Una centrale Enel ? Proprio nel Parco del Pollino
di Francesco Cirillo
Bisogna decidersi una volta per tutte cosa fare di questo parco. Il più grande d’Europa ma anche il più tartassato. Una coperta tirata da più parti ma che diventa sempre più stretta e che diventa sempre più inutilizzabile. Pochi i turisti ogni anno, poche le iniziative per attirarne nuovi, pochi gli interventi per rendere il parco parte viva e attiva e soprattutto sentito da tutte le comunità che lo abitano. La carta geografica del parco sembra sempre di più una carta geografica irakena dopo l’occupazione americana. Pozzi di petrolio a nord del parco nella valle del Diano, l’ elettrodotto che lo spacca da Rampolla, Laino fino a Rizziconi in provincia di Reggio Calabria, grandi pale di eolico sui monti dell’Appennino lucano primo fra tutti i monti di Muro ove è progettata una mega-centrale eolica a 300 metri dalla zona Sic e Zps (Sito di interesse comunitario e Zona a protezione speciale, ndr), l’uranio a Rotondella a pochi chilometri dal confine del parco, proprio vicino all'area verde della Plasmon, o la centrale termoelettrica a Pisticci, e poi tanti progetti cementizi consistenti in aree di parcheggio nei posti più alti del parco oltre il rifugio “ De Gasperi ” , o la trasformazione del Santuario di S. Maria delle Armi a Cerchiara di Calabria in un centro informazioni per i turisti, con relativa nuova struttura . Ma, soprattutto, si dà l’assalto alla parte più integra del massiccio: il versante sud. Iniziano, infatti, con la strada Frascineto-Monte Moschereto, le strade di penetrazione in quella zona che, per la particolare morfologia, si è conservata quasi intatta fino ad oggi, più che per una particolare sensibilità ambientale, per mancanza di reale convenienza economica. Questo, fino alla istituzione del Parco Nazionale del Pollino, strano ente che al sud poco o nulla tutela e che, anzi, a quanto pare, desta appetiti in aree dimenticate e, solo in quanto tali, scampate allo scempio. Ed ora l’attacco più massiccio. La centrale a Biomasse nella Valle del Mercure. Una centrale che sconvolgerà tutta l’aera attorno a Laino Borgo, inquinandola, appestandola di gas e di traffico di decine e decine di camion e tir provenienti da tutta Europa . L’allarme per la scelta dell’Enel è generale in tutta la popolazione, che minaccia di far diventare il caso una nuova Scanzano. Ma l’Enel parte in quarta ed ha posto subito, per far capire la propria determinazione a proseguire nel progetto, un led lumninoso all’ingresso della centrale con la proiezione di un numero: 100. i giorni che mancano alla riapertura della vecchia centrale ora riconvertita a biomasse. Accanto allo smantellamento della parti in amianto (tuttora in corso), si decide di riconvertire l’impianto secondo una fonte classificata rinnovabile che consente alla società di ottenere certificati verdi e bonus da Bruxelles. L’Unione europea, infatti, impone ai produttori di energia di ricavarne almeno il 5 per cento da fonti rinnovabili. L’Enel solo con la centrale del Mercure guadagna un bel 2 per cento! Se formalmente l’energia prodotta dalla biomassa (legno, segatura, sansa di olive) è “rinnovabile” non si può certo dire che sia pulita. Tutt’altro. Pur nell’approssimazione dei numeri (l’Enel ha sempre mostrato reticenza davanti alla richiesta di rendere pubblico il progetto tecnico dell’impianto), cerchiamo di fare due calcoli energetici. La centrale per produrre 40 megawatt di potenza nominale dovrà bruciare 320 mila tonnellate annue di biomassa, 300 canne (n.d.r. unità di misura locale) all’ora. La biomassa, inoltre, ha un potere energetico quattro volte inferiore rispetto all’olio combustibile, questo significa che per produrre la stessa quantità di energia bisogna bruciare molta più materia prima producendo inevitabili gas quali diossina, furani, anidride carbonica per citarne solo alcuni. Altro elemento di non minore importanza. La valle del Mercure non ha la materia prima da bruciare nella centrale. Se pure si volessero piantare pioppi da bruciare successivamente non ci sarebbe il tempo per farli crescere perché, come ricorda il led luminoso, mancano solo 100 giorni all’apertura dell’impianto. La biomassa, dunque, dovrà arrivare da fuori, probabilmente anche da altri continenti: America Latina e Paesi dell’Est. Arrivati al porto di Corigliano Calabro in provincia di Cosenza i materiali viaggeranno in autostrada fino all’uscita di Laino Borgo o di Lauria Sud per percorrere le strade interne fino a raggiungere località Fiumana, sede dell’impianto. Si prevedono dai 50 agli 80 tir al giorno. E proprio il sito industriale diventa il protagonista di un altro piccolo giallo: la località ricadente del territorio amministrato dal comune di Laino Borgo, in base a una recente proposta di riperimetrazione dell’Ente Parco dovrebbe uscita fuori dall’area di tutela. Una coincidenza per lo meno singolare per chi non vuole la centrale e ha creduto in un diverso modello di sviluppo. Mostra preoccupazioni un Comitato spontaneo di cittadini nato recentemente a Rotonda, sede del parco del pollino. Secondo i militanti del comitato la riapertura della centrale gode di finanziamento dell'Unione Europea (pare di circa 80 milioni di euro per 7/8 anni di funzionamento); A fronte dell'allarmante impatto ambientale della centrale ci si è chiesto quali possano essere per le popolazioni della zona i possibili vantaggi o benefici considerato che: la centrale in argomento è situata in una specie di "catino" a meno di 300 metri sul livello del mare, mentre quasi tutti i limitrofi centri abitati si trovano ad altitudini superiori, in alcuni casi oltre il doppio (Castelluccio Inferiore m.495, Castelluccio Superiore m.750, Laino Castello m.400, Rotonda m.580, Viggianello m.500), PER CUI I FUMI DELLA COMBUSTIONE NON POSSONO DISPERDERSI ADEGUATAMENTE; l'elevata frequenza del flusso di trasporto della biomassa risulta spropositata sia rispetto alle strutture viarie del comprensorio sia per il forte inquinamento prodotto; la Valle del Mercure è una zona ad alto valore paesaggistico-naturalistico-ambientale essendo praticamente situata all'interno del Parco Nazionale del Pollino; Il rischio che si corre e non è del tutto da sottovalutare che la centrale di biomnasse possa diventare un inceneritore vero e proprio cominciando a bruciare anche quelle tonnellate e tonnellate di rifiuti ferme in aree molto vicine alla Basilicata in attesa che parta il famigerato impianto di Acerra. Unica voce stonata nel panorama delle preoccupazione è quella dell’eurodeputato diessino Pittella , possibilista , che sostiene che la “riapertura della centrale non deve dar luogo a prese di posizione ideologiche fuorvianti” ed invita ad una riflessione in quanto “ la produzione di energia da fonti rinnovabili è favorita dall’Unione Europea” L’europarlamentare osserva inoltre che “la trasformazione della centrale ha seguito un iter procedurale autorizzativo al quale lo steso Ente Parco del Pollino ha partecipato e ha dato il proprio assenso”, e che “l'investimento dell'Enel costituisce comunque il più ingente investimento di un’impresa nell'area degli ultimi 40 anni. ”La vocazione propria del territorio del Mercure non è e non deve essere messa in discussione. Il bilanciamento della attività produttive e di servizi deve essere garantito da un ruolo attivo degli attori locali”, conclude Pittella, per il quale “è necessario che i cittadini e i loro rappresentanti locali governino questo processo che può costituire un importante elemento per lo sviluppo del territorio. In questo senso lo studio di fattibilità che le amministrazioni locali dovrebbero realizzare per poter valutare l'impatto potenziale e livello locale, è lo strumento con il quale poter assumere le decisioni più appropriate nel prossimo futuro “. E’ veramente singolare scrivono tutte le associazioni ambientaliste come il parere del diessino Pittella coincidano perfettamente con il Presidente del parco Fino di Alleanza nazionale.
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