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CRACK PARMALAT E MASSONERIA
by bisio Monday, Mar. 08, 2004 at 11:34 AM mail:

vediamo se salta fuori un 2° banco Ambrosiano... piano piano... dategli il tempo di far sparire tutto, a voi popolino non è dato di sapere cosa fanno con i Vs. soldi.

Latte e «grembiulini»
Marcello Pamio

Ogni giorno che passa saltano fuori nuovi e inquietanti tasselli nel caso che sta coinvolgendo e sconvolgendo l'Italia intera della finanza e non solo: il Parmacrack. All'immenso «buco nero», che ha inghiottito svariati miliardi di euro, si sono infatti aggiunti altri misteri, che infittiscono ulteriormente la già intricata matassa. Il primo di questi misteri, riguarda la presunta interferenza di qualche potente «fratello» massone nel crack dell?azienda di Collecchio; mentre il secondo ha a che fare con la totale assenza mediatica delle inquietanti dichiarazioni del Cavalier Tanzi.
Partiamo dai «grembiulini», che in gergo è sinonimo di massoni.
Una perquisizione, ordinata dalla Procura della Repubblica di Milano, all?abitazione e agli uffici di Mario Mutti, ha scoperto dei documenti inequivocabilmente di matrice massonica[1]. Mario Mutti, già direttore generale della Federconsorzi, amico di Silvio Berlusconi (messo a capo della Standa nel 1989, successivamente divenne proconsole del Gruppo Fininvest in Spagna[2]), e fino al 1998 consigliere d?amministrazione di Parmalat, oggi è a capo di una società in amministrazione straordinaria (praticamente fallita, ndA): la Tecnosistemi.
Oltre a questi documenti ? già di per sé molto intriganti - che certificano, se così si può dire, la sua appartenenza alla «libera muratoria» (incartamenti del Grande Oriente, ecc.), il nome di Mutti compare addirittura nelle liste di «Stay behind», ovvero la mitica rete Gladio!
Avete capito? Un imprenditore con tanto di «grembiulino», «squadra» e «compasso», iscritto pure nell?organizzazione segreta creata dall?Alleanza Atlantica negli anni Sessanta per contrastare la presa del potere dei comunisti!
Ma cosa unisce Mutti, Tanzi e perfino Cragnotti? O meglio, quali intrecci economici legano Tecnosistemi, Parmalat e Cirio? Guarda caso queste aziende hanno robusti interessi in Brasile, e ancora per caso, tutte e tre sono rappresentate in Sud America dalla stessa medesima persona: Gianpaolo Grisenti - il manager indicato da Fausto Tonna come il regista delle operazioni che segnarono l?inizio dei guai di bilancio di Parmalat. A questo proposito, un magistrato di San Paolo, Carlos Henriques Abrao, ipotizza uno scenario di finanza allegra (dai buchi che hanno creato devono essersi proprio divertiti molto!) ma soprattutto «un corposo flusso di riciclaggio di denaro sporco»[3].
Una parte di questo denaro sarebbe finito nelle mani di moltissimi esponenti della politica e dell?informazione italiana.

E siamo arrivati al secondo punto: l?oscurantismo mediatico sulle dichiarazioni-fiume di Calisto Tanzi. Sembra infatti che il patron di Parmalat, vista l?atmosfera sanremese, stia «cantando» come un fringuello a primavera: nomi e cognomi di imprenditori, giornalisti, politici e uomini dell?attuale e del precedente governo. Tutti fruitori, secondo lui, di elargizioni milionarie che se non hanno provocato il mega crack, hanno certamente dato un bell'aiutino.
Fuori i nomi: direbbe qualcuno!
E invece, gli addetti della stampa, i responsabili dell?informazione, oltre a fischiettare qualche canzonetta di Sanremo, e criticare - anche se giustamente - un Vespa «nassiyriaco-dipendente», fanno orecchie da mercante! Perché? Cosa bolle in pentola?
Un pentolone mostruosamente grande e complesso, scoperchiato solamente dal giornale «Libero».
Il quotidiano di Feltri, ha infatti pubblicato in diverse puntate, i verbali di Tanzi nei quali nero su bianco, sono scritti nomi e cognomi. Ovviamente è necessario attendere il lavoro della magistratura incaricata, per cui il condizionale in questo caso è d?obbligo. Detto questo, partiamo dal barbuto direttore de «Il Foglio», Giuliano Ferrara, il quale avrebbe «ringraziato», per una valigia consegnata personalmente da Tanzi, contenente 1 miliardo di lire (tutto in contanti!); Mario Segni invece per la preparazione al Referendum del ?99, si è accontentato di 50 miseri milioni (di lire); l?ex presidente Oscar Luigi Scalfaro «non ricorda di aver preso i soldi»[4], ma ha precisato, che nel caso «si dovesse accertare qualcosa» se ne assumerebbe doverosamente ogni responsabilità[5]; Enrico La Loggia, senatore di Forza Italia, avrebbe invece mantenuto «una consulenza legale fissa»[6] con Calisto; il Ministro dell?Agricoltura Gianni Alemanno, ha incamerato (il condizionale non serve perché lo ha ammesso lui stesso), oltre 74 mila euro per una pubblicità nel suo mensile «Area», dicendo di non essere a conoscenza della provenienza[7], (altrimenti, cosa avrebbe fatto??); Ferdinando Adornato deputato di Forza Italia e presidente della Commissione Cultura della Camera, avrebbe ricevuto per la sua prestigiosa pubblicazione «Liberal», circa 500 milioni di lire.
E la lista continua con i nomi dell?ex ministro dell?Agricoltura nel governo D?Alema, Paolo De Castro e Massimo D?Alema stesso; Romano Prodi avrebbe usato addirittura i 300 milioni di finanziamento per il pullman della campagna elettorale; Silvio Berlusconi avrebbe «registrato a bilancio 400 milioni targati Tanzi nel 1994»[8]; Pierferdinando Casini, sempre citato da Tanzi, «come percettore di liquido»[9]; Donatella Dini, Pierluigi Castagnetti, Renato Lusetti, ecc. ecc.
Come avrete capito, Calisto Tanzi ha «unto» tutti, senza risparmiare alcuno: in politica i «biscotti» nel latte di Parma li hanno «inzuppati» in molti, da sinistra a destra passando per il centro, nonché qualche esponente del governo attuale e dei precedenti; pure nei media, stando sempre ai verbali, giornalisti e direttori se la sarebbero cavata molto bene nel gioco dell'inzuppo del biscotto. Ovviamente è necessario attendere che la giustizia faccia il suo corso, ma constatando l?omertà mediatica di questi giorni nasce un forte sospetto che qualche influente personaggio ha ancora i cassetti della scrivania pieni di briciole?
[1] «La Repubblica», Luca Fazzo e Marco Mensurati
[2] Idem
[3] Idem
[4] «Libero» 5 marzo 2004
[5] «Avvenire» 6 marzo 2004
[6] Idem
[7] «Libero» 6 marzo 2004
[8] «Libero» 6 marzo 2004
[9] Idem

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il crac Parmalat e gli insegnamenti marxisti
by sole rosso Monday, Mar. 08, 2004 at 11:50 AM mail:

Un sistema corrotto e putrefatto
Il governatore Fazio indagato per favoreggiamento
Coinvolto nella truffa di Banca 121
http://www.pmli.it/fazioindagatofavoreggiamento.htm

La più grande truffa del secolo
Il crac Parmalat svela il marciume del capitalismo italiano
Le responsabilità dei governi Berlusconi e di "centro-sinistra"
Dieci anni dopo il crac da 28.000 miliardi di lire della Ferfin-Montedison di Ferruzzi e Gardini e della maxitangente Enimont, il 10 dicembre un altro colosso del capitalismo italiano ed europeo, la Parmalat Finanziaria spa di Calisto Tanzi, è finita sul lastrico schiacciata da una montagna di debiti.
Secondo quanto finora accertato dalle procure di Milano e Parma che indagano sulle acrobazie finanziarie del colosso alimentare di Collecchio i debiti della Parmalat si aggirano intorno ai 10,5 miliardi di euro, pari a oltre 20 mila miliardi di lire, cioè lo 0,8% del prodotto interno lordo italiano, accumulati nel corso degli ultimi 15 anni di attività del gruppo attraverso evidenti trucchi finanziari, mega speculazioni, alchimie bancarie, falsi bilanci costruiti su crediti inesistenti, occulte triangolazioni finanziarie con società offshore nei paradisi fiscali di tutto il mondo e intrighi politici e finanziari ancora tutti da chiarire.
Insieme al padrone Calisto Tanzi, presidente della Parmalat, arrestato il 27 dicembre a Milano con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta, frode fiscale, truffa aggravata, aggiotaggio, falso in bilancio e false comunicazioni sociali, il 31 dicembre sono finiti in carcere altri otto fra manager, revisori e consulenti esterni che in combutta con il patron di Collecchio (al quale nel frattempo sono stati recapitati altri due ordini di custodia in carcere) hanno contribuito al fallimento del gruppo. Per tutti le accuse sono di associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, false comunicazioni sociali e, a vario titolo, diversi reati societari.
I mandati di cattura riguardano gli ex direttori finanziari Parmalat Fausto Tonna e Luciano Del Soldato; Lorenzo Penca e Maurizio Bianchi consulenti della società di revisione Grant Thornton, l'avvocato Giampaolo Zini, consulente legale della Parmalat il cui studio è stato perquisito, e due contabili dell'azienda, interrogati nei giorni scorsi, Gianfranco Bocchi e Claudio Pessina. Inoltre, Francesco Giuffredi, ex consigliere Parmalat. Giovanni Bonici, direttore Parmalat Venezuela, è invece tuttora latitante all'estero.
Sono loro, secondo quanto finora accertato dalle procure di Milano e Parma, gli uomini che su ordine di Tanzi hanno materialmente ideato e messo in essere il sofisticato e allo stesso tempo marchiano "sistema'' di falsi e triangolazioni finanziarie necessario a distrarre miliardi di euro dai conti della società parmense.
Per gli inquirenti Tanzi era a capo di "Un'associazione allo scopo di commettere più delitti (falsi in bilancio e truffe in danno del mercato) finalizzati a mantenere occultato il grave dissesto finanziario della società (dovuto alla crisi dell'attività produttiva oltre che alle ingenti distrazioni di denaro operate dal Tanzi) ed a continuare a ricorrere al credito mediante l'emissione di bond'' causando, come ha scritto il gip di Milano Guido Salvini nelle motivazioni di convalida dell'arresto di Tanzi: "una delle più grandi `voragini finanziarie' che si sono verificate nella storia dell'imprenditoria italiana''.
La "banda'' di Collecchio era ben organizzata, ognuno aveva un compito ben preciso: il capo Tanzi indicava a Tonna (e in seguito a Del Soldato) gli obiettivi da raggiungere; Bocchi falsificava i documenti della Bonlat con la collaborazione del Pessina e del Bonici; i bilanci fasulli passavano poi nelle mani dei revisori della Grant Thornton, Bianchi e Penca, che avallavano il tutto; infine interveniva l'avvocato Zini che era addetto a escogitare gli strumenti finanziari "idonei al raggiungimento dello scopo dell'associazione''.
Insomma un meccanismo ben oliato che ha iniziato a operare nel lontano 1985 e che ha permesso a Tanzi di "distrarre'' dalla Parmalat "a suo favore e di sue società non facenti parte del gruppo la somma di circa 800 milioni di euro'' e ha consentito al gruppo di occultare le ingenti perdite attraverso un sistema di società offshore nelle Antille e Cayman. In questo modo la banda Tanzi è riuscita a sostenere il titolo in Borsa e ha continuato, con la complicità delle banche, a raccogliere capitali sul mercato attraverso l'emissione di bond truffando migliaia di risparmiatori.

Il crollo dell'impero in 12 mesi
Grazie alle protezioni politiche di Tanzi, democristiano doc, sostenitore e amico intimo di Andreotti, Goria e soprattutto di Ciriaco De Mita, e ultimamente anche finanziatore delle campagne elettorali di Forza Italia e alleato di Berlusconi per l'acquisizione di alcune reti televisive, tutto è filato liscio per quasi cinque lustri. Fino al 26 febbraio 2003 quando la Parmalat annuncia un bond da 300 milioni rivolto a investitori istituzionali della durata di sette anni. La Borsa risponde con un crollo del titolo del 9% per mancanza di informativa sull'operazione, l'azienda è costretta a cancellare il bond ma ribadisce la propria solidità.
Il 26 marzo Fausto Tonna, in seguito al pasticcio del bond di febbraio, lascia l'incarico di direttore finanziario, sostituito da Alberto Ferraris e da Luciano del Soldato, ma rimane nel Cda.
Il 10 aprile la Parmalat annuncia un rapporto tra posizione finanziaria netta e patrimonio netto salito all'83%.
Il 18 giugno viene emesso un nuovo bond da 300 milioni, interamente comprato da Nextra (Intesa).
Il 15 settembre ancora un bond da 350 milioni viene interamente sottoscritto da Deutsche Bank. Lo stesso giorno però Standard & Poor's rivede al ribasso, da positivo a stabile, l'outlook, confermando invece i rating del gruppo.
Sull'onda della vicenda Cirio, il 6 novembre la Consob chiede al gruppo di chiarire nella prossima trimestrale come intende rimborsare i bond in scadenza fino al 2004. La Parmalat risponde all'Autorità che i bond saranno rimborsati utilizzando la liquidità e la Consob approva.
L'11 novembre però la Deloitte & Touche esprime forti dubbi sull'investimento nel fondo Epicurum delle Isole Cayman. Tanzi respinge le ipotesi di dissesto e ribadisce la solidità finanziaria del gruppo. Ma a fine giornata Standard & Poor's pone sotto creditwatch negativo tutti i rating assegnati ai titoli Parmalat a causa dei dubbi relativi alla contabilità dell'azienda e alle modalità in cui ha investito la propria liquidità.
Il 14 novembre Alberto Ferraris lascia la funzione di direttore finanziario e la direzione Finanza viene accorpata all'Amministrazione e Controllo diretta da Luciano Del Soldato.
L'8 dicembre scade il bond da 150 milioni di cui è in dubbio il rimborso. La Consob chiede al gruppo di dare informazioni e di rassicurare il mercato. Parmalat comunica che il fondo Epicurum non ha proceduto alla liquidazione della quota alla scadenza prevista del 4 dicembre e il titolo viene sospeso.
Il 9 dicembre il Cda assicura che il bond verrà rimborsato entro il 15 dicembre, accoglie le dimissioni di Del Soldato e nomina Enrico Bondi superconsulente. Tanzi parla di "momento difficile'' e assicura l'impegno della famiglia. Ma Standard & Poor's declassa Parmalat a livello di junk bond (titolo spazzatura) e il giorno successivo taglia il rating a livello CC/C e parla di rischio default. Tanzi e Bondi vengono ascoltati dalla Consob mentre Tonna lascia il Cda e tutti gli incarichi nel gruppo.
Il 12 dicembre Piazza Affari annuncia che il bond da 150 milioni è stato rimborsato. Un successo raggiunto grazie a Enrico Bondi, all'Erario e un gruppo di banche con alla testa Mediobanca e Lazart.
Il 15 dicembre Tanzi lascia le cariche. Tutti i poteri vengono affidati a Enrico Bondi che per conto di Mediobanca e Lazard affronta la difficile situazione economica e finanziaria del gruppo.
Il 19 dicembre nuovo scivolone in borsa dopo che Bank of America ha negato l'esistenza di liquidità della Parmalat per 3,9 miliardi di euro di pertinenza della Bonlat. Il titolo crolla a 0,11 centesimi e diventa praticamente carta straccia.
Il 23 dicembre il governo vara un decreto ad hoc per avviare l'amministrazione controllata del gruppo ed evitare il fallimento.
Il 27 dicembre Tanzi finisce in galera a Milano, 4 giorni dopo anche gli altri 8 componenti della "banda'' finiscono in manette.

Scaricabarile politico e istituzionale
Di fronte a tutto ciò è difficile credere che né gli organi di controllo a cominciare da Bankitalia e Consob, né il governo con alla testa il ministero del Tesoro si fossero mai accorti di niente.
Possibile che il neoduce Berlusconi, Tremonti, il governatore di Bankitalia Fazio e i vertici della Consob fossero all'oscuro di tutto e ora giocano allo scaricabarile per salvaguardare ognuno i propri interessi, mentre migliaia di risparmiatori sono finiti letteralmente sul lastrico?
La verità è che il crac della Parmalat, così come la vicenda Cirio e i precedenti scandali finanziari, Ferfin, Efim, Fedit, tanto per citarne alcuni tra i più eclatanti, non costituiscono un'anomalia in un "sistema sostanzialmente sano'' ma al contrario sono la norma. Confermano che il capitalismo italiano è marcio e rappresentano il frutto amaro e ineluttabile di questo sistema economico e delle sue strutture sia a livello politico che finanziario non solo in Italia ma in tutto il mondo, come fra l'altro dimostrano le vicende Enron in America, Vivendi in Francia e così via. L'alta finanza, le banche e i grandi potentati economici del sistema capitalista sono in realtà una giungla popolata da pescecani senza scrupoli, sempre alla ricerca del massimo profitto e di nuovi mercati da sfruttare e derubano i piccoli risparmiatori investendo ingenti capitali in operazioni finanziarie di tipo speculativo e ad altissimo rischio nei famigerati paradisi fiscali. Una palude dove sguazzano personaggi come Tanzi che grazie a influenti amicizie politiche e lauti finanziamenti a favore delle cosche parlamentari sia della destra che della "sinistra'' del regime neofascista dal nulla riescono ad ottenere migliaia di miliardi di credito e pensano solo a gonfiare il proprio portafoglio fregandosene delle aziende e di chi ci lavora.
Non è un mistero che Tanzi, finita la DC e l'intesa con De Mita che lo lanciò in Borsa e gli fece avere i fondi della legge speciale per il terremoto coi quali aprì uno stabilimento Dietalat a Nusco, dopo tangentopoli, rivolse le sue "attenzioni'' sull'Ulivo appoggiando la candidatura di Prodi alle politiche del '96 e addirittura nel 2001 diventò anche azionista di Nomisma.
è vero che in Italia il sistema dei controlli è a dir poco inadeguato, per non dire connivente con certe mega speculazioni finanziarie, e le compagnie di revisione di fatto non si possono nemmeno rifiutare di certificare i bilanci fasulli delle società che le tengono a libro paga pena la perdita del contratto. Ma è altrettanto vero che nel corso degli ultimi anni il governo del neoduce Berlusconi e quelli di "centro-sinistra'' con la deregolamentazione del diritto societario e la depenalizzazione del falso in bilancio hanno di fatto autorizzato la manipolazione dei bilanci societari e le vicende Cirio, Parmalat, Banca 121, Coin, e tanti altri ne sono la diretta conseguenza. E che le cose stiano effettivamente così lo conferma anche il procuratore aggiunto di Milano, Angelo Curto, responsabile del dipartimento sui reati finanziari che il 21 dicembre a proposito del crac Parmalat ha detto: "da quando si è abbassata la soglia di punibilità per questi reati credono di poter fare tutto quello che vogliono''.
Del resto lo stesso Berlusconi, che di reati fiscali e società offshore se ne intende, al momento dell'approvazione della legge commentò che "è un preciso dovere di un buon amministratore aggirare il fisco ogni volta che ne ha la possibilità, per il bene della propria azienda''.
E ora che il danno è venuto a galla, invece di colpire i responsabili, il neoduce Berlusconi coglie la palla al balzo per assoggettare il sistema bancario all'esecutivo esattamente come ha fatto con la magistratura. Infatti sull'onda del clamore suscitato dello scandalo Parmalat Tremonti ha già presentato un disegno di legge per la costituzione di una nuova super Authority che abolisce l'indipendenza delle autorità di controllo, Consob, Bankitalia, Isvap e Covip consegnando tutti i poteri di vigilanza del sistema societario e bancario nelle mani del governo.
Mentre sullo sfondo si intravvede un losco intreccio politico-economico-affaristico a dir poco rivoltante: Calisto Tanzi ad esempio è stato, fino a poche settimane fa, membro del consiglio di amministrazione di Capitalia, presieduto da Cesare Geronzi, per lungo tempo dirigente di Bankitalia e grande amico di Fazio.
L'ex Banca di Roma, oggi Capitalia, era socia della holding di Sergio Cragnotti quando ha curato la vendita delle attività lattiere della Cirio a Parmalat, tra cui la Centrale del Latte di Roma, privatizzata da Rutelli. Capitalia è contemporaneamente anche la principale banca creditrice sia di Parmalat che di Cirio.
I figli di Tanzi, proprietario anche del Parma calcio, di Cragnotti, presidente anche della Lazio, e di Geronzi, presidente di Capitalia, hanno costituito una società che cura gli interessi di oltre 200 dei più noti e pagati calciatori e allenatori italiani, la Gea World, vero colosso del mondo del calcio.
Fino a qualche mese fa era membro della società anche il figlio di Ciriaco De Mita, padrino politico di Tanzi, oggi direttore generale della Lazio. Infine, è da ricordare che Capitalia, ex Banca di Roma, vanta crediti per svariati milioni di euro verso i principali partiti di entrambi i poli.

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ANCHE LA CHIESA CATTOLICA NEL PARMACRAK
by HA(A)CKE Monday, Mar. 08, 2004 at 2:07 PM mail:

Misteri Parmalat = Mistero Calvi?

di Fabio Tamburini
[da Il Sole 24 Ore, 14 gennaio 2004]

Lussemburgo e ipotesi di riciclaggio, stretti legami con la politica, P2 e Vaticano, Sud America e Nicaragua, back to back e capitali misteriosi, società off-shore di ieri e di oggi: le inchieste sul crollo clamoroso della Parmalat stanno rivelando analogie con il crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Semplici coincidenze? Oppure il re del latte, ben conosciuto per la profonda fede cattolica, e il banchiere alla guida di quella che era definita "la banca dei preti" hanno percorso pezzi degli stessi percorsi, sia pure a distanza di una ventina d'anni. Certo la sensazione che il fallimento di Parmalat non sia soltanto un caso di Caporetto industriale e finanziaria è forte e acquista peso ogni giorno che passa perché si stanno delineando circostanze inquietanti. A partire dalla difficoltà di rispondere ad una domanda molto semplice: come è possibile che il gruppo abbia accumulato perdite così gigantesche? Ecco perché, ormai da un paio di settimane, l'attenzione è rivolta a verificare se c'è dell'altro.

E ogni segnale viene vagliato con estrema attenzione sia da chi sta seguendo le vicende Parmalat al massimo livello investigativo sia dalla task force dell'americana Sec, arrivata in Italia il 1 gennaio scorso. In più contribuiscono ad alimentare i sospetti la ricostruzione delle ultime mosse di Calisto Tanzi prima dell'arresto e capitali misteriosi che risultano dalle dichiarazioni rese ai magistrati dallo stesso imprenditore.
Vicende che ricordano alla memoria proprio il crack dell'Ambrosiano. Perchè Tanzi è volato in Svizzera e in Ecuador facendo tappa in Portogallo? E perché ha accreditato con il Sanpaolo Imi e negli interrogatori la possibilità che un imprenditore, Luigi Manieri, rilevasse asset del gruppo per 3,7 miliardi di euro all'inizio del dicembre scorso? Manieri smentisce seccamente i verbali di Tanzi ma, almeno per il momento, il giallo rimane.
Così come, vent'anni dopo, rimangono oscuri i veri motivi che spiegano il viaggio a Londra di Calvi. Il banchiere, dopo l'ultima cena a cui parteciparono Florio Fiorini, ex direttore finanziario dell'Eni nonché fondatore della Sasea, rilevata dal Credito svizzero e dal Vaticano, e Karl Kahane, l'uomo d'affari austriaco con interessi in mille faccende, passò gli ultimi giorni della sua vita nella capitale inglese. Con ogni probabilità, anche se non risultano conferme, cercava capitali di soccorso, stava tentando di organizzare investimenti significativi che sarebbero serviti a scongiurare, sia pure all'ultimo minuto, il crollo del gruppo. Il faccendiere Francesco Pazienza, tramite tra Calvi e l'allora capo del Sismi, Giuseppe Santovito, è arrivato ad evocare interventi dell'Opus Dei ma, in proposito, non esiste alcun riscontro.
Suscita curiosità la partecipazione di Calisto Tanzi al capitale di una finanziaria lanciata da Fiorini all'inizio degli anni Ottanta, la Sidit, Società italo-danubiana d'investimenti e trading, di cui era azionista anche l'austriaco Kahane. Proprio Sidit, come hanno scritto le cronache finanziare dell'anno 1983, doveva essere il veicolo del tentativo di salvataggio dell'Ambrosiano, di cui Fiorini è stato l'artefice. E sempre Tanzi ha rilevato dal patron di Sasea una società decotta, Odeon tv, con il carico di deficit per 90 miliardi di lire che ha rappresentato uno dei primi buchi, coperto ricorrendo a falsificazioni di bilancio.
Erano tempi in cui la triangolazione imprese, affari e politica generava rapporti perversi. Calvi, banchiere cattolico per definizione, finanziava massicciamente Pci e Psi. Tanzi, anche se non risultano prove di tangenti, ha sempre seguito passo dopo passo le campagne elettorali della Democrazia Cristiana e della opposizione. Ben conosciuti sono gli stretti legami con l'allora segretario della Dc, Ciriaco De Mita, che festeggiò nomine al vertice del potere brindando a casa di Tanzi, la cui Parmalat ha costruito una presenza industriale importante proprio nel feudo demitiano di Nusco, in provincia di Avellino.
L'elicottero dell'imprenditore era sempre disponibile per trasportare esponenti di spicco del mondo vaticano, tra cui monsignor Agostino Casaroli, in passato segretario di Stato. E Calvi aveva come partner privilegiato lo Ior, guidato da un altro monsignore influente: Paul Marcinkus, crocevia dei sospetti su una lunga serie di attività dell'Ambrosiano. Lo strumento, fin da allora, erano operazioni back to back, sospettate di coprire finanziamenti allo lor. Back to back che risultano ricorrenti, su altri versanti, tra società Parmalat. Il network di Tanzi spaziava dal Lussemburgo, sede della finanziaria capofila delle partecipazioni estere dell'Ambrosiano, utilizzata da Calvi per controllare il gruppo, al Centro e Sud America.
Nel primo caso il regno di Calvi era il Nicaragua, dove il gruppo controllava una delle maggiori banche del Paese e dove Parmalat stava considerando l'acquisto di due istituti. Per quanto riguarda il Sud America, invece, il ricordo del Banco Andino, in Perù, formidabile generatore di transazioni irregolari per conto di Calvi, è ancora ben presente, mentre Tanzi ha roccaforti in Brasile, Venezuela, Argentina, Ecuador, laboratori di operazioni sospette.
Ultime analogie: i rapporti con Giuseppe Ciarrapico e i revisori della Touche Ross, poi Deloitte Touche. Ciarrapico è stato processato per concorso in bancarotta fraudolenta nel crack dell'Ambrosiano. Tanzi ha accusato il presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, di avergli fatto acquistare la società di acque minerali Ciappazzi, controllata da Ciarrapico, ad un prezzo di gran lunga superiore al valore reale. Touche Ross, secondo Pazienza, è la società di revisione che nella sede londinese ha custodito un rapporto rimasto segreto sulle società estere dell'Ambrosiano. Deloitte Touche è una delle due società di revisione della Parmalat.

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