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Reggae e mercato
by rebel soul Friday, Jun. 17, 2005 at 12:40 PM mail:

Articolo tratto dalla rivista Infoxoa 017

Downtown Rockerz
di: Giordy I, Downtown Rockerz*

La crescita di mercato raramente coincide con una crescita di conoscenza e consapevolezza da parte
di chi acquista, usa e consuma prodotti "culturali".
I prodotti del mercato discografico sono sempre
più simili a merci industriali prodotte
su scala mondiale, che seguono standard
di commerciabilità e non di qualità

La rivista economica americana Forbes ha recentemente stilato una classifica degli introiti derivati dai diritti d'autore sulle opere di celebrità scomparse. Bob Marley è risultato al 9° posto con guadagni intorno ai 9 milioni di dollari nel periodo set 2002 - set 2003, piazzato tra Tupac Shakur e Marilyn Monroe.

Sean Paul è diventato quest'anno il giamaicano ad aver accumulato nella storia il maggior numero di settimane di permanenza alla numero uno, nella classifica dei cento singoli più venduti negli Stati Uniti (7 settimane contro le 3 di Shaggy). Nella storia della musica giamaicana solo altri 4 cantanti avevano raggiunto l'ambito traguardo del singolo più venduto negli States (Shaggy, Maxi Priest, Ini Kamoze e Carl Douglas).

Nella seconda settimana di ottobre 2003 la top ten della suddetta classifica era occupata per la prima volta nella storia esclusivamente da musicisti "black".

Secondo stime del Governo Giamaicano, nel 2002 i distributori di dischi, cd e cassette dell'isola caraibica, hanno guadagnato più del doppio dell'anno precedente.

Craig Kallman co-presidente dell'Atlantic Records afferma che "è assolutamente il momento della dancehall", e che la sua etichetta vuole fare con la dancehall ciò che Chris Blackwell fece con la Island per il reggae. Dare un mercato mondiale al ragga come genere più che mai vendibile a livello planetario. Cresce il reggae, cresce la "black culture", crescono i consumatori, crescono gli incassi dei produttori.
Per la scena reggae-dancehall questa crescita di mercato è stata negli ultimi anni esponenziale.
In questo contesto fanno un certo effetto le parole del produttore Mikey Bennett, che commentando l'incredibile successo che stanno avendo le ristampe delle produzioni discografiche degli anni '70, invita i media a trovare il modo di far conoscere le figure storiche del reggae ai giovani giamaicani, "che probabilmente non sanno neanche chi sia Lee Perry".
Si parla di quel Lee Perry, musicista e produttore, che nella sua geniale follia contribuì non poco alla carriera di Bob Marley e al suono degli Wailers.
La crescita di mercato raramente coincide con una crescita di conoscenza e coscienza da parte di chi acquista, usa e consuma prodotti "culturali". I prodotti del mercato discografico sono sempre più simili a merci industriali prodotte su scala mondiale, che seguono standard di commerciabilità e non di qualità del prodotto.
La scena reggae giamaicana ed internazionale non è esente da tutto ciò, come abbiamo forse ingenuamente pensato per molti anni. Neanche noi lo siamo.
La scena italiana dei sound system vive oggi più che mai una crisi di contenuti ed originalità. Un dato certamente legato alla graduale chiusura di molti centri sociali, luoghi in cui la musica reggae è stata ed è una delle "scene" più presenti. Quando è venuto a mancare il contorno, il contesto, il sound system si è ritrovato a dover fare i conti con una realtà molto diversa da prima. Doveva diventare una piccola impresa; i costi di gestione e manutenzione sono elevati e aumentano anche in relazione al moltiplicarsi di iniziative reggae che entrano in competizione tra di loro. Nella maggior parte dei casi coll'attività legata al sound system non si campa, e nella corsa a chi organizza l'evento in grado di attirare più pubblico, chi non ha in mente un progetto "imprenditoriale", risulta sconfitto.
Il mercato ci ha invaso e ha preso il controllo delle nostre passioni.
In Italia si è sviluppata negli ultimi anni una competizione senza senso, tesa alla conquista dell'audience a colpi di dubplate più che di sostanza. La dubplate è un brano registrato dal cantante e dedicato ad un determinato sound system. Questa tradizionale pratica dei sound giamaicani si è diffusa a livello internazionale costituendo un mercato parallelo con cifre da capogiro; un giro di affari che garantisce ai cantanti entrate forse maggiori di quelle derivate dalla vendita dei dischi. Un singolo brano di Bounty Killer, Sizzla o Capleton costa tra i 500 e i 600 euro, circa tre volte di più di una dubplate registrata da Horace Andy. Un sound system che abbia l'ambizione di fare serate in giro per l'Italia o l'Europa spende oggi in dubplates migliaia e migliaia di euro ogni anno.
Tutto questo spesso cela un' incapacità cronica a tirare fuori prodotti originali, in cui la validità del progetto sia l'elemento vincente, e non quanti soldi puoi spendere per accaparrarti la "killer tune" del dj ragga più in voga.
In mancanza di una propria originale modalità espressiva, il sound system ha delegato ai dischi l'espressione di una volontà di rivolta, ribellione, riscatto dall'oppressione. Ha perso in originalità e molti si sono ritrovati ad interpretare il ruolo preconfezionato del dj. In questo campo sono le leggi di mercato a stabilire le regole del gioco.
Negli ultimi dieci anni i sound system hanno dato vita a migliaia di iniziative in tutta Italia.
L'approccio “militante” di chi non si sentiva un semplice dj, ma “ambasciatore” di una cultura in cui si riconosceva e che riconosceva come una straordinaria fonte di spunti per la liberazione degli individui dalla schiavitù fisica e mentale, sfociava naturalmente nella rivendicazione del legame tra la musica che si suonava e le lotte sociali, i luoghi in cui si suonava, e le persone che venivano ad ascoltare.
Invece di investire su questa ricchezza, si sono spese montagne di quattrini in dubplates e non si è riusciti a dare forza e visibilità alla scena reggae italiana a livello internazionale. Ad emergere sono stati quei pochi che avevano la possibilità di dare vita ad un percorso imprenditoriale. Tutti quei soldi avrebbero potuto finanziare progetti collettivi di produzione musicale, alimentare un circuito indipendente, costruire percorsi di reddito. Una lezione in questo senso ce l'hanno data i tedeschi, che nel giro di pochi anni sono emersi a livello internazionale con una miriade di produzioni discografiche reggae-dancehall indipendenti, originali e di straordinaria qualità. Loro hanno capito che la via giusta era collaborare e non entrare in competizione, essere originali e non scimmiottare i giamaicani.

*Downtown Rockers è una delle trasmissioni radiofoniche reggae più antiche e longeve di Roma, in onda ogni mercoledi dalle 23.30 sulle frequenze degli 87.9 di Radio Onda Rossa, ascoltabile anche in rete dal sito http://www.ondarossa.info

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ottimo
by chris Friday, Jun. 17, 2005 at 1:51 PM mail:

mai letto parole piu' assennate!
bisognerebbe disribuirlo in volantini alle dancehall e ai vari sound, specialmente quelli di recente formazione che, al pari dei giovani jamaicani, non sanno chi sia Lee Perry o gli innummerevoli artisti dello stesso calibro.
massimo rispetto (quello vero)

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bella
by cikostep Friday, Jun. 17, 2005 at 4:58 PM mail:

bella Jordy
back to the roots

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sud sound system
by scaricare!! Friday, Jun. 17, 2005 at 5:16 PM mail:

a proposito qualcuno sa dove si puo scaricare l'ultimo dei sss??

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rootz
by gnm Friday, Jun. 17, 2005 at 5:19 PM mail:

Alla gente che segue il reggae, penso soprattutto a quelli che lo scoprono in questi anni, non interessa la musica, ma tutta l'immagine che è stata costruita intorno - altrimenti come si spiegano migliaia di persone impazzite che lanciano fiammate con i tubi di lacca davanti a Capleton (l'anno scorso al Sunsplash) mentre lui dal palco sostanzialmente li prende per il culo, oltre a non finire un pezzo (e sticazzi vabbene come again wheel pull up ma quando lo faceva yellowman poi ripartiva e spaccava, ora lo fanno perchè non ce la fanno a finire con quelle voci assurde e sforzate).

Anche nelle dancehall, invece dei volantini di Lee Perry, bisognerebbe mettere i dischi di Lee Perry, Coxsone Dodd, King Tubby, che tra l'altro spaccano molto di più del ragga superdigitale e mainstream dei giorni nostri.

Ma vuoi mettere il gas che ti da un pezzo di Horace Andy, Johnny Clarke, Barry Brown con uno di Sizzla?

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ma compratelo
by supporta musica indipendente Monday, Jun. 20, 2005 at 4:23 PM mail:

per quanto non e' certo dai dischi che gli artisti guadagnano, mi pare propiro una cazzata scaricare il cd del sss...

cattatelu!!!

ciao
salento nel cuore...

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