La comunità internazionale ha iniziato a valutare le stime effettive delle
presumibili perdite durante il periodo della guerra che gli Stati Uniti hanno
sferrato contro l’Iraq. Molti esperti ed analisti hanno pareri discordanti sui
riflessi economici di questa guerra, le cui conseguenze non risparmieranno,
all’incirca, nessun paese sviluppato ed avanzato del mondo. A livello
internazionale emerge la sola opinione dei consiglieri economici in Germania, i
quali sostengono che una guerra a lungo termine con l’Iraq si affiancherà ad
un’economia internazionale sprofondata nelle grinfie del ristagno, in
particolare all’ombra di un avventato aumento dei prezzi del petrolio a 100
dollari al barile; ciò nel caso in cui il periodo di belligeranza si protraesse
ulteriormente e se questo causasse il blocco delle esportazioni dell’Iraq e dei
paesi dell’aerea che rappresentano circa il 70% delle riserve mondiali di
petrolio. Quanto alle conseguenza economiche di questa guerra sul continente
europeo, la Commissione Europea, che in passato ha diffidato dall’intraprendere
una guerra in Iraq, ha affermato che la crescita economica nella zona dell’euro
si arresterà e sprofonderà in modo totale in una situazione di recessione.
Asia
Quanto al continente asiatico, uno studio condotto dal gruppo
“Economist”recentemente ha rivelato che metà dei paesi dell’Asia sono oppressi
dalle inquietudini economiche e dalla loro crescita, qualora la guerra si
perpetuasse per mesi. Lo studio ha dimostrato che l’aumento dei prezzi del
petrolio di circa il 10% avrà come conseguenza un arresto della crescita
economica in Asia dello 0,23% e un aumento dell’inflazione dello 1,1%. Il
risultato della guerra ritenuto più probabile è che l’Asia, in anno, sprofondi
in una depressione inflazionistica con un arretramento del PIL al 3,1% ed un
aumento dell’inflazione al 14%. Ma se questa guerra terminasse in un mese o mese
e mezzo, le sue conseguenze sui paesi asiatici sarebbero minori. Gli economisti
sostengono che la produzione interna perderebbe soltanto lo 0,41%, mentre
l’inflazione salirebbe soltanto del 3%.
Francia, Russia, Germania
Per quanto riguarda i paesi contrari alla guerra in Iraq, molti degli
osservatori pensano che il motivo principale della posizione di Francia, Russia
e Germania dipenda, in primo luogo, da cause economiche. Questi paesi ed i
restanti paesi industrializzati passano da anni attraverso negative situazioni
economiche, di cui non hanno mai fatto menzione. Essi temono, dunque, un
protrarsi del periodo di guerra e il conseguente aumento del petrolio, ciò
porterebbe ad un aggravamento delle situazioni in cui si trovano. Questi paesi
paventano la perdita di contratti petroliferi stipulati con l’Iraq, che valgono
decine di miliardi di dollari. La Francia ha firmato contratti petroliferi
attraverso i quali le società sono in grado di controllare la produzione di
campi petroliferi il cui volume si aggira attorno ai 36 miliardi di barili.
La situazione dalla parte della Russia è più grave, poiché l’Iraq è tornato ad
essere il suo maggior partner commerciale in Medio oriente, ed aveva stipulato,
nel settembre scorso, accordi commerciali per un ammontare di 40 miliardi di
dollari. Allo stesso modo Mosca teme perdite per 8 miliardi di dollari
consistenti in aiuti militari dal tempo della guerra contro l’Iran, un’eredità
del periodo sovietico. Alcuni esperti russi temono che il loro paese si trovi a
perdere una somma di 50/60 miliardi di dollari, che è l’ammontare dei contratti
civili che hanno completato la maggior parte degli accordi tra i due paesi e
circa 70/80 miliardi di dollari che, invece, l’ammontare dei contratti militari
che sono stati firmati con l’Iraq dopo l’abolizione delle sanzioni che gli erano
state imposte.
Turchia
Per quanto riguarda le conseguenze legate a questa guerra sulla Turchia, tenuta
in grande considerazione, si ipotizza che Ankara subirà grosse perdite, attorno
ai 100 miliardi di dollari, risultato di dodici anni di embargo sull’Iraq, in
quanto sono stati sospesi i commerci di frontiera e sono stati confiscati i
condotti che trasportavano il petrolio dall’Iraq alla Turchia. Ankara teme che
le perdite a causa di questa nuova guerra saranno maggiori che in passato. Ciò
giustifica la posizione del governo nel suo tentativo la lasciar passare un
accordo di cooperazione militare con gli Stati Uniti nella loro guerra contro
l’Iraq in cambio di aiuti finanziari. Washington ha avanzato una proposta al
governo turco, la quale si avvicina agli 8/9 miliardi di dollari, oltre a
prestiti per 25/30 miliardi di dollari.
Paesi arabi
Si ritiene che le conseguenze della guerra sulla Giordania saranno gravi, l’Iraq
rappresenta uno dei più importanti pilastri su cui la Giordania si è basata
nella costruzione della su economia. L’Iraq assorbe più del 20% del totale delle
esportazioni giordane e soddisfa il fabbisogno petrolifero del regno, fabbisogno
che ammonta a 5 milioni di tonnellate di petrolio all’anno, per un ammontare di
700 milioni di dollari, corrispondente a 1/3 del bilancio annuale della
Giordania. In questa situazione si prevede che diminuirà la capacità della
Giordania di attirare investimenti stranieri per improntare nuovi progetti.
Sull’ economia egiziana le conseguenze della guerra saranno dolorose; si prevede
che causeranno una nuova crisi nel settore del turismo (ancora non si è ripreso
dalla crisi che ha colpito il settore a seguito degli avvenimenti del settembre
2001). Questo settore costituisce uno dei tre settori emergenti nell’economia
del paese, allo stesso modo si teme una fuga degli investimenti stranieri. Si
prevede una riduzione di circa il 10% delle entrate dal Canale di Suez, che
costituisce un’importante fonte di valuta straniera di cui l’economia egiziana
ha bisogno.
Stati Uniti
Da un’altra parte gli esperti americani vedono nella guerra all’Iraq
un’eccellente occasione per l’economia americana, in particolare nel momento in
cui gli Stati Uniti sono stati in grado di ottenere il controllo sull’Iraq ed
hanno aumentato la loro produzione energetica giornaliera fino a sette milioni
di barili; in tal modo è possibile che si ritorni al prezzo di un barili attorno
ai 10/12 dollari. Gli analisti asseriscono che l’economia americana crescerà in
un anno di miliardi di dollari che attualmente spende in energia, mentre la
stessa accoglierà i paesi che sono fonte di petrolio ed in particolare quelli le
cui economie su questo si basano in modo particolare. Si avrà, senza dubbio, un
indebolimento dell’Europa a livello economico ed una sua subordinazione
all’America si economicamente che politicamente, nel caso di vittoria degli
Stati Uniti e la possibilità di realizzare i suoi obiettivi definiti dietro la
guerra