Attenzione : chi vuole leggere l'analisi sui Tg Rai vada subito al capitolo 4.
Altrimenti si legga dall'inizio.
Prima di cominciare, innanzitutto e' bene chiarire due cose : questo manualetto
di autodifesa concerne esclusivamente l'informazione televisiva, in particolare
solo quella della Televisione italiana di Stato (Rai) ed in particolare quella
del telegiornale principale, quello piu'importante e seguito in Italia : il Tg1.
Verranno per ora esclusi dall'analisi i telegiornali del secondo e del terzo
canale di Stato (Tg2 e Tg3 ) e quello di Mediaset, il gruppo privato piu'potente
e a diffusione capillare in Italia : il telegiornale Tg5.
E'opportuno chiarire innanzitutto che l'oggetto di questo manualetto e'
l'informazione televisiva concernente non solo la guerra in Iraq ma anche la
fase che precede, cioe' quella che si e' vissuta in queste settimane, o meglio
mesi, caratterizzati da un'informazione televisiva spesso sottoforma di
alimentazione dell'aspettativa della guerra che spessissimo si traduce a livello
inconscio in favore verso la guerra.
Terza premessa : il presente manualetto prende in considerazione l'informazione
televisiva in Italia dato che l'Italia rappresenta ed ha rappresentato sempre,
per evidenti e storici motivi geopolitici, la base strategica prediletta per gli
Stati Uniti per le loro manovre internazionali politico-strategico-militari; non
e' il caso di ritornare sul fatto che l'Italia rappresenta inoltre e soprattutto
un Paese ripescato dagli Stati Uniti dal fondo della seconda guerra mondiale e
per questo ad essi perennemente debitore in chiave sorpattutto economica.
Chissa' perche' durante il primo governo diessino (o postcomunista) ebbe luogo
senza eccessive difficolta' la guerra della Nato nella Federazione Jugoslava, al
di fuori del diritto internazionale, dato che si tratto'in linea di principio di
una guerra di aggressione. Ma non ci dilungheremo in questa analisi. Si chiede
scusa per gli eventuali errori di battitura.
1 - La Tv di Stato in Italia
La televisione di Stato italiana e' emanazione dello Stato. Ad essa e' affidata
la piu'potente macchina informativa esistente sul pianeta Terra, detta Tv. La
televisione di Stato emana quindi l'informazione di Stato. L'informazione di
Stato non puo'che essere manovrata dal giornalismo di Stato. Il giornalismo di
Stato, a sua volta, non potrebbe esistere senza i giornalisti di Stato. Ad essi
e' affidato il compito di diffondere l'informazione necessaria a sostenere
implicitamente le tesi e le posizioni del Governo (e minoritariamente
dell'opposizione). Per questo non e' necessario che i giornalisti di Stato siano
eccelsi. Basta che ubbidiscano. Non che si adeguino, ma che ubbidiscano. Ma
tutto questo lo vedremo piu'avanti.
L'informazione di Stato e' per sua definizione dipendente. Dipende da noi, se
accettiamo il fatto che lo Stato siamo (anche) noi. Chi e' cittadino elegge i
parlamentari che eleggono i presidenti delle Camere che scelgono il presidente
della Rai che sceglie a sua volta tutte le pedine indispensabili a produrre
l'informazione desiderata da chi lo ha messo alla guida della Tv di Stato.
Questo gioco vale anche per la minoranza ma soprattutto per la maggioranza.
E'essa evidentemente che puo'accaparrarsi gli spazi e le iniziative piu'importanti
e quindi decisive ed influenti a livello televisivo. Il problema e' che
l'informazione non e' direttamente dipendente da noi, ma dai partiti.
Chi non accetta queste regole nell'ambito delll'informazione di Stato o chi
semplicemente critica questo sistema non e' prte ne' nella maggioranza ne' della
minoranza, non esiste semplicemente. Viene considerato al di fuori del sistema e
quindi antisistema e viene necessariamente considerato un nemico
dell'informazione, dato che si pone al di fuori dei partiti dell'arco
costituzionale (ad esempio perche' non vota o svolge la sua vita associativa al
di fuori dei partiti) e non si china a una due delle posizioni ufficiali
riconosciute.
Sono i partiti l'unico delegato a fare informazione tramite le reti ad esse
affidate in via informale tramite giornalisti che seguiranno scrupolosamente la
linea editoriale dettata al momento. Perche' seguiranno questa linea ?
2 - Il mestiere di giornalista di Stato.
Dato e non concesso che, per evidenti ragioni, durante questa crisi in Iraq,
l'informazione televisiva italiana e soprattutto dei telegiornali rappresenti
una chiave indispensabile per la costruzione del consenso in Italia e quindi un
tassello fondamentale per ottenere le garanzie sufficienti garanzie a mantenere
il potere politico facendo avallare all'opinione pubblica la propria linea
politica governativa, si prendera' in considerazione l'arma piu'importante della
Tv di Stato in questo frangente : il telegiornale di Stato.
Il telegiornale di Stato e' monopolizzato visivamente dai giornalisti-star e
politicamente dal direttore del telegiornale (il discorso si estende a livello
mondiale). E'bene chiarire subito un punto a dir poco fondamentale, essenziale,
basilare e di una importanza capitale per capire come possa avvenire che sempre
piu'spesso un qualsiasi giornalista che sia bravo, incapace, bello, brutto,
giovane, anziano, con esperienza e senza esperienza eccetera diffonda
un'informazione uniforme, univoca e uguale a se stessa, senza sussulti ne' scoop
che potrebbero danneggiare il concetto di informazione stilato dall'etablishment.
La risposta sta nel fatto che nei piani alti della redazione della televisione
di Stato o di qualsiasi giornale siede un uomo (o una donna, ed un giorno sara'
lei per la Tv di Stato, ma questo non rappresentera' una vittoria) che decide
semplicemente in quale ordine saranno date le notizie, quanto tempo sara'
consacrato ad esse, quali verranno escluse, quali date mettendo in luce una
verita' si', ma parziale, e qualsiasi altro aspetto che possa produrre
un'informazione orientata e mirata in senso politico. Che non vuol dire solo
parlare bene o male, ma spesso decidere solo lo spazio e l'ordine delle notizie.
Il nome di quest'uomo o di questa donna e' " direttore ".
Il direttore ha un potere assoluto sui giornalisti. Il direttore e' il braccio
armato dell'editore (per la carta stampata) e del direttore generale (per la
televisione) o chi per lui.
Contro questa interpretazione, gli Ordini dei giornalisti sostengono che il
direttore e' un giornalista come un altro e che come tale deve sottostare alle
regole ed alle leggi dettate per la professione giornalistica.
Cio'non e' vero.
Il direttore non puo'essere sfiduciato dai giornalisti gia' assunti da una
testata. I giornalisti non hanno alcun potere di veto sulla scelta di un
direttore. I giornalisti non detengono alcuno strumento pratico per poter
opporsi alla scelta di un direttore, anche se fosse il piu'spregevole essere
umano sulla Terra ed i giornalisti i piu'bravi del mondo.
Questa situazione dipende dal fatto che nel 1975, dopo uno scontro durissimo con
la Fieg (organo degli editori) i giornalisti persero definitivamente la
battaglia per conquistare il diritto a potersi opporre alla scelta di un
direttore. Al giorno d'oggi, i giornalisti possono esprimere solo un parere e
nulla piu'e, se il direttore lo volesse, potrebbe fare di ogni giornalista un
uomo ancora piu'succube di quello che e' attualmente.
Ebbene , l'unico uomo a decidere chi dovra' assumere la direzione o no di una
testata e' logicamente colui che vi investe il denaro : l'editore. Di fronte
all'editore, il direttore recepisce ed assorbe le direttive dell'editore stesso.
Le direttive possono essere imposte oppure funzionali al retroterra culturale
del direttore prescelto (ad esempio lo si scelglie perche' e' di destra). La
discussione editore-direttore esula quindi dalle capacita' tecniche del
direttore-giornalista (come vorrebbero farci credere gli ordini dei giornalisti,
dato che le capacita' tecniche devono essere queste si'necessariamente comuni al
giornalista) ma della linea da seguire. In questo modo la tecnica giornalistica
sara' semplicemente messa al servizio della linea editoriale in modo da usarla
come un'arma diretta ad uno o piu'scopi precisi.
3 - Il comando della Tv di Stato
Accertato il fatto che i giornalisti di un giornale o di una Tv sono privati di
qualsiasi strumento pratico per opporsi alla scelta di un direttore, l'editore
avra' il potere esclusivo, generale ed assoluto di scegliere l'uomo che
ubbidira' alla linea decisa dall'editore. Senza questo potere assoluto,
sicuramente ben pochi editori metterebbero mani al portafogli per pagare
stipendi a persone che fanno informazione in modo solo indipendente e solo
professionale senza fornirgli un tornaconto certo.
Cio'vale anche per la Tv e soprattutto per la Tv.
Il direttore del Tg1, ad esempio, operera' sulle consegne dategli a suon di
milioni di euro di stipendio dai vertici della Rai, che sono eletti dalla
politica, eccetera eccetera.
4 - Lo spazio dato dal telegiornale di Stato durante le guerre e l'attuale
guerra in Iraq
Gli spazi del Tg1 della Rai durante il precedente scoppio dell'attuale guerra
sono stati votati essenzialmente ad un'informazione di tipo tecnico-militare con
un occhio attentissimo all'esercito ed alla strategia americana.
Il Tg1 della pre-guerra in Iraq ha dato moltissimo spazio al viso di Bush ed ai
soldati americani con tutto il loro armamento. Si sa che le immagini Tv agiscono
a livello subliminale : dare una notizia allo stesso modo ma con immagini
diverse sortisce effetti diversi.
Perche' ?
Perche' la forza della Tv e' nelle immagini. La scelta delle immagini e' a dir
poco fondamentale nell'allestimento di un servizio. Il montaggio ha un ruolo
decisivo in un servizio Televisivo. Mostrare sempre Saddam Hussein con il fucile
in mano e dall'altra parte sempre Bush in cravatta di fronte ad un microfono da'
un peso morale opposto alle due figure. E'cio'che ha fatto spesso il Tg1 della
Rai e che continuera' a fare durante la guerra. A costo di riproporre, come
avviene spessissimo, solo immagini di repertorio slegate dalla contingenza reale
delle nuove immagini prodotte dal quotidiano (su questa lugubre mancanza, come
persino Striscia la Notizia ha abbondantemente mostrato, la mancanza di nuove
immagini e' funzionale alla strumentalizzazione dell'informazione televisiva).
La potenza dei Tg di Stato : il Tg1 uno della Rai e' quasi per antonomasia il
telegiornale piu'visto e rappresentativo del Paese Italia. E'il piu'vecchio ed
anche il peggio fatto, dato che non deve soddisfare intellettuali ma il famoso
italiano medio di media cultura e di medie aspirazioni (se ne puo'avere in
Italia). - Come trasformare una dichiarazione in propaganda : il
giornalista-star portavoce
Il Tg1 (e molto il tg2) si contraddistinguono per il modo di dare le notizie
partendo dalle dichiarazioni della personalita' di cui si vuol far conoscere il
pensiero od una dichiarazione : un esempio classico e' l'apertura di un Tg con
il giornalista-star che imposta la voce sul tono alto e appena salutato i
telespettatori comincia : " Non ci faremo spaventare da chi offende la
democrazia e da chi ha usato le armi di distruzione di massa. Saremo costretti
ad intervenire militarmente per difendere la pace se Saddam non disarma " e
subito dopo : " Lo ha detto il presidente Bush durante la scorsa riunione"
eccetera eccetera.
In questo caso il giornalista-star usa tutta la sua forza espressiva recitando
la dichiarazione in prima persona con sguardo serio, micropause di
sottolineatura e soprattutto innalzamento del tono di voce (da basso ad acuto)
per dare piu'forza possibile di convincimento al pensiero riportato (in questo
caso di Bush). Ebbene , l'effetto che ne sortisce e' quello non di un lavoro
giornalistico, ma di un lavoro da addetto -stampa, da comunicatore, cioe' da
giornalista-portavoce : c'e' la frase tragica dichiarata in prima persona a voce
acuta, manca il contraddittorio usato con la stessa potenza espressiva, la
dichiarazione apertura a freddo subito dopo la sigla del Tg.
E'questo il lavoro di un vero portavoce, che da' forza a quel miscuglio di
informazione -propaganda televisiva. Tutto si gioca su una produzione di ansia
alla quale si suggerisce lividamente una risposta : che venga la guerra, che ci
liberi dall'ansia della guerra stessa annunciata.
1.2 Lo spazio del telegiornale di Stato durante la pre-guerra : come censurare
la realta'
Assolutamente esemplificativo della mancanza della copertura globale di tutte le
sfaccettature della guerra in Iraq li eventi da parte del Tg1, e del sospetto
che cio'dipenda direttamente e consapevolmente dalla necessita' e volonta' di
oscurare aspetti scomodi della guerra, e' stata l'assoluta assenza di reportage
e di interviste a baghdad e degli abitanti di baghdad. Senza dilungarci troppo,
diremo subito che mentre la sera della vigilia della guerra, mentre in Francia i
telegiornali di France2 e Tf1 proponevano gli occhi le interviste dei cittadini
iracheni spaventati per la prossima guerra, in Italia il Tg1 trasmetteva i
soldati americani mentre facevano gli ultimi acquisti nel supermercato
dell'accampamento militare.
Mentre mentre in Germania il telegiornale della Zdf trasmetteva interviste e
servizi direttamente da Baghdad, il Tg1 proponeva le immagini degli eserciti
americano ed inglese pronti ad entrare in guerra.
Mentre in Svizzera i telegiornali della parte francese, tedesca ed italiana
proponevano excursus interessantissimi sulla vita e le esigenze degli iracheni
ad un giorno dai bombardamenti (cittadini normali, non seguaci ciechi di Saddam
Hussein), il Tg1 si mostrava quella bella ragazzotta giornalista di Monica
Maggioni dietro ai militari Usa impegnati a fare mosse di combattimenti corpo a
corpo commentati cosi': " Sono le ultime mosse e gli ultimi addestramenti che
stanno facendo i soldati prima di entrare in azione ", con un tono a meta' tra
il trionfalistico e l'aspettativa frenetica.
Sull'angoscia dei cittadini iracheni, lo zero assoluto.
Nuove immagini da Baghdad, zero assoluto.
Iracheni a passeggio, a scuola, nelle universita', nei rifugi (tutte cose che
fuori dal Tg1 era possibile vedere sui canali d'Europa e poi vedremo quali) lo
zero assoluto.
E via, invece, con i commenti dei politici : Fassino, Casini,
l'ultraottuagenario Ciampi (82 anni) con la faccia sullo sfondo del solito
comunicato letto dal giornalista-star, Rutelli, Fini, Berlusconi, il
giornalista-portavoce " piu'raccomandato d'Italia " Francesco Pionati (la
definizione e' di Bruno Vespa) a fare il portavoce sullo sfondo di Montecitorio
e cose di questo genere.
Certo che i servizi del Tg1 mostravano la realta'. Solo una parte, pero'. Questo
modo di fare giornalismo si chiama " giornalismo delle mezze verita' ", che
logicamente si chiama anche " delle mezze bugie ". Cioe' , la bugia consiste nel
mostrare la realta' che fa comodo (per diversi motivi) ed omettere quella che "
fa scomodo " (per altri).
Un discorso a parte meritano le inviate sui luoghi di guerra. Chi ha masticato
un po'di pubbliche relazioni e cose del genere sa che in questo ambito le donne
rivestono un'importanza quasi capitale in ragione del loro sesso. Portare il
sorriso di una donna ad intervistare militari sul piede di guerra puo'sortire
effetti professionali piu'significativi che portarci un uomo (sugli effetti
professionali si puo'discutere). Scegliere un'inquadratura che evidenzi i
contrasti tra la capigliatura lunga e sciolta di un'inviata con vicino un
manipolo di rasati in mimetica fa aumentare la curiosita' (a livello inconscio e
visivamente subliminale, se non consapevole).
Sono finiti i tempi della brutta Angela Buttiglione al telegiornale della sera.
Via con le belle (o per lo meno piu'gradevoli, senza voler essere maschilisti)
Carmen La Sorella tra i soldati durante la guerra del Golfo, via con le sempre
piu'giovani inviate sugli scenari di guerra. Funziona molto in Tv e quindi
funziona per gli ascolti e quindi funziona per le singole carriere e singoli
programmi (tg compreso) dentro la Rai e quindi funziona per la pubblicita'
(inserzionisti a suon di miliardi di lire) e quindi funziona per tutta la Rai.
Chi ci rimette e' la qualita' dell'informazione. Come detto, non serve
un'informazione precisa ed obiettiva, cio'che interessa e' altrove, e' deciso
nelle stanze degli alti direttori dal potere assoluto ed incontrastato (tranne
che dalla politica ovviamente).
1.3 Le parole da dire e quelle da evitare : come smascherare gli inganni dei
giornalisti di Stato prima e durante la guerra in Iraq.
E'bene che tutti sappiano che ogni minima parola, eufemismo, sinonimo ed ogni
altro strumento della lingua italiana ha un proprio peso specifico ed una
propria area di movimento all'interno di ogni tipo di notizia, di servizio, di
avvenimento o di commento.
Nel caso delle guerre, e quindi della guerra in Iraq, l'argomento principale
saranno i bombardamenti, dato che dalla prima guerra mondiale in poi questo tipo
di operazioni si e' rivelato sempre piu'frequente.
Ebbene, le parole d'ordine usate dal giornalista di Stato per descrivere i
bombardamenti saranno ben precise : i bombardamenti non saranno mai e poi mai
definiti distruttivi ma pesanti ;
non terribili ma duri ;
non violenti o angosciosi, ma solo intensi (intenso, intensita',
intensificazione).
Il vocabolario usato dai giornalisti di Stato si rifa' alla peggiore tradizione
giornalistica della peggior sintesi riduttiva ed eufemistica : dire che un
bombardamento e' pesante quando dopo aver centrato un edificio, un bombardiere
vola a centrare anche l'ospedale verso il quale corrono le ambulanze con le
vittime dell'edificio stesso (vedi Serbia) e' solo pesante ? O sarebbe meglio
dire criminale ?
Il giornalista di Stato non puo'altresi'nominare le persone, Capi di Stato, Papi
ed altri esponenti come e quando vuole.
Un esempio incredibile e' quello avvenuto durante la vigilia della guerra. Il
papa si era lanciato contro la guerra per l'ennesima volta in prima persona
facendo diffondere un comunicato a Navarro. Ebbene, e' dato che in un Paese come
l'Italia che resta ancora largamente un Paese con una sola lingua (l'italiano )
ed una sola religione (quella cattolica) il peso del papa si e' rivelato e si
rivla spesso determinante nella vita politica italiana.
Il peso del papa e' altamente simbolico e rappresentativo. Il papa e' vicario di
Dio sulla Terra (per i credenti). Un vicario di Dio sulla Terra che si scaglia
contro la guerra e' un fatto importantissimo dal punto di vista non solo
religioso ma soprattutto politico. Il papa si scagliava impicitamente contro
tutti coloro che appoggiavano la guerra, a partire, dato il luogo fisico
dell'esternazione, dall'Italia.
Ebbene , il giornalista di Stato che ha trasmesso il servizio televisivo
parlando della reazione del papa non ha nominato il papa una sola volta.
Non ha nominato Giovanni Paolo 2 una sola volta. Non ha nominato Karol W. una
sola volta.
Ha spostato invece semplicemente l'accento sulla parola generica di Vaticano. Il
Vaticano. Solo il Vaticano. Fornendo quindi un'aureola di approssimazione
decisiva per evitare a tutti i costi di dire che il papa si era scagliato contro
la guerra davvero senza se e senza ma, e' il caso di dirlo. (E'bene ricordare
che giorni prima il papa aveva definito la guerra come criminale).
L'omissione della parola papa e' evidentemente volta a sminuire, a livello
subliminale,
la portata della posizione pontificia. La parola Vaticano rappresenta
innanzitutto un luogo istituzionale e politico. Un luogo composto quindi di piu'soggetti.
Piu'soggetti che possono essere anche il papa, ma non solo il papa.
Quel papa che praticamente e' sempre nominato in prima persona nei servizi
televisivi con sottolineature vibranti da parte del giornalista-portavoce
addetto per dare maggiore forza alle parole di Karol (qualsiasi ne sia
l'argomento, anche il piu'inutile, e la materia non manca), stranamente, durante
un fatto eccezionale come una guerra, scompare e si annacqua nella definizione
generica di Vaticano.
Il perche' di tutto questo. Per il perche' si rimanda all'analisi di cui sopra
che evidenzia l'egemonia partitica nella Rai. Se il giornalismo di Stato serve i
partiti (spesso anche attraverso le parole del papa) in questo caso non puo'permettersi
di servire tutti e due se essi sono in contrasto tra loro. Allora sceglie i
partiti ed il Governo, quelli piu'potenti. Via la parola papa, dentro quella di
Vaticano, meno usuale, piu'fredda e distante, meno impegnativa.
L'esempio piu'evidente della scelta delle parole (Maurizio costanzo, quando era
capo dell'Occhio coperto dalla P2, voleva che si usassero solo 100 parole) che
resta sempre il piu'attuale e' dato dall'appellativo indelebile di " Saddam "
affibbiato al presidente-dittatore dell'Iraq, tale Saddam Hussein.
Saddam Hussein non esiste. Esiste solo l'appellativo di Saddam.
Bush, invece, esiste eccome. Si chiama George Bush (ci si mette talvolta il "
double ") e come tale viene nominato al Tg1 ed altri Tg (e giornali eccetera).
Perche' Saddam Hussein viene nominato solo per nome di battesimo, Saddam, ed
invece Goerge Bush viene nominato anche con il cognome e spesso anche con " il
presidente " davanti a nome e cognome, solo cognome e mai col solo nome di
battesimo ? Il presidente Bush&.Il presidente George Bush &. Mai George da solo.
Fin troppo evidente il tentativo di porre sotto una luce di spregio il
presidente Hussein chiamandolo solo per nome, anche dai vaghi accenti
razzistici.
Poi ci sono le parole da usare per le operazioni militari.
Ovvio che i bombardamenti, anche i piu'selvaggi e stragistici - e sicuramente ce
ne saranno e non solo di bombadamenti - saranno spesso accompagnati dal'inciso "
per errore ", che porta l'aggressione militare fuori dalla sfera della volonta'
per affidarla al puro caso. A cio'fanno eco le famose definizioni di " bombe
intelligenti ", su cui non e' il caso di tornare per l'evidente tragicomicita'
ridicola della definizione.
Ci sono poi le perdite militari. Gli elicotteri non saranno mai e poi mai (a
meno di arrendersi a prove evidenti) abbattuti dal nemico, ma semplicemente
caduti. Nessuno potra' mai dimostrare il contrario, perche' l'indiscussa
supremazia militare degli Usa, anche quando viene meno, non deve essere messa in
discussione (ricordate lo shock dell'11.09.01&chi poteva immaginare che New York
perdesse la sua fortezza principale ?).
Cosi'come caduti saranno i militari " amici ", cioe' quelli americani e gli
altri ancora, tanto per non dimenticare la benevolenza e l'eroicita' militare.
Gli altri, i militari morti iracheni, non rapprentano un grosso problema di
definizione, possono essere uccisi, annientati, sicuramente non caduti (o quasi
mai). Caduto e' un termine che fa parte implicitamente della familiarita' a noi
amichevole dei soldati Usa e gli altri.
Ricordiamoci in fondo che la guerra dell'informazione e' ammessa pubblicamente
dall'informazione stessa, che ne e' l'attore principale.
- Il giornalista-star monopolista : un bel viso vale piu'di 100 interviste
Chi almeno per una volta in vita sua ha assistito a dei telegiornali europei
concordera' su una cosa : il Tg1, a differenza di tutti gli altri telegiornali
europei (se si escludono quelli di " superpotenze " come Spagna, Portogallo,
Grecia ed altri Paesi del sud Europa) non intervista mai nessuno in diretta
durante un telegiornale.
Il primo telegiornale italiano della prima rete pubblica italiana e' concepito
esclusivamente come un contenitore di notizie spesso preconfezionate (nel senso
che il peso dei tagli giornalistici e delle mezze verita' ha una valenza molto
forte) e declamate dal giornalista-star dal bel volto attraente, che " buca il
video ".
L'ordine delle notizie e soprattutto il loro contenuto -esplicito e implicito -
sarebbero messe seriamente a repentaglio, ad esempio, da analisi llibere ed
indipendenti di veri esperti di un determinato argomento messi nella condizione
di esprimersi in diretta televisiva di fronte a milioni di telespettatori.
Cio'al Tg1 non avviene in pratica mai.
L'assenza totale di collegamenti in diretta al Tg1 con studiosi rinomati,
stimati ed autorevoli -eccetto ovviamente i collegamenti con gli altri
giornalisti-star in diretta dai luoghi della guerra, vedi Lilli Gruber a Baghdad
-comporta una totale assenza di qualsiasi approfondimento critico che potrebbe
risultare nocivo, se non letale, a cio'che il direttore ha deciso di mostrare e
non mostrare, dire e non dire, tagliare e non tagliare.
Se a cio'si aggiunge che la qualita' dell'informazione televisiva del Tg1 e'
molto discutibile, il dato e' tratto e la conclusione data per certa : la
censura viaggia con tutto il suo carico di conseguenze sulla costruzione
dell'opinione pubblica.
Come potrebbe, ad esempio, il bel volto di turno maschile o femminile del Tg1,
intervistare un dato esperto sulla guerra in Iraq quando il contenuto
dell'intervista rischierebbe di scalzare i toni e la scaletta del telegiornale,
volti, ad esempio, ad insistere sul lato disumano di Saddam Hussein ?
L'unico ospite dei Tg Rai durante la Guerra del Golfo non fu un esperto , non
uno studioso, non un professore, non un esponente umanitario, non un membro di
organizzazioni indipendenti&..fu un ex generale dell'esercito italiano,
intervistato come non mai per esprimersi in modo tecnico, freddo e ovviamente da
ex generale per farci capire che cosa succedeva durante la guerra...di morti e
di pieta', di analisi piu'profonde, ovviamente, neanche a parlarne. Il suo nome
era Caligaris, e vedrete che lo ritroveremo nei Tg se non e' morto.
1.5 Le scritte ed i loghi da scrivere e quelli da cancellare: come interpretare
le didascalie agli angoli degli schermi Tv
Una scelta piu'che ambigua e' data oggi (e finche' la guerra durera') dalla
didascalia posta dal Tg1 nell'angolo in alto a destra dello schermo Tv.
Graficamente brutta ed esageratamente ingombrante, fatta coi colori del fuoco
incendiario delle bombe, tale scritta recita semplicemente " IRAQ ". Tutti gli
altri telegiornali europei hanno optato per una didascalia che recitasse " crisi
in iraq " oppure " guerra in iraq ", graficamente e contenutisticamente
corretta.
Il Tg1 no, per il Tg1 il dato essenziale e' " l'Iraq " in se stesso e non
piuttosto " guerra in Iraq " o per lo meno la " crisi in Iraq ". Sembra quasi
che il responsabile degli eventi sia esclusivamente l'Iraq in se stesso
piuttosto che l'aggressione riconosciuta illegale a livello internazionale ed
istituzionale.
Ci troviamo in presenza di un altro segno subliminale volto a sviare
l'attenzione da concetti come " guerra " per riportarli ambiguamente e
approssimativamente sull'idea di Iraq, come unica causa ed effetto degli eventi.
1.6 -Gli aggiornamenti sulla guerra in Italia : i morti seppelliti dai dibattiti
tra politici
Cio'che fa dell'informazione televisiva in Italia un caso piu'unico che raro in
Europa durante le crisi internazionali, nazionali e provinciali e chi piu'ne ha
piu'ne metta, e' dato dal ripetersi di dibattiti, faccia a faccia e talk-show
(spettacoli delle chiacchiere) televisivi tra i maggiori esponenti politici del
momento su un argomento di attualita'. I politici italiani intervengono su tutto
lo scibile umano. In questo caso, sulla drammatica guerra in Iraq. La ripugnante
sproporzione tra lo spazio televisivo riservato alla pagina politica durante i
telegiornali e l'informazione giornalistica " non-portavoce " e' gia' stato
messo in evidenza prima.
Cio'si traspone puntuale nelle trasmissioni che vorrebbero essere di
approfondimento nella Tv italiana.
Equivale a dire, ad esempio, che non emerge nessun reportage di rilievo sul
campo, ma l'esposizione ragionata di Fausto Bertinotti ;
nessun approfondimento giornalistico degno di questo nome, ma i proclami di
Gianfranco Fini ;
nessun documentario storico sull'Iraq, ma le liti tra i due politici di turno ;
nessun excursus storico su cio'che ha portato a questa guerra ma una valanga di
commenti, prese di posizione, polemiche, cattiverie, reclami, rinfacci e via
dicendo tra i maggiori volti della politica italiana. Tutto questo seduti sulle
poltrone in un salotto della televisione pubblica italiana mentre milioni di
persone soffrono per una guerra.
La guerra in Iraq e' vista rigorosamente sul piano della politica interna e poco
su quella " internazionale " e quasi mai su un piano prettamente giornalistico o
almeno semigiornalistico degno di questo nome.
Tutto questo non puo'avvenire se non nel salotto poltronato di Bruno Vespa
durante la trasmissione Porta a Porta. Se si guarda la trasmissione per piu'di
un quarto d'ora, delle volte sembra quasi che il destino del mondo dipenda dai
battibecchi tra Giovanardi e D'Alema, tanto per fare un esempio.
Proprio Vespa ed il suo salotto politico siano stati prescelti per coprire "
l'informazione " durante questa guerra in Iraq.
Questa realta' televisiva diRaiuno e' uno scandalo grondante sangue a cielo
aperto nella Tv italiana. Solo una monnezza televisivo-salottiera di tali
proporzioni, per di piu'spessissimo registrata e non in diretta e con dei tagli
visibili a occhio nudo, puo'propinare alle persone (non telespettatori, persone)
le tesi dei soliti quattro politici che discorrono da politicanti. Una
trasmissione cosi'non puo'curarsi di fare un'analisi dei discorsi in diretta di
Jacques Chirac che si scaglia con tutta la forza possibile contro la guerra in
Iraq.
Solo un telegiornale come il Tg1 puo'dare piu'spazio alle posizioni ambigue, tra
il si'ed il no, riluttanti e reticenti dei noti politici della maggioranza (e
minoranza) piuttosto che alle sofferenze di altri esseri umani obbligati a
vivere per giorni sotto i bombardamenti degli Usa.
5 -IL punto piu'spinoso : non si possono mostrare foto scioccanti
Molte persone in Italia non avranno mai visto ne' forse vedranno mai un'immagine
di una testa staccata e bruciata, mani e piedi strappati in giro sulla strada,
pezzi di carne umana sanguinanti e fumante per terra, corpi umani sventrati che
non si distinguerebbero dalla carne in vendita in macelleria e molto peggio
ancora se possibile.
Ebbene, queste immagini ci sono in abbondanza durante le guerre. Ma metterle in
onda non si puo'. Lo dicono le norme sulla professione giornalistica, che dicono
che se trasmetti o pubblichi queste foto sei passibile di provvedimento
disciplinare perche' hai turbato la coscienza collettiva mostrando cose
scioccanti che provocano turbamento in chi le vede. Ovvio che il turbamento
venga provocato. Il problema e' capire fino a che punto occorre impedire il
turbamento, visto che se il turbamento si traducesse successivamente in una
presa di coscienza, come ad esempio rifiutare nel proprio intimo la guerra, cio'sarebbe
un effetto positivo a lunga durata.
Ebbene, finche' ci saranno queste norme nessuno dei sostenitori della guerra
potra' mai convincersi dell'atrocita' che una guerra giusta od ingiusta
rappresenta e diventare, che so, un pacifista. Basterebbe mostrare qualche foto
come si deve ed aspettare le reazioni.
Il problema e' anche inverso : sfruttando il potentissimo potere subliminale e
non delle immagini, spesso l'informazione Tv trasmette i morti che fanno piu'comodo
: se si vuol ad esempio mostrare il lato terribile di Saddam Hussein, si
mostreranno i kurdi ammazzati dal gas (senza soffermarsi troppo ma sortendo un
effetto efficace). Chi si sognerebbe di fare il contrario ? Mostrare cioe' i
morti sotto le macerie provocate dagli americani in vari Paesi del mondo ogni
uno o due anni ?