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Audizione di Giovanni De Gennaro (parte 2a)





stazione è pacifica e preannunciata - preferisco usare costituzionalmente il termine di preannunciata e non di autorizzata, perché il terzo comma dell'articolo 17 della Costituzione dice che le autorità devono essere preavvisate e che possono vietarne lo svolgimento per motivi di sicurezza o di incolumità pubblica - è chiaro che non possono esserci fenomeni di comportamento illecito da parte delle forze di polizia. Se è una manifestazione pacifica, preannunciata e non vietata - uso questa espressione costituzionalmente più corretta - ci mancherebbe altro che le forze di polizia intervenissero con la forza nei confronti di questo tipo di manifestazioni: non saremmo in uno stato di diritto! Ciò che dobbiamo capire è cosa sia accaduto nei giorni 20 e 21, nel corso dei quali sicuramente ci sono stati atti di violenza gravi, atti di guerriglia urbana, posti in essere dal blocco nero e forse, anzi sicuramente, anche da altri settori di manifestanti.
L'episodio della camionetta dei carabinieri sicuramente non è stato messo in atto dal black bloc, da quello che si è capito dalla ricostruzione, ma parlo dell'episodio in sé, al di là dell'esito mortale che poi ha avuto. Ma dobbiamo capire come sono intervenute le forze di polizia - insisto sul dire le forze di polizia -, cioè la Polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri e la Guardia di finanza, in relazione al dovere di contrastare gli atti di violenza e di guerriglia urbana e, al tempo stesso, al dovere di tutelare e di non coinvolgere in queste vicende la stragrande maggioranza dei manifestanti, i quali dichiaratamente, e di fatto, hanno manifestato in modo pacifico. Non mi riferisco solo alla manifestazione del 20, da lei citata, bensì mi riferisco per esempio alle cosiddette «piazze tematiche» del 20 quando in queste piazze è intervenuto il blocco nero, e poi sono successivamente intervenute le forze di polizia, reprimendo


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i manifestanti pacifici e non reprimendo, o non riuscendo a reprimere, coloro che mettevano in atto interventi violenti. Ciò è diventato poi clamoroso il giorno 21
Lei ha parlato di eccesso nell'uso della forza ma non si tratta di un singolo episodio. È avvenuto che, nell'arco di un'intera giornata (come è documentato da centinaia di testimonianze, di denunce, di riprese televisive) sistematicamente le forze di polizia, (Polizia di Stato, Arma dei carabinieri e anche Guardia di finanza) siano intervenute reprimendo a freddo, violentemente e sistematicamente manifestanti pacifici i quali nulla avevano a che vedere con i gravissimi episodi di violenza, devastazione e guerriglia che doverosamente le forze di polizia dovevano contrastare. Quando tutto ciò si scarica sistematicamente, nel corso di molte ore, su decine di migliaia di manifestanti pacifici, qualcosa da questo punto di vista, nell'uso legittimo della forza da parte dello Stato non si è verificato, ossia si è verificato un uso illegittimo della forza. Sotto il profilo del coordinamento tra le forze di polizia non mi pare che abbia funzionato pressoché nulla e sotto il profilo delle responsabilità politiche e della direzione tecnica, si pongono degli interrogativi che la pregherei di voler chiarire.

CESARE MARINI. Dottor De Gennaro, vi era stata una dichiarazione da parte del Governo - che valuto opportuna - di voler sospendere il protocollo di Schengen sulla libertà di circolazione; lei ha affermato che duemila persone sono state respinte alle frontiere e che ad Ancona era stata bloccata una nave con un certo numero di cittadini greci a bordo che si presumeva potessero praticare della violenza. Come mai ci si è limitati a queste forme di interventi, e non si è avuta una maggiore incisività nell'impedire l'ingresso a Genova di quanti avessero esercitato violenza, soprattutto di quanti - segnalati


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dalle polizie di altri paesi - avessero già manifestato con violenza a Nizza, Praga, Göteborg e nelle varie precedenti riunioni? Vi è stata una carenza di uomini oppure una sottovalutazione del pericolo?
Lei afferma (ne ha già parlato nella sua relazione) che a Genova vi è stato un afflusso di gran lunga superiore rispetto ai precedenti vertici. Mi pare siano state introdotte delle novità nell'organizzazione dell'ordine pubblico; lo immagino perché, se così non fosse, dovrei pensare che non si è tenuto conto di quanto in realtà stava avvenendo. Queste modifiche nell'organizzazione dell'ordine pubblico, in che cosa sono consistite e da quando sono state introdotte? Da quando vi sono state le prime modifiche nella organizzazione e quindi nel modo di contrastare gli eventuali episodi di violenza?
Dottor De Gennaro, chi ha deciso la perquisizione alla scuola Pertini (comunemente detta scuola Diaz) e per quale motivo? Lei era stato informato? Sono sincero: mi è parso che nella sua relazione lei abbia illustrato la cronaca di fatti ed avvenimenti e, da un ascolto molto superficiale, potrei dire che lei è stato uno spettatore ed un cronista di quegli avvenimenti, quando lei invece ha la massima responsabilità della polizia italiana. In questo caso mi è sorto un altro dubbio: perché a Genova vi è stata una sovraesposizione della Polizia di Stato rispetto alle altre forze dell'ordine? Mi pare che gli episodi della scuola Pertini, degli interrogatori e tutti quegli episodi che poi hanno fatto nascere delle perplessità sull'esercizio della violenza da parte di qualche isolato e piccolo gruppetto di forze dell'ordine, abbiano riguardato soprattutto, e quasi esclusivamente, le forze della Polizia di Stato. Vi è stata quindi una sovraesposizione. Mi rivolgo a lei come maggior responsabile: perché vi è stata questa sovraesposizione? Era stato


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deciso che la polizia avesse un ruolo maggiore rispetto alle altre forze? Vi era un coordinatore tra le diverse forze dell'ordine?
Nelle relazioni degli ispettori vi sono alcune contraddizioni, soprattutto nella prima, quella del dottor Montanaro; comunque in generale entrambe le relazioni che abbiamo letto mettono ripetutamente in evidenza uno stato di confusione e di mancanza di direttive, non solo in chi aveva la responsabilità generale delle forze dell'ordine, (in questo caso credo il prefetto di Genova), ma anche una responsabilità per quanto riguarda la Polizia di Stato. Vi è stata una sovrapposizione di ordini, la presenza di più funzionari, niente di meno si è andata a perquisire una scuola che non era indicata come tale, commettendo, quindi, un errore eccessivamente, chiamiamolo così, goliardico, dovuto sì alla tensione o a quello che si vuole, ma, se mi consente, sono comunque errori imperdonabili. Chi aveva la responsabilità del coordinamento delle azioni della polizia? Lei era stato informato, o svolgeva tutt'altre funzioni? Perché, a mio giudizio, i punti nevralgici sono proprio questi, cioè stabilire di chi erano le responsabilità. Le vorrei sottoporre anche un'altra questione: le forze dell'ordine che hanno agito alla scuola Pertini e alla caserma Bolzaneto mi pare avessero il viso coperto dai caschi e da un fazzoletto. È lecito che una forza di polizia agisca con un fazzoletto davanti al viso? Mi pare che questo sia un comportamento non molto confacente ad una funzione democratica di mantenimento dell'ordine pubblico. Non ritiene giusto quanto indicato - credo - da Micalizio, cioè che siano individuate le persone, anche quando vanno a compiere quel tipo di azione; perché vi deve essere una tutela costituzionale del cittadino che viene perquisito ed interrogato: vi deve essere una tutela! Anche su questo gradirei una sua risposta.


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L'ultima domanda che le rivolgo, dottor De Gennaro, riguarda quanto da lei affermato a proposito di questo soggetto nuovo che appare nelle manifestazioni e prende poi corpo in maniera molto più consistente a Genova. A proposito di questo soggetto nuovo, che è formato da una parte del movimento pacifista e dall'altra parte, credo e presumo, da quello che mi sembra di aver capito, minoritaria del movimento eversivo, ritengo che una distinzione debba essere fatta: non credo che Casarini sia uguale a Tettamanzi. Sono convinto che si tratti di due persone diverse. La presenza dei cattolici e le indicazioni dello stesso arcivescovo, cardinale Tettamanzi, andavano in una certa direzione, di quella di una protesta pacifica e di una espressione di idee contro la politica internazionale che nulla hanno a che fare con le frange violente. Questa distinzione credo debba apparire chiara nelle prese di posizioni, nelle relazioni e negli atti ufficiali che provengono dallo Stato, e quindi nel caso, da parte sua, altrimenti rischiamo di ingenerare confusione.
Noi abbiamo vissuto la stagione, peraltro non ancora chiarita, dello stragismo; è vero, vi sono le prime sentenze, ma è stata una stagione drammatica della vita nazionale non chiarita. Ritiene di poter affermare o ha dei sospetti che a Genova abbiano operato elementi che, già presenti nelle vicende dello stragismo italiano, si siano infiltrati per promuovere azioni eversive?

ANTONIO SODA. Ringrazio il capo della polizia per la relazione che ha qui svolto dandoci un'idea della complessità delle le questioni che sono state affrontate. Desidero alcuni chiarimenti su due passaggi che considero importanti per capire il rapporto fra gestione dell'ordine pubblico, diritto a manifestare e politica generale negli Stati democratici e dei rapporti fra Stato e cittadino. Nel passaggio primo il capo della


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polizia definisce questo soggetto politico come ambiguo e doppio; penso faccia riferimento ai rappresentanti che ha incontrato e non al movimento inteso come migliaia e migliaia di persone che tutti abbiamo presenti e che abbiamo visto nelle immagini trasmesse sfilare il più delle volte serenamente e correttamente nei limiti di quello che era consentito dalle violenza altrui.
Da tale passaggio sostanzialmente si desume che vi era un elevato numero di manifestanti pronti allo scontro con la polizia: questa è una valutazione sulla quale chiedo vi siano un chiarimento ed un approfondimento, perché ritengo che ciò non sia sembrato agli italiani che hanno seguito tali vicende.
Vi è un secondo passaggio nella sua relazione, in cui si afferma che non è possibile l'azione di contrasto nel momento in cui alcuni gruppi esercitano la violenza. Siamo in possesso di un dato di fatto: effettivamente la maggior parte degli arrestati e dei fermati provengono dalla perquisizione effettuata nella scuola Pertini - che ha portato all'arresto di 93 persone di cui 81 immediatamente scarcerate per la mancata convalida da parte dell'autorità giudiziaria - e non abbiamo visto interventi della polizia tesi a bloccare le bande di violenti. Questa è la sensazione che, a mio avviso, hanno avuto i cittadini italiani i quali in quei giorni sono rimasti attaccati al video e questa è la sensazione che ha avuto il sindaco di Genova quando ieri ci ha detto che nel pomeriggio del venerdì gran parte della polizia era intenta a proteggere la zona rossa da coloro che egli stesso ha definito «supposti assedianti che lanciano qualche bottiglia di plastica», mentre nella restante parte della città la polizia era assente.
Lo scorrere delle immagini televisive ha trasmesso questa sensazione, ossia la sensazione di cortei fermi, immobili e


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sconcertati e di nuclei di bande che si muovevano liberamente avendo a pochi metri di distanza imponenti forze di polizia ferme ed inerti.
Non vorrei che da questa costruzione si desumesse che il movimento è in sé portatore di ambiguità, di doppiezza e di violenza, che l'azione di contrasto contro i violenti non è possibile (lei ha detto che occorrerebbe un'azione investigativa più lunga, come quella che si è svolta negli anni settanta, per smascherare i violenti e per asciugare il terreno sul quale si muovono) e che dalla combinazione di queste due valutazioni nasca la teoria secondo la quale negli Stati democratici la protesta sociale, politica e pacifica o si autoorganizza per garantire essa stessa l'ordine pubblico o lo Stato se ne disinteressa.
Vorrei un suo chiarimento e una discussione in merito ad alcune sue indicazioni ed alle immagini dell'impotenza della polizia o della incapacità della stessa, perché dobbiamo capire cosa sia accaduto a Genova, ma dobbiamo anche capire come, in uno Stato democratico, chi vuole manifestare liberamente possa vedere garantito dallo Stato anche un suo diritto a manifestare liberamente. Se ci muoviamo su un diverso terreno per cui lo Stato si ritira, il messaggio che ne scaturisce è il seguente: se volete stare tranquilli, non manifestate più liberamente, altrimenti nessuno vi protegge.
La inviterei proprio a riprendere questo discorso perché ci può aiutare a capire tutto ciò che ci serve per impostare una politica costituzionalmente corretta dell'ordine pubblico.
La seconda questione sulla quale sono già tornati i colleghi Boato e, da ultimo, Marini è la seguente. Lei, nel valutare la condotta di tutte le forze di polizia, ha fatto riferimento a una documentazione dei media, ad un eccesso e a qualche sporadico abuso. Le domando: da quelle parziali relazioni scritte il


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27 luglio - non so se vi sia poi stato un ulteriore approfondimento - cosa emerge? Emerge che, per quanto riguarda l'unica operazione di polizia giudiziaria - costituita dal cosiddetto Blitz nella scuola Pertini, altrimenti chiamata scuola Diaz -, vi è stata una violazione sistematica delle modalità previste dal codice di procedura penale per eseguire le perquisizioni, anche quando esse si svolgono su iniziativa della polizia.
Dato atto che non vi sono i verbali, mi chiedo perché e chi abbia deciso, per esempio, di non applicare le norme del codice di procedura penale (articoli 386 e seguenti) concernenti i doveri della polizia giudiziaria in caso di arresto o di fermo e di creare queste strutture di concentrazione degli arrestati e dei fermati, considerato che il codice di procedura penale prevede che identificati i fermati o gli arrestati, si comunichi immediatamente all'autorità giudiziaria l'avvenuto arresto o fermo e che tali soggetti vengano messi a disposizione della stessa. È vero che il codice stabilisce che tutto ciò debba avvenire entro ventiquattro ore, ma ciò non significa che le persone debbano rimanere a disposizione delle forze di polizia per 17, 18, 20 ore come è scritto nella relazione. La norma fissa il termine di 24 ore perché, se si effettua una perquisizione a 20, 30, 40 chilometri di distanza dal punto di appoggio della messa a disposizione dell'autorità giudiziaria, possono trascorrere queste ore. Tuttavia, in questo caso non vi era alcuna necessità di creare luoghi di concentramento degli arrestati e dei fermati.
Pertanto, da quanto è scritto nella relazione si evince che non si trovano i verbali, che non si sa se i fermati siano stati invitati a nominare un difensore - come avevano diritto a fare - o se siano stati invitati a dire chi volevano fosse avvertito e che gli stessi sono stati visitati una prima volta da medici


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della polizia ed una seconda volta da medici della polizia penitenziaria e così via. Che ragione vi era di non seguire strettamente le norme di legalità previste?
Signor capo della polizia, in sostanza vorrei capire il nodo politico e gli aspetti tecnici che possono sorreggere una scelta politica di gestione dell'ordine pubblico e, inoltre, le vorrei chiedere se ci può fornire la circolare ed il vademecum citati, per verificare se occorra compiere anche un'opera di ricostruzione all'interno della polizia, in una visione più rispettosa dei diritti dei cittadini o se effettivamente - come lei dice - si è trattato di un qualche sporadico abuso.
La sensazione che i cittadini italiani hanno avuto è stata quella di una violenza troppo diffusa e sistematica, diretta verso persone inermi. Tutti abbiamo visto gente che fuggiva, che si sdraiava a terra, che rimaneva con le mani alzate.
Di fronte a tutto ciò voglio capire che cosa debba fare il Parlamento in relazione alla necessità di riorganizzare i corpi di polizia.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Soda. Mi rendo conto che la materia trattata risulta essere particolarmente interessante, in ogni caso pregherei i colleghi presenti di sintetizzare le domande così da agevolarne la comprensione; alla fine, infatti, ciò che conta è la sostanza.

GRAZIELLA MASCIA. Essendo stata testimone oculare fino al termine del vertice, cercherò di non farmi prendere dalla curiosità e dal desiderio di chiarire tanti aspetti relativi a quelle giornate. Mi sforzerò di concentrare le mie domande, tuttavia chiedo scusa ai colleghi se forse ruberò qualche minuto agli altri parlamentari che dovranno intervenire ma, essendo la sola rappresentante del mio gruppo credo che alla fine avrò la vostra comprensione.


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Dottor De Gennaro, spero di essere smentita nel corso dei lavori di questa Commissione e vorrei capire che cosa succederà in questo paese nei prossimi mesi. Sono convinta che tutto ciò che è avvenuto - ferma restando qualche immancabile responsabilità individuale -, compreso il Blitz alla scuola Diaz, non sia frutto di casualità. Ho avuto modo di leggere i documenti degli ispettori che lei ci ha fornito, nei quali essi negano di aver fatto propria la scelta preventiva finalizzata ad atti come il famoso Blitz. Vorrei davvero che così fosse, tuttavia c'è qualcosa che non mi convince, un qualcosa rappresentato dalle giornate del 19, 20 e 21 luglio.
Le domande che le rivolgerò, essendo lei una persona autorevole che ha seguito dall'inizio lo svolgersi dei fatti, sono tese a comprendere la natura del progetto che avete disposto.
La vostra è una struttura forte ed efficace che ha potuto usufruire di ripetute consulenze e, forse, anche di un coordinamento operativo con le altre polizie internazionali. È stata messa a punto una strategia che ha potuto contare sulle esperienze precedenti, da Seattle in poi.
Come è possibile che, attraverso questa struttura, si sia potuta difendere in maniera così eclatante la zona rossa e, allo stesso tempo, non riuscire a garantire i diritti minimi dei cittadini nella caserma di Bolzaneto dove ha regnato una situazione di totale confusione ed assenza di comando? Per non parlare poi del famoso Blitz alla scuola Diaz, dove sembra che a nessuno debbano essere attribuite responsabilità precise. Naturalmente di questo le chiederemo conto; io sono dell'idea che non tutti questi fatti siano frutto di casualità, ma facciano parte di un qualcosa che vorrei comprendere meglio.


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Lei ci ha detto che, nonostante le informazioni ricevute ed i rapporti con i servizi e le forze di polizia stranieri, non si è riusciti a portare avanti un'azione preventiva in relazione a questi fenomeni violenti.
Il Genoa social forum - del quale faccio parte - ha interloquito con voi e ha garantito per se stesso e per le proprie scelte. Naturalmente nessun individuo del nostro gruppo può pensare di attrezzarsi per organizzare servizi d'ordine, ancor più perché il GSF è composto da gente pacifica.
Tuttavia, sul terreno della prevenzione, avremmo voluto che venissero impediti arrivi. In questo senso, l'unico risultato ottenuto è stato quello di impedire le manifestazioni a centocinquanta persone di una nave greca, le quali sono state rispedite - insieme a due consiglieri regionali delle Marche, recuperati in seguito da una motovedetta - al mittente.
Dottor De Gennaro, quelle persone erano esponenti di un partito democratico, il Synaspismos; lei ne è al corrente poiché siamo stati in contatto per tutta quella giornata con un suo collaboratore.
Vorrei capire meglio come sia stato possibile che, dal punto della prevenzione e della sospensione del trattato di Schengen, non ha funzionato nulla.
Riguardo l'aspetto della prevenzione, devo dire che il ministro dell'interno ci ha riferito in aula che, secondo le fonti dell'intelligence americana, erano presenti a Genova circa 5 mila black bloc - lei oggi ci ha detto che invece sarebbero stati duemilacinquecento - i quali hanno operato in modo talmente veloce da non permettere alle forze di polizia di intervenire.
Sono testimone oculare: è dal 20-21 luglio che questi signori hanno potuto agire ripetutamente, continuamente, in modo indisturbato lontano dai luoghi in cui si stavano svolgendo le


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manifestazioni pacifiche, mentre venivano inseguiti e caricati dalla polizia nel momento in cui tendevano ad avvicinarsi ad i nostri cortei ed alle nostre piazze. Così si è svolta tutta la giornata del 20 luglio. Voi, con la scusa di dover colpire queste persone, avete ripetutamente caricato la gente che si trovava a manifestare pacificamente. Ho bisogno di comprendere come ciò possa essere avvenuto sia per quanto riguarda la giornata del 20 luglio sia per quanto riguarda la giornata del 21 luglio. In quest'ultima giornata, una manifestazione di trecentomila persone è stata caricata e continuamente spezzettata in un modo che non ha precedenti in Italia.
Dottor De Gennaro, vorrei chiederle come fossero state dislocate le forze di polizia nei giorni del 20 e 21 luglio e chi ne fosse al comando. Vorrei chiederle chi fossero i responsabili della sala operativa unificata che, immagino, avrà funzionato ininterrottamente. Quali rapporti lei ha intrattenuto - come capo della polizia - con la sala operativa unificata e con il ministro dell'interno nei giorni del 19, 20 e 21 luglio?
Vorrei chiedere informazioni rispetto al tipo di coordinamento che si è avuto con le forze di polizia ed e i servizi appartenenti ai paesi stranieri e se le decisioni - ferma restando la responsabilità tutta italiana - siano state assunte insieme.
Mi pare che dalle audizioni alle quali abbiamo assistito vi sia la conferma che, di fatto, la cosiddetta zona gialla, la zona cuscinetto - che lei ha illustrato ai parlamentari liguri in un incontro precedente al G8 - sia rimasta inalterata. Le chiedo conferma di questo, tenendo conto del fatto che anche noi - sulla base di ciò che avevamo potuto constatare in città come Praga e Nizza - avevamo espresso dei suggerimenti al riguardo. Noi, come lei ben sa, non eravamo interessati ad impedire che si svolgesse il vertice.


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Abbiamo sempre detto: noi contestiamo la legittimità, ma non faremo nulla per impedirlo. E questo è sempre avvenuto; quello che è avvenuto, anche i termini di assedio, è stato tutto virtuale. Lei conosceva i dettagli di quello che sarebbe successo. Tuttavia, considero quella della zona cuscinetto una delle questioni importanti, una delle ragioni per cui sono avvenuti i fatti del 20 e del 21. Io considero quella una delle scelte sbagliate compiute da questo Governo, tra le cause di quello che è avvenuto. Questa zona gialla non solo è rimasta, ma si è ampliata nella notte fra il 19 ed il 20. Sono stati visti dei container prima della manifestazione del 19, ma tra il 19 ed il 20 essi sono aumentati, sono usciti, la zona rossa si è allargata al punto di impedire la circolazione dentro la città. Noi non avevamo la possibilità di arrivare da una parte all'altra, da una piazza tematica all'altra. E questo è stato impedito a centinaia di persone.
Allora, io le chiedo: ci sono state modifiche rispetto a queste scelte? Le scelte di effettuare questi cambiamenti sono state di quei giorni o sono precedenti? L'allargamento della zona rossa è precedente o risale esattamente ai giorni 18, 19?
Vorrei chiederle, signor capo della polizia, se abbia emanato lei particolari direttive rispetto alla gestione dell'ordine pubblico, quali direttive abbia ricevuto dal ministro dell'interno ed in quali sedi e da chi siano state elaborate queste direttive e la gestione dell'ordine pubblico nei giorni 19, 20 e 21. Inoltre, vorrei chiederle quale fosse il contenuto di queste direttive e se esse siano state modificate dopo la giornata del 20. Ripeto, io penso che ci sia un problema relativo alla giornata del 20, ma poiché le dinamiche sono esattamente le stesse e si sono ripercosse su una manifestazione di massa, credo che questi punti vadano chiariti. In particolare sul corteo del 21 - avrei tante domande da farle su quella

 


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giornata -, mi limito a chiederle come mai la polizia non aprisse il corteo come normalmente si fa. Ad un certo punto abbiamo chiesto noi, attraverso una telefonata con il Vicepresidente Fini, di rimuovere la polizia, di rimuoverla perché era in testa al corteo, all'inseguimento dei cosiddetti black bloc. Ormai ci chiudevano ed hanno rischiato di rendere le condizioni di quel corteo veramente un disastro, come in effetti è stato per la vita e per l'incolumità di centinaia di manifestanti.
Vorrei chiederle anch'io come mai di fronte a tutte le segnalazioni ricevute, non soltanto dal presidente della provincia ...

PRESIDENTE. Onorevole Mascia, mi perdoni...

GRAZIELLA MASCIA. Ho quasi finito.

PRESIDENTE. No, mi consenta, si limiti alle domande. La prego di evitare il commento.

GRAZIELLA MASCIA. È per inquadrare il problema. Questo Comitato ha poteri limitati, ma uno ha bisogno di comprendere.

LUCIANO MAGNALBÒ. Presidente, questa è l'audizione dell'onorevole Mascia!

PRESIDENTE. Scusate, colleghi. Onorevole Mascia, io non ho nessun interesse a far sì che lei non ponga le domande. Io ho interesse che lei ne ponga anche di più. Le sto chiedendo di fare le domande. La prego di limitarsi a fare le domande, perché tutti abbiamo interesse a sentire le sue domande e anche le risposte del prefetto. Grazie.


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GRAZIELLA MASCIA. Presidente, credo che non ci saranno altre occasioni di commento ma penso che il dottor De Gennaro capisca il senso, capisca perché sono costretta a circostanziare. Forse i colleghi si annoieranno...
Vorrei chiederle, dunque, come mai di fronte alle circostanziate segnalazioni, non solo da parte del presidente della provincia ma anche da parte del Genoa social forum, relative ad arrivi di formazioni appartenenti non solo ai cosiddetti black bloc, ma persino a formazioni neonaziste, non sia successo nulla. Avevate poche forze, ma quelle poche forze non sono state usate, fuori, per prevenire questi arrivi.
Riguardo all'episodio della scuola Diaz ho posto delle domande. Io vorrei chiederle soltanto in quale modo lei abbia partecipato alla decisione della perquisizione, in che modo e quando abbia riferito al ministro dell'interno - lei sa che ci sono state anche alcune telefonate in quella notte -, chi fosse il responsabile dell'operazione: abbiamo in mano documenti che non lo rendono comprensibile.
Infine, vorrei chiederle, sulla base di notizie che sono uscite ieri sulla stampa, con quali metodi di selezione e con quali percorsi di formazione sia stato addestrato il reparto di polizia del nucleo sperimentale antisommossa e se sia vero che a questa formazione hanno partecipato addestratori - non so come si chiamino - provenienti dagli Stati Uniti. Rispetto alla scuola Diaz, vorrei chiederle come mai sia stato utilizzato nella perquisizione il reparto del servizio centrale operativo, che mi pare fosse destinato ad altre funzioni in zona rossa, se non ricordo male
Vorrei chiederle chi fossero i responsabili per la polizia della gestione delle persone arrestate nelle caserme, ma l'onorevole Soda ha già chiesto molto.


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Chiedo conferma semplicemente se ho compreso bene che lei ha svolto nel corso del 2000 e del 2001 quattro riunioni del Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza. Le chiedo conferma del numero e delle date di tali riunioni. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Mascia. Dopo le domande del senatore Bobbio, mi riservo di verificare se il prefetto De Gennaro ritenga di fornire le prime risposte oppure se sia il caso di continuare ancora.

LUIGI BOBBIO. Grazie, presidente. Ringrazio il prefetto De Gennaro per la sua presenza e per le prime indicazioni che ci ha dato.
Vorrei avere informazioni in relazione a fatti specifici. In primo luogo, essendo impegnati nella vicenda generale dei tre giorni del vertice di Genova più reparti di corpi diversi - tra Polizia di Stato, Guardia di finanza, Arma dei carabinieri ed anche Polizia penitenziaria -, vorrei sapere chi assicurò il coordinamento e la direzione delle operazioni ed in particolare se tale coordinamento, ove mai ci sia stato - ma in concreto, non formalmente -, abbia riguardato solo l'ordine pubblico o anche l'attività di polizia giudiziaria e, quindi, in buona sostanza, vorrei sapere chi avesse la parola definitiva sia nel coordinare, nel prendere iniziative, nel fornire risposte sul campo, sia nel pianificare interventi di polizia giudiziaria. Questo è importante, anche e soprattutto, in presenza - lo dico come premessa alle domande successive - di una struttura di tipo gerarchico fortemente verticizzata in cui, peraltro, il vertice - mi corregga se sbaglio - era ed è rappresentato da lei.
Poi, vorrei anche sapere perché si sia permesso ai manifestanti - questa sembra essere almeno la presa d'atto, in concreto, di quello che si è visto, dalle cronache televisive in


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particolare - di avere una massima espansione per strada e nelle piazze e perché non si siano in realtà previsti, sul piano operativo, per esempio moduli, flessibili o di intervento volante nelle varie zone della città. Questa credo che avrebbe dovuto essere una precauzione operativa, tecnico-pratica da mettere in campo soprattutto se si considera che, alla luce dei segnali precedenti, a partire da Seattle in poi - e l'ultimo grave fatto si era verificato proprio a Napoli, nei giorni del marzo di quest'anno -, era chiaro che andava prevista anche questa forma di guerriglia. Dico questo perché - anche in questo caso ciò serve solo ad illustrare le domande che ho fatto e che farò - ritengo che in questa materia vada necessariamente operata una profonda distinzione, per quanto riguarda il suo ruolo che è delicatissimo ed importantissimo, fra il rapporto con il vertice politico per quello che attiene alle direttive politiche e di altissima amministrazione e, invece, quello che dovrebbe essere il suo ruolo in termini di attuazione funzionale sul territorio e, quindi, di gestione pratico-tecnico-operativa della vicenda vertice in generale.
Ancora, vorrei sapere se risponda al vero l'informazione che al comando delle forze e degli uomini in campo, ed in particolare per le operazioni relative all'ordine pubblico, non fu posto personale già particolarmente esperto, in concreto, e non sulla carta o in via puramente teorica, di ordine pubblico e di - chiamiamola così, con un vecchio termine - polizia politica.
Poi, saltando momentaneamente ad altro argomento, vorrei che lei ci dicesse di cosa si occupa in particolare un suo collaboratore, il dottor Sgalla. Se ciò risponde al vero, vorrei che lei ci dicesse perché in occasione della perquisizione nella scuola Diaz il dottor Sgalla era sul posto e, ove mai questa


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informazione fosse corretta, perché il dottor Sgalla giunse alla scuola Diaz dieci minuti prima dell'inizio della perquisizione.
Ancora, sarebbe corretto ed utile sapere perché il venerdì mattina, il 19 - se non mi tradisce la memoria -, sino a mezz'ora prima della manifestazione non era stata emanata alcuna ordinanza. Non è necessario che dica a lei che cos'è l'ordinanza in termini di gestione di una questura, in generale, e dell'ordine pubblico, in particolare.
Ancora, vorrei chiederle perché sabato sera, cioè in occasione della perquisizione alla scuola Diaz, il prefetto La Barbera fu mandato sul posto. In particolare, essendo stato inviato sul posto, non essendo lui peraltro ufficiale di polizia giudiziaria e trattandosi di un'operazione squisitamente di polizia giudiziaria, visto che si partiva sulle premesse dell'articolo 41 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, quali direttive furono impartite al prefetto La Barbera, circa la sua presenza e circa il ruolo da giocare sul posto?
Vorrei fare un'altra domanda. Nel corso degli incontri che lei ha definito tecnici con i rappresentanti delle organizzazioni del dissenso, vorrei sapere se lei si adoperò per chiarire a questi signori che nella - chiamiamola così - trattativa o nella gestione di un rapporto personalizzato, per evitare problemi gravi nel corso delle tre giornate in oggetto, vi erano almeno due limiti che non si sarebbe mai consentito di valicare, per il rispetto stesso dello Stato, dei suoi ruoli e dei suoi compiti. Mi riferisco in particolare, al limite della inviolabilità della zona rossa, in maniera categorica ed assoluta, ed al carattere non violento della manifestazione, posto che era del tutto evidente che in questi casi una forma di accordo, o di trattativa si arresta in partenza di fronte al compito primario del rappresentante dello Stato (peraltro al più alto livello quale


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è lei): il rispetto assoluto - se necessario, imposto con la forza (tutta la forza che è necessaria) - della legge o dell'ordine dell'autorità.
Vorrei poi sapere se in occasione degli incontri - due, mi pare abbia detto - che lei ebbe con i rappresentanti (continuiamo a chiamarli così, con un termine magari non del tutto tecnico), ma comunque con gli esponenti del GSF e delle organizzazioni del dissenso, lei registrò questi colloqui; vorrei sapere, quindi, se in qualche maniera li documentò, per una forma credo anche di cautela o di prudenza, vista la delicatezza particolare della materia. Nel caso in cui li avesse registrati, le chiedo se volesse essere così cortese - lo chiedo anche al presidente - da metterli a disposizione della Commissione per conoscere i contenuti degli incontri.
Altra domanda: vorrei sapere se i rappresentanti del GSF, in generale, ai suoi occhi, fossero realmente, o si presentassero realmente come rappresentanti esponenti dell'intero movimento, cioè se parlarono, presero impegni o ebbero comunque delle prese di posizione spendendo il nome dell'intero movimento e dei suoi aderenti. Nel caso in cui ciò non sia avvenuto, vorrei sapere in base a quale valutazione lei decise di continuare comunque a trattare con queste persone.
Ancora, vorrei sapere se nel corso dell'attività di prevenzione furono operati o meno servizi investigativi, anche eventualmente di prevenzione, ma comunque investigativi nel senso pieno del termine, cioè finalizzati alla redazione di informative, notizie di reato o richieste alla magistratura inquirente, a carico di esponenti o anche eventualmente di stessi membri del GSF o di ogni altra organizzazione a tale forum aderente. Ove mai ciò sia stato fatto, vorrei ancora sapere se siano stati in questo caso accertati collegamenti, ad esempio, tra esponenti antiglobalizzazione delle varie città


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italiane e se, quindi, siate riusciti a definire, almeno come ipotesi di lavoro, l'eventuale esistenza di una rete che copra il territorio nazionale con collegamenti internazionali attualmente in atto, in essere.
Chiedo scusa, presidente, ho un elenco di domande abbastanza lungo, ma sto cercando di ripercorrerlo veramente soltanto a livello di domande.
Dunque, vorrei sapere se siano stati accertati momenti di collegamento, quindi rapporti concreti, tra esponenti del GSF o di movimenti collegati ed esponenti politici nazionali o anche eventualmente internazionali. Quando parlo di collegamenti, intendo riferirmi a un qualsivoglia genere di rapporto diretto, o comunque legato alla formazione e al concepimento di linee di lavoro, o quant'altro anche eventualmente più grave.
Ancora, sarebbe necessario sapere, se lei può dircelo, se a parte i black bloc - sui quali mi sembra che si stia concentrando in maniera eccessiva e palesemente strumentale l'attenzione, dal punto di vista della gestione violenta ed aggressiva di questa manifestazione dalla parte dei dimostranti - si tenne presente da parte delle forze di polizia, che operarono nella fase preventiva, repressiva e di controllo, che, per esempio, anche le cosiddette tute bianche avevano, da molto tempo prima dei giorni del vertice, assunto pubblicamente atteggiamenti violenti di dichiarata aggressività nei confronti del vertice, dei suoi partecipanti, della stessa polizia e dei carabinieri. Basta andare a controllare le conferenze stampa, riprese dalla televisione, tenute dalle tute bianche in divisa con i passamontagna sul viso, cosa peraltro proibita dalla legge -. Perché, ad esempio - mi smentisca se le mie informazioni sono inesatte -, in occasione di queste conferenze stampa non si procedette mai - eppure furono parecchie, malgrado la vigenza di quella normativa antiterrorismo


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degli anni '70 che fa divieto ai cittadini di essere presenti in pubblico con mascheramenti o travisamenti di qualsiasi genere - al controllo, all'identificazione e al fermo di coloro che tenevano - ripeto - conferenze stampa in divisa e con i volti coperti da passamontagna? Anche questo è un aspetto rilevante.
Le risulta, ancora, che i cortei del GSF abbiano mai posto in essere, in modo significativo, durante i tre giorni di Genova, tentativi di espellere dal loro interno, e, quindi, di isolare i gruppi numerosi che entravano e uscivano dai cortei in questione per le loro azioni di guerriglia? O le risulta che comunque i partecipanti cosiddetti non violenti - ma poi in realtà vedremo esservi diversi modi per essere violenti nel corso di manifestazioni pubbliche - abbiano mai denunciato qualcuno dei componenti dei gruppi organizzati di guerriglia, che entravano ed uscivano dai cortei con la copertura quindi dei cortei stessi? Le risulta ancora che le azioni di guerriglia e di attacco ad obiettivi civili e alle forze di polizia furono condotte oltre che dai cosiddetti black bloc anche da altri gruppi di manifestanti? Resta fermo che - come dire - la connotazione violenta di determinati gruppi non è restringibile al fatto di avere indosso uno straccio nero o meno; la connotazione violenta, infatti, si manifesta anche per i comportamenti, oltreché per la cosiddetta divisa (chiamiamola così).
Le risulta altresì che a Genova - se ce lo può dire per la sua notevolissima esperienza e per la sua lunga carriera in polizia - si sia verificato, nei tre giorni questione, un fatto, che in Italia, in realtà, non si vedeva dagli anni settanta, ossia l'attacco, di esclusiva iniziativa dei manifestanti, agli schieramenti delle forze dell'ordine, poste per strada esclusivamente a presidio (e, quindi, ad immagine di presidio) senza che le


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stesse forze di polizia avessero posto in essere, in molti casi, iniziative ed operazioni per il contenimento dei manifestanti stessi?

PRESIDENTE. Senatore Bobbio, mi consenta. A me va tutto bene, vedo che il metodo delle domande è pertinente; lo so che il suo è un intervento a nome del gruppo, però mi hanno chiesto di intervenire anche gli onorevoli Menia e Anedda, per cui non è proprio del gruppo. Quindi, a questo punto, dividetevi le domande.

LUIGI BOBBIO. Va bene, eventualmente posso chiedere ad altri colleghi.
Rimangono due o tre domande soltanto.

PRESIDENTE. Prego, se sono due o tre domande, va bene. Però, è una questione di metodo.

LUIGI BOBBIO. Ha ragione, presidente, però la materia è da approfondire; comunque, concludo.
Vorrei sapere quali e quante note - se il prefetto De Gennaro può farcele avere - abbia ricevuto, nella fase preventiva e quindi preparativa del vertice, da SISDE e servizi segreti esteri in generale. Se, ancora - questa è una domanda di carattere più generale, alla quale però vorrei che si rispondesse da, un punto di vista proprio di ricostruzione generale dei ruoli e delle posizioni - risponda al vero il fatto che sia i dirigenti cosiddetti uscenti - il dottore La Barbera in particolare e l'altro dirigente - sia quelli da nominarsi in pectore, siano membri del sindacato dei funzionari di polizia, che lei in qualche maniera avrebbe ispirato e - ultimissima domanda - se risponda al vero che nel corso dei disordini di Genova, tra gli altri, sia stato arrestato in flagranza di reato


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tale Gatto Gabriele, palermitano, avente la tessera di Rifondazione comunista n. 14038, arrestato dal terzo battaglione carabinieri in via Tolemanide per i reati di resistenza e violenza, avendo casco, maschera e sanpietrini. Grazie.

ANTONIO SODA. Presidente, la riservatezza del denunciante è tutelata, ma quella del denunciato?

LUIGI BOBBIO. Lei sa che è stato fatto il riesame e che quindi quegli atti sono pubblici, caro collega. Grazie.

ANTONIO SODA. Lei ne sa troppo dei fatti altrui!

LUIGI BOBBIO. Perché è il mio mestiere!

ANTONIO SODA. Quello dello spione!

LUIGI BOBBIO. Non le permetto di chiamarmi spione, perché lei ha fatto una ben peggiore figura!

PRESIDENTE. Senatore Bobbio, credo vi sia un clima collaborativo. Abbiamo qui il prefetto che deve darci risposte che credo interessino non solo noi singolarmente, ma un po' tutti. Procediamo con calma e vedrete che, alla fine, arriveremo a comprendere qualcosa di più.

FILIPPO MANCUSO. Abbiamo molto materiale interrogativo...

PRESIDENTE. Molto, a mio avviso.

FILIPPO MANCUSO. Se fosse possibile, anche per la probabile stanchezza del nostro ospite, fare qui una sosta e rimandare a più tardi le domande che mancano... È troppo il


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materiale proposto, valuti lei, presidente. A me pare che sia il momento di dare una risposta, ci sono trenta o quaranta domande pendenti.

LUCIANO VIOLANTE. Forse sarebbe opportuno che il capo della polizia, prima di tutto, spiegasse quali sono le funzioni del capo della polizia, perché non tutti qui le conoscono, altrimenti rischiamo di fare alcuni errori di valutazione.

PRESIDENTE. Mi pare che lei suggerisca, visto che i cinque interventi hanno comunque sottolineato la funzione del capo della polizia, che, almeno su questo punto, vengano fornite delle risposte, per evitare che altri undici colleghi possano ripetere un po' lo stesso argomento.
Dunque, se lei ritiene, prefetto, di poterci chiarire - soprattutto in riferimento alle domande che fino qui le sono state poste - solo questo aspetto della problematica, successivamente potremmo procedere ad ascoltare tutti gli altri colleghi, in maniera tale che lei possa fornire, alla fine, una risposta a tutte le domande che le sono state poste.

GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Signor presidente, io naturalmente sto prendendo nota di tutte le domande e, certamente, per tutte quelle che sono le mie conoscenze, cercherò di rispondere e di fornire le indicazioni. Però, obiettivamente, credo che qualcuna di queste domande vada un po' oltre quelle che sono le possibilità di conoscenza del capo della polizia.
Innanzitutto, il direttore generale della pubblica sicurezza ha, sì, una funzione di coordinamento, ma vorrei ricordare, se possibile, che non c'è - come ha detto prima il senatore Bobbio - una linea verticistica di comando. Il nostro non è un


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sistema di organizzazione gerarchico, come altri sistemi e altre istituzioni naturalmente hanno. Nel nostro sistema, in virtù di una legge vigente del 1981, il punto di riferimento centrale sono le autorità di pubblica sicurezza, soprattutto con riferimento alla responsabilità sull'ordine e sulla sicurezza pubblica. Non per niente sono individuate ed indicate come autorità ed è per questo motivo - chiedo scusa se ho dato, forse, l'impressione sbagliata - che nella mia relazione credo di aver sottolineato tutto il supporto e tutte le attenzioni che sono state date in termini di supporto a quelle autorità che operano a Genova. A questo proposito - proprio anticipando parte di una domanda - proprio in quegli incontri tecnici cui è stato fatto riferimento, io ho sottolineato che non ho nessuna autorità: sono il prefetto e il questore ad avere l'autorità.
Tuttavia, con molta lealtà e con molta correttezza, credo di aver detto, nella mia relazione, che le scelte sono state sempre condivise anche a livello centrale, in ragione proprio del ruolo del capo della polizia, il quale ha quattro compiti: il primo, recita l'articolo 4 della legge n. 121, è quello dell'attuazione della politica e dell'ordine della sicurezza pubblica; il secondo è quello del coordinamento tecnico delle attività delle forze di polizia; il terzo è quello della direzione e amministrazione della Polizia di Stato; il quarto è quello relativo alla direzione e gestione dei supporti tecnici.
In effetti, su alcune cose non sono in grado di rispondere, soprattutto sulla parte investigativa, né di fornire elementi certi che, laddove non fossero coperti da segreti di indagine, possono essere forniti sicuramente dagli ufficiali di polizia giudiziaria.
In questo senso credo di aver correttamente indicato il ruolo del capo della polizia. Ovviamente, nella mia veste di direttore generale della pubblica sicurezza, assumo ogni responsabilità

 


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di quelle che sono state le scelte fatte nell'ambito delle attribuzioni che la legge mi conferisce. Signor presidente, non posso assumere responsabilità su fatti per cui non ho attribuzioni da parte della legge.

PRESIDENTE. La ringrazio, così i colleghi hanno contezza delle prerogative del capo della polizia.

GRAZIA LABATE. Alla lettura attenta della relazione del prefetto De Gennaro, che abbiamo ascoltato tutti con molta attenzione, non posso non sottolineare, prefetto De Gennaro, uno scarto evidente tra il contenuto della sua relazione, che analizza tutto lo stato di preparazione e di messa a punto di quattro obiettivi che si intendevano perseguire prima dell'evento del G8, e, contemporaneamente, la lettura dei materiali, che stamattina ci sono stati forniti, nei quali - userò questo termine in relazione ai giorni caldi - le conclusioni cui si perviene sono quelle dell'assenza di sinergie, di confusione, di mancanza di coordinamento. Trovo, dunque, questo scarto nella lettura molto attenta della sua relazione e nelle conclusioni cui sono pervenuti gli ispettori, anche se attendiamo ovviamente la terza relazione per formarci un giudizio complessivo.
La prima domanda che vorrei rivolgerle è la seguente: lei dice di aver partecipato a due riunioni in loco con il comitato per la sicurezza, l'ultima conclusasi il 30 giugno: lo evinco dalla relazione è trattato di due riunioni cui lei ha partecipato il 24 e il 30 giugno, nelle quali il questore e il prefetto hanno dimostrato una sensibilità alle domande poste dal Genoa social forum, concedendo appunto una manifestazione che non era stata prevista in zona ponente e predisponendo, in quella sede, l'abilitazione della stazione di Brignole per l'arrivo dei manifestanti. Lei ci ha detto che aveva notato, nelle occasioni in cui


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era stato presente, sfuggenti ed evasive risposte da parte del Genoa social forum sul tema della sicurezza o, quantomeno, sull'isolamento degli elementi violenti, al punto da farle definire un non ben chiaro concetto di disobbedienza civile e, al tempo stesso, ci ha detto delle azioni di prevenzione avvenute con tutta una serie di indagini, perquisizioni e messa a punto di elementi che potevano determinare preoccupazioni avvenute prima delle giornate calde. Le chiedo allora: in quale rapporto stanno queste cose, visto che nelle riunioni del comitato per la sicurezza erano state individuate queste sensazioni di sfuggenza ed evasività sulla chiarezza da parte dei proponenti le famose giornate a tema? Le operazioni di prevenzione intercorse giorni prima le fanno addirittura elencare tutta una serie di centri e circoli, nei quali si era rinvenuto materiale favorevole all'uso la violenza. Quindi la domanda è: in che rapporto stanno queste cose e quali misure sono state date agli organi competenti in sede locale? Infatti, a partire dalla settimana comunque prevista - e quindi a tutti nota, agli organi di sicurezza locale come a quelli di sicurezza centrale -, vorrei ricordare al prefetto De Gennaro che esistevano stampati, che circolavano nella città, sia delle zone in cui si sarebbero verificati gli incontri a tema sia di tutta l'organizzazione, in termini anche di dibattiti che i movimenti avrebbero effettuato nella mia città.


Mi domando allora - avendo compreso, anche dalla lettura degli articoli della legge, i compiti di coordinamento - in che rapporto stiano queste cose e che cosa sia stato detto agli organi di livello locale sia in riferimento alle esigenze di effettuare altri coordinamenti, man mano che gli episodi avvenivano, sia riguardo alla risposta a segnalazioni: mi riferisco sia a quelle che ha ricordato qui, ieri, la presidente della provincia - che, peraltro, perlomeno a me, che sono


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deputata ligure, erano già note -, sia alle segnalazioni che io stessa, il giorno 20, il giorno delle piazze a tema, ho fatto direttamente, chiamando il 112 dei carabinieri, la questura di Genova, parlando con il capo di gabinetto e segnalando episodi che nella mia città non erano quelli che avvenivano contemporaneamente ai cortei, ma erano quelli più isolati - dell'area bank, di via Rimassa all'altezza del 4910, da parte dei black bloc, dove non c'era corteo di manifestanti -, alle quali non è stata data risposta.
Il giorno della famosa manifestazione pacifica, prefetto De Gennaro, è stato visibile, non solo a chi era lì e sfilava in corteo, ma anche a chi era lì e osservava, che l'attacco, con la presa della testa del corteo, è avvenuto da parte di gruppi (certamente stranieri a giudicare dalla voce tedesca che si ascoltava) che venivano fuori dalla zona di piazzale Kennedy, conquistavano la testa del corteo e iniziavano la sassaiola con la polizia, alla quale la polizia rispondeva con lancio di lacrimogeni. Di fronte a questo episodio, vi sono state immediate segnalazioni di cittadini abitanti in quella zona, in piazza Rossetti e in via Rimassa, alla questura, al 112 e persino ai vigili del fuoco. Ebbene, l'unico corpo che è arrivato immediatamente, perché il danno era grave, con situazioni di incendi e tubature del gas vicino ad alcuni palazzi, è stato quello dei vigili del fuoco.
Domando allora tre cose: coordinamenti in costanza di episodi che dovevano verificare gli stati di emergenza che via via si verificavano; sul luogo, coordinamento di tutti i corpi presenti che, ai cittadini residenti, come me, nella zona gialla, è apparso esiguo: effettivamente, ho difficoltà, abitando proprio in quella zona, a credere che in tutta la zona gialla fossero dislocate 6.800 unità; probabilmente, avrò percorso perimetri in cui ciò non era visibile, ma effettivamente la mia


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Pubblicato su: 2005-07-05 (918 letture)

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