello, cioè era due gradi più in alto.

In Ungheria la sua più grande vittoria consistè appunto nel fatto che riuscì a stabilire contatti con personaggi importanti, per proprio conto: soprattutto con tre uomini-Laszlo Endre, che grazie a un antisemitismo definito "pazzesco" perfino da Horthy, era stato di recente nominato segretario di Stato addetto agli affari politici (ebraici) presso il ministero degli interni; Laszlo Baky, sottosegretario anche lui del ministero degli interni, che dirigeva la gendarmeria (polizia) ungherese; e il tenente colonnello Ferenczy, della polizia, che si occupava direttamente delle deportazioni.
Con il loro aiuto Eichnnann poteva esser certo che tutto si sarebbe svolto "in un lampo": dall'emanazione dei necessari decreti, all'internamento degli ebrei delle varie province.

A Vienna ebbe luogo una conferenza speciale a cui parteciparono anche i dirigenti delle ferrovie di Stato tedesche, dato che si trattava di trasportare quasi un milione di persone.

Hoss, ad Auschwitz, fu informato dei piani dal sua superiore, il generale Richard Glucks del WVHA, e ordinò la costruzione di un nuovo binario in modo da portare i vagoni a pochi metri dai crematori; il numero degli uomini dei commandos della morte fu aumentato da 224 a 860 sicchè tutto era pronto per uccidere dalle seimila alle dodicimila persone al giorno.

Quando nel maggio del 1944 i treni cominciarono ad arrivare, soltanto pochissimi "uomini di robusta costituzione fisica" furono selezionati e mandati a lavorare nelle fonderie Krupp di Auschwitz. (La fabbrica che i Krupp si erano da poco costruiti in Germania nei pressi di Breslavia, la Berthawerk,raccoglieva manodopera ebraica dove poteva, tenendola in condizioni ancora peggiori di quelle in cui vivevano le squadre di lavoro nei campi di sterminio.)

L'operazione ungherese durò meno di due mesi; poi, all'inizio di luglio, improvvisamente si arrestò.

Grazie soprattutto ai sionisti, questa fase della tragedia ebraica era stata portata più d'ogni altra a conoscenza del mondo, e dai paesi neutrali e dal Vaticano era piovuta su Horthy una valanga di proteste.

Il nunzio apostolico, però, ritenne opportuno precisare che la protesta del Vaticano non scaturiva "da un falso sentimento di compassione" -una precisazione che probabilmente resterà nella storia a testimoniare in eterno quanto le continue trattative e il desiderio di scendere a compromessi con gli uomini che predicavano il vangelo della"spietata durezza" avessero influito sulla mentalità dei massimi dignitari della Chiesa.

Ancora una volta la Svezia fu la prima a prendere misure pratiche, distribuendo permessi d'ingresso, e la Svizzera, la Spagna e il Portogallo seguirono il suo esempio tanto che, alla fine, circa trentatremila ebrei furono ospitati a Budapest in edifici speciali protetti da paesi neutrali.

Gli Alleati avevano ricevuto e pubblicato una lista di settanta nomi, i nomi dei principali responsabili delle persecuzioni, e Roosevelt aveva mandato un ultimatum in cui diceva: "II destino dell'Ungheria non sarà uguale a quello di nessun altro paese civile.. se non si sospenderanno le deportazioni."

Alle minacce seguirono i fatti: il 2 luglio Budapest fu sottoposta a un violentissimo bombardamento aereo.

Così premuto da tutte le parti, Horthy ordinò che si arrestassero le deportazioni.

Eichmann però, anzichè obbedire all'ordine del "vecchio pazzo," deportò a meta luglio altri millecinquccento ebrei che si trovavano in un campo di concentramento situato nei pressi della capitale magiara e più tardi, al processo di Gerusalemme, questa fu una delle prove più gravi prodotte contro di lui.

Non solo, per impedire che i funzionari ebrei informassero Horthy, egli convocò i membri dei due organismi ebraici nel suo ufficio, e qui il dottor Hunsche si trattenne con vari pretesti finchè il treno non ebbe lasciato il territorio ungherese.

A Gerusalemme Eichmann disse di non ricordare nulla di questo episodio. I giudici, invece erano convinti che dovesse ricordare "molto bene" quella sua "vittoria su Horthy . Ma può darsi che si sbagliassero perchè per Eichmann Horthy non era un gran personaggio.

Quello fu a quanto pare l'ultimo treno che lasciò l'Ungheria diretto ad Auschwitz.

Nell'agosto del 1944 l'Armata Rossa entrò in Romania ed Eichmann fu mandato la a veder di salvare i tedeschi sbandati.

Quando rientrò in Ungheria, il regime di Horthy aveva trovato il coraggio necessario per chiedere il ritiro del Sondereinsatz-kommando, e lo stesso Eichmann chiese a Berlino il permesso di tornare in patria con i suoi uomini, dato che ormai erano "superfiui."
Ma Berlino non aderì alla richiesta, e non ebbe torto, perchè verso la metà di ottobre ci fu un nuova capovolgimento della situazione.

Mentre i russi erano ad appena centocinquanta chilometri da Budapest, i nazisti riuscirono a rovesciare Horthy e a sostituirlo col capo delle "Croci frecciate," Ferenc Szalasi.

Non era più possibile spedire gente ad Auschwitz, perchè ormai si stavano smantellando gli impianti dello sterminio e, inoltre i tedeschi erano disperatamente a
corto di uomini.

Così fu che Veesenmayer, il plenipotenziario del Reich, iniziò a trattare col ministero degli interni ungherese onde ottenere il permesso di mandare nel Reich cinquantamila ebrei- gli uomini di età compresa tra i sedici ed i sessant'anni e le donne al di sotto dei quarant'anni; nel rapporto che fece, Veesenmayer aggiunse che Eichmann sperava di mandarne poi altri cinquantamila.

Poiché non esisteva più materiale rotabile, si effettuarono marce a piedi del novembre 1944, marce che furono sospese soltanto per ordine di Himmler.

Gli ebrei costretti a compiere queste marce erano stati arrestati a casaccio dalla polizia ungherese, senza tener conto del fatto che molti avevano diritto ad essere esentati, e senza neppure tener conto dei limiti di età fissati nelle istruzioni originarie.

In queste marce gli ebrei erano scortati da "Croci frecciate" che li depredavano e li trattavano con brutalità estrema .

E questa fu la fine.

Degli ottocentomila ebrei che c'erano in Ungheria prima della guerra, circa centosessantamila si trovavano ancora nel ghetto di Budapest (le campagne erano già judefrein), e di questi, decine di migliaia rimasero vittime di pogrom spontanei. Il I3 febbraio 1945 il paese si arrese all'Armata Rossa.

I principali responsabili ungheresi dei massacri furono tutti processati, condannati a morte e giustiziati.

Degli istigatori tedeschi, invece, nessuno tranne Eichmann pagò con più di dieci anni di carcere.


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